Ora Zero Marone edition (4198)
Inviato: venerdì 1 luglio 2016, 17:46
ORA ZERO
Di Alexandra Fischer
La camera da letto era in disordine.
Le ante dell’armadio, staccate, erano per terra, insieme alle grucce sparpagliate e senza più abiti; sul mobile mancavano le valige.
Le lenzuola erano a terra, macchiate di grasso nero; quei cerchi, nel bel mezzo del tessuto, erano le impronte dei poliziotti cyborg, in pratica, la loro firma.
In cucina, le tazze rotte sul pavimento e il caffè rovesciato sul tavolo completavano la prova di forza della polizia robotica.
Il bagno era disseminato di asciugamani strappati; sul lembo del telo da bagno c’erano ancora le cifre “E.V.”, ma uno squarcio le attraversava.
Soltanto il salotto era in ordine.
Nessuna furia distruttiva si era abbattuta sui divani di similpelle bianca, sul tavolino basso e sugli scudi e le lance masai appese alle pareti.
Accanto alla finestra dalle tende di mussola azzurrina, una donna in vestaglia color fragola fumava una sigaretta dopo l’altra, spegnendole in un posacenere di onice bianca venata di grigio.
Sentì incombere su di lei l’Ora Zero, una volta di più.
Virginio se n’era andato senza dirle nulla, come se non fosse mai esistito.
Quando era tornata dal lavoro, aveva trovato la parte di armadio con gli abiti del marito vuota e lo stesso valeva per la scarpiera.
La donna si era sentita spezzare dentro.
Nella casa era rimasto soltanto qualche ricordo lontano di lui, nient’altro.
Virginio, prima di andarsene, aveva preso il caffè con qualcuno di molto litigioso.
Al senso di perdita si era affiancata la consapevolezza di chi si trattava guardando le lenzuola macchiate di grasso nero.
Con le mani che le tremavano, la donna si decise a spegnere la sigaretta e ad aprire l’armadietto nero che si trovava nello studio.
Non tutto il disordine di casa era stato opera sua.
Lei si era accanita sugli asciugamani, in un parossismo di collera, perché aveva pensato che il marito se ne fosse andato via per farle dispetto.
Le aveva giurato che tutto andava bene con i nuovi cyborg poliziotto che aveva riprogrammato perché sorvegliassero il quartiere.
Certo, non gli era stato facile cancellare dalle loro menti l’ordine denominato “Ora Zero”.
Nelle loro memorie elettroniche c’erano ancora brandelli di immagini degli attentati ai danni dei colonizzatori terrestri.
Avvenivano a intermittenza, ma erano ogni volta più cruenti: un sempre maggior numero di persone veniva decimato da un guasto dell’erogatore di aria a uso degli esseri umani, oppure da una sostanza letale mischiata all’acqua destinata loro.
L’ultima volta si era trattato di un sabotaggio al software che regolava il traffico delle due aeronavi principali per il trasporto degli esseri umani.
Nell’ora di punta, i due pesanti mezzi guidati dal computer erano entrati in collisione, esplodendo all’istante.
Le vittime umane erano state migliaia: lavoratori, ma anche bambini diretti a scuola.
Virginio ricordava ancora quel giorno.
Anche lui avrebbe dovuto prendere l’aeronave destinata ai lavoratori, ma sua moglie si era offerta di accompagnarlo in ufficio, perché aveva delle commissioni da fare in città.
Non tutti gli attentati erano stati rivendicati dall’organizzazione terroristica degli abitanti di Golconda IV.
Le prime due volte, gli esseri umani si erano chiesti terrorizzati quali fossero state le cause dei guasti ai dispositivi di rifornimento dell’aria e dell’acqua.
L’indomani dell’incidente fra le due aeronavi, sui grandi cartelloni pubblicitari che spiccavano sulle facciate dei palazzi della metropoli era comparsa la scritta: “Terrestri, la prossima volta verremo nelle vostre case e per voi scatterà l’Ora Zero”.
Virginio era rimasto agghiacciato dal messaggio; nel linguaggio degli abitanti di Golconda, l’Ora Zero equivaleva all’arresto di un individuo scelto a caso, seguito dalla scomparsa di ogni traccia del soggetto.
Era stato il sistema adottato dai primi coloni terrestri quando si era trattato di espropriare dei terreni coltivabili gli abitanti di Golconda più riluttanti.
Gli esseri umani avevano sottovalutato lo spirito vendicativo degli alieni.
Naturalmente, l’Organizzazione Terrestre della Colonizzazione Galattica aveva schiacciato l’organizzazione terroristica.
L’ordine Ora Zero non era più valido.
Solo che i cyborg lo avevano conservato in una parte della loro memoria elettronica e avevano deciso di attuarlo fino a quando non ci fossero stati alieni da punire.
L’Ora Zero era diventata una minaccia proprio per coloro che l’avevano ideata.
