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Il guscio vuoto

Inviato: domenica 25 settembre 2016, 12:56
da Angela
IL GUSCIO VUOTO

Tiburzio era piantato davanti al muro e non c’era modo di spostarlo da lì. Era l’ultimo arrivato, perciò gli infermieri quel giorno gli avevano dedicato maggiori attenzioni rispetto agli altri pazienti. Poi lo avevano lasciato lì, perché qualcuno si era messo a gridare e aveva bisogno di essere calmato.
Passò un dito sulle crepe e schiacciò il muschio fino a che divenne una poltiglia. L’intonaco era venuto via in più parti e i mattoni erano finestre scure che nascondevano la città.
Chiuse gli occhi e pensò a casa sua nel vicolo del Moro a Trastevere, una strada stretta ingombra di motorini e affollata di turisti che scattavano fotografie ai vecchi lampioni e agli angoli di verde ritagliato tra i palazzi antichi.
Dietro di lui c’era l’edificio che ospitava i matti, le finestre con le sbarre, l’odore di disinfettante, di piscio, di sudore, le urla sconnesse, gli occhi vuoti, le bocche spalancate, i letti con le cinghie di cuoio, i medici con i camici bianchi e le domande destinate a restare senza risposta.
Guardò in terra e vide una formica rossa che lottava con alcune formiche nere; la osservò con curiosità per vedere se riusciva a cavarsela. Le altre erano più piccole ma agguerrite. La attaccavano tutte insieme e durante gli attacchi la formica rossa veniva ricoperta dalle altre che cercavano di strapparle le antenne e le zampine.
A Tiburzio venne in mente quando gli operatori sanitari vennero a prenderlo. Erano in due, ma per trascinarlo via da casa dovettero attendere i carabinieri. Aveva lottato estrenuamente, era un uomo alto con le mani grandi e forti, ma alla fine non ce l’aveva fatta e lo avevano strappato dal suo guscio.
La formica rossa aveva resistito a tre attacchi, ma non aveva più l’energia di prima, attendeva appiattita sul terreno il suo destino.
Tiburzio la prese insieme a una zolla di terra e la gettò dall’altra parte del muro. Le formiche nere restarono senza preda, giravano per vedere se riuscivano a trovarla, poi cambiarono direzione e si infilarono in un buco sul terreno.
Era l’ora di pranzo, perciò un infermiere venne a prenderlo per portarlo in sala mensa. Lo trovò con un' orecchio contro il muro che sorrideva, perché la formica rossa gli aveva appena detto di essere tornata a casa.

Re: Il guscio vuoto

Inviato: domenica 25 settembre 2016, 15:58
da antico
Parametri tutti rispettati e, avendo tu scritto da casa, hai mandato correttamente la foto richiesta sul gruppo facebook. Buona Manualmente Live Edition!

Re: Il guscio vuoto

Inviato: lunedì 26 settembre 2016, 21:17
da Niko G
Ciao Angela,
complimenti per il bellissimo racconto. Tema assolutamente centrato e con grande sensibilità e stile. Ben caratterizzata l’ambientazione con leggeri ma perfetti tratti. Toccante e ben espressa la storia del povero Tiburzio, bellissima la metafora della formica rossa accerchiata e sopraffatta, un po’ come le persone con un disturbo psichiatrico possono sentirsi sopraffatte dalla propria mente e dal mondo che le circonda. Il finale mi è piaciuto molto, insieme alla pennellata di sensibilità sul protagonista e di rivalsa, sebbene soltanto simbolica, sulle quattro mura che lo separano dalla libertà. Ottimo lavoro!

