UNA DONNA CHE NON E' DONNA E CHE È MADRE SENZA ESSERE MADRE di Annamaria Branco
Inviato: sabato 4 giugno 2016, 15:34
Miria era immobile, in silenzio fissava la donna seduta accanto a lei. Era bella. I lunghi capelli rossi brillavano al sole come fuoco, la pelle lattea e le gote rosse, gli occhi color mare, rassomigliava a una bambola di porcellana, una di quelle che sua madre le comprava sempre da bambina.
Era arrivata qualche minuto prima. Miria aveva aperto la porta di casa per uscire, voleva andare in bici verso la campagna, e l'aveva trovata li che l'aspettava. Si era presentata come 'Alice', dicendo di essere un' amica di sua madre. Le aveva chiesto se poteva dedicarle del tempo per parlare di una cosa importante. Miria era rimasta sorpresa, ed incuriosita si era accomodata con lei, sulle gradinate di casa. La donna l'aveva osservata per qualche istante in silenzio, carezzando con lo sguardo i tratti delicati del volto della giovane e sorridendo. Quando Miria le aveva chiesto cosa dovesse dirle, il suo sguardo era mutato, si era fatto più cupo.
Alice sospirò volgendo gli occhi al cielo. Quando il suo sguardo incontrò nuovamente il volto di Miria sorrise, una lacrima camminò piano sul suo viso e dopo poco cominciò a piangere, in modo sommesso, senza scomporsi, mentre il trucco colava e le guance si rigavano di nero. Osservò i lunghi capelli corvini della giovane, le lentiggini sul naso, il viso paffuto, i grandi occhi smeraldo. Miria restava in silenzio, imbarazzata, interrogandosi su cosa stesse accadendo. La donna cercava invano di parlare, era irritata dalla sua stessa codardia, voleva gridare, voleva urlare la verità, ma non riusciva a guardarla negli occhi sapendo che l'avrebbe distrutta, se avesse saputo… di lei, di suo padre.
Una figura slanciata interruppe i suoi pensieri. Fece capolino da dietro la siepe che circondava la casa e aprì il cancelletto del cortile. Quando vide le due donne sedute, si paralizzò per un istante.
“Ciao Paola” Alice sorrise,
“Cosa ci fai qui?” rispose lei,
“Sono venuta a parlare con Miria e con te”
“Non credo sia il caso”
“Io invece credo di si, fammi entrare… per favore”
Miria continuava a non capire, ma restava in silenzio.
Entrarono in casa.
Alice si accomodò sul divano, Paola prese posto su una sedia di fronte a lei e chiese a Miria di andare in camera sua e lasciarle sole. La ragazza ubbidì, entrò nella sua stanza e chiuse la porta dietro di se.
“È una ragazza taciturna, ben educata… del resto è vissuta con te” disse sottovoce Alice,
“Cosa hai detto?”
“Nulla, pensieri… allora come vanno le cose? Ti vedo bene, ti vedo più…donna!”
Paola non rispose, si limitò a guardarla sprezzante da dietro il ciuffo di riccioli neri,
“Sono passati tanti anni… mi piace come hai arredato la casa, piccola accogliente…” disse Alice cercando di smorzare quell'aria ostile,
“Non credo tu sia venuta qui, dopo tutto questo tempo, per fare degli apprezzamenti sulla mia casa” rispose Paola seccata,
Alice indagò la sua figura. Era snella nel lungo vestito nero, con i capelli corvini raccolti in una coda disordinata e il ciuffo riccio davanti agli occhi, il viso squadrato, le labbra rosee, gli occhi verde prato, il collo sottile, le spalle larghe e ossute.
“Sei proprio bella… lo sei sempre stato…” disse Alice guardandola con dolcezza,
“Potresti smetterla e dirmi cosa vuoi?” rispose Paola acidamente, un po' imbarazzata,
“Te l'ho detto, voglio parlare con mia figlia”
“Non ne hai il diritto!”