Neppure Virginio, il programmatore dei cyborg, era in grado di cancellare l’ordine.
I robot poliziotto lo avrebbero eseguito
In preda alla disperazione, la donna corse nello studio.
Il telefono nero era accanto alla porta.
Vedendolo, la donna ci passò accanto tenendosi a distanza quasi avesse potuto aggredirla.
La tentazione di cercare il marito in ufficio era forte, ma doveva resistere.
I cyborg non facevano mai le cose a metà: dopo aver messo a soqquadro le abitazioni e portato via chi dovevano, mettevano la linea telefonica sotto controllo.
Era il tipico trattamento che riservavano ai terroristi; li portavano via e distruggevano ogni loro traccia.
C’era l’album di fotografie, nel cassetto della scrivania.
Presa da un presentimento, la donna lo sfogliò.
Non c’erano più foto di Virginio.
Nella stazione di polizia cyborg, l’uomo supplicò il commissario.
- Per favore. Mia moglie Erliss non ne sa niente.
L’unità cyborg in piedi di fronte a lui gli mostrò la foto della donna.
Sembrava una bionda umana; il suo unico indizio di appartenenza a Golconda erano gli occhi dorati con la pupilla verticale come i felini.
La voce metallica disse, con grande freddezza: - Legame improprio. Ora è spezzato.
Virginio ritrovò il coraggio che aveva perduto quando si era visto arrestare dagli stessi cyborg poliziotto che aveva progettato lui.
- Ascolta. Devi dimenticare l’Ora Zero – gli disse, venendogli incontro piano.
Il commissario cyborg replicò: - Impossibile dimenticare. Moglie. Donna ribelle dell’Ora Zero.
Virginio urlò.
- Menti. Lei è innocente.
L’uomo si voltò verso la porta, trovando chiusa.
La colpì, gridando di nuovo l’ordine di dimenticare l’Ora Zero.
Il commissario cyborg gli si avvicinò.
La voce metallica era diventata quella del presidente dell’Organizzazione Terrestre della Colonizzazione Galattica.
- Virginio Solmi. La smetta. Sua moglie è di Golconda e ha taciuto quando ha visto la sua gente in azione contro noi terrestri. Lei ritornerà subito sulla Terra. Alla donna non faremo niente solo se lei si impegnerà a non rivederla mai più.
Virginio, con un sussurro, replicò: - D’accordo.
E poi cadde in ginocchio.
Vittima mancata dell’Ora Zero.
Di Alexandra Fischer
La camera da letto era in disordine.
Le ante dell’armadio, staccate, erano per terra, insieme alle grucce sparpagliate e senza più abiti; sul mobile mancavano le valige.
Le lenzuola erano a terra, macchiate di grasso nero; quei cerchi, nel bel mezzo del tessuto, erano le impronte dei poliziotti cyborg, in pratica, la loro firma.
In cucina, le tazze rotte sul pavimento e il caffè rovesciato sul tavolo completavano la prova di forza della polizia robotica.
Il bagno era disseminato di asciugamani strappati; sul lembo del telo da bagno c’erano ancora le cifre “E.V.”, ma uno squarcio le attraversava.
Soltanto il salotto era in ordine.
Nessuna furia distruttiva si era abbattuta sui divani di similpelle bianca, sul tavolino basso e sugli scudi e le lance masai appese alle pareti.
Accanto alla finestra dalle tende di mussola azzurrina, una donna in vestaglia color fragola fumava una sigaretta dopo l’altra, spegnendole in un posacenere di onice bianca venata di grigio.
Sentì incombere su di lei l’Ora Zero, una volta di più.
Virginio se n’era andato senza dirle nulla, come se non fosse mai esistito.
Quando era tornata dal lavoro, aveva trovato la parte di armadio con gli abiti del marito vuota e lo stesso valeva per la scarpiera.
La donna si era sentita spezzare dentro.
Nella casa era rimasto soltanto qualche ricordo lontano di lui, nient’altro.
Virginio, prima di andarsene, aveva preso il caffè con qualcuno di molto litigioso.
Al senso di perdita si era affiancata la consapevolezza di chi si trattava guardando le lenzuola macchiate di grasso nero.
Con le mani che le tremavano, la donna si decise a spegnere la sigaretta e ad aprire l’armadietto nero che si trovava nello studio.
Non tutto il disordine di casa era stato opera sua.
Lei si era accanita sugli asciugamani, in un parossismo di collera, perché aveva pensato che il marito se ne fosse andato via per farle dispetto.
Le aveva giurato che tutto andava bene con i nuovi cyborg poliziotto che aveva riprogrammato perché sorvegliassero il quartiere.
Certo, non gli era stato facile cancellare dalle loro menti l’ordine denominato “Ora Zero”.
