Tra scienza e religione io scelgo la tua morte (di Francesco Nucera)

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ceranu
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Tra scienza e religione io scelgo la tua morte (di Francesco Nucera)

Messaggio#1 » lunedì 22 agosto 2016, 22:57

Hai ventotto anni e non tolleri la divisa che indossi. Le strisce verticali bianche e nere ti fanno sentire un arbitro o peggio, un “gobbo” di merda. Vorresti lanciarla addosso a quel coglione che continua a gridarti ordini attraverso l'auricolare che ti obbliga a portare.
Da circa venti minuti stai sistemando la stessa fila di magliette e per fortuna nessuno ti ha disturbato, ma la tregua sta per finire. Un tipo, alto al massimo un metro e sessanta, entra in negozio e si guarda in giro. Porta scarpe rosa senza lacci e un paio di pantaloncini da basket che gli arrivano alla tibia. Vorresti dirgli che sono troppo lunghi per lui e che nel reparto bambino troverebbe quelli della taglia giusta, ma i muscoli gonfi lasciati liberi dalla canottiera bianca, le fiamme tatuate sul collo e il tribale che gli circonda l'occhio ti fanno capire che l'ironia non dev'essere il suo forte.
Ti guardi in giro alla ricerca di Marta, ma la tua collega è impegnata con una vecchia che non sa nemmeno perché cazzo è entrata in negozio. Sorridi perché lo sai: tu porterai a casa un insulto, mentre lei venderà alla vecchia tre paia di scarpe, una dozzina di calzini e dei lacci “fluo” che nemmeno un dodicenne a un rave metterebbe. Perché Marta sa il fatto suo, invece tu hai una cazzo di voglia di mandare tutti a 'fanculo.
‒ Carlo, il cliente è interessato alle scarpe. Vai e ricordati di fare almeno una doppietta scarpa/calza o scarpa/laccio. Sono due mesi che non ne fai una. Forza!
Ti avvicini a lui e monti il sorriso 2.0. Ti fa schifo tutto. Ti fa schifo lui, che sembra uscito dal ghetto americano mentre al massimo arriverà da Cesano Boscone. Ti fa schifo il negozio in cui lavori. Ti fa schifo il tuo capo, che urla nella tua testa. Ti fa schifo la vita di merda che ti ha costretto a fare il commesso mentre metti via i soldi per raggiungere Edo in Germania per fare il ricercatore. Ti fa schifo tua madre, che non fa che rompere i coglioni.
«Ciao, sono Carlo. Posso aiutarti?» chiedi.
«Sto guardando» risponde lui, dedicandoti la stessa occhiata con cui deve aver schifato la zingara che chiede l'elemosina in strada.
Sorridi e stai per andartene, ma la voce nell'auricolare ti sprona a non mollare.
‒ Ricordati che sei un leone, sei tu a decidere cosa gli piace! Tira fuori gli occhi della tigre! ‒ ti ordina la voce nella tua testa mentre fa partire “Eye of the Tiger” dei Survivor.
La musica ti rintrona e tu rispondi: «Come preferisci ma, se posso darti un consiglio, queste ti starebbero benissimo.» Afferri un modello grigio con una zeppa di dieci centimetri piena di brillantini dorati.
Lui guarda le scarpe che hai in mano, poi te, poi ancora le scarpe e solleva il sopracciglio. «Mi stai prendendo per il culo?»
La sua domanda è lecita e tu avresti anche la risposta che lo farebbe infuriare, ma la voce sovrasta i tuoi pensieri: ‒ Ma che cazzo fai, non vedi che quello è un modello da donna? Dirgli che pensavi dovesse fare un regalo alla ragazza.
«Pensavo dovessi fare un regalo a tua madre e queste la notte possono fare da catarifrangente!» ti esce di getto e ti senti figo. È come se stessi buttando fuori la bile che hai sempre ingoiato. 'Fanculo quel lavoro di merda!
Una vena, sulla fronte del cliente, si gonfia e inizia a pulsare pericolosamente.
«Cerchi rogne?» ti chiede lui, afferrandoti per il colletto.
Ti fissa da venti centimetri più in basso, ma sai che se volesse potrebbe farti molto male. Tu non sei mai stato un tipo cattivo, l'ultima volta che hai fatto a botte andavi alle elementari ed Elena te le aveva date di santa ragione.
‒ Cristo, che cazzo stai facendo? Tiragli un pugno!
Obbedisci, non sai se essere più stupito per l'ordine ricevuto o per il sangue che sporca la canottiera bianca del ragazzo. Gli hai rotto il naso; lui è piegato sulle ginocchia e, ai suoi piedi, si sta formando una pozza porpora: che poi non sta nemmeno male con le piastrelle nere e le scarpe rosa.
‒ Tiragli una ginocchiata. Finiscilo. L'ha mandato tua madre.
La tua rotula si infrange contro la sua fronte. Hai l'impressione che il tuo ginocchio si apra in due, ma è lui ad avere la peggio. Barcolla all'indietro e stramazza contro la scarpiera mandando a puttane il lavoro che avevi fatto questa mattina.
«Carlo, che cazzo fai?»
Ti volti e ti ritrovi davanti Stefano, il tuo capo. È Sulla porta con in mano un cono gelato e ti guarda con gli occhi fuori dalle orbite.
«Quello che mi hai chiesto» rispondi placido.
Lui ti urta col gelato e si china sul cliente.
Infastidito, ti ritrai e guardi la macchi azzurra sulla tua maglietta. Pensi che non sopporti proprio il gusto Puffo e tra tutti quelli che ci sono lui doveva sporcarti proprio con quello.
Ti volti e guardi Marta con aria rassegnata, lei sembra sconvolta. Lo è talmente tanto che la vecchia con cui stava parlando approfitta della sua titubanza, molla le scatole che aveva in mano, e sgattaiola fuori dal negozio.
«Marta, chiama il 112. Carlo, dammi una mano!»
Le urla del tuo capo ti infastidiscono almeno quanto le macchie del gelato al Puffo.
‒ Tira un pugno anche a lui!
Questa sì che è bella. Lui è davanti a te e agita le braccia sbraitando frasi a caso, ma nello stesso momento è nelle tue orecchie e ti supplica di pestarlo. Sorridi, appallottoli la maglietta a strisce bianche e nere e gliela lanci in faccia.
«Tieniti 'sta maglietta di merda, io me ne vado!» gridi, mentre con il piede gli fratturi uno zigomo. «A proposito: 'fanculo te e la Juve. Forza Lazio!» Sputi ed esci dal negozio ancora a petto nudo.

