[S] Eppure era chiusa

Minuti Contati affronta il mese più caldo dell’anno decidendo di sperimentare la nuova formula TWO DAYS. Non più una sola data per partecipare, ma due: lunedì 20 e mercoledì 22 luglio sempre alle 21.00 e con quattro ore di tempo per scrivere racconti di massimo 3000 caratteri. Gli autori potranno decidere di cimentarsi nella sfida nella serata a loro più comoda e troveranno ad aspettarli due diversi temi. I racconti di lunedì e quelli di mercoledì verranno poi riuniti insieme e divisi in gruppi per la fase di confronto diretto fra gli scrittori che servirà a selezionare i migliori che verranno inviati alla Guest Star per essere giudicati e ordinati in quella che sarà la classifica finale. Dopo Dario Tonani, Matteo Di Giulio e Barbara Baraldi, Minuti Contati è lieta di annunciare che la Guest del mese di luglio sarà uno dei suoi Campioni: Roberto Bommarito.
Damiano Garofalo
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[S] Eppure era chiusa

Messaggio#1 » lunedì 20 luglio 2015, 22:52

Eppure mi avrebbero dovuto contattare almeno da un’ora! Mi alzo, niente colazione. Lei è arrabbiata, anche stanotte ho dormito sul divano. Che mal di schiena, non capisce che questo progetto è grosso e che devo essere in forma. Se ne fotte lei. Lei, e tutte le sue smanie post partum. Non ha idea di cosa ci voglia per tenere insieme l’azienda, in questo mese poi. Tanto le passa, basta che ogni tanto annuisco alle imprese che mi racconta su Albertino. Apro la porta, e mi compare davanti dentro il suo box, undici mesi, i boccoli di sua madre. Tutto lei. Io non ci vedo nemmeno il naso uguale al mio, come dice mia cognata. Mi avvicino a lui, guardo fuori dalla finestra. La macchina di Emilio sta partendo, caspita, dev’essere più tardi di quello che penso! Apro la finestra e lo chiamo forte, due volte, ma chiuso con l’aria condizionata non sente niente. E poi mi giro guardo l’orologio ma non è così tardi. Poi rifletto. Se Emilio è già partito, vuol dire che ha già avuto avviso, ma allora com’è che… Oh mannaggia! Si è scaricato lo smartphone perché il connettore della presa è guasto da ieri! Mille cose da fare, chiudo la finestra, bacio rapidamente Albertino. Corro a prendere la giacca e le chiavi. Vado in bagno. Mi controllo allo specchio, e prendo il pettine. Mi pettino e poi vado alla porta. Le chiavi. Dove le ho lasciate? Torno in camera di Albertino, non ci sono. Guardo sul divano, niente. Ah ecco, le ho lasciate in bagno quando mi sono pettinato. Ventiquattr’ore, apro il portone e poi pigio il pulsante dell’ascensore, scende dal nono piano, siamo al terzo, non lo aspetto nemmeno chiudo la porta a chiave e scendo le scale, un saluto veloce al portiere, la sola persona che amo incontrare nel palazzo. D’un tratto esco fuori dall’uscio del palazzo. L’impatto col sole è più forte del risveglio, mi offusca. Sguardo rapido che scorre da destra a sinistra, nessun passante su questo lato del marciapiede, le macchine parcheggiate che intasano la vista della strada, un bianco randagio morto sul marciapiede, non mi va nemmeno di chiamare il portiere tanto sarà lui ad occuparsene quando lo vedrà. Mi fa ribrezzo tutto quel sangue. E, in fondo, l’ultima cosa che vedo a colpo d’occhio è la macchina dell’avvocato, caspita che modello. Una signora accorre verso il randagio, viene dalla parte opposta alla mia, sarà una di quelle animaliste. Non le soffro, giro le spalle per allontanarmi, un’ultima occhiata al randagio, più per avere una scemenza da raccontare in ufficio. Mi sono abituato al sole ormai, non sono offuscato. La ventiquattr’ore mi sfugge di mano, ma non sento il tonfo. Neanche il suo ho sentito. Perché non l’ho sentito? Guardo su. Perché la finestra è aperta? Non l’avevo chiusa? No, non può essere, io la finestra l’ho chiusa. D’un tratto sento solo il peso della fede sul mio dito. Non capisco. Non riesco a dire a quella donna che nel bianco pigiama che stringe fra le dita, c’è il mio bambino. Se potessi parlare io, io direi soltanto “Ma l’ho chiusa!!”



