Prima il dovere

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valter_carignano
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Prima il dovere

Messaggio#1 » mercoledì 22 giugno 2016, 23:58

Il dottor Francesco Sbano alzò la testa di scatto, quando batterono alla serranda. Una fitta fra le scapole gli ricordò che mesi prima si era autoprescritto di andare a fare pilates. O a correre. O almeno ad andare in studio a piedi. Naturalmente, non aveva fatto niente di tutto questo.
Ma chi è che bussa, a quest’ora? pensò.
– Arrivo, arrivo. – borbottò. Salvò il file, si stiracchiò con molta cautela e attraversò la sala d’attesa. – Comunque, l’ambulatorio sarebbe chiuso, eh? Non è che se vedete la luce accesa… – Sospirò. Ma che mi lamento a fare? Vediamo che vuole e finiamola. Scemo io che mi sono fermato a scrivere le ricette.
Aprì la porta che dava sul marciapiede e premette l’interruttore, la serranda cominciò ad alzarsi lenta e cigolante. Il rumore gli ricordava quello delle sue vertebre quando si dava agli sport estremi, come sollevare le confezioni da sei di acqua.
Alzò la voce, per farsi sentire da chiunque ci fosse fuori. – Eccomi. Però se è per esami o altro mi faccia il piacere e passi domani mattina dalla dottoressa… – S’interruppe. Da sotto la serranda si cominciava a vedere un piede. Nudo.
Andiamo bene. Un mezzo matto scalzo sotto la pioggia.
Si trovò di fronte un uomo atletico di circa quarant’anni, abbronzato, con addosso una tunichetta bianca.
Sarà un indiano, di quelli che vivono in via Garrone. Però per uscire di casa così con ‘sto freddo dev’essere una cosa grave.
– Buonasera. Mi dica.
– Tu sei Francesco Sbano, il medico – disse con marcato accento straniero, tanto che Francesco non riuscì a capire se fosse una domanda o una constatazione. – Beh, sì – rispose, nel dubbio.
– Leggi. – L’indiano porse a Francesco una pergamena arrotolata. Francesco l’aprì e intravide due righe di caratteri squadrati e ordinati. Non si prese il disturbo di mettere gli occhiali.
– Scusi, sa, non conosco la vostra lingua. Mi spiega a voce.
L’indiano lo interruppe: – E’ ovvio. L’avevo detto io che non andava bene! –Camminava avanti e indietro, gesticolando. – Io viaggio, conosco il mondo, lo so come vanno le cose: datemi retta, no? Ma niente. Come parlare a una colonna dorica. – Si fermò e abbassò il tono, un po’ imbarazzato. – Comunque, è una… come dite, voi? Ah, sì. Un invito. Vieni.
Gli porse la mano. Francesco lo guardò, cercando di capire. Non gli sembrava che l’indiano avesse cattive intenzioni, ma non si poteva mai sapere. – Ehm, un invito per cosa, scusi?
L’altro ritirò la mano e scosse la testa. – Non hai capito. Certo, esattamente come aveva previsto la moglie del capo. E allora andiamo con ordine. Guarda la pergamena: in che lingua è scritta?
– Eh? Un momento. – Avvicinò la pergamena agli occhi. – Ah, perbacco! È greco. Greco antico! – Sorrise. Gli era sempre piaciuto, il greco, ancora adesso leggeva i poeti classici con testo originale a fronte. Ma perché un indiano delle case popolari mi ha dà una pergamena in greco?
– Bene. Bravo. E io chi sono?
– Beh, scusi, ma non la conosco. E’ sicuro di essere un mio paziente?
– Macché paziente! Io sto benissimo, e comincio anche ad avere fretta. Sono Ermes, no?
– Ermes. E di cognome?
– Noi non abbiamo cognome.
– Noi chi?
– Noi dèi.
Francesco si bloccò e cercò di prendere tempo soffiandosi il naso. Allora. Sono le nove e mezza di sera, in giro non c’è un’anima e davanti a me ho un indiano che si crede un dio greco. Devo assecondarlo, magari riesco a distrarlo e chiamare il 118
– Ah, certo. Che stupido. Ovvio, gli dèi non hanno cognome. Quindi, lei è Ermes, il dio messaggero.
L’indiano allargò le braccia. – Finalmente. Era ora! Ti facevo più sveglio, ma ora che tutto è chiarito dammi la mano e andiamo. È tardi. – Di nuovo, gli porse la mano.
– Prego?
– Oh per il Sacro Fuoco! Basta, è ora.
Francesco sentì la stretta dell’indiano sul braccio, gli sembrò di perdere l’equilibrio e un istante dopo si trovò su un altopiano, fra alberi e cespugli fioriti. Sbatté gli occhi, abbagliato dalla luce improvvisa. – Do… dove siamo?
– Sull’Olimpo. Ho un margine d’errore di cinque stadi, voi direste più o meno un chilometro. Dobbiamo soltanto attraversare il boschetto e ci siamo. Andiamo, il capo ci aspetta.
Fra rimanere fermo in mezzo al niente e seguire l’indiano, Francesco scelse la seconda opzione, cercando anche di raccapezzarsi e scoprire dove fosse finito. Un secondo prima era nel suo studio in via Millelire a Torino, adesso era… dove? Si guardò intorno. Erba, fiori, alberi, qualche nuvola candida nel cielo azzurro. E l’aria ha uno strano odore. No, un profumo. Buonissimo. Gli solleticava le narici, gli sembrava di assaporarla mentre respirava. Mi avranno drogato?
Si accorse che l’indiano l’aveva distanziato e si affrettò. Cominciò a correre, non gli venne il fiatone dopo due passi e non sentì la solita fitta al ginocchio. Sì, mi hanno drogato e sto sognando.
A un centinaio di metri, vide tre donne bellissime uscire dal boschetto. Cominciarono a parlare all’indiano, che fece un gesto verso di lui e lo indicò. Francesco si fermò, non per stanchezza ma perché quelle creature meravigliose indossavano veli colorati trasparentissimi e lui non poteva fare a meno di rimanere lì, imbambolato come un coniglio sull’autostrada.
Bene. Sto sognando e non mi voglio svegliare.
Le donne lo guardarono e gli sorrisero. Una di loro lo fissò più a lungo, prese un fiore fra quelli che le adornavano i capelli, lo baciò e lo diede all’indiano, sempre guardando lui. Poi tutte e tre se ne tornarono nel boschetto e scomparvero ridendo.
L’indiano gli si avvicinò. – Hai fatto colpo, umano – gli disse. – Ma ci penserai dopo.
– Ehm, pensare a cosa?
– Ad Anthea, no? Ti aspetta vicino alla sorgente, al tramonto. Ma come dite, voi? Ah, sì: prima il dovere, poi il piacere. Che strano modo di dire, non ne ho mai capito il senso. Andiamo, è meglio non far aspettare il capo.
– Anthea è quella ragazza bellissima – balbettò, con un filo di voce.
– Mhm, sì. Se ti piace il genere – rispose l’indiano, con una piccola alzata di spalle.
– E il capo…
– È il grande Zeus. Il padre di tutti noi e bla bla bla – sorrise e gli fece l’occhiolino. – Bada che parlerà lui, ma chi ha l’ultima parola è Era, capito? – Un rumore di zoccoli li fece voltare. – Oh, Polittete! Come va?
Francesco si riteneva una persona equilibrata, e tutto il suo amore per la cultura greca non arrivava a fargli dire che i Centauri fossero davvero esistiti, per esempio. Ma credere che una cosa non esista è più facile, quando non ce l’hai davanti che ti porge la mano.
– Onorato – disse Polittete.
– O- onorato – rispose, e quasi non si rese conto che aveva capito il Centauro anche se quello aveva parlato in greco antico. Polittete sorrise, scambiò qualche parola con l’indiano e se ne andò per la sua strada.
– Ma quindi… – Francesco esitò, indeciso se aggrapparsi ancora al ricordo della sua realtà o cedere. – Tu saresti Ermes, il dio messaggero.
Ermes lo fissò, poi Francesco lo senti mormorare fra sé mentre si allontanava: – Sarà pure suo parente, ma a me questo qui sembra un po’ tonto.

