Lorenzo Marone Edition - Patto di sangue - 3332 -
Inviato: domenica 10 aprile 2016, 22:25
Patto di sangue
«Te la ricordi?» chiese Paolo, indicando una costruzione bassa con il tetto sgangherato. I rampicanti e il bosco sembravano volerla cancellare con i ricordi che si portava dentro.
«Certo. Sono passati dieci anni, ma sembra ieri» rispose Ivan, abbassando lo sguardo.
Paolo attraversò il sentiero, andò verso la porta e afferrò la maniglia arrugginita.
«Fermo!» gridò Ivan, scattando in avanti per cercare di bloccare l'amico. «Ti cadrà tutto in testa!»
La porta cigolò e si aprì. Le pareti traballarono, ma il tetto rimase al suo posto.
«Dopo questo amarcord possiamo andare a bere!» Ivan aveva gli occhi arrossati e si guardava in giro.
«No, voglio farti vedere una cosa.» Paolo, la mascella serrata e lo sguardo torvo, entrò nel vecchio gabbiotto abbandonato.
Ivan si maledisse per aver accettato quell'invito, ma voleva vedere fino a che punto sarebbe arrivato l'amico.
«Guarda qui» disse Paolo, raschiando la terra con i piedi. «Sembrava che qualcuno l'abbia smossa di recente.»
«Pensi che l'abbiano trovato?» Ivan indietreggiò fino a sbattere la schiena contro la rastrelliera degli attrezzi appesa al muro.
«No, l'avremmo saputo.»
«Quindi è stato un animale?»
«Non credo! Qualcuno ha provato a nascondere le sue tracce.»
Il sangue si gelò nelle vene di Ivan. L'aveva scoperto? Portò la mano dietro la schiena e afferrò una chiave inglese.
«Pensavi non me ne accorgessi?» Paolo, lo sguardo severo, inclinò il capo.
«Cosa?»
«Non prendermi in giro!» sbottò Paolo. «Che fine hanno fatto Roberto e Diego?» Infilò una mano nella giacca ed estrasse una pistola. «Sei stato tu?» chiese, puntandogliela al petto.
Ivan abbassò il capo e annuì.
«Cristo, lo sapevo! E come pensavi di farla franca?»
Ivan si morse il labbro inferiore e si picchiettò la fronte con la chiave. «Speravo trovassero un capro espiatorio: magari uno che aveva qualcosa da nascondere e che li conosceva.»
«Magari un loro amico: magari io! È per questo che hai accettato il mio invito?»
«No.»
«Allora, dimmi, perché hai ucciso Roberto e Diego?»
Ivan tirò su col naso. «Volevano andare dalla polizia e sono dovuto intervenire. L'ho fatto anche per te!» Digrignò i denti e picchio i piedi a terra. «Non dovevano farlo, avevamo un patto di sangue.» Si guardò il palmo della mano e sputò sulla cicatrice con cui l'avevano sigillato.
«Già, anche Marica stava per crollare, ma per fortuna siamo rimasti solo io e te.» Paolo guardò l'amico e ammiccò.
Ivan inspirò e scoppiò a ridere. «Bastardo, allora sei stato tu ad ammazzarla!»
Paolo annuì. «Però io non l'avrei mai seppellita affianco a Bruno. Quel pedofilo di merda doveva putrefare da solo. Doveva pagare per il male che ci ha fatto!»
Un brivido attraversò il corpo di Ivan, gli occhi gli si riempirono di lacrime e per un attimo sentì addosso le mani viscide dell'uomo che gli aveva rovinato la vita. «Hai ragione, ma non sapevo dove metterli.»
«Non preoccuparti, troveremo insieme un altro posto.» Paolo allargò le braccia e fece cenno all'amico di avvicinarsi.
Ivan inspirò profondamente e gli andò incontro. Quando sentì il calore di Paolo capì che il loro era un legame indissolubile, che solo la morte avrebbe potuto dissolvere, ma era stato così anche con gli altri. Strinse la presa sulla chiave inglese e lo colpì alla testa.