Arrivi sotto casa e ti accendi una sigaretta. Inspiri a pieni polmoni e blocchi il colpo di tosse che ne scaturisce. Osservi la nuvola di fumo che si disperde nell'aria e pensi che vorresti fare come lei: far perdere ogni tua traccia. Ma sai che tua madre ne soffrirebbe troppo, lei non capisce il tuo bisogno di fuggire. In quel posto ti manca l'aria, non ti piace più. Osservi i palazzoni che ti circondano, molte finestre sono aperte, sui balconi ci sono altre persone che fumano, i cani abbaiano e i coglioni urlano. È tutto normale come lo è da quando sei nato; tutto merdosamente normale.
‒ Allora che aspetti, vieni con me! ‒ La voce torna a farsi sentire. Sfili l'auricolare e ti guardi attorno. Sei troppo lontano perché possa funzionare eppure l'hai sentita. Provi a far finta di nulla, magari passa, è solo stress.
‒ Che fai, mi assilli su facebook e poi non mi caghi?
«Edo?» domandi sotto voce.
‒ No, sono papa Francesco!
«Perché non ti vedo?» Ti guardi in giro, ma c'è solo un gatto che si ferma, annusa l'aria e poi si infila in un cespuglio.
‒ Quindi, mi raggiungi in Germania?
«Non lo so, mia madre…»
‒ Non dire cazzate, non è per lei. Tu hai paura di lasciare la tua sicurezza.
«Quale sicurezza? E poi lo sai che 'sto posto mi fa cagare.»
‒ Raccontalo a te stesso. Tu hai paura di cambiare e di accorgerti che sei tu quello inadeguato. Se resti qui non puoi fallire, la colpa sarà sempre degli altri.
«Certo che sei un rompi palle. Ti dico che ci verrei anche a piedi, ma non voglio lasciare mia madre da sola.»
‒ Portala con te!
«Certo, porto mia madre a Monaco? Ma smettila!»
‒ Smettila tu! Non puoi rompermi i coglioni e poi tirarti indietro. Il posto qui c'è, ma non lo daranno a uno che si caga addosso. Finiscila di cercare alibi, prendi lo zaino, mettici dentro due cazzate e corri alla stazione.
«Lo capisci o no che non posso lasciare mia madre! Tu la fai facile, i tuoi sono morti!»
‒ Sei un bastardo! Va bene, resta qui con quella che ti fa spiare.
Senti il sangue che ti si gel nelle vene e i tuoi timori prendono vita. «Quindi è vero, mi stanno seguendo?» chiedi a un amico invisibile.
‒ Hai ancora dei dubbi? Guarda la volante che sta arrivando; chi pensi che l'abbia mandata?
Alzi lo sguardo e vedi una pattuglia che si avvicina. Serri la mascella, inspiri per l'ultima volta e getti il mozzicone a terra. Ti alzi e, indifferente, cammini verso il portone.
«Scusami?!» chiama una voce alle tue spalle.
Ti volti e incroci lo sguardo del carabiniere, che si è sporto dal finestrino. «Mi dica.» Abbozzi un sorriso.
«Sai se Carlo Trace abita qui?»
Potresti dirgli che non sei di zona, tirare dritto e camminare fino al capolinea del tram, ma poi? «Sono io» rispondi d'acchito.
Il carabiniere strabuzza gli occhi, porta la mano alla pistola e farfuglia qualcosa. La macchina su cui è si ferma di colpo. Scende un altro gendarme. «Dovresti seguirci in caserma» dice.