Davanti a loro c’era una piazzetta con palazzi rivestiti di marmo, fontane, giardini. Due satiri e un minotauro erano seduti nel dehors di una taverna, un’amazzone incordava il proprio arco seduta su un muretto.
Entrarono in un atrio principesco, tutto fatto in marmo e granito, con arazzi alle pareti. Ermes fece strada attraverso alcuni corridoi e arrivarono di fronte a una porta che a Francesco sembrò d’oro massiccio. I due Giganti che stavano di guardia s’inchinarono e l'aprirono per loro.
Un pezzo d’uomo con capelli ricci banchi e una gran barba stava seduto su un trono, e a fianco a lui una donna dalla bellezza solenne, con grandi occhi che fissarono Francesco e sembrarono trapassarlo da parte a parte.
– Tu sei Francesco Sbano, medico – disse Zeus, e Francesco capì che era un’affermazione che lui doveva comunque confermare.
– Sì… Grande Padre.
– Ermes ti ha detto perché sei qui?
– Eh, veramente no, Grande Padre.
– Ti ha chiamato il tuo avo. Deve partire, e tu lo sostituirai.
– Il mio avo?
– Asclepio, il nostro medico.
Francesco sentì il cervello che faceva un triplo salto mortale per cercare di capire. Lui dunque era discendente del mitico Asclepio, portato dagli dèi nell’Olimpo per i suoi grandi meriti?
– Ah. Ma siete sicuri? Perché io…
Zeus lo interruppe: – Noi sappiamo tutto! – E in lontananza si udì il brontolio di un tuono. Intervenne Era: – Uh, come sei irritabile! Te l’avevo detto che alla sera non devi mangiare pesante.
– Sì, cara – abbozzò Zeus
– Ascolta, Francesco – continuò la dea. – Il nostro medico, il tuo avo, da più di diecimila dei vostri anni cura i nostri rari malanni. Ora comincia a essere un poco anziano. In fondo, in origine non era che un mortale e non crediamo possa vivere più di altri mille o millecinquecento anni. Vuoi diventare suo assistente e sostituirlo quando partirà per l’Isola dei Beati? Se accetterai, vivrai per almeno seimila anni ma dovrai rinunciare a tutto quello che avevi nel tuo mondo. Questa terra diverrà la tua casa e non potrai mai lasciarla. Se invece rifiuterai, Ermes ti ricondurrà dov’eri, e non ricorderai nulla di tutto questo se non in sogno. Cosa decidi?
Francesco era paralizzato. In un istante, pensò a cosa avrebbe perso: pochi conoscenti, nessun amore, una vita tutto sommato inutile fatta di routine e noia. S’inchinò e disse: –Mia Signora, Grande Padre, accetto.
– Allora, benvenuto fra noi, uomo che non sei più un uomo. – Era gli sorrise, benevola, e Francesco pensò che anche solo quel sorriso valeva tutto ciò che lasciava. – Ermes, per favore, conducilo al suo palazzo.
Uscirono.
– Senti, Ermes – disse con un po’ di esitazione Francesco. – Non è che prima di incontrare il mio avo potresti indicarmi la strada per quella sorgente dove mi aspetterebbe Anthea?

