Variabile impazzita Walter Lazzarin Edition [4974]
Inviato: venerdì 2 dicembre 2016, 21:19
VARIABILE IMPAZZITA
Di Alexandra Fischer
La donna dai lunghi capelli grigi uscì in spiaggia sbattendo la porta.
Fuori, due guerrieri muniti di lancia e scudo tondo di metallo l’attendevano.
Il più vicino alla porta era di mezza età, coperto di cicatrici e rivestito con un’armatura nera ornata con decorazioni argentee di denti di barracuda.
Ognuna di esse equivaleva a un grado ottenuto sul campo, ma gli occhi neri dell’uomo vagavano inquieti in direzione della porta.
Il suo compagno d’armi indossava lo stesso equipaggiamento, ma con meno denti sull’armatura, inoltre, nei suoi occhi grigi brillava la luce della temerarietà.
L’avvertimento ricevuto pochi istanti prima dal commilitone più anziano lo divertiva ancora.
Quando l’orecchio allenato del guerriero di mezza età aveva udito il rumore di passi dall’interno dell’edificio, l’uomo d’armi si era messo in allerta, bisbigliando al vicino: - Fai come me. Non appena senti la porta che si apre, prendi lo scudo e sollevalo.
L’altro gli aveva obbedito con un sogghigno.
Tanta paura della sacerdotessa da parte dei commilitoni gli sembrava assurda.
Eppure, era tale da averli obbligati a tenere gli occhi fissi sugli scudi ogni volta che dovevano parlare con lei.
Ci si era adattato perché così doveva essere, ma la faccenda lo stava stancando.
Sbirciò il compagno con la testa china sulla superficie metallica dello scudo per non incontrare lo sguardo di lei.
Lui e quelli della vecchia guardia erano terrorizzati dalla profondità di quegli occhi, abili nel scoprire i poteri insoliti nascosti nella mente umana.
Lo scudo del guerriero di mezza età tremolò lievemente all’avvicinarsi della sacerdotessa.
Soltanto il tono di lui rimase fermo, quando le domandò: - Com’è andata, con l’ultimo, Vostra Sapienza?
Il suo giovane compagno d’armi represse un sorriso.
- Male.
Per quel che poteva vedere dal riflesso nello scudo, la tunica della sacerdotessa era pulita e dalla costruzione di marmo bianco alle spalle di lei non erano echeggiate le urla dei giorni precedenti.
Ben sapendo che il suo commilitone più anziano lo avrebbe rimproverato, si girò verso la sacerdotessa.
E fece bene.
La sua curiosità sulla sorte dei nemici venuti dalle Isole delle Alghe Nere fu esaudita subito.
La donna indicò la nave, ormai vuota di guerrieri.
- Di tutti loro, lui è la variabile impazzita.
- Volete dire che non possiede alcun potere superiore? – le domandò il guerriero più giovane in tono deluso.
La loro gente, il Popolo Barracuda, si nutriva dei poteri superiori dei prigionieri di guerra.
Molti di loro ignoravano di averli.
La sacerdotessa li estraeva nell’ultimo istante del trapasso, ricavandone energia che trasmetteva ai guerrieri toccandoli sulla fronte.
- Se è per questo, ce l’ha, ma non lo dividerà con noi – gli rispose la donna dai lunghi capelli grigi, spostando gli occhi verso la sabbia che si trovava alle spalle dei due guerrieri.
Il più vecchio dei due alzò per un attimo lo sguardo verso di lei, distogliendolo orripilato.
Per tenersi in forze, aveva subito il tocco delle mani di lei.
Era stato sopportabile, ma non il guardarla in volto.
I globi oculari della sacerdotessa erano color seppia.
L’assenza di pupille rendeva il suo sguardo freddo proprio come quello della creatura marina in grado di produrlo.
E anche lei era diventata altrettanto elusiva.
- Mimetismo – sussurrò la donna ai due.
