Tuoni nella notte (4137)
Inviato: giovedì 14 luglio 2016, 23:31
Tuoni nella notte
Leo, seduto vicino alla stufa, cercava di sfruttarne la luce per guardare una foto ingiallita. Lo ritraeva da giovane, a petto nudo, con un fucile in una mano e lo StarTAC nell'altra. Indossava dei pantaloni mimetici e ai piedi lo stesso modello di anfibi che aveva in quel momento. Accanto a lui, sorridente come sempre, c'era Rachid in uniforme. Ma quello era un ricordo di un passato lontano legato al tempo in cui la guerra era solo un gioco fatto di proiettili di vernice.
Un lampo cadde vicino alla casa e illuminò a giorno il salotto. Un'ombra umana si proiettò sul muro per quella frazione di secondo. Spaventato, Leo si gettò all'indietro.
«Anche stanotte la stessa storia?» chiese Ada una volta esauritosi il boato del tuono. La donna uscì dall'ombra e si incamminò verso il marito. «Se ti vedessero i tuoi uomini, cosa direbbero?» lo sbeffeggiò.
Leo si sollevò da terra e, incurante, infilò la foto nella tasca laterale dei pantaloni. «Non mi interessa, tanto loro non lo sapranno mai» rispose, sedendosi sul divano.
«E cosa ti fa pensare che riuscirai a nascondere il tuo segreto?»
Leo si portò il pollice alla bocca e si morse l'unghia. «Perché il segreto è nascosto da questa bellissima casa che a te piace tantissimo.»
Ada sollevò il labbro superiore e storse il naso. «Forse, ma se potessimo avere la luce, tutta la notte, sarebbe meglio.»
«Abbiamo il frigo e il gas. Accontentati.»
«Accontentarmi? Quello lo faccio da sempre. Anche se parlare di accontentarsi, con l'ultimo giardiniere…»
«Devi essere più cauta, va bene passare per cornuto, ma così faccio la figura dello stupido.»
«Vorresti dirmi che non lo sei?»
Leo serrò i pugni e scosse la testa. «Smettila di insultarmi, lo sai che se non fosse stato per tuo padre…» Si morse le labbra per non finire la frase.
«Quel traditore! Ha venduto la sa unica figlia per una causa persa. È lui che mi ha cacciato in questo guaio.»
«Non era un traditore, lui credeva ancora in questa nazione. Era diverso da loro ed era diverso da te anche se non se né mai accorto» sussurrò rabbioso.
La donna rise sguaiata. «Diverso? Voi non dovreste usare certi termini.» Lo stava sfidando. «Voi siete come tutti, no?»
Leo si voltò e tirò un calcio al vuoto. Un tuono coprì l'insulto che gli uscì dalla bocca.
«Quanto ardore, ti chiamava così Rachid?» lo schernì Ada, poggiandogli la mano su una spalla. «Sai, mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Peccato se ne sia dovuto andare insieme a quelli come lui.»
Leo si girò di scatto, aveva gli occhi gonfi di lacrime e le mani gli tremavano. «Che cosa vuoi?» la implorò quasi.
«Farti soffrire come ha fatto mio padre con me.» I capelli biondi di Ada volteggiarono in aria mentre si girava dandogli le spalle.
«Io soffro già. Ogni singolo giorno, ogni volta che devo essere chi non sono!»
«Pensi mi basti? Io ho dovuto rinunciare alla mia felicità per colpa di una scelta che mi è stata imposta. Hai idea di cosa voglia dire essere sposata con uno come te?»
«Ogni volta che mi giro nel letto!»
Ada finse di non sentire e, lentamente, camminò fino all'ingresso. Prese la giacca del marito e se la mise. La fascia rossa, che doveva cingerle il braccio, le circondava il gomito.
«Credo che potrei fare anch'io il gerarca.» Fece una piroetta su se stessa. «Magari io non farei fuggire tutti quei negri.»
«Smettila.»
«No, smettila tu. Fai come i tuoi amici: vattene e lasciami vivere. Questo non è il posto per VOI!» La donna urlò tutta la sua rabbia.
Leo si portò le mani al volto. «Non posso, ho promesso a tuo padre che avrei lottato dall'interno, che sarei riuscito a cambiare le cose.»
«Mi fai schifo. Non hai nemmeno il coraggio di essere te stesso.» Ada sfilò la giacca e la gettò a terra. «Domani parlerò con degli amici, ti conviene andartene.»
Leo si riscosse. «Non lo farai!» le intimò, piazzandolesi davanti a mani giunte.
Ada sorrise. «Ne sei certo?» Negli occhi le comparve una luce malvagia. «Tutti i giochi si rompono, ma poi arriva il natale e ne porta di nuovi.»
«Mi ucciderebbero per altro tradimento, non puoi farlo…»
Ada sorrise. «Una vedova ha più onore di me! Morirai come muoiono i cani e io tornerò a vivere.»
Un fulmine lontano illuminò una finestra. Leo estrasse la pistola e attese, uno, due, tre secondi. Arrivò il tuono, e con esso un lampo all'interno della casa.
