La curva che non c'era

alexandra.fischer
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La curva che non c'era

Messaggio#1 » giovedì 21 luglio 2016, 22:00

LA CURVA CHE NON C’ERA
Di Alexandra Fischer
La ragazza è scesa dalla locomotiva in tutta fretta.
Quel mattino il treno era ritardo, per via di un passaggio a livello bloccato a due chilometri dall’arrivo nella città, lei stessa ha visto di sfuggita passare un calesse.
Non ci ha fatto troppo caso, occupata com’era a togliersi la fuliggine che ha invaso la carrozza per via del carbone.
Quando è salita sull’auto dell’amico, si è preoccupata di fissare con uno spillone in più il cappello con la veletta mentre lui avviava l’auto con un colpo di pedale deciso.
- Dobbiamo sbrigarci a raggiungere casa. Guai in azienda – le aveva detto, imboccando il rettilineo a folle velocità.
I ciliegi e l’erba ai lati della strada erano diventati un unico scarabocchio bianco, verde e marrone.
La ragazza stringe le mani lungo il sedile.
- Come mai? – gli chiede.
Dietro di loro compare un calesse e sta guadagnando velocità.
Il giovane accelera ancora, sicuro della sua Renault.
Poi compare la curva.
Frena bruscamente.
Dall’altro lato della curva compare un paesaggio fatto di metallo.
Tutto lo è.
Dagli alberi agli uccelli alle case.
E tutto è in movimento, compresi gli abitanti.
Sono vestiti come loro.
La ragazza, stizzita, vede che molte donne portano grandi cappelli tondi a veletta come il suo.
Indossano anche abiti come il suo: gonna lunga, maniche a sbuffo, con tanto di sellino.
E lei che si era illusa di essere alla moda.
Si distrae guardando quelle vestite da cameriere e da operaie e si chiede dove è finita.
Il suo compagno si toglie gli occhialoni da guida e mette i guanti in tasca.
Non bada agli uomini vestiti in frac e marsina, oppure in giacca e pantaloni con il cappello a visiera.
Si è girato verso il calesse e ha visto il cavallo e il cocchiere.
Sono di metallo anche loro.
La porta dal lato del passeggero si apre.
Ne scende un uomo vestito in un completo di tweed marrone e camice bianco.
Porta occhiali a stringinaso e se li aggiusta con aria stizzita.
- Ti sono corso dietro fin troppo, Manfred – gli dice il nuovo arrivato – non vuoi presentarmi la tua graziosa passeggera?
- No – grida lui – ho accettato che tu costruissi le impastatrici a vapore per la ditta di papà e che affidassi Annelore alla governante di tua scelta. Quando ha scoperto che bisognava caricarla con una chiave come uno dei suoi pupazzi, non ti dico. E ora questo.
Manfred si calma per un istante.
- Già, cos’è questo?
- Fabrica – gli risponde l’uomo – questo è il futuro villaggio industriale per papà. Se vuoi seguirmi, fra un paio di isolati vedrai l’azienda di papà che ho trasferito qui. Dice sempre che vuole un meccanismo ben oliato. E io l’ho creato. Per la curva, c’è voluto il lavoro dei cantonieri a bulloni.
Manfred domanda al fratello: - Ma, e della ditta vera cosa ne sarà, dei dipendenti?
L’uomo ride.
- Cosa ne è stato, vorrai dire.



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antico
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#2 » giovedì 21 luglio 2016, 22:06

Caratteri ok, limiti tutti rispettati! Buona STEAMPUNK EDITION, Alexandra!!!

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#3 » venerdì 22 luglio 2016, 14:02

Grazie, Antico.

