La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Richieste di Grazia

Sondaggio concluso il martedì 1 novembre 2016, 22:51

Merita la grazia
2
67%
Il racconto andrebbe revisionato
1
33%
 
Voti totali: 3

alexandra.fischer
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La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#1 » sabato 1 ottobre 2016, 20:58

LA CURVA CHE NON C’ERA
Di Alexandra Fischer
Il giovane imboccò il rettilineo a folle velocità, trasformando i ciliegi e l’erba ai lati della strada in un unico scarabocchio.
La ragazza al suo fianco impallidì sotto la veletta.
- Rallentate, vi prego.
- Non posso! Vi ho salvata appena in tempo da lui.
La ragazza tacque, tenendosi il cappello con una mano mentre si voltava.
Il calesse bianco li stava ancora inseguendo.
- C’è ancora?
- Sì.
Era successo solo mezz’ora prima, ma nella mente della ragazza era un ricordo divenuto già evanescente, come l’essere scesa dal treno andando incontro alla Bugatti illudendosi di stare vivendo una giornata come le altre, solo un po’ più movimentata.

Quando era salita sull’auto del giovane, aveva scambiato la piega dura sulle labbra di lui per esasperazione da ritardo.
Ne era rimasta intimidita.
Come vicedirettore di una delle maggiori aziende dolciarie tedesche, aveva fatto fin troppo a essere lì per una dipendente.
- Scusate – gli aveva detto, mentre si sedeva ansante accanto a lui – Quel calesse bianco mi ha spaventata.
Sentendo il colpo di pedale con il quale lui aveva avviato l’auto, si preoccupò.
- Datemi almeno gli occhialoni.
- Nel cruscotto.
- Grazie per essermi venuta a prendere. Non ci speravo più. Da quando è sparita Minna…vi ha chiamato e poi se n’è andata senza avvertirmi. Non è da lei.
- Ora sei… siete qui e andremo a fondo di questa storia. Vostra sorella ha fatto bene a telefonarmi a casa. Sono certo che la ritroveremo.

La folle corsa del giovane lungo il rettilineo stava preoccupando la ragazza.
Il suo compagno di viaggio non lo era meno di lei; quel mattino non era andato in azienda perché aveva approvato insieme al padre i manifesti pubblicitari per la linea di dolci da lanciare all’estero in vista della riunione con gli importatori.
Era nervoso per via delle tensioni in ditta.
L’idea dei dipendenti automi da affiancare agli esseri umani si era rivelata un fiasco, con buona pace di suo fratello Heinz.
Era uscito presto.
Lui, già sveglio, aveva visto il calesse bianco del fratello allontanarsi nel viale della villa.
Gli zoccoli dei cavalli meccanici lo avevano infastidito più del solito.
Non sopportava più suo fratello, con le sue lamentele su Minna e la sorella di lei.
Poi c’era stata la telefonata di Minna, a proposito di Elfriede.

Andate a prenderla alla Zimtbahnhof. Salvate almeno lei da Heinrich. Vi supplico.

