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La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: martedì 19 aprile 2016, 1:28
da francesco.bellia
La missione di un medico
di Francesco Bellia

- Ho sempre amato il mio mestiere. Fin da quando ero ragazzo. Lo sa che già prima di laurearmi in medicina avevo già fatto le mie due prime pubblicazioni?
- Soprendente. Non lo sapevo –
- Sì, già all’epoca ero convinto che avrei fatto il chirurgo come poi è stato. Il corpo umano mi ha sempre affascinato. E “affondarvi” dentro le mie mani era una tentazione irresistibile.
- Quindi, se ho capito bene, il lato scientifico della disciplina l’ha sempre affascinata. Cosa mi dice, invece,del rapporto coi pazienti? Molti fanno il medico perché sentono dentro se stessi l’istinto di aiutare gli altri. Anche per lei è stato così?
- Certo. La medicina è innanzitutto prendersi cura dei malati. Chi più di me puo’ sapere cosa significhi?
- E’ per questo che ha scelto di svolgere le sue competenze nel terzo mondo?
- Sì. Lì ho ritrovato me stesso e devo confessare di aver riscoperto la mia missione…
- La sua missione?
- Sì. La missione del medico. Vede…per me l’idea di prendersi cura di chi soffre si associa necessariamente alla conseguenza di essere amati per questo…
- Interessante, mi spieghi meglio questo concetto.
- E’ un bisogno fisiologico quello di essere ricambiati per quello che facciamo per gli altri. Perché altrimenti uno dovrebbe fare il medico? Per essere disprezzato dai suoi pazienti? Non credo.
- Molti sostengono però che aiutare gli altri possa avvenire in modo disinteressato. Cosa pensa di questo?
- Ipocrisie. Non si da qualcosa per non ottenere nulla in cambio. Lo sa, è per questo che me sono andato: non sentivo di avere abbastanza riconoscenza da parte dei miei pazienti…
- In che senso?-
- Non so spiegarle. Non mi sentivo ringraziato a sufficienza… Alcuni addirittura sembravano vedermi come una figura ostile, associando a me i dolori che avevano patito, mentre avrebbero dovuto essermi grati per le sofferenze che avevo loro risparmiato. Era un dare senza ricevere, da parte di ingrati che non si rendevano conto del dono che era stato fatto loro. Era come se mi sottovalutassero non comprendendo pienamente il mio ruolo. Quando sono partito invece è cambiato tutto. Le persone che ho incontrato in quell’ambulatorio in Bangladesh mi trattavano come era giusto che fosse. Mi trattavano come un medico, rispettando la mia competenza, il mio potere, i miei consigli…
-Ho sentito dire che la chiamavano “il dio che riporta in vita i morti”
- Sì (sorridendo). Mi hanno affibbiato anche questo nome, perché più di una volta ho guarito casi che sembravano impossibili…
Il dottor Shulze, fissò Guzmann con sguardò lucido e penetrante, cercando però di mantenere il distacco necessario.
- Ma se li ha salvati tante volte, allora io le chiedo. Perché alla fine ha compiuto quella strage?
Il chirurgo non batte ciglio.
- Perché ha ucciso quei suoi pazienti in modo tanto violento?
La loquacità di Guzmann in un attimo era finita.
-Io lo so che forse, neanche per lei è facile capire il perché del suo gesto –continuò lo psichiatra – ma se lei pensa di saperlo, allora lo dica. Lo faccia per aiutare se stesso, perché anche se un medico, adesso è lei ad essere malato…
Queste parole sembrarono attrarre la curiosità di Guzman che alzò leggermente la testa.
- Forse perché…in quel momento io non ero un medico – disse con un brutto sorriso, che sarebbe rimasto impresso per molto tempo nella memoria di Shulze – Vede, dottore, in quel momento io… ero Dio. E dopo aver dato loro la vita così a lungo, volevo provare a dare loro la morte. Volevo scoprire se anche allora sarebbero stati in grado di amarmi…

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: martedì 19 aprile 2016, 14:08
da Angela
Testo interessante, come lo sono tutti quelli che parlano di medici (almeno per me). Sicuramente il tuo racconto ha il pregio di incuriosire il lettore che intuisce qualcosa, ma non ha elementi a sufficienza per capire il risvolto finale. In questo hai fatto un buon lavoro e i dialoghi li ho trovati credibili. I problemi di questo testo a mio avviso riguardano la forma (ho preso qualche appunto che ti ho evidenziato) e il finale, che ha una struttura più debole rispetto al resto della narrazione. Tema centrato ma un buon potenziale che non hai sfruttato. A rileggerti.


Lo sa che già prima di laurearmi in medicina avevo già fatto le mie due prime pubblicazioni?
- Sì, già all’epoca

Attenzione alle ripetizioni, in pochissimi caratteri ne ritroviamo diverse.