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Flavia Imperi
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Messaggio#2 » giovedì 23 luglio 2015, 10:14

Ciao Damiano!
Un buon racconto, si legge in modo abbastanza scorrevole. Il punto di vista di questo "padre - non padre" è davvero insopportabile, come è giusto che sia, bravo.

Ho giusto trovato dei passaggi leggermente forzati, come per esempio: “un saluto veloce al portiere, la sola persona che amo incontrare nel palazzo”, l'ho trovato un po' ridondante…già si era capito che il protagonista sta stretto nel ruolo familiare; mentre sul finale lì per lì non ho capito che era sotto shock, “sento solo il peso della fede sul mio dito” personalmente mi ha lasciata interdetta, nonostante in teoria dovrebbe apparire caratterizzante (di sicuro altri feedback sulla questione ti potranno dire se funziona o meno).

A livello di trama hai saggiamente posto l’elemento finestra prima, in modo da scatenare quell’ “ah, ma certo, come ho fatto a non pensarci” tipico di un elemento sorpresa ben riuscito. Tema rispettato in pieno.
Siamo storie di storie

Alice Gibellini
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Messaggio#3 » sabato 25 luglio 2015, 0:08

Tema rispettato. Lo stile l’ho trovato particolarmente azzeccato, sia per la caratterizzazione del personaggio sia per l’andamento incalzante e frenetico. Forse la mancanza di qualche virgola è voluta proprio per creare la sensazione di tanti pensieri che scorrono velocemente. In generale non apprezzo molto i punti esclamativi (soprattutto quando sono due), secondo me stridono e penso che il tono sia comunque deducibile. Il finale mi ha colpita particolarmente. Funziona. Un testo valido.

valter_carignano
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Messaggio#4 » sabato 25 luglio 2015, 0:20

Molto interessante e ben congegnato il flusso di pensieri del protagonista, quasi sempre efficace e coinvolgente, complimenti. Anche il finale è molto d'effetto, inaspettato.

Tuttavia, forse troppe cose sono appena accennate, non molto chiare, e rendono il finale sì inaspettato ma anche un poco non giustififcato: per esempio, quale 'contatto' aspettava a quell'ora del mattino, presumibilmente prima delle 6.30-7, che è l'ora media in cui ci si alza per andare a lavorare, specie se si ha tanto lavoro e un'azienda da mandare avanti? Certo, può non essere fondamentale, ma qualche importanza deve averla visto che il racconto comincia in quel modo.

Stesso problema per il litigio con la moglie: perché è così grave da portare a simili conseguenze? IMHO poche parole in più sarebbero state utili per spiegare queste e altre cose, e insieme per dare più spessore e credibilità all'ambiente.

Anch'io, come Flavia Imperi, non ho capito la frase sulla fede al dito.

La punteggiatura qualche volta è da rivedere, ma credo sia normale dovendo scrivere in fretta.

Alice Gibellini
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Messaggio#5 » sabato 25 luglio 2015, 0:25

Io “sento solo il peso della fede sul mio dito” l'ho interpreta come una sensazione di estraneità dal proprio corpo dovuta a uno shock. Non sentiva più nulla tranne la fede, cioè proprio il simbolo dell'unione familiare.

Per quanto riguarda il finale io ho capito che il bambino cade dalla finestra, ho interpretato correttamente?

