I riflessi negli occhi tuoi
Inviato: venerdì 22 luglio 2016, 0:07
Adele prese una boccetta dal tavolo della specchiera e, dopo averla agitata, si versò due gocce negli occhi opali. Il braccio le doleva e faceva fatica a muovere l’articolazione. Zoppicò fino alla cucina e schioccò le dita per far accende le luci; un sibilo d’approvazione risuonò in tutta la casa e Adele si mise a canticchiare allegra, aspettando i clienti di quel pomeriggio. S’affacciò alla finestra e scorse il cartellone che capeggiava sopra il suo portone. “Adele Brightman, chiaroveggente.”
Si sedette sul divano e attese, muovendo con delicate mosse sbuffi di vapore che provenivano dalla grande caldaia posta nel salotto; l’ambiente era saturo di umidità, eppure Adele c’era cresciuta così bene, sostenendo che fosse proprio quello a darle quei poteri mistici. La campanella sopra la porta trillò e Adele, sfregandosi bene gli occhi, contribuì al rossore causato dalla Belladonna versata poco prima.
“Avanti”.
La ragazzina era una di quelle che potevano volare via con un soffio di vento, l’ennesima moda di quel 1867 che Adele non mandava giù: sostenere di essere in grado di saper vivere senza cibo non era cosa nuova, e Adele sfruttava la cosa a suo vantaggio.
“Si segga sul divano e mi metta al corrente, anzi, non lo faccia!”
Adele s’era calata nella parte e, sfoderato l’arto sinistro meccanico, afferrò con forza mascolina la mano della fanciulla e la rovesciò sul tavolo. Lo scialle di Adele si muoveva e gli sbuffi d’aria provenienti dalla clavicola rendevano tutto ipnotico.
“Vedo che sei vittima di un raggiro…E anche grave, visto che è stato il tuo ragazzo.”
La ragazza tirò via la mano e si rannicchiò sul divano, spaventata.
“Non temere uccellino, ti aiuterò io. La prossima volta che accadrà qualcosa, tu lo saprai prima.”
Si frugò tra i seni stretti nel corsetto e, tirata fuori una boccetta gliela consegnò, con l’altra che ancora non aveva la forza di replicare.
“Ne bastano due gocce per occhio tutti i giorni e vedrai come tutto ti sarà più chiaro. Quando esci, lasciami cinque ghinee sul mobile”.
La ragazza annuì sconcertata e, fuggendo via dalla casa, dimenticò per terra la mantella.
Adele fece una smorfia e, premuto un pulsante sul muro dietro di lei, fece apparire un attaccapanni a forma di polipo con numerosi ganci che ondeggiavano a seconda dell’altezza. Una tirata di leva ed ecco che uno arrivò dove le serviva, appendendo l’ennesimo oggetto perso.
“Oggi cos’hanno scordato?”
Lauren, suo marito, uscì dalla cantina sporco di grasso e pulendosi le mani in uno strofinaccio, seguito dal loro automa Anton. Adele gli fece un cenno e Anton la aiutò a togliersi le protesi oculari, mostrando così le orbite vuote.
“Un manto. Tornerà tanto, lo fanno tutti dopo le nostre gocce”.
S’abbracciarono, mentre si dirigevano con buon passo dall’altro lato del quartiere Whitechapel. Sopra l’arcata d’ingresso, un altro cartello.
“Smith e moglie, protesi oculari di tutti i colori.”
Si sedette sul divano e attese, muovendo con delicate mosse sbuffi di vapore che provenivano dalla grande caldaia posta nel salotto; l’ambiente era saturo di umidità, eppure Adele c’era cresciuta così bene, sostenendo che fosse proprio quello a darle quei poteri mistici. La campanella sopra la porta trillò e Adele, sfregandosi bene gli occhi, contribuì al rossore causato dalla Belladonna versata poco prima.
“Avanti”.
La ragazzina era una di quelle che potevano volare via con un soffio di vento, l’ennesima moda di quel 1867 che Adele non mandava giù: sostenere di essere in grado di saper vivere senza cibo non era cosa nuova, e Adele sfruttava la cosa a suo vantaggio.
“Si segga sul divano e mi metta al corrente, anzi, non lo faccia!”
Adele s’era calata nella parte e, sfoderato l’arto sinistro meccanico, afferrò con forza mascolina la mano della fanciulla e la rovesciò sul tavolo. Lo scialle di Adele si muoveva e gli sbuffi d’aria provenienti dalla clavicola rendevano tutto ipnotico.
“Vedo che sei vittima di un raggiro…E anche grave, visto che è stato il tuo ragazzo.”
La ragazza tirò via la mano e si rannicchiò sul divano, spaventata.
“Non temere uccellino, ti aiuterò io. La prossima volta che accadrà qualcosa, tu lo saprai prima.”
Si frugò tra i seni stretti nel corsetto e, tirata fuori una boccetta gliela consegnò, con l’altra che ancora non aveva la forza di replicare.
“Ne bastano due gocce per occhio tutti i giorni e vedrai come tutto ti sarà più chiaro. Quando esci, lasciami cinque ghinee sul mobile”.
La ragazza annuì sconcertata e, fuggendo via dalla casa, dimenticò per terra la mantella.
Adele fece una smorfia e, premuto un pulsante sul muro dietro di lei, fece apparire un attaccapanni a forma di polipo con numerosi ganci che ondeggiavano a seconda dell’altezza. Una tirata di leva ed ecco che uno arrivò dove le serviva, appendendo l’ennesimo oggetto perso.
“Oggi cos’hanno scordato?”
Lauren, suo marito, uscì dalla cantina sporco di grasso e pulendosi le mani in uno strofinaccio, seguito dal loro automa Anton. Adele gli fece un cenno e Anton la aiutò a togliersi le protesi oculari, mostrando così le orbite vuote.
“Un manto. Tornerà tanto, lo fanno tutti dopo le nostre gocce”.
S’abbracciarono, mentre si dirigevano con buon passo dall’altro lato del quartiere Whitechapel. Sopra l’arcata d’ingresso, un altro cartello.
“Smith e moglie, protesi oculari di tutti i colori.”