– Ma come? Voi non dite ‘prima il dovere e poi il piacere’?
– Beh, sì ma… non sono più un uomo, no?
Ermes sogghignò. – Impari in fretta. Bravo. Credi che ti troverai bene qui fra noi.
Francesco sorrise. Sì, anche lui credeva si sarebbe trovato bene.



valter_carignano
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Re: Prima il dovere

Messaggio#2 » lunedì 4 luglio 2016, 18:51

Ciao a tutti
innanzitutto, autosegnalo un refuso alla penultima riga: 'credo' e non 'credi'. Vabbé, girano le scatole quando scappano dopo millanta riletture ma pazienza.
Avevo letto Nessun dove anni fa, e l'ho riletto ora. La traduzione continua a sembrarmi un po' 'da bambini', persone che conoscono l'inglese molto meglio di me mi dicono che nell'originale il tono da favoletta non c'è. Non ho la capacità di controllare, quindi non considero questo aspetto.

La caratteristica fondamentale, per me, è lo scontro fra universi: quello che il personaggio principale considera realtà e quello che considera fantastico, letterario, impossibile. E nel secondo si ritrova proiettato suo malgrado, almeno fino a che non decide di accettarlo. Il protagonista non capisce, si aggrappa finché può alla 'sua' realtà, costringe chi gli sta di fronte a spiegazioni che in fondo non spiegano, perché danno per scontata proprio quella stessa realtà che lui rifiuta. Che sia Londra di sopra e Londra di sotto, Passato e Presente, Accaduto ed Eventuale, il fulcro è la contrapposizione.