Simone Cassia
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Messaggio#6 » domenica 26 luglio 2015, 14:12

Ciao Damiano,
spero di averti consigliato bene di iscriverti su MC e siamo addirittura nello stesso gruppo :P

Passando al racconto, il punto di vista frenetico e coinvolgente è ottimo per permettere l’immedesimazione con il protagonista. Ci sono giusto un paio di cose che non mi quadrano e te le elenco subito:

- se il protagonista aspetta di essere contattato mi sembra piuttosto difficile che perda il senso del tempo e che non tenga il telefono costantemente sotto controllo o a portata di mano;

- leggendo il finale sono subito tornato indietro a rileggere ed effettivamente la finestra era stata chiusa. Anche se la narrazione è soggettiva, quindi soggetta ad errori di valutazione, personalmente toglierei quel “chiudo la finestra” così che si possa dire “cavolo, effettivamente non l’aveva chiusa”

- Il finale è del tutto comprensibile e funziona, ma ha qualcosa che lo rende più moscio delle parti che lo precedono. Ci vorrebbe una revisioncina anche se così su due piedi non saprei dirti di preciso come intervenire.

Nel complesso un buon lavoro e una buona attinenza al tema.

Damiano Garofalo
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Messaggio#7 » domenica 26 luglio 2015, 21:20

Ciao a tutti,
iniziamo con un ringraziamento in partenza per i vostri commenti e le vostre critiche, ed inoltre a Simone per il consiglio di unirmi a questo gruppo.
Parto subito con una premessa: è il mio primo racconto che scrivo sul sito, il quale ha subito anche le influenze tipiche del come riuscirò a postarlo, c'è qualche regola che mi sfugge, etc. Dettate anche dal fatto che ho deciso di provarci ad orario inoltrato, per cui ho dovuto fare una rapida scorpacciata di regole e qualche tentativo di pubblicazione non riuscito. Una leggera tensione costante :P
In effetti non avevo notato il contatore senza gli a capo, con il cui uso sicuramente avrei dato un aspetto estetico migliore al racconto, accentuando meglio alcuni passaggi isolandoli dal contesto.
Ultima nota, il testo ha subito un ridimensionamento considerando che di solito sono uno che scrive racconti molto più lunghi, per cui ho dovuto affrontare anche la sfida di esprimere ciò che volevo in un margine di battute limitato. Ho pensato di scriverlo per come avrei voluto e solo dopo l'ho ridimensionato, ma debbo dire che ne ha sofferto lungo il processo.
Detto questo, passo a rispondervi.

@Flavia Imperi: Allora mi rifaccio ai punti da te citati:
Il primo punto, lieto che sia stato colto, è l'aspetto caratteristico della personalità di questo, come l'hai definito tu padre/non padre. Uno degli obiettivi prioritari che mi ero posto nello scrivere il racconto è: Ogni tanto leggiamo fatti di cronaca come bambini lasciati in auto a morire soffocati, oppure altri esempi come quello che ho scelto per il racconto, che risultano assurdi ad una prima analisi, per cui cosa pensa un genitore che si rende colpevole di una simile distrazione? Può essere solo una distrazione banale di un momento, o c'è di più?
E debbo dire che scrivendo ho pian piano definito il flusso di pensieri di una persona che con la mente è sufficientemente distratta e che non torna a preoccuparsi a sufficienza delle cose importanti, per una forma di superficialità cronica.

Il secondo punto, è la considerazione che il protagonista ha nei confronti del portiere. Questo è in effetti un passaggio che ha subito dei tagli dal racconto originario e che a postumi non ha reso bene l'idea. Ha anche creato un effetto di ridondanza nell'uso del termine palazzo in due frasi contigue, e che mi è sfuggito dalla correzione. In realtà non volevo attenzionare la componente familiare, ma quella condominiale. Il protagonista non sopporta i propri coinquilini, di cui il portiere è un'eccezione.