Re: Il guscio vuoto

Inviato: martedì 27 settembre 2016, 17:24
da elena.coppari
Brava Angela,
ho già avuto modo di apprezzare il tuo modo di scrivere e in questo racconto confermi ciò che penso della tua penna.
Sensibile, perfetta, evocativa..un racconto davvero bello! Tutto il parallelismo formica/uomo è sostenuto da una narrazione davvero impeccabile. Il tema della felicità è tratteggiato in maniera delicata e precisa...che devo dirti di più! ah! mi è piaciuto

Re: Il guscio vuoto

Inviato: mercoledì 28 settembre 2016, 9:42
da ceranu
Ciao Angela, ben trovata. Ho un problema con il tuo racconto. Non riesco a orientarmi nel tempo e nello spazio. Siamo nel presente? succede tutto in un giorno? Perché è in giardino?
Se è così c'è un limite di attinenza con la realtà nel racconto. Chi sono i 2 tizi che entrano in casa a prenderlo?
Resiste anche alle forze dell'ordine ed è ancora in piedi? Un paziente simile viene pesantemente sedato e ricomincia a pensare dopo tre giorni.
Per il resto il racconto è evocativo e ben scritto. Non mi piace molto la scelta di raccontare tutto, ma è solo una questione di scelte stilistiche.
Nel complesso lo trovo un buon lavoro, ma con la pecca di non essere credibile.
Ciao

Re: Il guscio vuoto

Inviato: venerdì 30 settembre 2016, 19:21
da PatriziaFrosi
Il tuo racconto rende bene l'atmosfera claustrofobica e costrittiva di un manicomio, l'ansia di libertà, e l'alienazione di chi ci finisce. Ho avuto modo di vedere i lavori degli internati al manicomio di Collegno e questo racconto me li ha fatti tornare alla mente. Originale e del tutto estraniato da qualsiasi tempo, mi trasmette il desiderio di fuga di Tiburzio, che, sappiamo già, morirà qui.

Re: Il guscio vuoto

Inviato: lunedì 3 ottobre 2016, 11:42
da Adry666
Ciao Angela,

tema centrato.

Buona scrittura, evocativa, ritmo ottimo, personaggi interessanti.
L’argomento che tratti è un po’ delicato ma tu riesci a sfiorarlo con delicatezza e tatto.
Originale l’interpretazione del tema, io ho sempre connotato le formiche rosse con la parte più forte, più cattiva.
Il finale è molto bello e mi ha commosso. Brava!

A presto
Adriano

Re: Il guscio vuoto

Inviato: mercoledì 5 ottobre 2016, 11:37
da marina_usai
Ciao Angela,
Il tuo racconto mi è piaciuto. Mi è piaciuta soprattutto la descrizione della strada dove Tiburzio abitava, è ben riuscita, sembra proprio di essere lì.
Proprio nel punto in cui passi alla descrizione della strada però c’è qualcosa che non torna. Inizi il racconto parlando di Tiburzio, del muro e degli infermieri, perciò io me lo immagino all’interno del muro del manicomio. Dopo la descrizione della via, che è un inciso sul passato, parli ancora dell’edificio che, questa volta è dietro di lui, quindi l’impressione che mi dà è che Tiburzio sia fuori dal manicomio e non capisco se sei tornata al momento del racconto oppure se è ancora un flashback.
Mi sarebbe piaciuto sentire anche la voce di Tiburzio, con un dialogo.
Nel complesso è un buon racconto e il tema mi sembra centrato.

Re: Il guscio vuoto

Inviato: giovedì 6 ottobre 2016, 9:58
da Peter7413
Hai uno stile forte e maturo, alcune immagini che tiri fuori (tipo quella dei mattoni/finestra) sono spettacolari. Il racconto ha una direzione ben precisa e arriva dove deve arrivare. Il tema è rispettato. Detto questo, ci sono dei problemi (che credo siano di veloce risoluzione) che penso possano confondere alcune letture. Vedo che alcuni si sono confusi sul passaggio tra dentro e fuori... Per me è sempre stato chiaro, ma ho notato da subito che qualche giuntura va oliata: magari inserendo più connessioni tra i periodi o, perché no, facendo spendere qualche linea di dialogo al buon Tiburzio (perché non farlo parlare alla formicha rossa? Occhio, non discorsoni, qualche frase breve). Credo che una revisione in tal senso potrebbe essere assolutamente funzionale. Altra cosa, una cavolatina: c'è una fastidiosa ripetizione "lì... lì" nelle prime righe, cercherei un modo per eliminarne uno.

