Mancato appuntamento
Inviato: martedì 17 gennaio 2017, 0:40
Ero una persona ottimista, cercavo di vedere il lato buono in ogni situazione. Ma quella sera ero davvero arrabbiata.
Arriverà, mi ero detta, avrà avuto problemi al lavoro. Avevo provato a chiamarlo, ma era scattata la segreteria telefonica. Ed ecco che dopo un'ora mi era arrivato un sms dove diceva che aveva avuto un contrattempo e non poteva raggiungermi.
Ero rimasta come una scema con il telefono in mano.
Non era tardi, eppure la città sembrava deserta. Possibile fossero andati tutti a dormire? Di tornare a casa non me la sentivo. E nemmeno di chiamare qualcuno. Li immaginavo i commenti delle amiche: cosa ti avevo detto? Facile giudicare gli altri e dire che Aldo era un poco di buono, che con lui rischiavo grosso poiché non aveva rispetto per nessuno.
E' vero, era uno sborone, ma qualcosa di lui mi era entrato dentro e non voleva sapere di uscire. Ma perché quel comportamento? Doveva aver trovato un'altra, ecco.
Inconsciamente presi a camminare verso il quartiere dove abitava, non distava molto dal luogo dell'appuntamento, appena pochi chilometri. Quel rione era composto da un dedalo di viuzze male illuminate, dove in ogni angolo spuntavano caseggiati fatiscenti.
Dopo poco mi trovai davanti il suo portone. In effetti, l'appartamento non sembrava illuminato. Avrei potuto aspettarlo, ma fino a quando? E poi, cosa gli avrei detto? Stavo per andarmene quando vidi uscire dal portone un vecchio. Sembrava sconvolto.
- Oddio, signorina. Non ho potuto farne a meno.
Respirava a stento e parlava così velocemente che nemmeno riuscivo a capirlo.
- Dovrebbe calmarsi– gli dissi toccandogli il braccio. Ero quasi pronta a chiamare soccorso. Ma lui mi fermò, pur senza calmarsi. Anzi, si mise a piangere contraendo i muscoli del volto.
- Sono andato da lui dopo che ho trovato il mio gatto stecchito in cortile. Lui lo odiava. Deve avergli messo del veleno per topi dentro il cibo. Da quando mia moglie è morta non c'era che lui. Come ha potuto? Aprendomi la porta mi ha riso in faccia, poi mi ha minacciato, voleva gettarmi giù dalle scale. Si stava preparando per un appuntamento con una donna. Dovevo lasciarlo in pace. Non ci ho più visto. Ho afferrato un coltello che era posato sul tavolo e gliel'ho piantato in gola. Uno, due, tre volte. Fino a che ha smesso di respirare.
Tremava per la tensione nervosa. Nella casa di fronte una luce si accese.
- Non avrebbe dovuto farlo. Era l'animale più intelligente e affettuoso che avessi avuto.
Detto questo si allontanò ripetendo in modo sconclusionato quel monologo assurdo.
Io non so perché, ma alzai lo sguardo verso l'appartamento come se sperassi di vedere accendersi una luce e che fosse tutto uno scherzo. Ma invece vidi solo grossi fiocchi di neve scendere dal cielo. Forse la neve era arrivata in quel momento per lavare le miserie degli uomini. Io però incurante rimasi lì lasciandomi avvolgere da quel bianco abbraccio fino a quando non sentii il suono di una sirena in arrivo.
Arriverà, mi ero detta, avrà avuto problemi al lavoro. Avevo provato a chiamarlo, ma era scattata la segreteria telefonica. Ed ecco che dopo un'ora mi era arrivato un sms dove diceva che aveva avuto un contrattempo e non poteva raggiungermi.
Ero rimasta come una scema con il telefono in mano.
Non era tardi, eppure la città sembrava deserta. Possibile fossero andati tutti a dormire? Di tornare a casa non me la sentivo. E nemmeno di chiamare qualcuno. Li immaginavo i commenti delle amiche: cosa ti avevo detto? Facile giudicare gli altri e dire che Aldo era un poco di buono, che con lui rischiavo grosso poiché non aveva rispetto per nessuno.
E' vero, era uno sborone, ma qualcosa di lui mi era entrato dentro e non voleva sapere di uscire. Ma perché quel comportamento? Doveva aver trovato un'altra, ecco.
Inconsciamente presi a camminare verso il quartiere dove abitava, non distava molto dal luogo dell'appuntamento, appena pochi chilometri. Quel rione era composto da un dedalo di viuzze male illuminate, dove in ogni angolo spuntavano caseggiati fatiscenti.
Dopo poco mi trovai davanti il suo portone. In effetti, l'appartamento non sembrava illuminato. Avrei potuto aspettarlo, ma fino a quando? E poi, cosa gli avrei detto? Stavo per andarmene quando vidi uscire dal portone un vecchio. Sembrava sconvolto.
- Oddio, signorina. Non ho potuto farne a meno.
Respirava a stento e parlava così velocemente che nemmeno riuscivo a capirlo.
- Dovrebbe calmarsi– gli dissi toccandogli il braccio. Ero quasi pronta a chiamare soccorso. Ma lui mi fermò, pur senza calmarsi. Anzi, si mise a piangere contraendo i muscoli del volto.
- Sono andato da lui dopo che ho trovato il mio gatto stecchito in cortile. Lui lo odiava. Deve avergli messo del veleno per topi dentro il cibo. Da quando mia moglie è morta non c'era che lui. Come ha potuto? Aprendomi la porta mi ha riso in faccia, poi mi ha minacciato, voleva gettarmi giù dalle scale. Si stava preparando per un appuntamento con una donna. Dovevo lasciarlo in pace. Non ci ho più visto. Ho afferrato un coltello che era posato sul tavolo e gliel'ho piantato in gola. Uno, due, tre volte. Fino a che ha smesso di respirare.
Tremava per la tensione nervosa. Nella casa di fronte una luce si accese.
- Non avrebbe dovuto farlo. Era l'animale più intelligente e affettuoso che avessi avuto.
Detto questo si allontanò ripetendo in modo sconclusionato quel monologo assurdo.
Io non so perché, ma alzai lo sguardo verso l'appartamento come se sperassi di vedere accendersi una luce e che fosse tutto uno scherzo. Ma invece vidi solo grossi fiocchi di neve scendere dal cielo. Forse la neve era arrivata in quel momento per lavare le miserie degli uomini. Io però incurante rimasi lì lasciandomi avvolgere da quel bianco abbraccio fino a quando non sentii il suono di una sirena in arrivo.