Sei personaggi in cerca di vendetta

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ceranu
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Sei personaggi in cerca di vendetta

Messaggio#1 » domenica 23 aprile 2017, 0:21

«Jala, bevi piano…»
La Califfa guardò Naila, che le porgeva un calice ricolmo di una sostanza viscosa, poi Thanaa che sorrise e annuì.
«Non servirà» disse. Sapeva cos'era quell'intruglio, erano anni che lo beveva, eppure aveva partorito solo figli infetti.
«Fidati, siamo le tue sorelle. Abbiamo contattato i migliori Dottori del Flagello; questa volta partorirai un bambino sano.»
Jala afferrò il calice e ingoiò il liquido nero. Le viscere le si contorsero, il bambino nel ventre iniziò ad agitarsi e un forte dolore alla schiena le strappò un urlo.
«Andrà tutto bene…» Naila le strinse la mano.
Jala sentì un liquido caldo scivolarle tra le cosce. «È il momento…» disse.
«Respira piano.» Naila l'aiutò a sdraiarsi sul letto. «Piega le ginocchia e allarga le gambe.»
Jala obbedì. Un'altra fitta di dolore le contrasse l'addome e sentì la testa del bambino farsi largo tra le cosce.
Stava accadendo troppo in fretta, qualcosa non andava. Lo sapeva: anche quella volta sarebbe nato un bambino malato, con la pelle troppo chiara per i vivi e le venature nere piene d'Atramento pronto ad infettare i mondi.
«Spingi!» Thanaa era tornata al suo fianco, ma del medico non c'era ancora traccia.
Jala si morse il labbro inferiore, era come se il bambino la stesse squarciando da dentro. Non stava facendo nulla per espellerlo, eppure lo sentiva farsi largo verso la luce.
«La testa è fuori, un ultimo sforzo…» Naila le carezzò la mano.
Jala guardò in faccia la sorella nel tentativo di scorgere un'espressione che le facesse capire cosa avesse visto tra le sue cosce. Un corrotto dall'Atramento si riconosceva subito, ma la sorella sembrava indossare una maschera di cera inespressiva.
L'ennesima fitta di dolore, che questa volta partì dalla vagina, le ovattò i sensi.
«Avvolgilo nel panno.» La voce di Thanaa tremò.
Naila le lasciò la mano e corse ad aiutare la sorella. Jala rimase sdraiata, immobile. Non sentiva più male, ma non voleva alzarsi. Finché non avesse visto il bambino le sarebbe rimasto la speranza.
Dei passi pesanti provennero dal corridoio. La porta si spalancò e Khosar, il Califfo, entrò accompagnato da due guardie e si bloccò ai piedi di Jala . Gli occhi si infiammarono, la faccia sbiancò. Prese il bambino tra le braccia, l'osservò e serrò la mandibola.
«Fatele fare la stessa fine dei fratelli e rinchiudete questa mezza donna dove io non possa più vederla.» Passò la bambina a una guardia e se ne andò.
Jala fu colta dalla disperazione: era una femmina, probabilmente simile a lei, ma non l'avrebbe mai potuta vedere.

***

Faud osservava Perviz e Bahmbam rincorrere Eco-Lomo-Say, la fusione degli ultimi tre cani di sua moglie May. Il prodigio, con la testa grigia di piccola taglia e il corpo possente a strisce nero e rosse, si districava bene nonostante il recente innesto delle corte zampe di Say.
Faud non sapeva se essere felice o lasciarsi andare alla disperazione. Sposando May, che era una vivisettrice, aveva accettato di ospitare in casa gli animali nati dai suoi esperimenti, ma non avevano mai parlato di figli. Lui e sua moglie erano due corrotti e sapevano che non si sarebbero potuti riprodurre, però non aveva fatto il conto con la fortuna che gli aveva portato due trovatelli vispi nonostante l'Atramento che gli scorreva nelle vene.
Sentendo il rumore della sedia ribaltata non si scompose; erano lontani i giorni fatti di lunghi silenzi, passati a progettare innesti per far camminare ancora i soldati del Califfo.
Da quando, cinque anni prima, May era comparsa sulla soglia di casa, un largo sorriso in volto e Perviz avvolto in un cencio lercio, la tranquillità era finita ed erano dovuti scappare per nascondere il bambino.
A volte era felice di aver preso quella decisione, o di averla assecondata. L'idea di insegnare a Perviz la sua arte l'aveva fatto sentire importante ed era stato felice di accogliere anche Bahmbam, un anno dopo, che avrebbe seguito le orme di May.
Sospirò, i bambini avevano raggiunto Eco-Lomo-Say. «Fate piano, i punti sono ancora freschi» li ammonì.
Il cane guaì e scappò privo di coda.
Faud scosse la testa. Si stava abituando a quella vita; da anni non si vedevano in giro orde di morti, le trappole tenevano lontani i pochi randagi di passaggio e, con i macchinari che progettava, lavorare la terra era piacevole.
La porta di casa si spalancò. May comparve sorridendo, in mano teneva un piccolo fagotto avvolto in un cencio sporco. «È una femmina» disse.
Faud corrugò la fronte. «Un giorno mi spiegherai dove vai a cercare le tue erbe.»

