Il sopravvissuto - Accidia
Inviato: martedì 8 marzo 2016, 1:02
Buon giorno, o forse dovrei scrivere “Caro Diario”?
Non so perché sto scrivendo, sarà colpa della noia. In inverno non ho molto da fare e devo ammazzare il tempo.
Bene magari questo scritto verrà letto tra migliaia di anni, quindi vi tocca un breve riassunto.
Virus.
Quasi tutti morti.
Io no.
E finalmente il mondo è diventato un posto piacevole.
Niente traffico, niente vicini rompicoglioni e sopratutto niente lavoro.
Probabilmente vorreste saperne di più, quanti morti? I sopravvissuti dove sono? E altre assurdità del genere.
In verità non me ne frega niente, e non dovrebbe interessare neanche a voi.
Non è stato facile. Mi sono accorto che c'era qualcosa di strano mentre andavo a comprare le mozzarelle al mini market del paese.
Mi sono accorto che passavano meno macchine del solito, non che in un borgo di duemila anime ci fosse chissà quale traffico e che tutto era più silenzioso.
Vi risparmio il resto non è particolarmente interessante, fatto sta che ero rimasto solo,o quasi, in uno sperduto paesino di campagna.
Avete presente quei posti pieni di villette a schiera che tutti odiano, ma ci vanno lo stesso perché la campagna fa bene e vogliono crescere i figli in mezzo al verde? Bravi ci siete.
Io vivevo in una di queste case, quando la gente ha iniziato a morire mi sono anche prodigato per buttare i cadaveri. Altrimenti sai la puzza e poi avevo già una mezza idea per la testa.
Beh, alla fine avevo una bella fila di ville tutte per me, ci allevo conigli, galline e i vari giardini li ho trasformati in orti.
Se vi chiedete se mi sento solo, la risposta è: no. E poi ho lei, la mia principessa.
Bella, affettuosa e fedele. Una maremmana pura, bianca come la neve.
L'ho trovata mezza morta di fame e mi sono fatto intenerire.
Ecco questo è il riassunto delle puntate precedenti, ora vado a leggermi un buon libro.
Lo sapevo. La pace non può durare per sempre. Ma porca troia infame.
Stavo raccogliendo le uova, e valutando se far finire una delle vecchie pennute in padella, quando Elsa ha iniziato ad abbaiare, mi fiondo fuori dal pollaio e chi mi trovo nella via.
Un manipolo di nani che accarezzano il mio cane, e lei è pure contenta. Traditrice.
“Elsa! Vieni qui. E voi, sciò sciò. Andate a rompere da qualche altra parte”.
I nani cominciano a sbraitare cose incomprensibili: ci aiuti, abbiamo fame, non sappiamo dove andare.
“Non è mica la Caritas” gli urlai di rimando.
Una figura più alta li ammansì con un gesto.
“Bimbi fate silenzio che spaventate il signore”.
“Brava. Ora prendete le vostre gambette e fuori dalle palle”.
“La prego. Siamo stanchi e i ragazzi hanno fame, sono tre giorni che non mangiano.”
“Se sono schizzinosi non è un problema mio” ribattei.
“La prego” replicò con gli occhi pieni di lacrime e con il coretto di quei mostriciattoli.
Che dovevo fare? Non sono un mostro.
Gli indicai una delle villette “ Entro domani vi voglio fuori”
E con queste parole diedi inizio all'inferno.
Dovevano andarsene vero?
Se i sogni fossero caramelle saremmo tutti grassi.
In meno di due giorni mi sono trovato la casa invasa, e non avete idea di quanto mangino ste locuste.
Non trovavo pace neanche nell'orto.
I nani spuntavano ovunque, giocando e facendo mille domande.
La donna, che si chiama Melissa, spadroneggiava come un piccolo monarca.
Ha anche pulito casa, e lavato i miei vestiti.
E ogni volta che accennavo al fatto di sloggiare, sfoggiavano un grasso sorriso accondiscendente.
“I bambini hanno bisogno di una casa” mi disse Melissa.