Stilisticamente, per quello che posso dire e sempre basandomi sulla traduzione, il tono generale è leggero e discorsivo, tanto più leggero quanto più l'argomento diventa improbabile, e in questo credo stia la sua caratteristica principale.

Personalmente, ho scelto come 'altro mondo' che sfiora e interseca la nostra realtà quello della mitologia greca. Mi piace molto, ho scritto altri racconti (spero) divertenti basati su di essa e chissà, forse un giorno saranno abbastanza come numero e sufficientemente riusciti da riunirli in una raccolta. Il destino è nelle mani degli dèi :-)

Fernando Nappo
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Re: Prima il dovere

Messaggio#3 » martedì 5 luglio 2016, 9:14

Ciao Valter,
il tuo è il primo racconto che leggo, e devo dire che mi è piaciuto.
Rigurdo allo stile di Gaiman, almeno quello di Nessun dove nella traduzione italiana, mi sembra molto buono. Credo che se me lo avessero spacciato per un racconto Gaiman ci avrei creduto senza troppe incertezze. Ci ho ritrovato, almeno per le mie esigue capacità di interpretazione dello stile altrui, il tono leggero, un po' sopra le righe, i pensieri del protagonista espressi tramite il corsivo, un paio di intromissioni del narratore che ci racconta cose che Francesco di suo non ci direbbe, un lessico semplice che si segue con una certa facilità. Non mancano i salti in mondi diversi, e una certa resistenza del protagonista ad accettare - almeno all'inizio - gli eventi. Non mi pare di aver trovato salti nel pdv, ma, anche se Gaiman lo fa e nel Camaleonte andrebbe imitato, non mi dispiace.
Ma visto che farsi le pulci è buona abitudine su Minuti Contati, ecco un paio di appunti:
- credo che una ambientazione più moderna avrebbe migliorato ulteriormente l'effetto mimetico (almeno rispetto al testo di riferimento)
- poco dopo la metà del racconto si comincia a intuire quale potrebbe essere la svolta (questo, ovviamente prescinde dal Camaleonte)
- la cosa che mi ha soddisfatto meno, ma proprio poco, è la velocità con cui Francesco accetta di cambiare vita. Però capisco che con i pochi caratteri a disposizione non c'era spazio per giocare con questa situazione.
Mentre mi sono piaciute, mi hanno divertito e trovo siano in linea con lo stile di riferimento le metafore/paragoni delle bottiglie d'acqua, delle vetrebre scricchiolanti e del povero coniglio sull'autostrada.
Un refuso:
Ma perché un indiano delle case popolari mi ha dà una pergamena in greco?
In conclusione, mi sembra davvero un buon lavoro, e si legge molto volentrieri (anche a prescindere dal contest).

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invernomuto
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Re: Prima il dovere

Messaggio#4 » giovedì 7 luglio 2016, 3:24

Ciao Valter,
devo dire che mi trovo abbastanza d'accordo con l'analisi che hai fatto in calce al racconto riguardo a temi e stile del buon Gaiman; ne consegue che la proverbiale metà dell'opera era già fatta.
Lo stile leggerissimo, veloce e discorsivo c'è eccome, l'accesso a un mondo surreale e l'inclusione del protagonista nelle meccaniche della realtà alternativa pure.
Anche la trama, in sé, funziona bene senza particolari intoppi, anche se la scelta di utilizzare una dimensione alternativa nota (il pantheon olimpico) riporta più alla mente gli avvenimenti di American Gods piuttosto che il bizzarro e originale cast di Nessun Dove.
Una buona prova, soprattutto in virtù del tuo impegno per accentuare l'effetto mimetico sforzandoti attivamente per emulare lo stile dell'autore originale.