Il terzo punto è la frase della fede al dito: mi spiace non essere riuscito ad attenzionare meglio questo elemento, sebbene sia stato colto da @Alice Gibellini. Se non fossi stato costretto a tagliare in quel punto lasciando all'immaginazione del lettore, avrei meglio espresso l'idea di fondo. L'idea era quella non dissimile dal flusso di immagini del passato che si rivive in punto di morte secondo alcuni. Qui avevo pensato di discriminare meglio questo fenomeno in merito alla sensazione nella fede di qualcosa d'importante trascurato, che ormai viene vissuto con la paura che presto possa diventare solo un ricordo, poichè, dati anche i dissapori con la moglie, la perdita inaspettata e drammatica del figlio è il principio della fine di quel matrimonio.
Un grazie particolare al primissimo commento ricevuto. ;)

@valter_carignano: Rispondo agli ulteriori elementi da te attenzionati:
Ho cercato di dare un alone di anonimato al protagonista ed all'azienda ed ai connotati del progetto volutamente, cercando di focalizzare di più l'aspetto emotivo, e la possibilità per il lettore di identificare a suo modo il protagonista. In fondo la chiave di lettura è proprio un flusso di pensieri, è difficile che con i nostri pensieri diamo spiegazioni salvo che non siano riflessioni.
Mi sarebbe sembrato forzato dare troppe giustificazioni, dato che con la fretta del momento, il flusso dei pensieri si sarebbe soffermato più sulla natura delle cose invece sull'impatto emotivo. Credo che sarebbe stato meno coinvolgente di come tu l'abbia trovato. Forse meritava un attenzione in più il litigio con la moglie, dato che è il principale disturbo all'attenzione del protagonista che cercando di concentrarsi sul proprio lavoro sente il peso di questa, a suo vedere, oppressione familiare.
Infine la punteggiatura come hai colto tu, subisce l'effetto "flusso di pensieri". Ma ammetto anche che è un elemento che ha risentito più di altri dei tagli al racconto. Per cui talvolta è voluto, talvolta no.

@Alice Gibellini: qui faccio un appunto fuori tema che non so se verrà letto. Ho letto che ti sei ritirata, e mi dispiace perchè il confronto ha sempre un importante valore. Spero che tu possa ripartecipare prossimamente dando un giusto e non un eccessivo peso alle critiche rivolteci.
Un consiglio da un appassionato di scrittura ad un altro: i nostri racconti, piccole opere, vengono prima di qualunque opinione e meritano il loro spazio.
Sentivo di dirti questo oltre che a ringraziarti del commento, e che hai ragione sull'uso del doppio punto esclamativo, ma d'istinto non l'ho corretto per le stesse ragioni sulla punteggiatura che ho espresso a @valter_carignano.

@Simone Cassia: qui giochiamo in casa e non nascondo la nostra lunga conoscenza, ma la rendo presto nota cosiccome hai fatto tu, in modo che non sorga alcun tipo di pregiudizio, affinché le nostre critiche siano limpide ed esenti da forme di presunto fazionismo.
Bene, cominciamo dal punto della componente "telefono costantemente sottocontrollo". Anche in questo caso il protagonista è vittima del turbine di distrazioni causate da sé e dalla fretta. Personalmente avevo sufficienti alternative da immaginare che mi hanno fatto desistere dal puntualizzare quest'aspetto: il telefono non era del tutto scarico ed il protagonista ha avuto modo di controllarlo prima che si scaricasse, oppure attendeva soltanto un segnale acustico, etc..
La nota della finestra chiusa era voluta. Essendo proprio un flusso di pensieri, questo elemento doveva essere presente affinchè il protagonista avesse realmente creduto di averla chiusa. Ho infatti persino giocato sull'elemento 'chiave' che lui prima corre a prendere, credendo di averle con sé e poi quando sta per usarle non le trova.
Il finale è frettoloso e confuso per rappresentare lo stato di shock del protagonista. Ho ritenuto che quanto più impreciso fosse, tanto più sarebbe stato adatto, stando attento all'ovvio compromesso che serviva al lettore per capire quel che era accaduto.