“Ce ne sono tante, prendetene una. Possibilmente lontano da qui”.
“Sono sicura che sei una brava persona. Si sono già affezionati”.
“Chi?”domandai.
“I bambini. Sono sicura che se imparassi i loro nomi lo apprezzerebbero”
“Ma stai scherzando? Sai cos'ha fatto Brontolo? L'ho trovata a dormire nel mio letto”.
“Si chiama Elisa. E cosa c'è di male?”
“È il mio letto. Non ci voglio nessuno dentro. E Eolo porta a spasso il mio cane”.
“Clara cerca di rendersi utile”.
“Senti Biancan...”.
“Se mi chiami cosi, ti prendo a padellate”
Ma che ho fatto di male?
Sono a pezzi, una giornata infernale. Scrivo queste righe prima di precipitare nel dolce e silenzioso mondo dei sogni.
La giornata era stata pesante, ma ormai mi ero abituato alla fastidiosa compagnia.
Il sole calava ed ero intento a scuoiare un coniglio, quando la strega mi venne a cercare.
“Sono spariti”
“Chi?”
“Marco e Tecla.”
“Chi?”
“Cucciolo e Pisolo.”
“Torneranno, purtroppo.”
“Dovevano essere qui da un pezzo. Sono usciti a fare una passeggiata con Elsa due ore fa.”
“Con Elsa? Dobbiamo trovarli.” risposi.
“Lo sapevo che ci tenevi.”
“Certo che ci tengo. È il mio cane” e corsi in casa e recuperai lo schioppo e le cartucce.
“Vanno sempre davanti alla chiesa. Comincia da li”mi disse Melissa.
Mi misi a correre per il paese, con il calcio del fucile che mi picchiava fastidiosamente sulla schiena.
La piazza si apriva tra le case disabitate e un piccolo fuoco ardeva al centro.
Quattro figure sedevano in cerchio mentre la carcassa di qualche animale arrostiva lentamente, un brivido mi corse lungo la schiena.
“Il mio cane”urlai.
Un velo rosso mi scese davanti agli occhi, imbracciai il fucile e mi piazzai di fronte a loro.
“Era il mio cane”
I quattro balzarono in piedi e misero mano ai coltellacci che pendevano dalle cinture.
“Scusa amico, non sapevamo fosse di qualcuno. Lo possiamo dividere”disse Uno.
“Certo è bello grande. Basterà per tutti” replico Due.
Sparai il primo colpo. La rosa di pallini ne investi tre ferendoli in maniera leggera.
Puntai la canna sulla faccia di Uno e scaricai la seconda cartuccia spappolandogli la faccia.
Gli altri mi furono addosso.
Mi scaraventarono a terra. Calci e pugni mi martellarono. Il naso si ruppe sotto una scarpa inondandomi la bocca di sangue.
“Arrivo piccola mia” bofonchiai dopo l'ennesima granucola di colpi.
Sentivo delle urla, quelle dei miei aguzzini e altre più stridule.
Le percosse si fermarono e vidi Biancaneve con tutta la ciurma che caricavano gli assassini di Elsa.
Nelle mani brandivano badili, zappe, e martelli.
Le piccole carogne avevano aperto il capanno degli attrezzi.
Svenni.
Mi ripresi che la luna era già alta.
Melissa mi puliva la faccia con un panno, i nani piangevano sul cadavere semi carbonizzato di Elsa.
“Dove sono?”
Mi tirai a sedere e mi indico un angolo dove avevano legato i magnifici tre.
“Avete preso anche la corda?” borbottai con voce nasale.
“Cosa dovevamo fare? Ucciderli?”
“Ottima idea”risposi.
Mi avvicinai agli uomini dopo aver recuperato e ricaricato il fucile.
“Non puoi ucciderci ci verranno a cercare.”
Annuii silenzioso e premetti il grilletto.
“Sei morto, sei morto” altro colpo, altro schizzo di sangue.
Il terzo ebbe il buon gusto di starsene zitto e morire in silenzio.
“È folle tutto questo” borbottò alle mie spalle Melissa.