Con il maresciallo non è andato benissimo. Il sangue che avevi sulle nocche non deponeva a tuo favore e non l'hanno fatto nemmeno i due stronzi che sono arrivati dopo essersi fatti medicare in ospedale. Ma la cosa peggiore l'hai fatta riprendendo a parlare con Edo.
All'inizio pensavano fingessi, poi hai visto arrivare l'ambulanza e ti hanno accompagnato al San Paolo. Sai che qui portano i pazzi, ma tu non lo sei, o almeno, non lo eri fino a poco fa. Però ti rendi conto che parlare da solo non è normale e tu l'hai fatto.
Un medico giovane, avrà all'incirca la tua età, picchia le dita sulla tastiera senza nemmeno guardati.
«I carabinieri sostengono che lei abbia aggredito due uomini sul lavoro e che l'abbia fatto obbedendo a una voce…»
Scuoti la testa, vorresti negare, ma lui continua a fissare il monitor e non sembra accorgersene.
«No.»
«Quindi perché l'avrebbe fatto?»
Dopo la prima cazzata te ne devi inventare un'altra, ma sei confuso e non sai cosa dire.
‒ Perché erano due stronzi!
Ti mordi il labbro e blocchi l'impulso di zittire Edo.
«Non lo so, è un brutto periodo.»
«Lei sa che questa non è una giustificazione?»
Lo sai e come, ma non ti viene di meglio.
‒ Diglielo che sono due stronzi!
Serri i pugni e inspiri rumorosamente.
«Anche ora è nervoso?»
«Direi di sì, rischio il gabbio.»
«Ma non sente più le voci?»
«Non le ho mai sentite!» sei a un passo dall'urlare. Quel medico ti irrita.
‒Tiragli un pugno e scappa. Ci vediamo alla stazione tra venti minuti. Niente bagagli, ti presto qualcosa di mio.
Scuoti la testa e ignori la voce. Devi tenere duro, ma lo psichiatra non ti aiuta. «Le è mai capitato di sentire delle voci?» insiste.
‒ Certo, lui lo senti bene. Smettila di perdere tempo con sto cretino. Ma non lo vedi che taglio ha? Sembra il canuomo di “Balle Spaziali”.
Edo ha ragione. Devi soffocare una risata per non peggiorare la situazione.
‒ Sono il miglior amico di me stesso!
Non resisti e scoppi in una risata sguaiata.
Il medico, per la prima volta, si degna di guardarti in faccia. «Stare qui la diverte?» Assume un'espressione da cane bastonato che non ti aiuta. Ti pieghi in avanti e le lacrime ti sgorgano dagli occhi.
«Mi scusi…» Serri le mascelle e provi a contenerti. «È che sono sotto stress!»
‒ E lui somiglia al canuomo!
«Basta!» dici, a tono un po' troppo alto, picchiando il pugno sul tavolo.
Lo psichiatra corruccia il naso, porta la mano alla guancia e si gratta la barba ispida. Sembra proprio uscito da Balle Spaziali. «Le do qualcosa che l'aiuti a rilassarsi, ma per me può tornare a casa. Ci vediamo tra una settimana per un controllo.» Si volta e ricomincia a scrivere a computer.
Lasci andare le braccia e tiri un sospiro di sollievo. Non ti ricovereranno, ma ti rendi conto che qualcosa in te non va.