- Ipocrisie. Non si da qualcosa per non ottenere nulla in cambio.
Qui ci sono due negazioni: non/nulla. Struttererei la frase diversamente: "Non si da qualcosa senza ottenere nulla in cambio".

le sofferenze che avevo loro risparmiato
invertirei: che avevo risparmiato loro.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: mercoledì 20 aprile 2016, 12:28
da francesco.bellia
Grazie per il tuo commento. La ripetizione dei "già" iniziali mi è sfuggita. Colpa anche della fretta, dato che avevo sforato il tempo limite e quindi non ho potuto rileggere con la dovuta attenzione. Per il finale mi piaceva l'idea che fosse affidato ad un unica frase, anche perché essendo un racconto breve non c'era molto spazio per delineare il caso clinico di Guzman.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: mercoledì 20 aprile 2016, 17:37
da Andrea Partiti
Buona l'idea e l'interpretazione del tema, ma il risultato non mi convince completamente, penso serva un lavoro di riscrittura notevole prima di arrivare a un racconto godibile.
Penso che servisse fare una scelta radicale, solo dialoghi oppure misto fin dall'inizio. Aggiungere del testo descrittivo solo nelle ultimissime righe rovina l'atmosfera, ci cala in una ambientazione che prima non c'era e di cui non sentivamo il bisogno.
A volte usi delle espressioni convolute con verbi modali non necessari. Essendo un racconto costituito principalmente da dialoghi, finiscono per sembrare innaturali, lunghi e finti. Il mio consiglio è di leggerli ad alta voce, o almeno scandendo bene le parole nella testa, poi domandarti se veramente useresti quelle parole, così come le hai scritte. Ti faccio qualche esempio di punti in cui il discorso si impastoia e potrebbe essere più spigliato e di alcune espressioni che suonano sbagliate, innaturali o comunque poco adatte al livello culturale dei protagonisti.
"avevo già fatto le mie due prime pubblicazioni" > "avevo già pubblicato due volte"
"svolgere le sue competenze" no.
"si associa necessariamente alla conseguenza di" > "porta a", "comporta necessariamente" una forma meno convoluta
"Cosa pensa di questo?" > "Cosa ne pensa?" sembra un caso di doppiese, è una costruzione che si vede spesso nei doppiaggi come calco della struttura inglese, ma non lo useresti mai parlando.
"non sentivo di avere" > "non ricevevo"
"- Sì (sorridendo)" > se scrivi un racconto interamente di dialoghi, posso capire la nota da sceneggiatura in parentesi (anche se troverei più elegante farci arrivare il sorriso tramite quel che dice), ma se poi hai delle parti descrittive, spezza il dialogo coi trattini, altrimenti è un pugno in un occhio.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: mercoledì 20 aprile 2016, 18:43
da francesco.bellia
Ti ringrazio per il commento. Per quanto riguarda la semplificazione di alcune battute, sono d'accordo, forse potevano essere rese più fluide. Rispetto al testo descrittivo, il suo inserimento è voluto. E' come uno spartiacque: prima solo dialoghi con cui Guzman si presenta allo psichiatra non mostrando, se non per brevi tratti, la sua vera indole. Dopo, emerge invece il punto di vista di Shulze che sa della terribile verità dietro i "nascondimenti" del chirurgo. I suoi pensieri e la sua cautela sono resi appunto dalla descrizione che ha funzione di anticipare la "verità" che sarà palesata poco dopo.
In pratica l'inserimento della descrizione divide la "verità" del paziente da quella del medico. E' un esperimento se vogliamo(capisco comunque che possa non piacere). Se risulta un po' spiazzante per il lettore, non è detto che questo debba essere necessariamente un difetto, a mio modo di vedere, del resto si tratta di un thriller. Il gioco può servire a tenere vivo il lettore, introducendo i pensieri e le riflessioni personali dello psichiatra, che secondo me, con un semplice dialogo avrebbero perso un po' di mordente. Spezzare il dialogo può movimentare il testo, inserendo qualcosa che il lettore non si sarebbe aspettato. Ovviamente questa scelta puo' non essere condivisa.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: domenica 24 aprile 2016, 19:59
da Zebratigrata
Ciao Francesco,

L’idea mi piace molto: una figura che si associa in genere all’altruismo come quella di un medico che scopre il suo lato narcisista ed egotista portandolo all’estremo.

Ci sono però alcuni inghippi nella lettura: diversi refusi (accenti e apostrofi sbagliati, spazi mancanti, ecc.), alcune frasi strutturate in maniera poco naturale (es. molti fanno il medico, soprattutto in un dialogo è formale e con registro elevato come quello che ci proponi è più credibile molti diventano medici, scelgono di diventare medici, studiano medicina, intraprendono questo percorso professionale...), sfiori l’infodump perché il personaggio secondario sembra essere solo una scusa per il monologo.

