To shark or not to shark
Inviato: venerdì 26 agosto 2016, 0:38
To shark or not to shark?
Mare piatto, urla e spruzzi. Gente sulla sabbia, gente dentro l’acqua, palle colorate che volano ovunque, racchettoni che sferzano l’aria e Coccobbello che si vende l’anima per assicurarti che puoi fare il bagno anche mangiandolo, il cocco.
Il bambino scruta l’orizzonte da ore. Le sue orecchie sono tese per carpire il primo abbozzo di urlo. Lo sa che lui è lì, pronto, in agguato. L’ha visto. Quel bambino sul suo materassino, attaccato, mangiato, sparito. Quella ragazza, nuda, che ha nuotato fino alla boa, trascinata, troncata, divorata. Quella barca, ultimo baluardo dell’umanità combattente, spezzata, affondata. E solo grazie a una bombola di gas incidentalmente finitagli tra le fauci, finalmente, ecco che lo sceriffo ha fatto centro e lo squalo è scoppiato. Il bambino lo sa che il mare nasconde il pericolo, che la pinna compare solo quando ormai è troppo tardi e che sì, un elicottero non ci starebbe male, le acque andrebbero scrutate in cerca di quel corpo lungo, massiccio, immenso, affamato, sempre. Poi pensa che no, non servirebbe. L’acqua è sporca da giorni e l’inquinamento nasconde, inutile prevenire: tutta la gente in acqua è già mangiata e digerita, anche se ancora non lo sa.
«Topolino, vai a fare il bagno, su!»
Eccolo, come ogni mattina, ore dieci e trenta, a due ore esatte dalla colazione, il materno invito a unirsi alla carne da macello. Sospira, non è convinto, ma è al mare e al mare si fa il bagno. È una legge di natura e non le si può opporre. Prende la maschera e s’incammina. Prima dell’acqua, le pietre. Il dolore esalta i suoi sensi, gli occhi si muovono frenetici, ogni increspatura d’onda potrebbe rivelarsi come la fetida che nasconde l’emergere della pinna. È arrivato all’acqua, fredda, i peli delle gambe gli si drizzano. Infila la maschera e si butta.
«Lo squalo! Lo squalo!»
«Dove? Eccolo! La pinna! Tutti fuori!»
«Ma è solo un bambino!»
«Disgraziato! Volevi fare prendere un colpo a tutti?»
«Toglietegli quella pinna e tirategli due ceffoni! Dov’è sua madre?»
«Ahi! Ahia! Mi fa male! Signore! Mi fa male!»
«Non viene via! Sembra attaccata alla schiena!»
«Quel bambino è un mostro!»
«Mamma, guarda! Un bimbo con la pinna di uno squalo!»
«Ahi! Ahia! Signore! Mi fa male!»
«Lasciate stare il mio bambino! Oddio, ma cos’ha sulla schiena?»
«E così da quel giorno lei si è trasformato nell’uomo squalo…»
«Sì, esatto. Mia madre mi fece sottoporre a molti esami, voleva farmi tornare normale, ma risultò essere impossibile, la pinna è un prolungamento della colonna vertebrale e non si può intervenire.»
«Bene… Bene… Ma racconti ai nostri telespettatori com’è stata la sua vita da bambino, la scuola, i primi amori…»
«Normale, direi, a parte che la professoressa di religione non mi voleva mai a lezione, ma non era un problema, non lo percepivo come tale, almeno. Certo, lo zaino non potevo portarlo come gli altri, ma ci si aggiusta. E i genitori dei miei amici non li facevano mai venire a trovarmi, pensavano fossi pericoloso… Eh sì, dopo un po’ non c’era più neppure nessuno che volesse sedersi vicino a me in classe. E i film li dovevo guardare disteso a pancia in giù… E anche i libri dovevo leggerli così. Era un problema al mare, quello sì. Prima di tuffarmi dovevo sempre urlare a tutta la gente in spiaggia che ero io e che avevo la pinna, sennò sai gli urli. I primi amori, quelli non sono arrivati così presto. Certo ora è diverso, da quando mi ha notato lei e mi ha portato in trasmissione le donne mi guardano con un altro occhio…»
«Ma ce l’hai normale, che delusiooone!»
«E come dovrei averlo?»