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beppe.roncari
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Re: Prima il dovere

Messaggio#5 » giovedì 7 luglio 2016, 16:42

Ciao Valter, ben ritrovato! (e scusami se altrove ti ho scambiato per Linda! ^___^)
Venendo al tuo racconto, mi è piaciuto e mi ha divertito, soprattutto la battuta finale, che è richiamata in nuce già nel titolo.
Lo stile leggero e lo straniamento del protagonista “catapultato” in un altro mondo sono senz’altro alla Gaiman, come pure il fraseggiare quotidiano e veloce, alla mano. Più un Gaiman dei racconti fantastici, però, rispetto al Gaiman cupo di Nessun dove.
Il problema, a mio parere, è che il protagonista non ha niente da perdere e tutto da guadagnare a diventare il nuovo medico degli dèi. Non ha dubbi particolari, tranne la sospensione d’incredulità, né prove, né perdite, né lotte, né problemi.
Questo toglie un po’ di pepe alla storia e la rende un po’ meno “inquietante” di Nessun dove, non trovi? Come lettore non tempo mai per la sorte del protagonista. Sorrido e mi congratulo con lui, semmai, ma non è la stessa cosa.
Altra nota, meno importante, il mondo del protagonista e il “mondo straordinario” sono troppo lontani per rientrare nello schema di Nessun dove. Lì non erano due realtà completamente diverse, ma due realtà che si compenetravano. L’Olimpo per un medico italiano dei nostri giorni, invece, è molto diverso da “Londra Sotto”.
Alla prossima!

valter_carignano
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Re: Prima il dovere

Messaggio#6 » venerdì 8 luglio 2016, 13:56

ciao a tutti
comincio a ringraziare dell'apprezzamento chi ha commentato finora. Sono molto contento di aver colto almeno alcuni degli aspetti importanti dello stile di Gaiman, la mimesi non mi risulta semplice.
Riguardo agli appunti fatti, credo siano tutti a loro modo giusti. Un po' il numero dei caratteri, come dice fernando (qualunque sia, io ne vorrei sempre almeno cinquecento in più... mah!), un po' il fatto che in effetti i due mondi sono molto distanti, forse anche troppo, come dice beppe o - in altro modo e altro contesto - invernomuto.
Se dovessi avere l'occasione di rivedere il racconto, ci farò attenzione.
Grazie ancora.

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Linda De Santi
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Re: Prima il dovere

Messaggio#7 » domenica 10 luglio 2016, 18:17

Ciao Valter! Noto con piacere che continui a scrivere racconti con gli dei dell’olimpo :)
Da questo punto di vista, la contrapposizione tra mondo reale/altro mondo è ben riuscita, e visto che utilizzi una materia (gli dei dell’olimpo) che padroneggi bene, trovo che il mondo “divino” sia ben caratterizzato.
Molto buono il tono ironico con cui tratteggi i personaggi, anche se mi è sembrato un po’ forzato che il protagonista, nella parte iniziale, continui a pensare che Ermes sia un indiano anche dopo che ne ha visto l’aspetto intero. Ermes in genere è ben identificabile, magari avrebbe potuto pensare: “toh, questo tizio è vestito come Ermes …” e poi, alla fine della prima parte, affermare: “Ma allora sei DAVVERO Ermes!” per mantenere inalterato l’effetto comico.
L’accettazione della proposta da parte del protagonista mi è parsa un po’ troppo rapida, ma d’altronde non è che la proposta lasciasse spazio a molto dubbi. Si tratta pur sempre di un’offerta di lavoro nell’Olimpo! :)
Per me è una buonissima prova. A presto!

valter_carignano
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Re: Prima il dovere

Messaggio#8 » lunedì 11 luglio 2016, 12:16

ciao Linda e grazie del commento positivo.
Riguardo Ermes, io ho pensato che il protagonista non lo 'riconosce' perché non può, essendo una realtà 'altra' e quindi 'impensabile'. Ma il tuo appunto è interessante e nel caso di una revisione ne terrò conto.

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Peter7413
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Re: Prima il dovere