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Polly Russell
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#4 » venerdì 22 luglio 2016, 16:58

Oh la Peppa, Shanda! Un racconto lineare, conciso, privo di fronzoli. Quasi non ti riconosco! ;)
Lo steam c'è, non è quello "classico" che piace a me, ma si capisce bene.
La ricerca del periodo storico, il bisogno di inserirlo ti ha portata ad esagerare un po' e qui di giù di descrizioni di abiti e cappellini. Un singolo accenno sarebbe stato sufficiente. L'unica immagine che mi disturba è la città di metallo. A me ha fatto l'effetto dell'uomo di latta del Mago di Oz. Me la sono immaginata così, color argento e brillante, ahimè. Quindi avrei gradito una nota di colore. Un bel seppia, per dire. Detto questo, una buona idea, con una nota nera nel finale.
Polly

valter_carignano
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#5 » venerdì 22 luglio 2016, 17:04

Ciao
Racconto secondo me molto intrigante nella sua idea di fondo. Qui lo steam è inteso nel suo significato di 'mondo con automi', e il contrasto con il mondo 'normale' mi sembra riesca molto bene.
Dividerei il commento in due.
La seconda parte credo sia molto superiore alla prima, bella la descrizione degli automi e buona la caratterizzazione dell' 'ingegnere senza nome' Ottimo anche il ritmo, che invece mi sembra un po' mancare nella prima parte. Tutta la parte dell'arrivo di lei in fondo mi sembra superflua, il cuore del racconto sono gli automi e la fabbrica.
Peccato che non sapremo mai cosa sia successo agli operai :-)

Alexia
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#6 » venerdì 22 luglio 2016, 23:13

Peccato i refusi. Dal principio mi hanno rovinato la lettura. Ci sono frasi non contestualizzate (ha visto un calesse? In che senso?). Citi in poche righe un treno, un calesse e poi auto… magari se come automezzo citavi il Carro di Cugnot, auto a vapore, forse era meglio. Non mi fraintendere… ho scritto molto steampunk e purtroppo nei miei primi racconti ho ricevuto molte critiche. È un genere dove bisogna fare molta attenzione ai dettagli. Ancora oggi commetto errori, e ancora oggi mi ritrovo a fare mille ricerche per poche righe. Se contiamo che qua avevamo solo 3000 battute e poco tempo, sei giustificatissima, infatti terrò poco conto di queste lacune nella mia classifica.
Però… Passi dal presente all’imperfetto in modo incongruo e ci sono frasi che non capisco, tipo “stringere le mani lungo il sedile”.
La macchina è quasi raggiunta da un calesse, e inoltre dici che è una Renault, azienda francese (e non inglese) nata ben oltre l’epoca vittoriana.
“…e si chiede dove è finita.”
“…e si chiede dove sia finita.
“La porta dal lato del passeggero si apre.” Il calesse non ha porte, forse volevi dire che era una carrozza.

Insomma, detto questo, arrivata alla fine, mi hai lasciato l’amaro in bocca, perché secondo me l’idea di base c’è, e se sviluppata può venirne fuori qualcosa di molto carino. Se avessi avuto più tempo e più caratteri avresti fatto un buon lavoro.

Alexia

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#7 » sabato 23 luglio 2016, 20:03

Ciao Polly, grazie del commento. Sono contenta di averti stupita (mi piace diversificare lo stile, ho accolto la sfida steampunk proprio per provare qualcosa di diverso). Accidenti, ti è rimasta impressa la città degli automi. Che bello il tuo paragone città- Omino di Latta del mago di Oz, mi lusinga molto. Mi è scappata la mano con la descrizione dell'abbigliamento, ma era per rendere il più possibile il punto di vista del personaggio (la ragazza).

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#8 » sabato 23 luglio 2016, 20:06

Ciao Valter Carignano,

sono contenta che ti sia piaciuta la seconda parte del racconto. La prima, introduttiva, è sempre la più difficile (bisogna avvicinare il lettore alla storia, ma senza appesantirla troppo di dettagli). Terrò conto del tuo suggerimento di restringere l'arrivo della ragazza a favore del destino degli operai (io ho immaginato un incendio. Ahi, ahi, tagliando l'arrivo, forse mi sarebbe venuto fuori). Per il resto, grazie.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#9 » sabato 23 luglio 2016, 20:10

Ciao Alexia,
grazie del commento. Le tue osservazioni sono pertinenti (praticamente, nello steampunk sono ai primissimi giorni di scuola). Ne terrò conto per rivedere la storia. La ragazza ha visto il calesse dal finestrino del treno. Per quel che riguarda la Renault, mi è venuta in mente dopo aver scartato la Mercedes Benz. Incerti della scrittura. Grazie per la precisazione sul calesse (lo vedevo con le porte, mi ha fregato l'immagine delle carrozze piccole da viaggio degli Asburgo). Aggiusterò anche i refusi (scivoloni della fase di revisione).