Avrei costruito di più il personaggio del dottor Shulze: perché è lì, perché intervista l’assassino, ecc.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: lunedì 25 aprile 2016, 5:55
da invernomuto
Ciao Francesco!
Mi piace l'idea alla base del tuo racconto, il delirio di onnipotenza che porta un personaggio positivo dalla parte opposta della barricata.
Nella tua storia, però, si notano alcuni piccoli tentennamenti stilistici.
Lasciando in disparte gli elementi puramente tecnici che ti sono già stati fatti notare, quello che più mi è saltato all'occhio è la poca naturalità con cui si svolgono i dialoghi.
Il momento in cui l'artificiosità diventa più evidente, secondo me, è quello in cui Shulze chiede informazioni riguardo il leggendario epiteto di Guzmann:
-Ho sentito dire che la chiamavano “il dio che riporta in vita i morti”
- Sì (sorridendo). Mi hanno affibbiato anche questo nome, perché più di una volta ho guarito casi che sembravano impossibili…

Penso che nessuno andrebbe a spiegare il motivo di un titolo tanto vanaglorioso, la spiegazione di Guzmann sembra più rivolta al lettore che a Shulze.
Insomma, è una buona idea di base inficiata da piccoli disguidi stilistici; imparerai presto a limarli via se avrai la pazienza di partecipare ancora a Minuti Contati, ti assicuro che è una palestra efficacissima.
Spero di rileggerti presto, ciao!

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: lunedì 25 aprile 2016, 14:15
da Linda De Santi
Ciao Francesco!
È la prima volta che leggo qualcosa di tuo qui su Minuti Contati. Il tuo racconto mi è piaciuto: l’idea è semplice ma ben sviluppata, i dialoghi suonano realistici e mi piace anche come hai gestito la vicenda, con la rivelazione della vera identità dei personaggi che arriva solo alla fine.
Ci sono diversi accenti sbagliati, probabilmente dovuti al poco tempo a disposizione, ma nel complesso è un buon racconto che ho letto con piacere.
A rileggerci!

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: martedì 26 aprile 2016, 11:09
da beppe.roncari
Testo interessante, ma non declinato in maniera ottimale, a mio parere. Se l’arco di trasformazione che vuoi dare al medico passa da salvatore di vite a killer-dio-spietato devi mettere molti più passaggi, altrimenti è semplicemente pretestuoso e fatto per suscitare una sorpresa non efficace, perché non preparata.
Ricorrere alla “follia” come spiegazione delle azioni profonde del protagonista è (quasi) sempre una pessima idea.
A metà del racconto pensavo che il medico usasse poteri magici stile voodoo per riportare in vita i morti, letteralmente, e quella sarebbe stata una declinazione “preparata” e buona per un colpo di scena finale. Per dire.
Altra nota: avrei messo i tempi verbali al presente e non al passato remoto.
Attento a un uso degli spazi e dei trattini non sempre corretto (attaccati alla fine della riga di dialogo, dove non andavano messi). Ripetizione di “già … già” nella prima frase del medico.
Ciao, alla prossima!

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: giovedì 28 aprile 2016, 16:19
da marco.roncaccia
Ciao Francesco,
secondo me hai avuto una splendida idea. Peccato che la resa non sia altrettanto brillante. Non mi convince la forma del dialogo che hai deciso di dare al tuo racconto e trovo che l’incipit sia debole, tanto che sembra di leggere una intervista a Bertolaso. Il domanda e risposta tra psichiatra e paziente che ci racconta la storia non rende quanto la storia mostrata nel momento in cui si svolge.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: giovedì 28 aprile 2016, 22:39
da francesco.bellia
Grazie a tutti per i vostri commenti. Sono contento che l'idea vi sia piaciuta.

@Zebratigrata, Sono d'accordo con i tuoi appunti sullo stile, anche relativamente alla specifica parte di dialogo che hai citato. Con qualche accorgimento in più sarebbe potuta venire meglio. Per quanto riguarda il personaggio del dottor Shulze, in effetti puo' sembrare un personaggio pretestuoso, quasi una spalla se vogliamo. Però è anche vero che lo psichiatra molto spesso fa parlare il paziente, cercando di intervenire quanto basta per provocare in lui una reazione, senza essere invasivo dei suoi spazi. Quindi il suo intervento minimo può essere giustificato in questo modo. Prima della stesura finale avevo inserito maggiori dettagli sulla sua figura, che poi ho dovuto tagliare per ridurre il testo, già troppo lungo.