“Sono sua madre, ne ho il diritto!”
Paola respirò profondamente, stringendo il ciondolo che aveva al collo. Guardò Alice con gli occhi afflitti, pieni di dolore. Cominciò a singhiozzare, fino ad arrivare lentamente a un pianto disperato,
“Non puoi tornare dopo tutto questo tempo e pretendere… te ne sei andata anni fa, mi hai lasciata sola con nostra figlia, io non sapevo che fare…” sussurrò Paola tra le lacrime,
Alice si alzò, le si avvicinò e la strinse al petto, sussurrandole di stare tranquilla.
Chiamarono Miria dalla sua stanza, la fecero sedere di fronte a loro e Alice le chiese di rimanere in silenzio fino a che non avesse finito di spiegare, la ragazza annuì,
“Non c'è un modo giusto per dirlo, quindi lo dirò e basta… io, io sono tua madre…”
Vi fu un lungo silenzio in cui Alice chiuse gli occhi e respirò profondamente,
“Io e tuo padre ci conoscemmo a vent'anni, ci incontrammo in una libreria. Lui era così bello ed io un po' sfacciata, mi avvicinai subito a chiedergli il numero di telefono. Uscimmo la sera dopo, quella dopo ancora e ancora. Un paio di settimane e già convivevamo… non sapevamo nulla l'uno dell'altra, ma forse volevamo solo un pretesto per scappare dalle nostre famiglie. Nove mesi dopo eri nata, eri così bella ed io così felice. Le cose con tuo padre però, non andavano bene… era capitato che lo sorprendessi ad indossare dei miei abiti, a provare i mie gioielli, i miei trucchi… era capitato ben più di una volta per pensare fosse solo un gioco… e quando gli chiedevo spiegazioni lui riusciva sempre a sviare il discorso, di solito urlandomi addosso e incolpandomi di cose insensate…”
Alice si fermò. Lo sguardo vitreo perso nel dolore. Disse che aveva bisogno di aria e uscì di corsa dalla stanza sbattendo dietro di se la porta. Miria e Paola rimasero i silenzio, senza guardarsi. Paola poggiava il viso sul palmo della mano e tamburellava le dita sul volto, Miria giocherellava con le unghie nervosamente.
“Mamma…”
Paola la ignorò.
“Mamma… io lo sapevo”
Paola interruppe il tamburellare e i suoi occhi si posarono atterriti su sua figlia,
“Cosa… sai?”
“Di quella donna e di te… già lo sapevo, ho trovato il tuo diario anni fa”
“Non è possibile, il diario che non trovavo più!”
Miria annuì. Paola era confusa. Si sentì messa a nudo in un istante, senza difese, senza barriere. Non poteva sopportarlo. Miria capì, si alzò, si avvicinò a sua madre e le pose un bacio delicato sulla fronte,
“Non importa…”
Paola la guardò perplessa, Miria sorrise prendendole il volto tra le mani,
“Non importa chi tu sia stata o chi tu sia, sei mia madre. L'amore di una madre è forte e incondizionato… tu sei mia madre… quella donna di là, non lo sarà mai più di te. E non sarà mai donna, più di te…”
Paola guardò la sua bambina, così piccola e così matura, sempre in silenzio. Piena d'amore, in quelle poche cose che diceva. Si alzò e la strinse a se. Tenerla vicina la faceva sentire mamma, sentirsi madre la faceva sentire donna.
Alice era uscita di casa, si era seduta sulle gradinate. Aveva gli occhi rossi e il trucco sbavato. Si chiedeva cosa stesse facendo. Perché fosse tornata dopo tanto tempo in un luogo che non le apparteneva, da un uomo che le aveva tolto tanto e che ormai non esisteva nemmeno più. Ricordò i lividi ed i pianti che gli aveva perdonato perché… perché? Non lo sapeva. Lui stava male e lo aveva perdonato. Forse perché lo amava e avrebbe voluto amarlo ancora, ma lui non c'era più. E da chi avrebbe dovuto pretendere le scuse? Da chi sarebbe dovuta andare a chiedere i perché, da quella donna? Che è Paolo, ma non lo è più allo stesso tempo…? Che è una donna, che non è donna e che è madre, senza essere madre?