Manfred si era precipitato alla stazione, tagliando la strada al calesse.
Il cocchiere automa gli aveva lasciato i pochi secondi necessari per caricare Elfriede.
Non le aveva mai detto quel che provava per lei, consapevole dell’ostilità del padre verso gli amori con i dipendenti.
Da quando era salito sulla Bugatti, il suo unico pensiero era stato quello di riportarla a casa sana e salva, usando la scorciatoia che passava dalla foresta.
Si trovava proprio dalla parte opposta dell’azienda paterna.
O di quello che ne restava.
Lungo il tragitto per la stazione aveva visto le fiamme.
- Così ci ammazziamo. Che cosa succede? Sul treno ho sentito un boato.
Senza perdere di vista la strada, lui replicò: - C’è stata un’esplosione in azienda. Devo riportarti a casa.
La Bugatti accelerò ancora, lasciandosi dietro una scia di fumo lungo la strada appena asfaltata.
Il giovane era sicuro di essersi lasciato dietro il calesse e di stare per affrontare il solito rettilineo per Baumheim, quando vide la curva.
Frenò bruscamente.
Materializzandosi da una macchia grigia, davanti agli occhi dei due comparve un paesaggio fatto di metallo. Dagli alberi agli uccelli alle case. E tutto in movimento.
Incuriosita, la ragazza notò che gli abitanti erano vestiti come la gente della sua epoca.
Notò che molte donne portavano grandi cappelli tondi a veletta come il suo e se era per quello, anche gonne lunghe, maniche a sbuffo, con tanto di sellino.
Si sarebbero dette anche più alla moda di lei, ma c’era qualcosa di meccanico nei loro movimenti; si distrasse guardando quelle con le divise da cameriere e da operaie.
Una di loro le sembrò sua sorella.
Stava quasi per chiamarla, ma le parole le morirono in gola quando vide la chiave sulla schiena della presunta fanciulla.
Come fosse una bambola caricata a molla.
Quella pupattola a grandezza naturale non poteva essere Minna.
Il suo compagno si tolse gli occhialoni da guida e mise i guanti in tasca.
Non badò agli uomini vestiti in frac e marsina, oppure in giacca e pantaloni con il cappello a visiera e neanche al cigolio di metallo che proveniva dalle loro articolazioni.
Da una via laterale era sbucato il calesse bianco di Heinrich, inconfondibile nel suo completo di tweed marrone e camice bianco.
Portava occhiali a stringinaso e se li aggiustò con aria stizzita.
- Ti sono corso dietro fin troppo, Manfred, consumando anche uno dei miei nuovi calessi – gli disse – non vuoi presentarmi la tua graziosa passeggera? Mi pare di averla già vista in azienda.
- No – gridò lui – ho accettato che tu costruissi le impastatrici a vapore per la ditta di nostro padre e che affidassi nostra nipote Annelore la governante scelta da te. Quando ha scoperto che bisognava caricarla con una chiave come uno dei suoi pupazzi, ne è rimasta sconvolta al punto da temere le nostre poche domestiche rimaste normali. Sapevi che tasta loro la schiena ogni volta che vanno da lei? E ora questo. Tu hai stravolto l’intera azienda trasformando gli impiegati in automi, dopo aver bruciato gli originali in carne e ossa negli uffici e nei capannoni.
Manfred si guardò intorno angosciato.
- E ora, tutto questo cos’è? – gli domandò, con terrore crescente.
- Fabrica – gli rispose il fratello maggiore – questo è il futuro villaggio industriale per papà. Se vuoi seguirmi, fra un paio di isolati vedrai l’azienda di papà che ho ricreato qui. Dice sempre che vuole un meccanismo ben oliato, senza più rami secchi. E io l’ho preso in parola.
Prevenendo la domanda del fratello, Heinz aggiunse :- Per la curva, c’è voluto il lavoro dei cantonieri a bulloni.
Manfred gli domandò: - Ma non ti vergogni? E la legge?
L’uomo rise.
- Qualcosa bisognerà pure sacrificare, all’efficienza.
Il giovane rimase serio, mentre il sospetto diventava certezza nella sua mente: - Hai sabotato le caldaie, Heinz.