Sei senza lavoro da quasi un mese e dal giorno dell'aggressione in negozio non sei più uscito di casa. Quando ti hanno dimesso dall'ospedale, con il foglio che ti invitava a tornare dopo una settimana, i carabinieri ti hanno tirato il culo e ora attendi la notifica di comparizione in tribunale. Te ne sbatti il cazzo. Come dice Edo, ti è andata bene potevi ammazzarli quei due e ora saresti in carcere.
Giri per casa senza una meta, fatichi a concentrarti e non accendi più cellulare e portatile; sai che qualcuno ti sta spiando da lì. Ormai gli aggeggi elettronici li fanno tutti con le telecamere incorporate perché vogliono guardarti in casa.
Per sicurezza tieni anche le tapparelle abbassate e fai entrare in camera solo tu madre. Hai capito che non è lei a spiarti, non ne sarebbe in grado. Chi lo sta facendo è qualcuno di bravo. Lei al massimo avrebbe chiamato lo zio Salvatore per farti seguire e lui si sarebbe fermato al primo bar. Questi invece hanno occhi ovunque.
Ti butti sul letto e la puzza di sudore ti entra nelle narici. Dovresti lavarti, ma sai che attraverso gli scarichi possono recuperare il tuo DNA. Per il water sei stato bravissimo, prima di tirare l'acqua versi l'ammoniaca e quella rende i campioni inutilizzabili. Ma in doccia è diverso, lì il tuo corpo lascia andare parti della tua pelle e quelli potrebbero clonarti per poi sostituirti.
Fissi il muro e ripensi a Edo, oggi non si è ancora fatto sentire.
‒ E che ti parlo a fare? Tu non ci vieni in Germania.
Sai che quella voce non porta nulla di buono, ma ormai non riesci a stare senza. «Te l'ho detto, ora ho questa cosa da risolvere, ma poi arrivo» rispondi.
‒ Oggi è questo e domani sarà qualcos'altro. Io credo che questa situazione ti vada bene. Ti va bene tua madre che continua a pregare in sala, ti vanno bene i tuoi amici che si sono volatilizzati e ti va bene non prendere le gocce che ti ha dato il dottore. Tu ci sguazzi in questo letamaio.
Abbassi lo sguardo e non rispondi, sai che ha ragione. Non hai mai fatto nulla per cambiare il tuo destino, lo hai accettato aspettando che qualcosa cambiasse, ma in fondo stai bene in questo quartiere alveare. Ci sei nato e ci sei sempre tornato. Quando rientravi dal mare, la prima cosa che guardavi dalla tangenziale era quella torre che hanno costruito quando eri bambino. L'hai sempre disprezzata, dicevi che sembrava lo scopettone del cesso, ma nello stesso tempo per te era un'enorme puntina che indicava casa tua.
Ti scuoti e vai verso l'armadio, lo apri e rovesci un po' di vestiti a terra. «Che tempo fa a Monaco?» chiedi, sorridendo.
‒ E che te ne frega, tanto poi la valigia rimarrà sul pavimento.
«Scommetti? Guarda che stavolta lo faccio!» ci credi veramente. Una vampata di calore ti infiamma lo stomaco. Ti senti forte.
«Carlo, amore, puoi venire un attimo in sala?» La voce di tua madre arriva nitida come se le porte non ci fossero. Questo è uno dei suoi poteri, l'altro è quello di innervosirti.
«Sono preso, arrivo tra un po'.»
‒ Credi si accontenti?
«Deve, io non mi muovo.»
«Tesoro, c'è una persona che vuole vederti.»
Senti un groppo alla gola, inizi a sudare e istintivamente guardi la finestra. Da lì puoi fuggire.
‒ Sarà lo psichiatra che è venuto a vedere come stai. Non ti sei presentato alla visita di controllo, pensavi se ne dimenticassero?
Ti era passato di mente, eppure era una cosa importante. Imprechi e guardi le lenzuola. Potresti legarne un po' insieme e calarti giù.
‒ Bella idea di merda, non funziona nemmeno nei film.
«Allora dimmi tu cosa fare!» ringhi.
‒ Guadagna tempo.