Re: Il guscio vuoto

Inviato: giovedì 6 ottobre 2016, 13:06
da giancarmine trotta
Ciao Angela,
il tuo è un racconto profondo, dalla parte dei deboli, in cui il protagonista utilizza la formica rossa come metafora della propria voglia di tornare a casa, al suo guscio. Il quadro ambientale è ben ricostruto (le finestre con le sbarre, l’odore di disinfettante, di piscio, di sudore, le urla sconnesse, gli occhi vuoti) e il lettore percepisce le immagini raccontate in maniera chiara.
Una cosa, che ho visto essere comune anche ad altri commenti: peccato per non aver aggiunto la voce del protagonista; considerati i caratteri, potevi inserire un monologo o qualche dialogo per cercare di intuire il suo livello di pazzia, ma è un gusto personale che non toglie niente al tuo racconto.
Finale da applausi, che non lascia spazio al dubbio sulla malattia di Tiburzio.
Brava, tanti complimenti!

Re: Il guscio vuoto

Inviato: venerdì 7 ottobre 2016, 10:36
da Angela
Ho seguito poco questa edizione e me ne scuso con gli autori. La cervicalgia in questo periodo è peggiorata e cerco di stare meno al pc, anche se in realtà dovrei tornare in palestra (luogo di tortura più che di svago). Torniamo a noi.
Ho visto che questo racconto ha diviso i lettori, per questo motivo, a distanza di giorni, l'ho riletto. L'impressione che ne ho avuta, è che si trattasse di un brano estrapolato da un discorso più ampio. Sembra quasi che manchi un "prima" e tutto sommato anche un "dopo".
Forse la storia precedente, così chiara nella mente dell'autore, non è arrivata al lettore perché non è stata narrata. Però ho notato che alcuni di voi non hanno avuto problemi di interpretazione, quindi si tratta di un fattore soggettivo.
Ho dato un'occhiata alle classifiche e ho notato due primi posti, ma anche ultimi posti. Tirando le somme penso che sia un testo a cui mancano alcune parti, concordo con Maurizio Bertino quando dice che un dialogo avrebbe reso il personaggio più chiaro.
Quando scrivevo avevo chiaro davanti a me il muro con i mattoni a vista, poi ho spostato l'attenzione sulla formica e regalargli la libertà mi è sembrata la cosa migliore per terminarlo.
Ringrazio tutti per lettura e commenti; il tema così inusuale ha dato vita a storie molto particolari, se fossi l'Antico fareri un ebook con tutti i racconti e una copertina fantastica con una formica rossa in tentuta da combattimento :D

Re: Il guscio vuoto

Inviato: venerdì 7 ottobre 2016, 13:07
da maria rosaria
Ciao Angela.
Ho apprezzato molto il tuo racconto, anche se condivido con altri un leggero smarrimento tra il dentro/fuori.
A parte ciò, mi ha molto toccato e ho apprezzato l'interpretazione del tema.

PS: per la cervicalgia la ginnastica è l'unica soluzione possibile. Io ho dovuto capitolare (ma ho trovato una palestra per niente male...) ;-)

Re: Il guscio vuoto

Inviato: venerdì 7 ottobre 2016, 13:11
da Angela
Grazie Maria Rosaria. :)
Tra due settimane termino le sedute di Shiatsu che sono state una vera e propria terapia d'urto (i dolori del trattamento si sono sostituiti e talvolta aggiunti a quelli classici). Ma il terapista è stato chiaro: devo fare ginnastica; in pratica sono stata condannata alla palestra e senza appello :D