Il fratello arretrò, con le mani in avanti.
- Se la sono cercata. Quella Minna, poi, stava facendo troppe storie, con le sue paure di perdere il lavoro. Volevo salvarla, mi piaceva. Poi mi sono reso conto che era come gli altri. E dire che ho cercato di far apprezzare loro il progresso. Ho agito per il bene del progresso, dell’umanità.
Manfred lo seguì, in apparenza gelido.
- Posso immaginarlo.
- No. Hanno distrutto gli aiutanti meccanici che ho affiancato loro.
Ricordando le tensioni in azienda, Manfred cominciò a rendersi conto di cosa era successo.
- Ora capisco perché il capo reparto si è lamentato con papà. Tu hai peggiorato la produzione il mese scorso.
Il fratello si fermò.
- Colpa di quegli stupidi.
- No, Heinz, tua. Gli operai si sono spaventati davanti all’efficienza degli aiutanti meccanici, hanno temuto di perdere il posto. Non è ancora il momento di certe novità.
Heinz infilò di scatto la mano nella tasca della giacca.
Temendo il peggio, Manfred si voltò verso la ragazza.
Distrutta, mormorava il nome della sorella, ricordando come le avesse imposto di non andare al lavoro insieme a lei, quel mattino, ma di prendere il treno dopo aver telefonato a Manfred.
Minna sperava ancora che lui, come vice presidente della ditta, potesse fare qualcosa.
La ragazza era ancora inebetita dal fatto di essersi salvata per un soffio, quando Manfred le diede una spinta.
- A Terra!
Fra le mani del fratello c’era un piccolo carillon a forma di baule.
- Andiamo, Manfred, credevi davvero che volessi ucciderti? No davvero. Sarai mio ospite insieme alla tua deliziosa compagna di viaggio.
Non appena Heinz girò la chiavetta del meccanismo, ne venne fuori il motivo di un valzer che attirò due automi verso Manfred; correvano entrambi a pugni in avanti.
Il giovane si mise sulla difensiva.
Sogghignando, Heinz aggiunse: - Questo, fintanto che papà non metterà a tacere la cosa.
- Non lo farà mai – rispose Manfred, mentre parava i colpi dei due avversari meccanici meglio che poteva.
- Ah, davvero?
Il giovane si dibatté, strappando una mezza manica al primo e facendo volare la visiera del secondo.
- Tratti male i ragionieri – osservò Heinz con aria annoiata.
Poi si rivolse alla ragazza, rimasta a terra terrorizzata.
- Venga, cara – la invitò, con la mano tesa.
Lei gli obbedì, tremante, rivolgendo poi a Manfred uno sguardo terrorizzato.
Heinz le disse: - Non è il caso di spaventarsi così. Basta seguire le mie istruzioni.
Subito dopo, si rivolse al fratello minore.
- Vero, Manfred?
Heinz girò una seconda volta la chiavetta del carillon e la marcetta divenne più vivace.
L’automa senza visiera strinse il collo del giovane.
- Un altro giro di chiave e te lo spezzerà. Capisci perché papà liquiderà tutto come un incidente?
Manfred annuì per come poteva.
Heinz spense il carillon e l’automa lasciò andare il giovane.
- Mi fa piacere.
L’automa con la visiera e il collega di nuovo in mezze maniche volsero il capo e tesero il braccio in direzione della via alle loro spalle.
- Ma certo, ragionieri – disse Heinz rivolto loro – avete ragione. Dobbiamo affrettarci, c’è molto da imparare sulla nuova azienda e poco tempo.
E così si avviarono al reparto produzione tutti quanti.
Dalla ciminiera si spandeva un delizioso profumo di panpepato.
- E papà? – gli domandò Manfred, sentendo il terrore morderlo sempre di più a ogni passo.
In fondo alla sala c’erano tre automi contro il muro, due uomini con una donna nel mezzo.
Sulle loro teste c’erano dei caschi dai quali partivano dei fili che salivano verso l’alto; Manfred li notò appena, colpito dalla rassomiglianza di quello di destra con lui, mentre l’automa femminile era la copia esatta di Elfriede.
Il terzo, invece, lo obbligò a distogliere lo sguardo e a guardare il soffitto, da dove vide convergere i cavi elettrici verso una cupola di metallo.