Leo, seduto vicino alla stufa, cercava di sfruttarne la luce per guardare una foto ingiallita. Lo ritraeva da giovane, a petto nudo, con un fucile in una mano e lo StarTAC nell'altra. Indossava dei pantaloni mimetici e ai piedi lo stesso modello di anfibi che aveva in quel momento. Accanto a lui, sorridente come sempre, c'era Rachid in uniforme. Ma quello era un ricordo di un passato lontano legato al tempo in cui la guerra era solo un gioco fatto di proiettili di vernice.
Un lampo cadde vicino alla casa e illuminò a giorno il salotto. Un'ombra umana si proiettò sul muro per quella frazione di secondo. Spaventato, Leo si gettò all'indietro.
«Anche stanotte la stessa storia?» chiese Ada una volta esauritosi il boato del tuono. La donna uscì dall'ombra e si incamminò verso il marito. «Se ti vedessero i tuoi uomini, cosa direbbero?» lo sbeffeggiò.
Leo si sollevò da terra e, incurante, infilò la foto nella tasca laterale dei pantaloni. «Non mi interessa, tanto loro non lo sapranno mai» rispose, sedendosi sul divano.
«E cosa ti fa pensare che riuscirai a nascondere il tuo segreto?»
Leo si portò il pollice alla bocca e si morse l'unghia. «Perché il segreto è nascosto da questa bellissima casa che a te piace tantissimo.»
Ada sollevò il labbro superiore e storse il naso. «Forse, ma se potessimo avere la luce, tutta la notte, sarebbe meglio.»
«Abbiamo il frigo e il gas. Accontentati.»
«Accontentarmi? Quello lo faccio da sempre. Anche se parlare di accontentarsi, con l'ultimo giardiniere…»
«Devi essere più cauta, va bene passare per cornuto, ma così faccio la figura dello stupido.»
«Vorresti dirmi che non lo sei?»
Leo serrò i pugni e scosse la testa. «Smettila di insultarmi, lo sai che se non fosse stato per tuo padre…» Si morse le labbra per non finire la frase.
«Quel traditore! Ha venduto la sa unica figlia per una causa persa. È lui che mi ha cacciato in questo guaio.»
«Non era un traditore, lui credeva ancora in questa nazione. Era diverso da loro ed era diverso da te anche se non se né mai accorto» sussurrò rabbioso.
La donna rise sguaiata. «Diverso? Voi non dovreste usare certi termini.» Lo stava sfidando. «Voi siete come tutti, no?»
Leo si voltò e tirò un calcio al vuoto. Un tuono coprì l'insulto che gli uscì dalla bocca.
«Quanto ardore, ti chiamava così Rachid?» lo schernì Ada, poggiandogli la mano su una spalla. «Sai, mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Peccato se ne sia dovuto andare insieme a quelli come lui.»
Leo si girò di scatto, aveva gli occhi gonfi di lacrime e le mani gli tremavano. «Che cosa vuoi?» la implorò quasi.
«Farti soffrire come ha fatto mio padre con me.» I capelli biondi di Ada volteggiarono in aria mentre si girava dandogli le spalle.
«Io soffro già. Ogni singolo giorno, ogni volta che devo essere chi non sono!»
«Pensi mi basti? Io ho dovuto rinunciare alla mia felicità per colpa di una scelta che mi è stata imposta. Hai idea di cosa voglia dire essere sposata con uno come te?»
«Ogni volta che mi giro nel letto!»
Ada finse di non sentire e, lentamente, camminò fino all'ingresso. Prese la giacca del marito e se la mise. La fascia rossa, che doveva cingerle il braccio, le circondava il gomito.
«Credo che potrei fare anch'io il gerarca.» Fece una piroetta su se stessa. «Magari io non farei fuggire tutti quei negri.»
«Smettila.»
«No, smettila tu. Fai come i tuoi amici: vattene e lasciami vivere. Questo non è il posto per VOI!» La donna urlò tutta la sua rabbia.
Leo si portò le mani al volto. «Non posso, ho promesso a tuo padre che avrei lottato dall'interno, che sarei riuscito a cambiare le cose.»
«Mi fai schifo. Non hai nemmeno il coraggio di essere te stesso.» Ada sfilò la giacca e la gettò a terra. «Domani parlerò con degli amici, ti conviene andartene.»
Leo si riscosse. «Non lo farai!» le intimò, piazzandolesi davanti a mani giunte.
Ada sorrise. «Ne sei certo?» Negli occhi le comparve una luce malvagia. «Tutti i giochi si rompono, ma poi arriva il natale e ne porta di nuovi.»
«Mi ucciderebbero per altro tradimento, non puoi farlo…»
Ada sorrise. «Una vedova ha più onore di me! Morirai come muoiono i cani e io tornerò a vivere.»
Un fulmine lontano illuminò una finestra. Leo estrasse la pistola e attese, uno, due, tre secondi. Arrivò il tuono, e con esso un lampo all'interno della casa.