***

Faud entrò in casa e si fermò. Si sporse in avanti e rimase in ascolto: c'era uno strano silenzio. Emise un lungo fischio e attese, ma di Eco-Lomo-Say-Tani-Leo-Ban nemmeno l'ombra.
Entrò e si chiuse la porta alle spalle, corse nello studio e si sedette allo scrittoio. Non aveva nulla da fare, però non poteva buttare via quel raro momento di solitudine. Aprì un cassetto ed estrasse un plico pieno di progetti vecchi quasi vent'anni: macchine da guerra, navi volanti e carri a vapore aspettavano di essere perfezionati.
Si fregò le mani e si allungò per intingere la punta della penna nell'inchiostro, ma si bloccò: qualcuno bussò alla porta.
Rimase immobile nella speranza che, chiunque fosse, desistesse. Altri tre colpi e capì che la pacchia era finita.
«Arrivo!» strillò, alzandosi.
Tornò in sala bofonchiando qualcosa contro la sfortuna, afferrò la maniglia e aprì. Tre soldati in uniforme rossa, bordata di giallo, lo fissavano.
«Cerchiamo Faud, l'ingegnere» esordì un uomo dalla lunga barba corvina.
Faud storse il naso, erano le guardie del Califfo.
«Non c'è nessuno con quel nome» rispose.
L'uomo mise il piede in modo da bloccare la porta, gli altri due carezzarono il calcio di un moschetto corto che portavano in bella mostra. Faud conosceva quelle armi, le aveva progettate lui per l'esercito e sapeva che, sebbene potessero sparare un solo colpo alla volta, erano quanto di più letale si potesse usare con una mano.
«Forse ho capito di chi parlate.» Si afferrò il lobo destro tra l'indice e il pollice e lo massaggiò. «Si è trasferito qui qualche anno fa insieme a una donna strana…»
«E a tre ragazzi» l'interruppe il soldato.
«Già, tre ragazzi…» Quella recita aveva poco senso, se sapevano dei figli voleva dire che li avevano spiati. Si morse il labbro inferiore e si spostò di lato. « Accomodatevi.»
Il soldato con la barba si voltò verso gli altri due, gli fece un cenno con la testa, entrò e si chiuse la porta alle spalle.
«I suoi colleghi?»
«Aspetteranno fuori.»
«Fanno benissimo, così controllano se arriva qualche morto…»
«A quello ci pensano le tue trappole, Faud.»
«Ah no, quelle me le ha regalate il vicino. È un tipo in gamba.»
Il soldato abbozzò un sorriso, si mise a sedere, poggiò i gomiti sul tavolo e, un dito alla volta, sfilò il guanto della mano destra.
Faud strabuzzò gli occhi. «Quella l'ho fatta io!» disse, vedendo la mano di metallo del soldato.
Era una delle migliori che avesse mai costruito, completa di un meccanismo collegato ai tendini del braccio che le conferiva le movenze dell'originale.
«Mi aveva morso un morto e l'avevo tagliata per evitare l'infezione. Poi arrivasti tu e pochi giorni dopo ripresi l'allenamento con la spada.»
«Sono sempre stato molto bravo. Peccato solo che non abbia mai fatto caso alla faccia di quelli che aiutavo. Come ti chiami?»
«Abdull-Tawaab.»
«Anche con i nomi sono una frana. Cosa vuoi da me?»
«Il Califfo vuole che ti riporti a Baghdad.»
«Capisco che sentiate la mia mancanza, ma usi ancora un impianto di più di vent'anni, immagino che altri ingegneri l'abbiamo riparato…» Faud andò verso la credenza, dove teneva nascosto un moschetto potenziato in grado di sparare fino a dodici colpi.
«Nessuno del tuo livello.»
«Ci credo, ma non ho nessuna voglia di tornare.»
«Per questo sono venuto di persona a cercarti: voglio evitare problemi. Non tutti vedono di buon occhio i corrotti come te. Pensano che siate degli untori pronti a diffondere il morbo che trasforma i mondi in morti famelici. Eppure io ti ho visto all'opera, so che sei una persona buona e non voglio ti facciano male.»
Faud abbozzò un sorriso, gli dispiaceva doverlo uccidere, sembrava simpatico. «Beve qualcosa?» chiese, aprendo il cassetto in cui nascondeva l'arma.
«Non farlo!» ordinò il soldato, con un tono deciso ma tranquillo. «Non vogliamo che succeda qualcosa a Perizade.»
Sentendo pronunciare il nome della figlia più giovane, Faud si bloccò. «l'avete catturata?»
«Ci serviva una garanzia.»
«E avete preso Perizade?»
«La libereremo appena mi darai la tua parola che mi seguirai.»
Faud scosse la testa, chiuse il cassetto e si girò con in volto un'espressione beffarda. «Abdull-Tawaab, sembri un brav'uomo, ma non sei un gran stratega. In una selva di pecore sei andato a catturare il lupo…»
Da fuori si udirono delle urla, la porta d'ingresso tremò sotto dei pesanti colpi e cedette. Uno dei due soldati, rimasti di guardia all'ingresso, volò fino ai piedi di Abdull-Tawaab che si ritrasse vedendo il cranio maciullato dell'uomo.
«La piccola è una patita di tutto quello che può fare male a un uomo.» Faud sollevò le spalle, come per giustificarsi.
Il soldato, con un movimento repentino, estrasse il moschetto. «Ferma!» urlò, puntandolo in direzione dell'ingresso dov'era comparsa Perizade.
La ragazza, alta poco più di un metro e cinquanta, indossava un corpetto e una lunga gonna blu sorretta da una fascia arancione. Aveva la pelle chiara e le vene, annerite dall'Atramento, si intrecciavano disegnandole sul collo un serpente. Le braccia tornite erano sporche di sangue rosso.
«Butta il moschetto» disse Faud, con tono pacato simile a un consiglio.
Perizade sollevò la mano destra. Un pugnale dalla doppia lama sibilò in aria e si conficcò nella spalla del soldato che lasciò cadere a terra l'arma.
«Dammi un buon motivo per non ucciderti…» sibilò la ragazza che rivolse al padre un sorrise. «Mi sa che ho rotto l'aratro: le ossa devono aver inceppato qualche meccanismo.»