«Mi vesto e arrivo!» urli, per farti sentire da tua madre.
Inizi a girare in tondo alla ricerca di una via di fuga, ma la stanza ti si stringe addosso. Senti le pareti opprimerti, ti manca l'aria.
‒ Vai di là e fingi che sia tutto normale. In fondo non hai nulla da temere.
«E certo, perché secondo te saranno veri psicologi quelli che sono venuti a prendermi? Questi sono loro, mi hanno trovato.»
‒ Loro chi?
«Quelli che mi spiano, quelli che vogliono sostituirmi. Gli stessi che mi impediscono di venire in Germania!» Ti mordi un labbro così forte da farti uscire il sangue.
‒ Nessuno ti sta impedendo di raggiungermi. Sei solo tu!
«Sei un ingenuo. Non lo capisci che è tutto un piano. Sono loro che mi hanno detto di aggredire il ragazzo al negozio e sono gli stessi che vogliono farmi passare per matto. Loro sanno che sarei un grande geologo. Sai benissimo anche tu che se venissi da te perderesti il lavoro.» Ti blocchi con i pugni serrati e le tempie che pulsano. Finalmente “loro” hanno un volto, anzi, una voce. «Non sono loro, sei tu. Sei sempre stato tu a manipolarmi. L'hai sempre fatto.»
‒ Tu sei pazzo, ma se ti ho sempre chiesto di raggiungermi.
«Sapevi che non ero pronto e ora, visto che avevo deciso, hai messo in piedi tutto questo.» Stai urlando e la testa sta per esploderti. Ti accasci con la testa fra le ginocchia e le mani che premono sulle orecchie. È così che senti per la prima volta una pallina sul collo all'altezza del lobo. Strabuzzi gli occhi e la sfiori con l'indice.
«Che cazzo è sta cosa?» gridi. «Mi hai installato un microchip!»
Ti alzi e cerchi qualcosa per tirarlo fuori, hai bisogno di un coltello. Esci dalla stanza e corri verso la cucina.
«Amore, Don Piero è venuto per fare due chiacchiere.»
Non ascolti tua madre. Attraversando la sala noti che il prete non è solo. Con lui c'è tuo zio Salvatore e qualcun altro, ma te ne fotti, devi toglierti subito quel cazzo di coso dal collo.
Raggiungi il ceppo accanto ai fuochi e afferri il Miracle Blade. Basterà un piccolo taglio e sarà tutto finito. «Figlio di puttana, ora ti sbatto fuori dalla mia testa.»
Porti la punta del coltello al collo, ma una mano ti afferra il polso e ti blocca. Tuo zio ti torce il braccio, il dolore ti fa aprire la mano e la lama cade.
«Lasciami, devo farlo!» urli.
«Carlo, stai fermo, ti fai male.» Zio Salvatore grida, spaventato. Dalla sala senti tua madre che piange. Altre mani ti agguantano.
«Lasciatemi, lui mi vuole fare impazzire.» Ti dimeni, ma la presa non molla un centimetro.
«Carlo, non voglio farti male» dice tuo cugino Gino, che ti solleva, ti porta in sala e aiutato da tuo zio ti blocca sul divano.
«Figliolo, chi ti sta facendo impazzire?» La voce calma di Don Piero ti fa incazzare, hai voglia di sputargli in faccia.
«Lui non vuole che io me ne vada, mi vuole tenere qui.» Senti la schiuma che ti si forma agli angoli della bocca.
«Don, la prego. Lo vede, è come dicevo io. Il demonio l'ha posseduto.» È incredibile come tua madre possa aprire bocca solo per far uscire merda.
«Stai zitta, rincoglionita!» urli. Questa volta sputi veramente e prendi il prete in faccia. Lui non si scompone, infila la mano in tasca ed estrae un asperges.
«Signore Gesù Cristo, verbo di Dio Padre e Signore dell'universo, tu hai dato agli Apostoli il potere di scacciare i demoni nel tuo nome…»
Delle gocce ti bagnano il viso, non è saliva, ma ti girano comunque le palle.
«Figlio di puttana, vai a sborrare sull'ostia e non in faccia me!» imprechi, ma lui va avanti col suo sermone e a te non resta che bestemmiare Dio e tutta la sua schiera di santi.