Era arrivata qualche minuto prima. Miria aveva aperto la porta di casa per uscire, voleva andare in bici verso la campagna, e l'aveva trovata li che l'aspettava. Si era presentata come 'Alice', dicendo di essere un' amica di sua madre. Le aveva chiesto se poteva dedicarle del tempo per parlare di una cosa importante. Miria era rimasta sorpresa, ed incuriosita si era accomodata con lei, sulle gradinate di casa. La donna l'aveva osservata per qualche istante in silenzio, carezzando con lo sguardo i tratti delicati del volto della giovane e sorridendo. Quando Miria le aveva chiesto cosa dovesse dirle, il suo sguardo era mutato, si era fatto più cupo.
Alice sospirò volgendo gli occhi al cielo. Quando il suo sguardo incontrò nuovamente il volto di Miria sorrise, una lacrima camminò piano sul suo viso e dopo poco cominciò a piangere, in modo sommesso, senza scomporsi, mentre il trucco colava e le guance si rigavano di nero. Osservò i lunghi capelli corvini della giovane, le lentiggini sul naso, il viso paffuto, i grandi occhi smeraldo. Miria restava in silenzio, imbarazzata, interrogandosi su cosa stesse accadendo. La donna cercava invano di parlare, era irritata dalla sua stessa codardia, voleva gridare, voleva urlare la verità, ma non riusciva a guardarla negli occhi sapendo che l'avrebbe distrutta, se avesse saputo… di lei, di suo padre.
Una figura slanciata interruppe i suoi pensieri. Fece capolino da dietro la siepe che circondava la casa e aprì il cancelletto del cortile. Quando vide le due donne sedute, si paralizzò per un istante.
“Ciao Paola” Alice sorrise,
“Cosa ci fai qui?” rispose lei,
“Sono venuta a parlare con Miria e con te”
“Non credo sia il caso”
“Io invece credo di si, fammi entrare… per favore”
Miria continuava a non capire, ma restava in silenzio.
Entrarono in casa.
Alice si accomodò sul divano, Paola prese posto su una sedia di fronte a lei e chiese a Miria di andare in camera sua e lasciarle sole. La ragazza ubbidì, entrò nella sua stanza e chiuse la porta dietro di se.
“È una ragazza taciturna, ben educata… del resto è vissuta con te” disse sottovoce Alice,
“Cosa hai detto?”
“Nulla, pensieri… allora come vanno le cose? Ti vedo bene, ti vedo più…donna!”
Paola non rispose, si limitò a guardarla sprezzante da dietro il ciuffo di riccioli neri,
“Sono passati tanti anni… mi piace come hai arredato la casa, piccola accogliente…” disse Alice cercando di smorzare quell'aria ostile,
“Non credo tu sia venuta qui, dopo tutto questo tempo, per fare degli apprezzamenti sulla mia casa” rispose Paola seccata,
Alice indagò la sua figura. Era snella nel lungo vestito nero, con i capelli corvini raccolti in una coda disordinata e il ciuffo riccio davanti agli occhi, il viso squadrato, le labbra rosee, gli occhi verde prato, il collo sottile, le spalle larghe e ossute.
“Sei proprio bella… lo sei sempre stato…” disse Alice guardandola con dolcezza,
“Potresti smetterla e dirmi cosa vuoi?” rispose Paola acidamente, un po' imbarazzata,
“Te l'ho detto, voglio parlare con mia figlia”
“Non ne hai il diritto!”
“Sono sua madre, ne ho il diritto!”