“Già. Tre cartucce sprecate. Sono difficili da trovare. Andiamo a casa, e almeno stasera non fiatate.”
Non so perché sto scrivendo, sarà colpa della noia. In inverno non ho molto da fare e devo ammazzare il tempo.
Bene magari questo scritto verrà letto tra migliaia di anni, quindi vi tocca un breve riassunto.
Virus.
Quasi tutti morti.
Io no.
E finalmente il mondo è diventato un posto piacevole.
Niente traffico, niente vicini rompicoglioni e sopratutto niente lavoro.
Probabilmente vorreste saperne di più, quanti morti? I sopravvissuti dove sono? E altre assurdità del genere.
In verità non me ne frega niente, e non dovrebbe interessare neanche a voi.
Non è stato facile. Mi sono accorto che c'era qualcosa di strano mentre andavo a comprare le mozzarelle al mini market del paese.
Mi sono accorto che passavano meno macchine del solito, non che in un borgo di duemila anime ci fosse chissà quale traffico e che tutto era più silenzioso.
Vi risparmio il resto non è particolarmente interessante, fatto sta che ero rimasto solo,o quasi, in uno sperduto paesino di campagna.
Avete presente quei posti pieni di villette a schiera che tutti odiano, ma ci vanno lo stesso perché la campagna fa bene e vogliono crescere i figli in mezzo al verde? Bravi ci siete.
Io vivevo in una di queste case, quando la gente ha iniziato a morire mi sono anche prodigato per buttare i cadaveri. Altrimenti sai la puzza e poi avevo già una mezza idea per la testa.
Beh, alla fine avevo una bella fila di ville tutte per me, ci allevo conigli, galline e i vari giardini li ho trasformati in orti.
Se vi chiedete se mi sento solo, la risposta è: no. E poi ho lei, la mia principessa.
Bella, affettuosa e fedele. Una maremmana pura, bianca come la neve.
L'ho trovata mezza morta di fame e mi sono fatto intenerire.
Ecco questo è il riassunto delle puntate precedenti, ora vado a leggermi un buon libro.
Lo sapevo. La pace non può durare per sempre. Ma porca troia infame.
Stavo raccogliendo le uova, e valutando se far finire una delle vecchie pennute in padella, quando Elsa ha iniziato ad abbaiare, mi fiondo fuori dal pollaio e chi mi trovo nella via.
Un manipolo di nani che accarezzano il mio cane, e lei è pure contenta. Traditrice.
“Elsa! Vieni qui. E voi, sciò sciò. Andate a rompere da qualche altra parte”.
I nani cominciano a sbraitare cose incomprensibili: ci aiuti, abbiamo fame, non sappiamo dove andare.
“Non è mica la Caritas” gli urlai di rimando.
Una figura più alta li ammansì con un gesto.
“Bimbi fate silenzio che spaventate il signore”.
“Brava. Ora prendete le vostre gambette e fuori dalle palle”.
“La prego. Siamo stanchi e i ragazzi hanno fame, sono tre giorni che non mangiano.”
“Se sono schizzinosi non è un problema mio” ribattei.
“La prego” replicò con gli occhi pieni di lacrime e con il coretto di quei mostriciattoli.
Che dovevo fare? Non sono un mostro.
Gli indicai una delle villette “ Entro domani vi voglio fuori”
E con queste parole diedi inizio all'inferno.
Dovevano andarsene vero?
Se i sogni fossero caramelle saremmo tutti grassi.
In meno di due giorni mi sono trovato la casa invasa, e non avete idea di quanto mangino ste locuste.
Non trovavo pace neanche nell'orto.
I nani spuntavano ovunque, giocando e facendo mille domande.
La donna, che si chiama Melissa, spadroneggiava come un piccolo monarca.
Ha anche pulito casa, e lavato i miei vestiti.
E ogni volta che accennavo al fatto di sloggiare, sfoggiavano un grasso sorriso accondiscendente.
“I bambini hanno bisogno di una casa” mi disse Melissa.
“Ce ne sono tante, prendetene una. Possibilmente lontano da qui”.
“Sono sicura che sei una brava persona. Si sono già affezionati”.