Il cicalino suona, c'è un altro cliente. Sbuffi e guardi la macchina dal monitor.
«Buonasera, benvenuto nel nostro ristorante, come posso esserle utile?» reciti a memoria. Ci hai messo un po' a impararla. Il medico dice che è un effetto collaterale del farmaco, ma che quando smetterai tornerai come prima. Non gli hai mai creduto, ma quell'uomo ti ha strappato dalle grinfie di tua madre, quindi merita il tuo rispetto. E poi da quando hai iniziato a diminuire il dosaggio ti senti più ricettivo.
«Buonasera, prendiamo… Sara, tu cosa prendi?» Quella voce ti trafigge il timpano. Ti sporgi verso il monitor e cerchi di darle un volto.
Istintivamente, porti la mano dietro l'orecchio convinto di ritrovarci il microchip, ma sei certo che te l'abbiamo rimosso durante il ricovero in ospedale, anche se loro dicono che non ci sia mai stato, e infatti non lo trovi. «Edo?» balbetti.
«Scusi?»
Può fingere quanto vuole, ma tu ne sei certi, è proprio lui.
«Noi prenderemmo…»
Lui parla, ma tu non l'ascolti. Stai pensando che quel bastardo è tornato per rovinarti la vita. La mano ti trema, le ginocchia anche. Senti la gola stringersi e ti manca il fiato.
«Edo, basta» bofonchi.
«Non mi chiamo Edo. Hai capito l'ordine?»
La stanza ti gira attorno, le pareti oscillano e i colori perdono di intensità. Ti aggrappi al microfono e cerchi di non cadere.
«Arrivo subito» dici, sfilandoti le cuffie.
Inspiri profondamente, slacci il grembiule, lo appallottoli e lo lanci a terra. A lunghe falcate, passi attraverso la cucina, afferri un coltello e corri verso la porta sul retro. Questa volta non proverai a inciderti l'orecchio, questa volta la voce sparirà per sempre.