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invernomuto
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#10 » lunedì 25 luglio 2016, 15:37

Ciao Alexandra!
Devo dire che anche io ho avuto qualche problemino con la parte introduttiva, aprire il racconto con un cambio di mezzo (la discesa dalla locomotiva per salire sull'auto) spezza un po' il ritmo sul nascere!
Bisogna dire, però, che la seconda parte recupera benissimo, una volta superata "la curva" che introduce al cuore del racconto, la bella città metallica che funge anche da spauracchio per lo spettro dell'automazione industriale.
Anche nel mezzo della città, però, ti limiti a dirci che "tutto è di metallo", sei molto precisa nel descrivere i capi di vestiario mentre lasci al lettore l'onere di immaginare queste creature robotiche.
In ogni caso, il tema è pienamente rispettato, c'è la follia di qualcuno che ha tolto il lavoro a tutti i dipendenti in modo imprevisto e indubbiamente c'è il vapore che alimenta la città di metallo.
A presto!

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giuseppe.gangemi
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#11 » mercoledì 27 luglio 2016, 12:10

LA CURVA CHE NON C'ERA di ALEXANDRA FISHER
Ciao Alexandra,
il racconto è carino e presenta molti elementi steampunk. Io ho notato anche dei tratti che mi hanno fatto pensare alla bella epoque.
L'inizio del racconto potrebbe essere ridotto. Sprechi caratteri che avrebbero potuto arricchire la seconda parte del racconto, che è la parte nettamente migliore.
Io avrei fatto azionare la tua automobile con la manovella tipica delle prime auto. Mi ha sempre affascinato l'accensione con la manovella tipica delle prime auto, forse perché nell'infanzia vedevo i film i Stanlio e Ollio che ne combinavano di tutte i colori per avviare queste prime auto con accensione a manovella.
La seconda parte è molto interessante ma leggendo i commenti forse non l'ho capito. Secondo me gli operai e gli altri dipendenti sono stati convertiti in robot. Se è cosi mi piace molto.

Un piccolo errore che ho visto.
Quel mattino il treno era ritardo
Quel mattino il treno era in ritardo

Secondo me il tuo racconto perde molto perché scritto con il tempo verbale al presente. Forse renderebbe meglio con un altro tempo verbale, uno al passato.
Elementi richiesti dal contest presenti.
Ciao

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Barbara Comeles
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#12 » giovedì 28 luglio 2016, 8:35

Ciao Alexandra.
Racconto interessante soprattutto nella seconda parte. La prima, invece, l’ho trovata confusa, spiazzante. A parte qualche refuso, ci sono dei salti con i tempi verbali che stridono un po’. Alcune frasi sono poco chiare, ad esempio quando scrivi: “Dietro di loro compare un calesse e sta guadagnando velocità.” Si tratta forse di un’anticipazione della meccanizzazione descritta poi? Anche la Renault mi sembra fuori luogo, poco plausibile, specie se confrontata all’abbigliamento vittoriano della protagonista.
La frase finale mi è piaciuta moltissimo perché adoro questo tipo di finali “aperti”.
Insomma, considerati i tremila caratteri (che sono decisamente pochini) il racconto merita di essere rivisto e ampliato per dare respiro ad un setting promettente.