La sabbia si mosse e lei vide per pochi istanti la forma di un giovane uomo dai muscoli piatti e lisci, con una tunica corta e una daga in mano.
- Non ha fatto che sfuggirmi.
Il guerriero più giovane estrasse la spada.
I brevissimi movimenti sulla sabbia gli erano bastati per farsi un’idea del nemico.
- Lo affronterò io, Vostra Sapienza.
La sacerdotessa sfiorò il pomello dell’arma.
- Lo considero il mio fallimento. Rimedierò io stessa.
Lo fece alzando le mani; ne scaturì una luce simile a quelle emanate dai pesci lanterna dell’abisso, crepitò nell’aria mediterranea.
La sabbia si disfece e la sacerdotessa si voltò verso i guerrieri, indicando le armi che portavano con un’espressione inorridita, prima di stramazzare a terra morta per via della lotta impari con il prigioniero visibile solo ai suoi occhi.
Il guerriero più giovane gettò via il proprio scudo, trovandolo insolitamente pesante, quasi fosse stato un corpo vivo.
Lo stesso fece il più anziano, quando la sua stessa daga divenne tanto difficile da portare da slogargli quasi una spalla.
Il loro terrore fu immenso nel vedere lo scudo e l’arma sollevarsi nell’aria e scomparire.
Il Generale non credette a nessuno dei due.
Era impossibile che un uomo potesse confondersi nell’ambiente circostante come un pesce scorpione.
La sua espressione perplessa si riflesse nel calice di vino che stava bevendo, mentre con l’altra mano stringeva il pugnale dal quale non si separava mai.
Quando la lama della spada comparve dal nulla e glielo fece saltare via, il Generale comprese di trovarsi di fronte al peggior pesce scorpione della sua vita.
Tentò un contrattacco, sperando ancora di poter avvertire la sua gente del pericolo.
Il guerriero invisibile gli tagliò la gola prima senza dargliene il tempo, gettando in un angolo la spada e lo scudo.
Prima di tornare sulla spiaggia, lanciò un ultimo sguardo compiaciuto al sangue e al vino ormai mischiati.
Di Alexandra Fischer
La donna dai lunghi capelli grigi uscì in spiaggia sbattendo la porta.
Fuori, due guerrieri muniti di lancia e scudo tondo di metallo l’attendevano.
Il più vicino alla porta era di mezza età, coperto di cicatrici e rivestito con un’armatura nera ornata con decorazioni argentee di denti di barracuda.
Ognuna di esse equivaleva a un grado ottenuto sul campo, ma gli occhi neri dell’uomo vagavano inquieti in direzione della porta.
Il suo compagno d’armi indossava lo stesso equipaggiamento, ma con meno denti sull’armatura, inoltre, nei suoi occhi grigi brillava la luce della temerarietà.
L’avvertimento ricevuto pochi istanti prima dal commilitone più anziano lo divertiva ancora.
Quando l’orecchio allenato del guerriero di mezza età aveva udito il rumore di passi dall’interno dell’edificio, l’uomo d’armi si era messo in allerta, bisbigliando al vicino: - Fai come me. Non appena senti la porta che si apre, prendi lo scudo e sollevalo.
L’altro gli aveva obbedito con un sogghigno.
Tanta paura della sacerdotessa da parte dei commilitoni gli sembrava assurda.
Eppure, era tale da averli obbligati a tenere gli occhi fissi sugli scudi ogni volta che dovevano parlare con lei.
Ci si era adattato perché così doveva essere, ma la faccenda lo stava stancando.
Sbirciò il compagno con la testa china sulla superficie metallica dello scudo per non incontrare lo sguardo di lei.
Lui e quelli della vecchia guardia erano terrorizzati dalla profondità di quegli occhi, abili nel scoprire i poteri insoliti nascosti nella mente umana.
Lo scudo del guerriero di mezza età tremolò lievemente all’avvicinarsi della sacerdotessa.
Soltanto il tono di lui rimase fermo, quando le domandò: - Com’è andata, con l’ultimo, Vostra Sapienza?