***

«Ho sempre saputo che eravate i loro figli, il canale da cui vi ho salvati arrivava dal palazzo del Califfo.» May, il viso avvolto nello scialle nero, finì di parlare e si rimise a sedere.
Nella stanza calò il silenzio. Perviz, le maniche della tunica arrotolate fino ai gomiti, serrava i pugni costringendo la stoffa al massimo della sua resistenza. Bahmbam, meditabondo, si strofinava la barba di una settimana e Perizade, gli occhi fissi su Abdull-Tawaab, giocherellava con un coltello da cucina.
Faud sapeva che l'ultima cosa da fare in quel momento era di lasciare il tempo di riflettere ai figli. Ognuno di loro stava studiando un modo per vendicarsi di quel padre naturale che non li aveva voluti.
«Bene, ora la mamma e Bahm fanno una delle loro magie con le erbe. Abdull-Tawaab scorda tutto e io e Perviz lo abbandoniamo vicino a Baghdad. Così possiamo provare il carro che ha costruito. Va bene?»
L'unico a sembrare d'accordo era il soldato che, imbavagliato e legato alla sedia, si mise ad annuire con irruenza.
«Sgozzerò prima il maiale che ha provato a rapirti, poi penserò a quello che l'ha mandato qui!»
«Useremo il carro, ma solo dopo che gli avrò montato uno sperone davanti con cui sfondare le porte di Baghdad!»
«Mamma, Kait è pronta; liberiamola dentro le mura.»
Faud guardò May che, disperata, scosse la testa. Anche a lui non piaceva l'idea di assaltare la città, ma era fiero di come aveva cresciuto i suoi figli.
Si alzò, si avvicinò a Abdull-Tawaab e slegò il panno che gli chiudeva la bocca.
«Se ti liberiamo dirai di non averci trovato?»
L'uomo sputò a terra un grumo di sangue. «Sanno chi e dove siete. La prossima volta non manderanno un amico.»
«Così non mi aiuti. Ci riprovo: Se non permetto a mia figlia di farti a pezzi, puoi dire al Califfo che i suoi figli sono morti da molti anni?»
«A lui non gliene frega niente di loro. Vuole te perché il figlio che ha avuto con Naila, la sorella di Jala, ha avuto un incidente a cavallo ed è rimasto paralizzato.»
L'espressione beffarda di Abdull-Tawaab fu l'ultima della sua vita. Perizade scattò in avanti, raggiunse il soldato e gli tagliò la gola.
«Se l'è cercata…»
«Faud, non incoraggiare tua figlia a uccidere le persone e tu, Peri, pulisci il casino che hai fatto.» May, energica come sempre, cercò di riprendere in mano la situazione.
«Però poi andiamo ad ammazzare il Califfo!»
«Ora io e tuo padre andremo nello studio a preparare un piano, non possiamo di certo ascoltare i consigli di tre ragazzini offuscati dalla rabbia…»