Messaggio#9 » lunedì 11 luglio 2016, 17:05

Premetto che uno dei punti fondanti di questo Capitolo, PER ME, era la sovrapposizione di due realtà all'interno di una città. In NESSUN DOVE abbiamo la città di sotto che continua a intersecarsi con quella reale, mentre qui, a mio modo di vedere errato, tu trasli il protagonista in tutta un'altra realtà, una che è data per ogni tempo, comune e conosciuta a tutti i popoli. Per me è un arrore, aldilà dell'appunto circa i caratteri cupi o meno (che non farò perché, pur essendo stati bene spiegati da Beppe, io non li avevo ritrovati come punto fondante, probabilmente sbagliando).
Passiamo invece al racconto. Mooolto lineare, si va da A a B a C e questo non è necessariamente un male, ma lo diventa nel momento in cui ti trascini alcune gag che devono servire a raccordare, come l'insistenza sull'"indianosità" di Hermes. Poi, manca contrasto, anche nella lettura di quanto deciderà di fare il protagonista, questo perché non ci fai vedere cosa perde e anzi ce lo mostri da subito come uno sfigato. In quanto tale, la sua non è neppure una scelta, ma solo, di nuovo, un'accettazione di quanto la vita gli ha messo di fronte.
Detto questo, non voglio darti l'idea che il racconto non mi sia piaciuto, l'ho letto anzi con piacere, anche se, appunto, lo avrei voluto più "variegato".

valter_carignano
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Re: Prima il dovere

Messaggio#10 » lunedì 11 luglio 2016, 18:00

Ciao Peter e grazie del commento, non troppo positivo ma sicuramente utile.

Riguardo al protagonista 'sfigato', devo dire che io non l'avevo inteso così: è un medico di famiglia, quindi con una certa posizione sociale, benestante, senza problemi economici né per il presente né per il futuro; non ha affetti veri, come molte persone che al di fuori del lavoro hanno conoscenti, compagni di calcetto o palestra o cinema, ma niente di particolare; e ha una forma fisica che lascia molto a desiderare, sia per pigrizia o sia per 'nerditudine' (l'amore per i classici greci, che denota anche una certa cultura non comune). Insomma, io lo vedevo come una persona ordinaria, di quelli che non hanno incontrato la donna della loro vita o non l'hanno saputa conquistare, un uomo senza 'passioni', di quelle vere, quelle che ti tengono vivo qualunque cosa accada.
Per me, è un uomo medio, con più cultura (sia in quanto medico che per il greco) rispetto all'italiano medio. Se mai dovessi rivedere il racconto, cercherò di far sì che questo quadro - che a te non è parso evidente, e che quindi evidente per tutti non è - venga fuori meglio.

Invece, riguardo alla sovrapposizione di due realtà all'interno di una città, è che io non l'avevo visto come fondamentale, avevo piuttosto pensato a due mondi, non necessariamente coincidenti con la città (come d'altra parte si vede chiaramente in quello che ho scritto).
Forse, al di là del racconto mio o di quello di altri, il mio modo di interpretare la 'mimesi' con l'autore non è corretto, nel senso che non è in linea con le direttive del contest che invece vorrebbero un'adesione molto più stretta innanzitutto alla 'lettera' del libro di riferimento, come lo sarebbero appunto le 'due città' e altri elementi comuni da inserire/citare.

Mi era già venuto il dubbio, vedendo che alcuni racconti trattano di mondi diversi, mentre altri seguono molto più da vicino la falsariga del romanzo. Aspetto quindi con molto interesse il giudizio dei 'capi' del contest sui vari racconti, in modo da capire quale sia il livello di 'mimesi' letterale e stilistico richiesto.

Ciao e grazie.

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leonardo.marconi
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Re: Prima il dovere

Messaggio#11 » venerdì 15 luglio 2016, 17:46

Ciao Walter, che dire? Ho letto un racconto piacevole, delicato, con una fuga in un altrove ideale che separa i mondi senza metterli in contatto. Eccetto il protagonista della storia. Credo che,a parte questo, sia davvero un racconto godibile e vicino allo stile gaimaniano per l'evoluzione forzata del protagonista e la critica forte e nichilista alla quotidianità ( perchè non andarsene, non avendo legami forti ma solo routine e noia dalla vita...). Mi è piaciuto tantissimo l'intermezzo del boschetto (che si presterebbe a interpretazioni abbastanza osè se fossimo su Californication con David Duchovny) e il rapporto tra Zeus ed Era che compone un quadro irriverente ed ironico come Gaiman docet. L'invenzione del tuono e l'accostamento alla digestione è un altro tocco di classe notevole! E pure il fraseggio fresco e veloce. Una prova ardita se considerata alla luce del richiamo all'universo divino classico e che merita, nonostante le difficoltà oggettive, un bel complimenti! Ciao e alla prossima...