Il suo giovane compagno d’armi represse un sorriso.
- Male.
Per quel che poteva vedere dal riflesso nello scudo, la tunica della sacerdotessa era pulita e dalla costruzione di marmo bianco alle spalle di lei non erano echeggiate le urla dei giorni precedenti.
Ben sapendo che il suo commilitone più anziano lo avrebbe rimproverato, si girò verso la sacerdotessa.
E fece bene.
La sua curiosità sulla sorte dei nemici venuti dalle Isole delle Alghe Nere fu esaudita subito.
La donna indicò la nave, ormai vuota di guerrieri.
- Di tutti loro, lui è la variabile impazzita.
- Volete dire che non possiede alcun potere superiore? – le domandò il guerriero più giovane in tono deluso.
La loro gente, il Popolo Barracuda, si nutriva dei poteri superiori dei prigionieri di guerra.
Molti di loro ignoravano di averli.
La sacerdotessa li estraeva nell’ultimo istante del trapasso, ricavandone energia che trasmetteva ai guerrieri toccandoli sulla fronte.
- Se è per questo, ce l’ha, ma non lo dividerà con noi – gli rispose la donna dai lunghi capelli grigi, spostando gli occhi verso la sabbia che si trovava alle spalle dei due guerrieri.
Il più vecchio dei due alzò per un attimo lo sguardo verso di lei, distogliendolo orripilato.
Per tenersi in forze, aveva subito il tocco delle mani di lei.
Era stato sopportabile, ma non il guardarla in volto.
I globi oculari della sacerdotessa erano color seppia.
L’assenza di pupille rendeva il suo sguardo freddo proprio come quello della creatura marina in grado di produrlo.
E anche lei era diventata altrettanto elusiva.
- Mimetismo – sussurrò la donna ai due.
La sabbia si mosse e lei vide per pochi istanti la forma di un giovane uomo dai muscoli piatti e lisci, con una tunica corta e una daga in mano.
- Non ha fatto che sfuggirmi.
Il guerriero più giovane estrasse la spada.
I brevissimi movimenti sulla sabbia gli erano bastati per farsi un’idea del nemico.
- Lo affronterò io, Vostra Sapienza.
La sacerdotessa sfiorò il pomello dell’arma.
- Lo considero il mio fallimento. Rimedierò io stessa.
Lo fece alzando le mani; ne scaturì una luce simile a quelle emanate dai pesci lanterna dell’abisso, crepitò nell’aria mediterranea.
La sabbia si disfece e la sacerdotessa si voltò verso i guerrieri, indicando le armi che portavano con un’espressione inorridita, prima di stramazzare a terra morta per via della lotta impari con il prigioniero visibile solo ai suoi occhi.
Il guerriero più giovane gettò via il proprio scudo, trovandolo insolitamente pesante, quasi fosse stato un corpo vivo.
Lo stesso fece il più anziano, quando la sua stessa daga divenne tanto difficile da portare da slogargli quasi una spalla.
Il loro terrore fu immenso nel vedere lo scudo e l’arma sollevarsi nell’aria e scomparire.
Il Generale non credette a nessuno dei due.
Era impossibile che un uomo potesse confondersi nell’ambiente circostante come un pesce scorpione.
La sua espressione perplessa si riflesse nel calice di vino che stava bevendo, mentre con l’altra mano stringeva il pugnale dal quale non si separava mai.
Quando la lama della spada comparve dal nulla e glielo fece saltare via, il Generale comprese di trovarsi di fronte al peggior pesce scorpione della sua vita.
Tentò un contrattacco, sperando ancora di poter avvertire la sua gente del pericolo.
Il guerriero invisibile gli tagliò la gola prima senza dargliene il tempo, gettando in un angolo la spada e lo scudo.
Prima di tornare sulla spiaggia, lanciò un ultimo sguardo compiaciuto al sangue e al vino ormai mischiati.