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Re: Tra scienza e religione io scelgo la tua morte (di Francesco Nucera)

Messaggio#2 » giovedì 1 settembre 2016, 22:01

Ciao,

sorvoliamo sul titolo aberrante, mi piace parecchio come hai visualizzato la pazzia, è vero che usi una classicissima "voce", ma la sua caratterizzazione è decisamente azzeccata e brillante. Cali parecchio nell'incontro col prete. Lo trovo inutile se non per giustificare la doppia diagnosi, tanto più che è anche sbilanciata come parte rispetto al resto.
Il finale non si può certo dire a sorpresa. In generale direi che da quando metti in campo il prete perdi un po' del brio con cui eri partito. Potresti provare una fine senza il riemergere della pazzia, con una storia che si "spegne", come il protagonista stonato dai farmaci e perfettamente integrato nella società dei "reintegrati", che magari "rimpiange la voce" e lasciare il dubbio al lettore che possa riemergere (o mutare in una nuova psicosi, che coinvolga magari altri sensi).

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Re: Tra scienza e religione io scelgo la tua morte (di Francesco Nucera)

Messaggio#3 » giovedì 1 settembre 2016, 23:40

Ciao Francesco.

Racconto buono e godibile, che secondo me ha un paio di punti deboli.
Il primo è l’emergere improvviso di una voce che parla al protagonista. Non sono uno psichiatra, ma qui la psicosi sembra nascere dal nulla e la cosa non mi ha convinto molto. Magari proverei ad aggiungere qualche premessa che aiuti a comprendere questo insorgere della malattia nel personaggio (un trauma grave che non sia la semplice rottura di palle del lavoro nel negozio, un passato di abuso di alcol o droghe o magari anche solo un accenno da parte della mamma o dello zio sul fatto che un po’ strano lo sia sempre stato).
L’altro elemento è un dettaglio stilistico: non prendermi per talebano o censore, ma trovo che nel tuo testo ci sia un numero eccessivo di parolacce. Il turpiloquio in letteratura è, a mio avviso, uno strumento stilistico “forte”, nel senso che quando lo usi, a mio avviso, è come se mettessi in grassetto o scrivessi un maiuscolo o come se urlassi. Può essere anche uno strumento potente, ma non dovrebbe essere usato in modo eccessivo: se un testo è tutto in grassetto, diventa inutile. Alcune possono aiutare a definire il personaggio, troppe diventano una scorciatoia stilistica poco efficace. O almeno io la vedo così.

Ciao,
Angelo

PS ma così un “gobbo” di merda?

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Re: Tra scienza e religione io scelgo la tua morte (di Francesco Nucera)

Messaggio#4 » venerdì 2 settembre 2016, 6:40

Ciao Roberto, la brillantezza che manca nella seconda parte è data, in parte, dall'evolversi della malattia. Ho provato a calarmi nell' escalation mentale di uno schizofrenico, e ho provato a riprodurre la confusione mentale che la caratterizza.

Ciao Angelo. Partiamo dal presupposto che nemmeno io sono uno psichiatra, quindi la tua obiezione è lecita. La mia decisione di mettere la comparsa repentina della malattia è data da due fattori. Il primo è che si tratta di un racconto, quindi lo spazio è limitato. Il secondo è che le prime avvisaglie di una malattia simile si possono intravedere solo nell'ambito personale. Nel mio caso ho voluto inserire una madre "bigotta" tanto che quando la malattia si aggrava chiama il prete e non il medico. Le cause ci sono e volutamente non ho messo le stereotipate, perché la malattia non colpisce solo chi abusa di droghe, ma lo fa anche su persone apparentemente normali. Nel suo caso è un mix tra frustrazione, ambiente famigliare non esaltante e lavoro stressante.
Per le parolacce capisco benissimo cosa intendi e normalmente faccio come hai suggerito. Questa volta, però, ho cercato di rendere il racconto il più crudo e realistico possibile (per esempio l'insulto al prete mi lasciava perplesso, ma in quel contesto lo trovo appropriato).
Proverò ad aggiungere un accenno al distacco avuto con gli amici nell'ultimo periodo, così da rendere meno improvvisa la comparsa della voce.
Per le parolacce, invece, aspetterò anche i commenti degli altri e vedrò che ne pensano.
Ciao e grazie a entrambi per il commento.

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Sonia Lippi
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Re: Tra scienza e religione io scelgo la tua morte (di Francesco Nucera)

Messaggio#5 » lunedì 5 settembre 2016, 14:33

Ciao Francesco
Bel racconto... riesci a dare bene l impressione della pazzia... però mi sembra un po lungo.... e perde quindi un pochino di brio ....io amo i finali a sorpresa e il tuo finale non mi ha sorpreso.... il fatto che il tuo protagonista pensasse di avere un microcip vicino all orecchio ti apriva un mondo di possibilità... non l hai sfruttate a pieno....
Per il resto mi è davvero piaciuto..

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ceranu
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Re: Tra scienza e religione io scelgo la tua morte (di Francesco Nucera)

Messaggio#6 » lunedì 5 settembre 2016, 15:55

Ciao Sonia, ci sta la tua delusione e ti dirò che ci avevo pensato, ma temevo diventasse pacchiano. Però posso tornare sui miei passi.
Grazie per il commento.

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