«Amici per sempre» sussurrò, mentre la canna della pistola di Paolo illuminava l'interno della baracca.
«Te la ricordi?» chiese Paolo, indicando una costruzione bassa con il tetto sgangherato. I rampicanti e il bosco sembravano volerla cancellare con i ricordi che si portava dentro.
«Certo. Sono passati dieci anni, ma sembra ieri» rispose Ivan, abbassando lo sguardo.
Paolo attraversò il sentiero, andò verso la porta e afferrò la maniglia arrugginita.
«Fermo!» gridò Ivan, scattando in avanti per cercare di bloccare l'amico. «Ti cadrà tutto in testa!»
La porta cigolò e si aprì. Le pareti traballarono, ma il tetto rimase al suo posto.
«Dopo questo amarcord possiamo andare a bere!» Ivan aveva gli occhi arrossati e si guardava in giro.
«No, voglio farti vedere una cosa.» Paolo, la mascella serrata e lo sguardo torvo, entrò nel vecchio gabbiotto abbandonato.
Ivan si maledisse per aver accettato quell'invito, ma voleva vedere fino a che punto sarebbe arrivato l'amico.
«Guarda qui» disse Paolo, raschiando la terra con i piedi. «Sembrava che qualcuno l'abbia smossa di recente.»
«Pensi che l'abbiano trovato?» Ivan indietreggiò fino a sbattere la schiena contro la rastrelliera degli attrezzi appesa al muro.
«No, l'avremmo saputo.»
«Quindi è stato un animale?»
«Non credo! Qualcuno ha provato a nascondere le sue tracce.»
Il sangue si gelò nelle vene di Ivan. L'aveva scoperto? Portò la mano dietro la schiena e afferrò una chiave inglese.
«Pensavi non me ne accorgessi?» Paolo, lo sguardo severo, inclinò il capo.
«Cosa?»
«Non prendermi in giro!» sbottò Paolo. «Che fine hanno fatto Roberto e Diego?» Infilò una mano nella giacca ed estrasse una pistola. «Sei stato tu?» chiese, puntandogliela al petto.
Ivan abbassò il capo e annuì.
«Cristo, lo sapevo! E come pensavi di farla franca?»
Ivan si morse il labbro inferiore e si picchiettò la fronte con la chiave. «Speravo trovassero un capro espiatorio: magari uno che aveva qualcosa da nascondere e che li conosceva.»
«Magari un loro amico: magari io! È per questo che hai accettato il mio invito?»
«No.»
«Allora, dimmi, perché hai ucciso Roberto e Diego?»
Ivan tirò su col naso. «Volevano andare dalla polizia e sono dovuto intervenire. L'ho fatto anche per te!» Digrignò i denti e picchio i piedi a terra. «Non dovevano farlo, avevamo un patto di sangue.» Si guardò il palmo della mano e sputò sulla cicatrice con cui l'avevano sigillato.
«Già, anche Marica stava per crollare, ma per fortuna siamo rimasti solo io e te.» Paolo guardò l'amico e ammiccò.
Ivan inspirò e scoppiò a ridere. «Bastardo, allora sei stato tu ad ammazzarla!»
Paolo annuì. «Però io non l'avrei mai seppellita affianco a Bruno. Quel pedofilo di merda doveva putrefare da solo. Doveva pagare per il male che ci ha fatto!»
Un brivido attraversò il corpo di Ivan, gli occhi gli si riempirono di lacrime e per un attimo sentì addosso le mani viscide dell'uomo che gli aveva rovinato la vita. «Hai ragione, ma non sapevo dove metterli.»
«Non preoccuparti, troveremo insieme un altro posto.» Paolo allargò le braccia e fece cenno all'amico di avvicinarsi.
Ivan inspirò profondamente e gli andò incontro. Quando sentì il calore di Paolo capì che il loro era un legame indissolubile, che solo la morte avrebbe potuto dissolvere, ma era stato così anche con gli altri. Strinse la presa sulla chiave inglese e lo colpì alla testa.
«Amici per sempre» sussurrò, mentre la canna della pistola di Paolo illuminava l'interno della baracca.