- Gli ho telefonato per farlo venire, anche se è rimasto a casa per via di quella riunione di importatori, gli resterà tempo per farci visita.
Heinz prese il carillon, ma il destro di Manfred lo atterrò.
Poi Heinz poté solo vedere Manfred rompere il carillon; Fabrica si fermò.
- Sono sicuro che la troverà interessante – gli rispose Manfred.
Ultima modifica di alexandra.fischer il martedì 15 novembre 2016, 19:17, modificato 4 volte in totale.



Niko G
Messaggi: 138

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#2 » martedì 11 ottobre 2016, 20:40

Ciao Ale,
confermo come nella sessione del mese precedente che il tuo racconto mi piace e che hai reso alla perfezione l'atmosfera "steampunk".
Vedo che hai fatto delle modifiche e che adesso l'introduzione del "flashback" iniziale è più chiara. Per me, come ti dicevo anche nella sessione precedente, l'unico piccolo ostacolo continua ad essere l'uso continuo di periodi secchi, con poca subordinazione delle proposizioni, che se da un lato dà incisività ed efficacia ai momenti di "azione", rischia rallentare il flusso del racconto nelle parti meno movimentate.
Proverei a costruire qualche periodo con più subordinate ove possibile! Fammi sapere che ne pensi, se non sei d'accordo con la mia proposta chiederò la grazia così. A presto :)
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

Hitherto
Messaggi: 94

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#3 » martedì 11 ottobre 2016, 21:24

Ciao Alexandra,
ho trovato il tuo racconto molto gradevole da leggere. Mi piace il ritmo e penso che soppesi per bene le parti descrittive e le parti puramente narrative o dialogiche. Non mi convincono molto i dialoghi, perchè penso che potresti renderli un po' più reali. Per il resto complimenti
A me le d eufoniche piacciono!

alexandra.fischer
Messaggi: 2873

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#4 » giovedì 13 ottobre 2016, 18:41

Ciao Niko, ti sono molto grata per le tue osservazioni in merito ai periodi troppo secchi. Mi impegnerò ad allungarli come posso nelle parti non di azione. Sono contenta di aver reso l'atmosfera steampunk (è un tipo di scrittura bello ma non facile).

Ciao Hitherto, grazie del commento. Per quel che riguarda i dialoghi, vedrò cosa posso fare. Sono contenta che la storia nel suo insieme ti sia piaciuta.

alexandra.fischer
Messaggi: 2873

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#5 » domenica 16 ottobre 2016, 17:28

Ho modificato il testo qua e là tenendo conto il più possibile dei consigli ricevuti. Nel caso in cui permanessero altre parti difettose, le correggerò.

Niko G
Messaggi: 138

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#6 » martedì 18 ottobre 2016, 21:02

Ciao Ale,
chiedo la grazia!
Non so scrivere, ma ho bisogno di farlo.

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maria rosaria
Messaggi: 687

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#7 » giovedì 20 ottobre 2016, 10:44

Ciao Alexandra. Bentrovata!
Bello e affascinante questo tuo racconto steampunk che non avevo avuto modo di leggere durante l'edizione.
L'ho fatto ora con piacere e ho apprezzato molto il risvolto sociologico che hai usato.
L'ho interpretato un po' come una critica alla modernizzazione, all'industria, alla sostituzione dell'uomo con le macchine.
L'atmosfera che hai creato mi ha coinvolto anche se ti faccio solo qualche piccolissimo appunto.

alexandra.fischer ha scritto:Si sarebbero dette anche più alla moda di lei, ma c’era qualcosa di meccanico nei loro movimenti; la facevano pensare a tante bambole caricate con una chiave a molla.
Si distrasse guardando quelle con le divise da cameriere e da operaie.
Una di loro le sembrò sua sorella.
Stava quasi per chiamarla, ma le parole le morirono in gola quando vide la chiave sulla schiena della presunta fanciulla. Come fosse una bambola caricata a molla.


La frase che ti ho evidenziato in neretto la metterei dopo (come ho fatto io in corsivo... )
Credo che metterla prima diminuisca l'effetto sorpresa e poi la protagonista non può subito pensare a quel tipo di bambole. I movimenti sono meccanici, ok, ma solo vedendo la chiave sulla schiena le vengono in mente le bambole caricate a molla.
Perlomeno io la penso così.

Inoltre quando Manfred dice:
alexandra.fischer ha scritto:Manfred si guardò intorno angosciato.
- Già, che cos’è? – gli domandò, con terrore crescente.
- Fabrica – gli rispose il fratello maggiore – questo è il futuro villaggio industriale per papà. Se vuoi


Quel "Già" non mi piace un granchè. Gli avrei fatto usare un'altra espressione, tipo "E ora? Tutto questo cos'è?", ma è solo un banale esempio.

Credo che al netto di queste sottigliezze che ti ho evidenziato il racconto meriti veramente LA GRAZIA.
Alla prossima :-)
Maria Rosaria

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#8 » giovedì 20 ottobre 2016, 19:53

Ciao Niko, sono contenta della tua richiesta di grazia.