Nelle loro memorie elettroniche c’erano ancora brandelli di immagini degli attentati ai danni dei colonizzatori terrestri.
Avvenivano a intermittenza, ma erano ogni volta più cruenti: un sempre maggior numero di persone veniva decimato da un guasto dell’erogatore di aria a uso degli esseri umani, oppure da una sostanza letale mischiata all’acqua destinata loro.
L’ultima volta si era trattato di un sabotaggio al software che regolava il traffico delle due aeronavi principali per il trasporto degli esseri umani.
Nell’ora di punta, i due pesanti mezzi guidati dal computer erano entrati in collisione, esplodendo all’istante.
Le vittime umane erano state migliaia: lavoratori, ma anche bambini diretti a scuola.
Virginio ricordava ancora quel giorno.
Anche lui avrebbe dovuto prendere l’aeronave destinata ai lavoratori, ma sua moglie si era offerta di accompagnarlo in ufficio, perché aveva delle commissioni da fare in città.
Non tutti gli attentati erano stati rivendicati dall’organizzazione terroristica degli abitanti di Golconda IV.
Le prime due volte, gli esseri umani si erano chiesti terrorizzati quali fossero state le cause dei guasti ai dispositivi di rifornimento dell’aria e dell’acqua.
L’indomani dell’incidente fra le due aeronavi, sui grandi cartelloni pubblicitari che spiccavano sulle facciate dei palazzi della metropoli era comparsa la scritta: “Terrestri, la prossima volta verremo nelle vostre case e per voi scatterà l’Ora Zero”.
Virginio era rimasto agghiacciato dal messaggio; nel linguaggio degli abitanti di Golconda, l’Ora Zero equivaleva all’arresto di un individuo scelto a caso, seguito dalla scomparsa di ogni traccia del soggetto.
Era stato il sistema adottato dai primi coloni terrestri quando si era trattato di espropriare dei terreni coltivabili gli abitanti di Golconda più riluttanti.
Gli esseri umani avevano sottovalutato lo spirito vendicativo degli alieni.
Naturalmente, l’Organizzazione Terrestre della Colonizzazione Galattica aveva schiacciato l’organizzazione terroristica.
L’ordine Ora Zero non era più valido.
Solo che i cyborg lo avevano conservato in una parte della loro memoria elettronica e avevano deciso di attuarlo fino a quando non ci fossero stati alieni da punire.
L’Ora Zero era diventata una minaccia proprio per coloro che l’avevano ideata.
Neppure Virginio, il programmatore dei cyborg, era in grado di cancellare l’ordine.
I robot poliziotto lo avrebbero eseguito
In preda alla disperazione, la donna corse nello studio.
Il telefono nero era accanto alla porta.
Vedendolo, la donna ci passò accanto tenendosi a distanza quasi avesse potuto aggredirla.
La tentazione di cercare il marito in ufficio era forte, ma doveva resistere.
I cyborg non facevano mai le cose a metà: dopo aver messo a soqquadro le abitazioni e portato via chi dovevano, mettevano la linea telefonica sotto controllo.
Era il tipico trattamento che riservavano ai terroristi; li portavano via e distruggevano ogni loro traccia.
C’era l’album di fotografie, nel cassetto della scrivania.
Presa da un presentimento, la donna lo sfogliò.
Non c’erano più foto di Virginio.
Nella stazione di polizia cyborg, l’uomo supplicò il commissario.
- Per favore. Mia moglie Erliss non ne sa niente.
L’unità cyborg in piedi di fronte a lui gli mostrò la foto della donna.
Sembrava una bionda umana; il suo unico indizio di appartenenza a Golconda erano gli occhi dorati con la pupilla verticale come i felini.
La voce metallica disse, con grande freddezza: - Legame improprio. Ora è spezzato.
Virginio ritrovò il coraggio che aveva perduto quando si era visto arrestare dagli stessi cyborg poliziotto che aveva progettato lui.
- Ascolta. Devi dimenticare l’Ora Zero – gli disse, venendogli incontro piano.
Il commissario cyborg replicò: - Impossibile dimenticare. Moglie. Donna ribelle dell’Ora Zero.
Virginio urlò.
- Menti. Lei è innocente.
L’uomo si voltò verso la porta, trovando chiusa.
La colpì, gridando di nuovo l’ordine di dimenticare l’Ora Zero.
Il commissario cyborg gli si avvicinò.
La voce metallica era diventata quella del presidente dell’Organizzazione Terrestre della Colonizzazione Galattica.
- Virginio Solmi. La smetta. Sua moglie è di Golconda e ha taciuto quando ha visto la sua gente in azione contro noi terrestri. Lei ritornerà subito sulla Terra. Alla donna non faremo niente solo se lei si impegnerà a non rivederla mai più.
Virginio, con un sussurro, replicò: - D’accordo.
E poi cadde in ginocchio.
Vittima mancata dell’Ora Zero.