«Ma che ne so, con le squame, no? E grosso come quello dei supereroi, no?»
«Supereroi?»
«Ma sì, il Capitano Thor e quel verdognolo che si chiama come quel giocatore del Brasile… Hulk, ecco… E ho visto anche una serie tv con i lupi mannari: che fighi… Hanno i sensi potenziati, lo sapevi? Tu cos’hai di potenziato, me lo dici?»
«Nulla, ho la pinna e basta…»
«Ma dai, scherzi! Se me lo dici ti prometto che faccio la biricchina tutta la notte e come faccio la birichina io non la fa nessun’altra… Dai, fammi vedere i tuoi dentoni da squalo… Dai, mordimi e fammi diventare super potente come te…»
«Guarda quello, lo riconosci? È passato qualche anno fa in tv, è l’uomo squalo!»
«Quello con la super pinna sulla schiena?»
«Sì, quella e basta. Pensa che è venuto fuori che non sapeva neppure respirare sott’acqua!»
«Guardate che vi ho sentito…»
«Ah sì? Che paura! Adesso tiri fuori i tuoi dentoni e ci mangi?»
«Non ne ha neppure uno a punta! Anzi, guarda, sono anche storti!»
«Lasciami stare! Lasciami!»
«Tienilo fermo! E tu apri la bocca se non vuoi che te la apra a pugni! Che dici, ce lo prendiamo un souvenir? Sai, come i denti di squalo che si mettono come collanina!»
«Ahahahaha! Dai, tiragli un pugno e fanne saltare un paio che così ne abbiamo uno a testa! Ahahahaha!»
E così via, per una vita intera.
Mare piatto, freddo, spiaggia vuota, ombrelloni ritirati, fuori stagione. Osserva ogni increspatura. I sogni di un bambino, il macero della vita. Sorride, sua madre gli raccontava d’averlo comprato alla Fiera dell’est e forse era andata proprio così. Si alza a fatica, gli acciacchi. Chiude gli occhi, respira, pensa. Entra in acqua e si mette a nuotare, punta al largo. Arrivato alla boa, la vede: una pinna che disegna cerchi sempre più stretti intorno a lui. Guarda verso la riva, nessuno, è solo. Sorride.
Finalmente felice, affoga.
Mare piatto, urla e spruzzi. Gente sulla sabbia, gente dentro l’acqua, palle colorate che volano ovunque, racchettoni che sferzano l’aria e Coccobbello che si vende l’anima per assicurarti che puoi fare il bagno anche mangiandolo, il cocco.
Il bambino scruta l’orizzonte da ore. Le sue orecchie sono tese per carpire il primo abbozzo di urlo. Lo sa che lui è lì, pronto, in agguato. L’ha visto. Quel bambino sul suo materassino, attaccato, mangiato, sparito. Quella ragazza, nuda, che ha nuotato fino alla boa, trascinata, troncata, divorata. Quella barca, ultimo baluardo dell’umanità combattente, spezzata, affondata. E solo grazie a una bombola di gas incidentalmente finitagli tra le fauci, finalmente, ecco che lo sceriffo ha fatto centro e lo squalo è scoppiato. Il bambino lo sa che il mare nasconde il pericolo, che la pinna compare solo quando ormai è troppo tardi e che sì, un elicottero non ci starebbe male, le acque andrebbero scrutate in cerca di quel corpo lungo, massiccio, immenso, affamato, sempre. Poi pensa che no, non servirebbe. L’acqua è sporca da giorni e l’inquinamento nasconde, inutile prevenire: tutta la gente in acqua è già mangiata e digerita, anche se ancora non lo sa.
«Topolino, vai a fare il bagno, su!»
Eccolo, come ogni mattina, ore dieci e trenta, a due ore esatte dalla colazione, il materno invito a unirsi alla carne da macello. Sospira, non è convinto, ma è al mare e al mare si fa il bagno. È una legge di natura e non le si può opporre. Prende la maschera e s’incammina. Prima dell’acqua, le pietre. Il dolore esalta i suoi sensi, gli occhi si muovono frenetici, ogni increspatura d’onda potrebbe rivelarsi come la fetida che nasconde l’emergere della pinna. È arrivato all’acqua, fredda, i peli delle gambe gli si drizzano. Infila la maschera e si butta.
«Lo squalo! Lo squalo!»