Paola respirò profondamente, stringendo il ciondolo che aveva al collo. Guardò Alice con gli occhi afflitti, pieni di dolore. Cominciò a singhiozzare, fino ad arrivare lentamente a un pianto disperato,
“Non puoi tornare dopo tutto questo tempo e pretendere… te ne sei andata anni fa, mi hai lasciata sola con nostra figlia, io non sapevo che fare…” sussurrò Paola tra le lacrime,
Alice si alzò, le si avvicinò e la strinse al petto, sussurrandole di stare tranquilla.
Chiamarono Miria dalla sua stanza, la fecero sedere di fronte a loro e Alice le chiese di rimanere in silenzio fino a che non avesse finito di spiegare, la ragazza annuì,
“Non c'è un modo giusto per dirlo, quindi lo dirò e basta… io, io sono tua madre…”
Vi fu un lungo silenzio in cui Alice chiuse gli occhi e respirò profondamente,
“Io e tuo padre ci conoscemmo a vent'anni, ci incontrammo in una libreria. Lui era così bello ed io un po' sfacciata, mi avvicinai subito a chiedergli il numero di telefono. Uscimmo la sera dopo, quella dopo ancora e ancora. Un paio di settimane e già convivevamo… non sapevamo nulla l'uno dell'altra, ma forse volevamo solo un pretesto per scappare dalle nostre famiglie. Nove mesi dopo eri nata, eri così bella ed io così felice. Le cose con tuo padre però, non andavano bene… era capitato che lo sorprendessi ad indossare dei miei abiti, a provare i mie gioielli, i miei trucchi… era capitato ben più di una volta per pensare fosse solo un gioco… e quando gli chiedevo spiegazioni lui riusciva sempre a sviare il discorso, di solito urlandomi addosso e incolpandomi di cose insensate…”
Alice si fermò. Lo sguardo vitreo perso nel dolore. Disse che aveva bisogno di aria e uscì di corsa dalla stanza sbattendo dietro di se la porta. Miria e Paola rimasero i silenzio, senza guardarsi. Paola poggiava il viso sul palmo della mano e tamburellava le dita sul volto, Miria giocherellava con le unghie nervosamente.
“Mamma…”
Paola la ignorò.
“Mamma… io lo sapevo”
Paola interruppe il tamburellare e i suoi occhi si posarono atterriti su sua figlia,
“Cosa… sai?”
“Di quella donna e di te… già lo sapevo, ho trovato il tuo diario anni fa”
“Non è possibile, il diario che non trovavo più!”
Miria annuì. Paola era confusa. Si sentì messa a nudo in un istante, senza difese, senza barriere. Non poteva sopportarlo. Miria capì, si alzò, si avvicinò a sua madre e le pose un bacio delicato sulla fronte,
“Non importa…”
Paola la guardò perplessa, Miria sorrise prendendole il volto tra le mani,
“Non importa chi tu sia stata o chi tu sia, sei mia madre. L'amore di una madre è forte e incondizionato… tu sei mia madre… quella donna di là, non lo sarà mai più di te. E non sarà mai donna, più di te…”
Paola guardò la sua bambina, così piccola e così matura, sempre in silenzio. Piena d'amore, in quelle poche cose che diceva. Si alzò e la strinse a se. Tenerla vicina la faceva sentire mamma, sentirsi madre la faceva sentire donna.
Alice era uscita di casa, si era seduta sulle gradinate. Aveva gli occhi rossi e il trucco sbavato. Si chiedeva cosa stesse facendo. Perché fosse tornata dopo tanto tempo in un luogo che non le apparteneva, da un uomo che le aveva tolto tanto e che ormai non esisteva nemmeno più. Ricordò i lividi ed i pianti che gli aveva perdonato perché… perché? Non lo sapeva. Lui stava male e lo aveva perdonato. Forse perché lo amava e avrebbe voluto amarlo ancora, ma lui non c'era più. E da chi avrebbe dovuto pretendere le scuse? Da chi sarebbe dovuta andare a chiedere i perché, da quella donna? Che è Paolo, ma non lo è più allo stesso tempo…? Che è una donna, che non è donna e che è madre, senza essere madre?