***

Faud guardò fuori dalla feritoia laterale, erano a diversi piedi da terra e la cosa non lo faceva sentire a suo agio. L'idea di trasportare il carro di Perviz con la nave volante era stata sua, eppure non si fidava molto: i giunti potevano cedere da un momento all'altro. L'unica nota positiva erano le mura della città all'orizzonte.
«Iniziamo a scendere!» ordinò.
Perviz annuì.
«Finalmente, Kait iniziava a innervosirsi.» Bahm infilò la mano in una spiraglio della cassa di legno, che avrebbe potuto contenere una decina di uomini. «Tranquilla, tra poco ti libereremo.»
May sorrise al figlio e gli carezzò il viso.
Perizade, seduta in un angolo, infilò due spade nei foderi ai lati della corazza di metallo che Perviz le aveva regalato. Riposizionò il moschetto corto da dodici colpi, controllò con il tocco delle dita i pugnali da lancio posizionati sul petto e sfiorò il calcio del fucile che le sporgeva dalla schiena.
«Atterriamo!» strillò Perviz. Afferrò la corda che gli pendeva sopra la testa e la tirò.
Faud, per un attimo, si sentì sospeso per aria, poi il carro precipitò e impattò a terra. Il tutto durò un battito di ciglia, ma sufficiente per fargli rimpiangere la vita tranquilla di campagna.
«Tenetevi, stiamo entrando.»
Dall'esterno arrivò il boato di un'esplosione seguito dalle urla: la nave aveva finito la sua corsa all'interno della città.
All'impatto con il portone di metallo, il carro sussultò e riprese il normale incedere.
«Bahm, pronto con la bestia!» urlò Perviz al fratello.
«Si chiama Kait.»
«Tre, due, uno… via!»
Il carro si fermò e Faud spalancò il portellone laterale. La strada brulicava di persone in fuga e in lontananza si vedevano la nave in fiamme a ridosso delle case più a nord.
Tornò a guardare l'interno del carro; Bahm fece scivolare il chiavistello e spalancò la cassa di legno. Una fiera, il busto e le zampe di tigre e la testa e le ali d'aquila, fece un passo verso di lui, sollevò il becco e fiutò l'aria. Il ragazzo gli abbracciò il collo e gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
Kait emise un fischio acuto, corse fuori e spiccò il volo.
Anche Perizade si gettò allo scoperto brandendo una spada dalla lama ricurva.
Faud incrociò lo sguardo di May che gli fece cenno di seguire la figlia.
Perizade correva lasciandosi alle spalle una scia di cadaveri. Percorsero una via stretta in cui le bancarelle del mercato erano state abbandonate e le ceste di spezie ribaltate. Quattro soldati bloccavano l'unica via d'uscita.
Faud estrasse la sua spada, sebbene la lama non superasse le tre spanne era letale, la sollevò per dare battaglia ma non ce ne fu bisogno: con un movimento fulmineo, Perizade lanciò quattro pugnali. Due guardie caddero a terra prive di vita, le altre riuscirono a proteggersi ma, prima che potessero reagire, la ragazza gli fu addosso e li trafisse con la spada.
Entrarono nel palazzo del Califfo e Parzade stese altri sei soldati ma, a pochi metri dalla sala del trono, prese la scala che portava alla torre.
Faud si bloccò, indeciso sul da farsi: sapeva che la ragazza stava andando a salvare la madre mai conosciuta. Decise che quella fosse una missione che lei doveva compiere da sola, a lui spettava decidere le sorti del Califfo. Raggiunse la porta intarsiata e la spalancò. Il sorriso che aveva preparato per l'occasione scomparve: una dozzina di soldati lo stavano aspettando.
«Vedo che hai accettato il mio invito…» Il califfo si alzò dal trono e gli fece cenno di entrare.
Faud obbedì, in mano stringeva ancora la spada e a tracolla aveva un moschetto corto a un colpo. Se avesse provato a combattere sarebbe morto in pochi secondi.
«Come avrei potuto rifiutare, sei stato così gentile.»
Sentendo il modo irriverente con cui si era rivolto al Califfo, le guardie estrassero le spade.