@Invernomuto, Sì, forse la spiegazione di Guzman è un po' ridondante. Avevo deciso di metterla per evidenziare come il suo ego fosse spropositato. Il medico,infatti, accetta di buon grado l'altisonante epiteto che gli è stato affibbiato e anzi se ne compiace apertamente, sottolineando la difficoltà (ai limiti dell'impossibilità) delle imprese da lui compiute. Certo magari poteva essere reso diversamente. Ti ringrazio per i tuoi consigli. Spero anch'io di migliorare.

@Linda De Santi, sono contento che il racconto ti sia piaciuto e soprattutto che tu ne abbia apprezzato la costruzione, con le identità dei protagonisti che vengono svelate nel finale. Mi fa molto piacere che malgrado gli errori io sia riuscito a coinvolgerti nella lettura.

@Beppe Roncari, Sì, in effetti la follia ha molti passaggi che non è semplice rendere in un racconto. Ho cercato di disseminare piccoli indizi durante il dialogo che potessero poi essere completati dal finale. Ad esempio la crescente ossessione di Guzman di non essere amato abbastanza dai propri pazienti, nonostante le sue enormi capacità che, ai suoi occhi, lo rendono simile ad un dio. La rivelazione finale, a mio parere, non è un escamotage per giustificare le azioni del protagonista. Le motivazioni di Guzman sono recondite e profonde,per molti versi insondabili, così come lo stesso Shulze suggerisce nella battuta "-Io lo so che forse, neanche per lei è facile capire il perché del suo gesto". La risposta finale di Guzman non è esaustiva delle sue motivazioni, è solo la confessione di un pensiero folle (fatta allo psichiatra durante un colloquio medico-paziente), uno dei tanti che probabilmente affollavano la sua mente. Non è l'unica spiegazione e il racconto non vuole suggerire questo. Piuttosto vuole evidenziare come un'idea di onnipotenza, che puo' albergare dentro ogni essere umano, possa degenerare in pensieri pericolosi e inquietanti, tali da rendere l'uomo un falso dio.

@Marco Roncaccia, La scelta del dialogo è motivata innanzitutto dal fatto che non mi interessava descrivere lo scatenamento violento della follia di Guzman.
Quello che mi incuriosiva era invece ripercorre alcuni dei pensieri distorti e ossessivi che avrebbero potuto albergare nella sua mente. Proprio perché la follia è qualcosa di molto complesso ho scelto di non rappresentarla direttamente al suo apice, rischiando di essere banale o di semplificare qualcosa che non lo è. Riportando un colloquio medico-paziente, invece, ho potuto dare un piccolo assaggio della follia del protagonista e del suo delirio di onnipotenza, senza per questo avere la presunzione di esaurire le motivazioni interiori che lo avrebbero portato al suo gesto violento. Ho preferito concentrarmi sul contesto psicologico, ricostruito attraverso il dialogo con lo psichiatra, piuttosto che sulla strage, che in fin dei conti rimane marginale. Cio' che contava per me era il pensiero malato del protagonista, il delirio di onnipotenza che stravolge la missione del medico.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: venerdì 29 aprile 2016, 17:27
da leonardo.marconi
Ciao Francesco! Credo che a parte qualche refuso e alcuni periodi un po' contorti (nel dialogo) il tema sia stato pienamente centrato. Il delirio egotista e narcisista del medico è esasperato e tocca una dimensione più che credibile ed insidiosa. La solitudine del professionista (che ha bisogno di essere amato ma non lo sarà mai a sufficienza in quanto mantiene troppo le distanze) è un modo verosimile per avvicinarsi all'idea più malsana del divino: colui che può dare la vita come la morte. Questa unione di eros e thanatos oggi è continuamente vivificata dalla tecnica. E la medicina usa in maniera massiccia le scoperte e le innovazioni tecnologiche. E in realtà credo che la tecnica possa solamente funzionare e basta (e quando non funziona è un gran casino). In sostanza la tecnica non dà un senso alla vita e non ha senso. Presa a sè è pura deriva nichilista. E perciò anche distruzione. A presto!!!

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: sabato 30 aprile 2016, 9:37
da francesco.bellia
Ciao Leonardo,
grazie per il tuo commento. Sono contento che il tema ti sia piaciuto.

Re: La missione di un medico - Francesco Bellia

Inviato: martedì 3 maggio 2016, 15:50
da antico
Idea non male, ma ho la sensazione che siano sbagliati i rapporti tra le parti, nel senso che lo spazio che lasci al “mostro” è troppo ristretto, quanto meno considerata la scarsa semina che hai lasciato fino a quel punto. Qualcosa già stride, in fase di lettura, vero, ma avresti potuto fare molto di più per cominciare a far germogliare il dubbio nel lettore già ben prima rispetto alla conclusione. Non ritengo che sia da riscrivere, ma da riorganizzare internamente. Pollice ni per il momento, il laboratorio ti aspetta.