“Chi?”domandai.
“I bambini. Sono sicura che se imparassi i loro nomi lo apprezzerebbero”
“Ma stai scherzando? Sai cos'ha fatto Brontolo? L'ho trovata a dormire nel mio letto”.
“Si chiama Elisa. E cosa c'è di male?”
“È il mio letto. Non ci voglio nessuno dentro. E Eolo porta a spasso il mio cane”.
“Clara cerca di rendersi utile”.
“Senti Biancan...”.
“Se mi chiami cosi, ti prendo a padellate”
Ma che ho fatto di male?
Sono a pezzi, una giornata infernale. Scrivo queste righe prima di precipitare nel dolce e silenzioso mondo dei sogni.
La giornata era stata pesante, ma ormai mi ero abituato alla fastidiosa compagnia.
Il sole calava ed ero intento a scuoiare un coniglio, quando la strega mi venne a cercare.
“Sono spariti”
“Chi?”
“Marco e Tecla.”
“Chi?”
“Cucciolo e Pisolo.”
“Torneranno, purtroppo.”
“Dovevano essere qui da un pezzo. Sono usciti a fare una passeggiata con Elsa due ore fa.”
“Con Elsa? Dobbiamo trovarli.” risposi.
“Lo sapevo che ci tenevi.”
“Certo che ci tengo. È il mio cane” e corsi in casa e recuperai lo schioppo e le cartucce.
“Vanno sempre davanti alla chiesa. Comincia da li”mi disse Melissa.
Mi misi a correre per il paese, con il calcio del fucile che mi picchiava fastidiosamente sulla schiena.
La piazza si apriva tra le case disabitate e un piccolo fuoco ardeva al centro.
Quattro figure sedevano in cerchio mentre la carcassa di qualche animale arrostiva lentamente, un brivido mi corse lungo la schiena.
“Il mio cane”urlai.
Un velo rosso mi scese davanti agli occhi, imbracciai il fucile e mi piazzai di fronte a loro.
“Era il mio cane”
I quattro balzarono in piedi e misero mano ai coltellacci che pendevano dalle cinture.
“Scusa amico, non sapevamo fosse di qualcuno. Lo possiamo dividere”disse Uno.
“Certo è bello grande. Basterà per tutti” replico Due.
Sparai il primo colpo. La rosa di pallini ne investi tre ferendoli in maniera leggera.
Puntai la canna sulla faccia di Uno e scaricai la seconda cartuccia spappolandogli la faccia.
Gli altri mi furono addosso.
Mi scaraventarono a terra. Calci e pugni mi martellarono. Il naso si ruppe sotto una scarpa inondandomi la bocca di sangue.
“Arrivo piccola mia” bofonchiai dopo l'ennesima granucola di colpi.
Sentivo delle urla, quelle dei miei aguzzini e altre più stridule.
Le percosse si fermarono e vidi Biancaneve con tutta la ciurma che caricavano gli assassini di Elsa.
Nelle mani brandivano badili, zappe, e martelli.
Le piccole carogne avevano aperto il capanno degli attrezzi.
Svenni.
Mi ripresi che la luna era già alta.
Melissa mi puliva la faccia con un panno, i nani piangevano sul cadavere semi carbonizzato di Elsa.
“Dove sono?”
Mi tirai a sedere e mi indico un angolo dove avevano legato i magnifici tre.
“Avete preso anche la corda?” borbottai con voce nasale.
“Cosa dovevamo fare? Ucciderli?”
“Ottima idea”risposi.
Mi avvicinai agli uomini dopo aver recuperato e ricaricato il fucile.
“Non puoi ucciderci ci verranno a cercare.”
Annuii silenzioso e premetti il grilletto.
“Sei morto, sei morto” altro colpo, altro schizzo di sangue.
Il terzo ebbe il buon gusto di starsene zitto e morire in silenzio.
“È folle tutto questo” borbottò alle mie spalle Melissa.
“Già. Tre cartucce sprecate. Sono difficili da trovare. Andiamo a casa, e almeno stasera non fiatate.”