Ciao Maria Rosaria, grazie del commento. Metterò subito in pratica le tue osservazioni. Sono contenta che la storia ti sia piaciuta al punto da chiedere la grazia.

alexandra.fischer
Messaggi: 2873

Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#9 » giovedì 20 ottobre 2016, 19:59

Ho modificato il racconto in base alle ulteriori indicazioni ricevute.

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lordmax
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#10 » sabato 22 ottobre 2016, 18:24

Ciao

Faccio una premessa, l'idea mi piace.
A me piace molto lo steampunk, o dieselpunk in questo caso.

C'è però qualcosa che non mi quadra nelle sequenze, il racconto non fila liscio e lineare come meriterebbe.

Non voglio in alcun modo sminuire il tuo lavoro o indisporti però ci sono alcuni elementi che non mi convincono e, come la mia asocialità mi fa sempre fare, sarò un poco brutale, non volermente, non è in alcun modo un'accusa

Per cercare di spiegarmi ti faccio un beat sheet per come l'ho interpretato io:

1 - partenza
2 - calesse all'inseguimento
3 - calesse al passaggio a livello
4 - entrata nell'auto
5 - calesse
6 - folle corsa
7 - curva
8 - ragazza curiosa
9 - calesse
10 - discussione fra fratelli
11 - Minna morta
12 - prigionieri
13 - scontro
14 - papà

Come vedi l'inizio ha punti molto brevi, correttamente, il centro ha punti molto discorsivi e lunghi e il finale tenta di tornare alla velocità iniziale.
Ci sono in sostanza elementi presentati più volte che poi non hanno utilità nella storia.
Ad esempio, davvero un calesse riesce a stare al passo con una bugatti? Ho capito che è un calesse meccanico ma non si vede
E è importante il calesse?
E perché ha bloccato il passaggio a livello?
Come faceva a sentire il rumore dei cavalli se era su un'automobile lanciata a folle velocità?
E la polvere? Fammi vedere e sentire la polvere che la macchina alza.
Se erano su un lungo rettilineo come mai Manfred non ha visto la curva? Non conosceva la strada? Eppure mi pare che avessero una destinazione precisa.
In che azienda c'è stata l'esplosione se apparentemente si sono trovati di colpo in mezzo a quella meccanizzata superando una curva che non sapevano esserci?

Perché Manfred è andato a prendere la ragazza? Perché è così importante e non viene semplicemente sostituita come le altre?
Perché il fratello li ha inseguiti con così tanta fretta se poi comunque sarebbero finiti in trappola? E tanto stanno ancora aspettando il padre, non c'è motivo di avere fretta.
Perché Manfred è terrorizzato? Sà qualcosa che noi non sappiamo?
E via dicendo.

In sostanza ci sono delle domande a cui non trovo risposta.
Non è del tutto vero, ad alcune domande ovviamente si trova risposta strappandola dalle parole dei due fratelli ma non sono direttamente chiare.
Si fa accenno a caldaie sabotate e si accenna alla curva creata dai cantonieri che potrebbero spiegare alcuni elementi ma allora il paesaggio non mi è chiaro, si tratta di un rettilineo in città, in pianura, su terreno brullo, in mezzo a un bosco. E la fabbrica in cui c'è stato l'incendio dove si trova (è forse quella a cui fa cenno verso la fine?) e perché Manfred non era in fabbrica quando è successo (è il vice direttore)?

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#11 » martedì 25 ottobre 2016, 20:25

Ciao lordmax,
hai fatto bene a farmi notare i punti elencati con tanta cura nel tuo commento. Riconosco il mio anacronismo di fondo. Credo che il problema sia tutto lì. Ho letto parecchi scrittori degli Anni Trenta (da Lovecraft in avanti) e per lo steampunk non mi sono fatta mancare dosi massicce di Verne e Wells. Questo, però, mi ha portata a ragionare in termini di sospensione dell'incredulità a scapito della verosimiglianza. Oggi non basta meravigliare il lettore, ma occorre dargli appigli "razionali" anche nel fantastico. Ecco, ti sono molto grata di questa lezione. Per me è una conferma del fatto che la scrittura si debba basare comunque sullo studio, anche dell'ambientazione, per dare appigli al lettore partendo dal quotidiano (quindi attenzione alla Bugatti e al calesse, che qui avevo inserito per preparare il lettore all'incontro con lo scienziato pazzo). Questo racconto? Lo riscriverò tenendo presenti queste tue domande. Ho dato per scontata la fabbrica distrutta. L'amicizia tenera fra il vicedirettore e la ragazza. E lo squarcio nella realtà (la curva che non c'era), unitamente all'atteggiamento del fratello (scienziato pazzo, dunque irrazionale. Si diverte a giocare con le sue vittime).