«Dove? Eccolo! La pinna! Tutti fuori!»
«Ma è solo un bambino!»
«Disgraziato! Volevi fare prendere un colpo a tutti?»
«Toglietegli quella pinna e tirategli due ceffoni! Dov’è sua madre?»
«Ahi! Ahia! Mi fa male! Signore! Mi fa male!»
«Non viene via! Sembra attaccata alla schiena!»
«Quel bambino è un mostro!»
«Mamma, guarda! Un bimbo con la pinna di uno squalo!»
«Ahi! Ahia! Signore! Mi fa male!»
«Lasciate stare il mio bambino! Oddio, ma cos’ha sulla schiena?»
«E così da quel giorno lei si è trasformato nell’uomo squalo…»
«Sì, esatto. Mia madre mi fece sottoporre a molti esami, voleva farmi tornare normale, ma risultò essere impossibile, la pinna è un prolungamento della colonna vertebrale e non si può intervenire.»
«Bene… Bene… Ma racconti ai nostri telespettatori com’è stata la sua vita da bambino, la scuola, i primi amori…»
«Normale, direi, a parte che la professoressa di religione non mi voleva mai a lezione, ma non era un problema, non lo percepivo come tale, almeno. Certo, lo zaino non potevo portarlo come gli altri, ma ci si aggiusta. E i genitori dei miei amici non li facevano mai venire a trovarmi, pensavano fossi pericoloso… Eh sì, dopo un po’ non c’era più neppure nessuno che volesse sedersi vicino a me in classe. E i film li dovevo guardare disteso a pancia in giù… E anche i libri dovevo leggerli così. Era un problema al mare, quello sì. Prima di tuffarmi dovevo sempre urlare a tutta la gente in spiaggia che ero io e che avevo la pinna, sennò sai gli urli. I primi amori, quelli non sono arrivati così presto. Certo ora è diverso, da quando mi ha notato lei e mi ha portato in trasmissione le donne mi guardano con un altro occhio…»
«Ma ce l’hai normale, che delusiooone!»
«E come dovrei averlo?»
«Ma che ne so, con le squame, no? E grosso come quello dei supereroi, no?»
«Supereroi?»
«Ma sì, il Capitano Thor e quel verdognolo che si chiama come quel giocatore del Brasile… Hulk, ecco… E ho visto anche una serie tv con i lupi mannari: che fighi… Hanno i sensi potenziati, lo sapevi? Tu cos’hai di potenziato, me lo dici?»
«Nulla, ho la pinna e basta…»
«Ma dai, scherzi! Se me lo dici ti prometto che faccio la biricchina tutta la notte e come faccio la birichina io non la fa nessun’altra… Dai, fammi vedere i tuoi dentoni da squalo… Dai, mordimi e fammi diventare super potente come te…»
«Guarda quello, lo riconosci? È passato qualche anno fa in tv, è l’uomo squalo!»
«Quello con la super pinna sulla schiena?»
«Sì, quella e basta. Pensa che è venuto fuori che non sapeva neppure respirare sott’acqua!»
«Guardate che vi ho sentito…»
«Ah sì? Che paura! Adesso tiri fuori i tuoi dentoni e ci mangi?»
«Non ne ha neppure uno a punta! Anzi, guarda, sono anche storti!»
«Lasciami stare! Lasciami!»
«Tienilo fermo! E tu apri la bocca se non vuoi che te la apra a pugni! Che dici, ce lo prendiamo un souvenir? Sai, come i denti di squalo che si mettono come collanina!»
«Ahahahaha! Dai, tiragli un pugno e fanne saltare un paio che così ne abbiamo uno a testa! Ahahahaha!»
E così via, per una vita intera.
Mare piatto, freddo, spiaggia vuota, ombrelloni ritirati, fuori stagione. Osserva ogni increspatura. I sogni di un bambino, il macero della vita. Sorride, sua madre gli raccontava d’averlo comprato alla Fiera dell’est e forse era andata proprio così. Si alza a fatica, gli acciacchi. Chiude gli occhi, respira, pensa. Entra in acqua e si mette a nuotare, punta al largo. Arrivato alla boa, la vede: una pinna che disegna cerchi sempre più stretti intorno a lui. Guarda verso la riva, nessuno, è solo. Sorride.
Finalmente felice, affoga.