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Jacopo Berti
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Re: Prima il dovere

Messaggio#12 » venerdì 15 luglio 2016, 19:05

Ciao Valter, piacere di leggerti!
Salvo qualche minuscola imprecisione e rallentamento, il tuo racconto è senza dubbio - a mio avviso - il più "pulito". Insomma, è quello con meno difetti in tutto il contest. Si legge senza problemi, non ci sono punti oscuri né spiegazioni laddove se ne potrebbe fare a meno; lo stile è appropriato (sia in sé, sia in quanto imitazione di Gaiman) e senza cadute: coerente e costante. Ha meno difetti, dicevo, ma non è quello con più pregi: ovvero, non lo trovo così avvincente, così interessante. Non dico che non lo sia affatto: dico solo che - e lascio a te il compito di trovare un modo - avresti potuto osare qualcosa di più: non mi sorprendi, non riesci a far scattare in me la fascinazione del fantastico e del meraviglioso.
Il racconto con gli dei ormai è nel tuo stile. Lo apprezzo, ma quello che ho letto nel laboratorio di maggio mi aveva entusiasmato, questo no.
Quanto all'imitazione di Gaiman, ho trovato quasi tutto quello che mi aspettavo: forse anch'essa perde un po' per l'assenza di qualche chiara, esuberante invenzione fantastica.
Complessivamente il racconto mi pare più che buono.
«Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare» (Novalis, Frammenti)

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giuseppe.gangemi
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Re: Prima il dovere

Messaggio#13 » venerdì 15 luglio 2016, 20:17

Ciao Valter,
penso che hai fatto un buon lavoro nel replicare lo stile di Gaiman.
Hai usato delle belle battute e simpatiche similitudini, hai espresso i pensieri in corsivo e hai utilizzato un vocabolario da lettore medio (tipo Homer Simpson) comprensibile a tutti.
Scritto bene e buon racconto nulla da dire.
Forse la vera pecca del tuo racconto e non aver creato un mondo ex novo dove far andare il tuo protagonista. Ha proposto un Olimpo un po' rivisitato. Una via di mezzo fra l'Olimpo serio dei miti e quello divertente di Pollon.
Sarebbe stato più Gaiman se avessi usato un ambiente più cupo come l'Ade e non l'Olimpo.
Altra pecca è che il tuo protagonista non ha nessun vero intoppo per tutto il corso della storia. fargli fare qualche fatica alla eracle? Tipo una visita medica improvvisata a Zeus?

valter_carignano
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Re: Prima il dovere

Messaggio#14 » sabato 16 luglio 2016, 12:43

Grazie anche a Timetrapoler e Giuseppe, in una futura revisione 'out of contest' terrò sicuramente conto dei suggerimenti e appunti.

Zebratigrata
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Re: Prima il dovere

Messaggio#15 » sabato 16 luglio 2016, 19:29

Ciao Valter,
condivido la tua analisi di alcuni degli aspetti stilistici di Gaiman, e mi sembra che tu riesca bene nell’imitare i punti su cui ti sei focalizzato. Secondo me è difficile rendere un determinato stile in traduzione, ovviamente si perde qualcosa. Nella cultura italiana il surreale appartiene soprattutto al mondo delle fiabe: ci sono state diverse correnti letterarie che puntavano su storie dai toni onirici ma forse non hanno segnato la nostra cultura come le mille leggende inglesi hanno segnato la loro. Da noi la fiaba è per bambini, non mi vengono in mente grandi leggende dai toni epici come quelle inglesi. Forse è anche questo che mina in partenza la traduzione.
Il tuo protagonista mi piace molto perché, a differenza di quelli di molti dei racconti in gara, è davvero restio a staccarsi dal suo mondo e dalle sue logiche. Non mi piace molto invece la tua scelta di usare una mitologia esistente per la ‘seconda realtà’ coinvolta nella storia. Secondo me uno dei punti forti di Gaiman in “Nessun dove” (anzi forse l’unico punto forte, perché non è un libro che ho apprezzato molto) sta nel farci scorgere la punta dell’iceberg di una mitologia complessa e bizzarra, che il protagonista, umano come noi, intuisce essere ricca e regolata da dinamiche interne ma non riesce a comprendere perché totalmente inaspettata anche se composta qua e là da elementi del nostro immaginario (frati, angeli, mostri).

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