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#12 » martedì 25 ottobre 2016, 20:28

Colmo dei colmi. L'ambientazione della folle corsa era lungo una strada fiancheggiata da un bosco. E il rumore degli zoccoli? Anacronismo ottocentesco.

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ceranu
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#13 » sabato 29 ottobre 2016, 22:12

Ciao Alexandra, chiaramente aspetto le tue modifiche per chiedere la grazia, ma posso dirti che, avendo io vissuto tutta la storia di questo racconto, posso dirti che stai facendo un buon lavoro. Direi che ora la storia non ha più buchi, la prima parte si potrebbe ancora limare un po', ma nel complesso è un racconto godibile.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#14 » martedì 1 novembre 2016, 14:30

Ciao Ceranu,
sono contenta che la storia ti sia apparsa godibile e che manchi solo più qualche lieve modifica. Ti ringrazio. Proverò a modificarla ancora una volta.

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Spartaco
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#15 » mercoledì 2 novembre 2016, 11:38

Puoi continuare a lavorare sul testo anche a novembre. Continua così!

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#16 » mercoledì 2 novembre 2016, 21:07

Ciao Spartaco, grazie. Farò come dici e commenterò con piacere i racconti degli altri partecipanti al Laboratorio.

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#17 » sabato 5 novembre 2016, 20:38

Ecco il racconto modificato tenendo conto delle utili indicazioni ricevute. Nel caso ci fosse ancora qualcosa da aggiustare, sono disposta a lavorarci ancora.

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Adry666
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#18 » lunedì 14 novembre 2016, 17:52

Ciao Alexandra,

il tuo racconto con la stesura ultima mi è piaciuto parecchio: bella l'ambientazione, interessante la storia, ben definiti i personaggi, buon ritmo.

Ti faccio solo alcune considerazioni personali:

Nell'incipit:
"Il giovane imboccò il rettilineo a folle velocità, trasformando i ciliegi e l’erba ai lati della strada in un unico scarabocchio bianco, verde e marrone."
Non suona bene, taglierie i colori, o comunque ne lascerei solo uno:
"...Il giovane imboccò il rettilineo a folle velocità, trasformando i ciliegi e l’erba ai lati della strada in un unico scarabocchio. ( bianco, verde e marrone)..."

Era nervoso per via delle tensioni in azienda.
In questa frase "Azienda" suona troppo vicino alla frase precedente, sostituirei con un sinonimo:
"Era nervoso per via delle tensioni in ditta."

La chiusura mi sembra troppo spezzettata, rompe troppo il ritmo, rende difficoltosa la lettura, io proverei a cambiarla un po', tipo:

da:
- Gli ho telefonato di venire. Anche se è rimasto a casa per via di quella riunione di importatori, gli resterà tempo per farci visita.
Heinz prese il carillon.
Il destro di Manfred lo atterrò.
Heinz poté solo vedere Manfred rompere il carillon.
Fabrica si fermò.
- Sono sicuro che la troverà interessante – gli rispose Manfred.

a:

- Gli ho telefonato per farlo venire, anche se è rimasto a casa per via di quella riunione di importatori, gli resterà del tempo per farci visita.
Heinz prese il carillon, ma Il destro di Manfred lo atterrò.
Poi Heinz poté solo vedere Manfred rompere il carillon; Fabrica si fermò.
- Sono sicuro che la troverà interessante – gli rispose Manfred.

Nel complesso ottima prova.

CHIEDO LA GRAZIA

Ciao
a presto
Adriano

alexandra.fischer
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Re: La curva che non c'era Steampunk Edition (8107)

Messaggio#19 » martedì 15 novembre 2016, 18:53

Ciao Adry666,
farò come dici. Grazie del commento e della richiesta di grazia. Sono sicura che la storia migliorerà ulteriormente.

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