«Non ce ne sarà bisogno. L'ingegnere è nostro ospite…»
Faud sollevò gli occhi al cielo e serrò la mascella, non aveva scelta. Girò la spada, afferrandola per la lama, e la porse al soldato più vicino ma, prima che questi potesse prenderla, una finestra esplose in milioni di schegge. Un urlo assordante invase la stanza e l'uomo fu scaraventato a terra da Kait che infilò il becco nell'occhio d'un altro.
Faud riprese la spada dall'elsa e l'affondò nello stomaco di un soldato. Si ritrasse e schivò un affondo. Fece due passi all'indietro e rimase impietrito: gli uomini uccisi da Kait erano tornati in vita e stavano assalendo i vivi.
La battaglia si trasformò in un tutti contro tutti e lui ne approfittò per ritrarsi in un angolo.
Presto i morti ebbero il sopravvento e il Califfo si trovò schiacciato in un angolo protetto da due soldati.
«Fermi!» May entrò nella stanza. Pochi passi dietro di lei, Bahm la seguiva trascinando due donne.
Kait planò su un tavolo e si accovacciò; i morti si bloccarono. Faud aveva già visto la moglie usare il suo potere sugli infetti, ma non credeva potesse controllarne tanti.
Il Califfo si fece largo tra le guardie. «Mio figlio ha bisogno del tuo aiuto.» Si inginocchiò in direzione di Faud e si mise a singhiozzare. «Per favore, è il mio unico figlio.»
May si voltò e fece cenno a Bahm di liberare le due donne che stava trascinando. «Le vostre spose hanno qualcosa da dirvi.»
La più vecchia delle donne si alzò, impettita. «Non dirò nulla a un'untrice.»
May sorrise. «Faud salverà il ragazzo, ma solo dopo che tu avrai confessato le tue colpe.»
La donna scosse il capo. «Sei una pazza, io non ho fatto nulla.»
«Quindi vuoi farmi credere che due Mondi possono dar vita a un Corrotto? Digli che fine hanno fatto i suoi tre figli, perché erano corrotti…»
«Jala era malata!»
Stizzita, May emise un lungo fischio. Kait si alzò di scatto e balzò verso la donna.
«Racconta tutto al Califfo, altrimenti capirai cosa si prova a diventare un morto che cammina!»
La donna si inginocchiò e iniziò a piangere. «Lei non era degna di darvi un erede. Io e Naila siamo meglio di lei…»
Il Califfo strabuzzò gli occhi e avanzò piano. «Voi…» disse, boccheggiando. «Perché?»
«Perché eravamo le migliori. Dovevi scegliere no…»
Il Califfo le trafisse la gola con un pugnale e si diresse verso l'altra sorella. La raggiunse e, incurante delle preghiere della donna, sollevò l'arma.
«No!» Una voce femminile irruppe nella stanza.
Faud guardò alle spalle della moglie, più che una battaglia sembrava una riunione famigliare. Perizade sorreggeva una donna dall'età indefinita.
«Jala…» sussurrò il Califfo.
La donna avanzò aggrappata alla figlia. «Non merita di morire!» Nonostante l'aspetto provato, la voce era ferma. «La vivisettrice avrà una soluzione più adatta!»
May estrasse un coltello, si incise il polso, afferrò Naila per i capelli e le strattonò la testa all'indietro. La donna spalancò la bocca per urlare e delle gocce di Atramento le gorgogliarono in gola.
«Jala… perdonami.» Il Califfo aveva gli occhi arrossati dal pianto.
«L'ho già fatto e per questo tu non morirai e Faud salverà tuo figlio. Poi io me ne andrò con queste persone e tu non ci cercherai più!»
Faud si sentì mancare. Non gli interessava più la battaglia, il sangue, i morti, i mondi e tutte quelle cose; casa sua sarebbe diventato il rifugio per quella donna e l'unica stanza disponibile era lo studio.
Strabuzzò gli occhi e sollevò le braccia. «Rimarrò io come risarcimento. Qualcuno dovrà sistemare questo casino.»
«No papà, tu tornerai a casa con noi.»
Le parole di Perizade risuonarono come la condanna ad avere una famiglia sempre più numerosa. Per un attimo, Faud invidiò il Califfo che sarebbe rimasto lì con un solo figlio e tanto, tanto spazio per sé.