Come tutti potete notare dal chilometrico commento, sono uno che non ha il dono della sintesi, spero che Minuti Contati possa farmi affinare quest'aspetto.
Sicuramene affronterò il prossimo racconto in modo differente, cercando di produrlo in maniera che tenda a raggiungere il massimo dei caratteri partendo da meno, piuttosto che facendo tagli per ridimensionarlo.
Infine, non abbiate paura, riuscirò a rispondere a tutti i vostri racconti. Ce la farò :P

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invernomuto
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Messaggio#8 » lunedì 27 luglio 2015, 3:14

Ciao Damiano, benvenuto!
La prima cosa che salta all'occhio del tuo racconto è naturalmente la formattazione molto compatta che non aiuta il primo impatto, naturalmente ho letto la tua spiegazione ma il colpo d'occhio in questo caso è davvero forte.
Il punto di vista è ben rispettato e il flusso di coscienza per quanto a volte possa rischiare di sovraccaricare il lettore è utilizzato in modo adeguato.
Anche per me il primo istinto è stato quello di andare a rileggere la frase incriminata dove viene esplicitamente detto che la finestra viene chiusa.
Non sono nuovo ai racconti che fanno uso di un narratore inaffidabile ma in questo caso sembra quasi esageratamente esplicito, se avesse pensato "devo ricordarmi di chiudere la finestra" o "la finestra è davvero chiusa o solo poggiata" senza poi compiere alcuna azione a riguardo il racconto avrebbe funzionato lo stesso, l'idea che avesse creato un falso ricordo così preciso mi sembra un po' troppo stirata, ma naturalmente in questo caso si tratta di una mia opinione personale.
Una buona prova, soprattutto tenendo presente che si tratta della tua prima partecipazione a un contest così limitante.
Mi auguro di rileggerti nelle prossime edizioni per poter giudicare meglio il tuo stile, a presto!

luca.pagnini
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Messaggio#9 » giovedì 30 luglio 2015, 16:26

Ciao Damiano!

Il  flusso di coscienza, ovvero la scelta della narrazione in prima persona al presente, è pericolosa, perché si rischia di scrivere dettagli ininfluenti e scordarne altri, che il soggetto narrante conosce bene, molto importanti (vedi la finestra chiusa ma non chiusa che però non sembra affatto una dimenticanza dell'autore, ma del protagonista, e ci sta). Per questo, per esempio, in sede di riscrittura dovresti spiegare meglio anche altri passaggi tipo quelli su chi siano Emilio e l'avvocato, perché se si inseriscono degli elementi è bene che siano chiari al lettore, anche se sono solo di contorno. A parte questa considerazione che riguarda lo stile, nello sviluppare la scena hai inserito un dato che fa cadere tutta l'aspettativa, almeno io infatti stento davvero a immaginarmi un bambino di 11 mesi che scavalca una finestra. Certo, tutto è possibile, ma se fosse un bambino di 5 anni il dubbio non mi sarebbe neanche sorto, invece così, questo semplice dettaglio, mi ha fatto scomparire in un attimo la sospensione dell'incredulità, con il risultato finale che il racconto ha perso efficacia. Non sono certo che il tema sia stato centrato, perché a essere dimenticata è la finestra aperta, e non Albertino.

A rileggersi!

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antico
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Messaggio#10 » sabato 1 agosto 2015, 23:37

Benvenuto a Minuti Contati.
Ho apprezzato la forma che hai dato al racconto, hai scelto una strada e sei stato coerente con essa fino in fondo. Gli a capi a mio avviso è giusto che manchino. Dovevi rendere la fretta di questo personaggio e la concitazione della narrazione è perfettamente funzionale a quello scopo. Ho anche apprezzato, e parecchio, il confondere il bambino con il randagio, alla ricerca di un risveglio mentale che ancora non era sopravvenuto e che alla fine giunge tanto drammaticamente . Una cosa è da dire: si legge meglio in seconda battuta, qualcosa al suo interno stride. Pertanto, pollice rivolto verso l'alto e invito a ripostarlo revisionato nel Laboratorio, non credo che avrai difficoltà a essere ammesso alla vetrina del sito.

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