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AmbraStancampiano
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#13 » giovedì 28 luglio 2016, 22:17

Ciao Alexandra,
a differenza di molti, io ho apprezzato molto di più la prima parte del racconto rispetto alla seconda, in cui fai una gran bella carrellata su diversi tipi di dinamismo e di movimento, molto futurista.
Anche le scene in città mi piacciono molto, e trovo che le tue descrizioni si facciano mese dopo mese sempre più poetiche e potenti; per quel che riguarda la storia, invece, non sono riuscita bene a seguirla, non ho capito a chi si rivolga il compagno della nostra protagonista/pov e la questione della fabbrica vera e di quella finta; sembra comunque interessante, magari con un po' più di spazio e la possibilità di spiegare meglio...
Un consiglio: l'idea di un racconto tutto al presente si sposa bene con quella sorta di dinamismo futurista che ho trovato nella prima parte, ma alla lunga rischia di rivoltartisi contro perchè rende i testi non immediati un po' pesanti e di difficile comprensione e porta spesso a dover rileggere.
Lo steam c'è, il punk anche. Il vapore lo vedo, la follia e gli imprevisti temo di non averli capiti fino in fondo.
Qui giace il mio cervello, che poteva fare tanto e ha deciso di fare lo stronzo.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#14 » venerdì 29 luglio 2016, 18:48

Ciao Invernomuto,
mi dispiace che il cambiamento di mezzo (locomotiva, auto) ti abbia spiazzato nella lettura (ritmo spezzato). Ne terrò conto quando rivedrò il racconto.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#15 » venerdì 29 luglio 2016, 19:00

Ancora una cosa, Invernomuto. Farò mia anche l'osservazione in merito alla scarsità nella descrizione delle creature robotiche. Per il resto, sono contenta che tu ci abbia trovato del buono.

Ciao Giuseppe Gangemi, mi hai letto nel pensiero (avrei voluto inserire la scena della manovella, ma l'ho scartata. Imprevisti della fase di stesura, non so, ho avuto paura che sarebbe stata una scena del tutto inutile ai fini della trama che avevo in mente). Sì, i dipendenti sono diventati robot e anche il villaggio è stato robotizzato (fauna inclusa). Per quel che riguarda il tempo verbale (il presente è un'arma a doppio taglio, non va abusato neppure nei racconti brevi. Ora lo so. Mi lusinga che trovi valida la seconda parte del racconto.

Ciao Barbara Comeles, scusami per l'errore della Renault. Il calesse mostra l'arrivo dello scienziato pazzo. Quindi, sì, è anticipatorio. Rimedierò ai tempi verbali ballerini. Sono contenta che ti sia piaciuta la frase finale.

Ciao Ambrastancampiano, ti ringrazio per le osservazioni (incredibile, ti è piaciuta la prima parte) in merito all'abuso del presente. Il compagno della protagonista si rivolge al fratello (scienziato pazzo che ha l'idea del villaggio industriale, quindi molto ottocentesco, ma rivisto in chiave robotizzata. In pratica, ha distrutto l'industria di famiglia, vera, con annesso villaggio industriale, vero, per rifarne una meccanica, quindi di eterna durata). E vuole informarne il fratello e la compagna di lui (di lì l'apparizione del calesse con lui sopra fin dall'inizio della storia). E i complimenti in merito alle descrizioni...mi confondono, sei gentilissima.

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antico
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#16 » sabato 30 luglio 2016, 10:51

Lo Steampunk c’è, ma devi fare assolutamente più attenzione sia alla forma che ai refusi. Ho faticato a leggerlo, lo ammetto. Il tutto sembra assemblato, pezzo dopo pezzo, con fatica. E dire che la storia c’è e che il controllo sulla stessa sembra anche buono, però credo che invece di consegnare dopo pochissimo tempo tu debba cominciare a entrare nell’ordine d’idee di sfruttare tutte e quattro le ore di tempo per cesellare e sistemare in modo da permettere alle tue belle idee di trovare la loro giusta forma. Pollice giù per me questa volta, mi spiace.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era

Messaggio#17 » lunedì 1 agosto 2016, 6:07

Ciao Antico,
grazie del commento. Che dire? Mi dispiace per i refusi e i difetti tecnici che appesantiscono la lettura. Prendere più tempo per controllare il tutto? Le quattro ore? Posso provarci.

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