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ceranu
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Re: Sei personaggi in cerca di vendetta

Messaggio#2 » mercoledì 10 maggio 2017, 10:56

Parto io.
Il titolo che ho storpiato è "Sei personaggi in cerca d'autore", di Pirandello.

Gli altri bonus a cui aspiro:

1) Forse un po' debole e poco macabra, però aspiro all'ambientazione di Le mille e una notte.
2) La trama riprende quella di "La favola delle tre sorelle".

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Re: Sei personaggi in cerca di vendetta

Messaggio#3 » domenica 14 maggio 2017, 16:59

Ciao Francesco, la storia mi sembra buona, la voce narrante convincente e attinente al tema, soprattutto per il ritmo che in parte richiama le favole delle mille e una notte. La cosa che mi convince di meno è la presa di Bagdad da parte della “strana famiglia”. Tutto troppo liscio senza difficoltà., non c’è niente che si frapponga e che renda quella parte del racconto divertente. La cosa che invece ho apprezzato di più è il piglio ironico tipicamente tuo.

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ilVeltro
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Re: Sei personaggi in cerca di vendetta

Messaggio#4 » lunedì 15 maggio 2017, 18:16

Ciao Ceranubad,
il tuo è l'ultimo racconto su cui ho messo meningi e ha confermato l'altissimo tenore qualitativo di questo contest e del sito in genere.
I pregi sono numerosi: l'attinenza alla tematica sorteggiata delle Mille, lo stile ironico e di rapida intuizione, la trama coerente, l'ambientazione Ultima Forsan che mi pare solo noi due abbiamo incluso nelle nostre storie.
Forse ci sono un po' troppo nomi e personaggi a far perdere il bandolo, ma il titolo ottimamente storpiato già lo mette in conto.
Sperando di ricommentarti prossimamente,
buona Guiscardata!
Non è morto ciò che può vivere in eterno e in strani eoni anche la morte può morire.

Quando sento la parola "cultura" alzo il cane della mia Browning.

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Francesco Capozzi
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Re: Sei personaggi in cerca di vendetta

Messaggio#5 » martedì 16 maggio 2017, 0:11

Ciao Francesco

per prima cosa grazie della spinta, senza di te non l'avrei fatto... quindi è tutta colpa tua.

Personalmente amo questo tipo di soggetto per un racconto, ovvero il "migliore" in qualcosa che si ritira, per poi tornare e fare il culo a tutti.
Hai preso uno dei miei soggetti preferiti e gli hai creato intorno un racconto molto bello, sai già che quello tornerà indietro e "spaccherà tutto", ma invece che annoiarti perché hai azzeccato il finale, sei esaltato perché finalmente sta accadendo.
Quindi una famiglia formata da stereotipi, ma che visto il contesto e la durata del racconto, non infastidisce.

diego.ducoli
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Re: Sei personaggi in cerca di vendetta

Messaggio#6 » martedì 16 maggio 2017, 23:38

Ciao Francesco
Il tuo racconto è quello che mi è piaciuto di più, complice il fatto che amo le storie tamarre.
I tuoi protagonisti che da soli assaltano una città sembra un action movie americano.
Lo stile è buono e il racconto si legge bene, l'unico appunto che mi sento di farti è che due “figli” sono appena abbozzati, sicuramente complice il numero di battute, dargli un po' di spessore non guasterebbe.
Una buona prova.

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