Una vita non basta

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Il giorno prestabilito, il BOSS darà un tema e dei bonus. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum. A quel punto partirà la fase dei commenti e delle classifiche.
valter_carignano
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Una vita non basta

Messaggio#1 » domenica 16 luglio 2017, 23:23

Ti svegli con il solito buon sapore in bocca, tipo come se un ratto di dieci chili ci avesse cagato dentro.
– Merda – rantoli. Ma mica per il sapore, a quello ci sei abituato, assuefatto, quasi affezionato. Anzi, affezionato senza il quasi.
Perché se la tua bocca adesso non fosse una fogna, non saresti nemmeno sicuro che ieri sera hai bevuto e vomitato. Invece, così… ognuno vive delle sue piccole abitudini, no? Ce le teniamo strette, le curiamo, le facciamo diventare l’ossatura della nostra vita; e in cambio loro ci danno sicurezza, stabiliscono un’identità, ci differenziano dagli altri.
Tu sei l’alcolizzato che si sversa a Tavernello e dorme sul binario morto della stazione Lingotto. Figo, no?
– Merda – dicevamo. E quello che ti fa incazzare, appunto, è che ti svegli sempre. Non ti ricordi se ieri hai bevuto o come sei finito su questa panchina, ma i sogni sì, quelli te le ricordi eccome. Stai meglio, nei sogni, e allora da sveglio rompi i coglioni alla gente, rimedi qualche euro e poi via al discount a comprarti il vino per poter sognare di nuovo.
Prima o poi smetterai di svegliarti, no?


Ti alzi tardi e indolenzito. Cristina è già sotto, la senti in cucina.
Vai in bagno, ti guardi per bene allo specchio, metti una maglietta e scendi.
Cristina è davanti al portatile, prende appunti su di un quaderno. Una leggera musica pseudoindiana arriva da YouTube.
Lei ti sorride da sotto gli occhiali per leggere. – Ehi, dormiglione! Caffè?
– Grazie. Ma faccio io, stai tranquilla.
– Ma va. Per un giorno che puoi dormire, riposati.
Ti siedi. Apri l’app dell’ANSA sul telefono, niente di rilevante. Cristina mette sul tavolo tazzina e zucchero, nel farlo si appoggia un poco alle tue spalle. Trasali per il dolore. Lei ti guarda, preoccupata.
– Eh, ieri dopo la riunione siamo andati in pizzeria. Avevo l’aria condizionata proprio dietro… lo sapevo che finiva così – dici.
– Non potevi spostarti?
– Il capo sta a capotavola. Lo dice la parola stessa – scherzi.
– Le metto un po’ di artiglio del diavolo, signor supercapo?
– No, non è niente. Poi magari faccio un salto in piscina e mi sgranchisco. – Guardi il quaderno vicino al portatile. – Cosa studi?
Cristina toglie la caffettiera dal fuoco e versa il caffè. – Ma lo sai che è proprio interessante? È quel workshop che faccio il sabato pomeriggio, oggi è l’ultimo incontro e ripassavo. C’è una specie di esame.
Un sorso di caffè, tiri fuori la lingua e strabuzzi gli occhi. Lei ride. Metti lo zucchero. – Gli incontri di meditazione? – chiedi.
– No, molto meglio. Cioè, è cominciato così, ma poi il Maestro ha detto che eravamo un gruppo molto ricettivo, che sentiva una bella atmosfera. In pratica, ci ha chiesto se c’interessava fare i primi passi del livello successivo. Noi abbiamo detto di sì, credevamo fosse una specie di meditazione più profonda, sai, cose così. E invece comincia a parlare di realtà, di percezione, del destino…
Ecco. Lo sapevi, che finiva così. Smetti di ascoltare.
Non sei mai riuscito a capire come una donna intelligente come lei possa credere a queste cretinate. Naturopatia, medicina tradizionale dei negri di chissà dove… e poi l’ultima stronzata dell’anno scorso, cos’era? Ah, sì: le costellazioni familiari. Pensa te. Non lo capiva che era roba per falliti e zitelle annoiate sfondate di soldi? Che c’entrava tua moglie, con questa feccia?

Il fatto è che ci sono troppi buchi. Anche per questo ti fa incazzare svegliarti.
Si potrebbe argomentare che il tuo stato mentale è sovente un poco alterato, episodico, e segua percorsi dai confini informali. In altre parole, il fatto è che quando non sei in coma etilico buttato in mezzo alla strada, non pensi ad altro che a riempirti di vino il prima possibile.
Ma i buchi ci sono, nei sogni, non hai dubbi, nemmeno nello stato in cui ti sei ridotto. Non cominciano mai da dove sono finiti, saltano, e a volte non sai perché sei in certi posti, anche se nel sogno lo sai perché fai e dici le cose giuste. E allora pensi che, se riuscissi a dormire di più, ci sarebbero meno buchi.
Per esempio, adesso non lo sai mica perché nel sogno hai male fra spalle e schiena, la riunione invece l’hai sognata ma poi il merci da Piacenza delle 4.39 ti ha svegliato e c’era già il sole quando ti sei riaddormentato per bene.
Però, che bella sensazione, quella riunione! Tutti che ti ascoltavano, che avevano paura di essere licenziati… nel sogno sei ricco, temuto. Alcuni ti odiano, persino. Che figata!


– E se ci pensi, dev’essere così per forza. Tu ne sei l’esempio.
Non sai per quanto Cristina abbia continuato a parlare. Abbozzi.
– In che senso?
– Ma come? Quanti altri ce l’hanno fatta, partendo come te? Figlio di operai, pochi soldi, nato nel ghetto di Mirafiori Sud, addirittura via Millelire, quella del film. Te l'eri comprata, la cassetta, ti ricordi? Eppure adesso sei chi sei. Come avresti potuto, se non creando la tua realtà col pensiero?
Ah, quindi è di questo che lei stava parlando. Una delle solite teorie per debosciati per cui se tu pensi a una cosa abbastanza a lungo alla fine si realizzerà. Tutte balle. Quante volte quel bambino grassoccio aveva sperato che suo padre non arrivasse ubriaco, non si mettesse a urlare e a picchiare sua madre? Quante volte aveva sperato di poter fare qualcosa? E c’era pure chi si chiedeva perché non avevi pianto al funerale, quello di tua madre, che tuo padre aveva ammazzato di botte prima di buttarsi dal balcone. E certo, perché tutti sapevano ma facevano finta di niente, codardi e senza onore.
Per quanto ti sei punito? Per quanto quasi ogni giorno hai voluto morire, schiacciato da una colpa che sapevi di non avere e che proprio per questo era così immensamente pesante?
Ma basta. È tutto passato. Altro che pensare, bisogna sudare e ammazzarsi di lavoro, sì, come hai fatto tu per quarant’anni. E anche leccare i culi giusti al momento giusto, essere furbi, farsi certe amicizie. Ma alla fine la fortuna è girata e adesso di chi è la più grande agenzia immobiliare privata di Torino? I tecnocasa fanno la fila da te per essere assunti in prova, senza stipendio e solo con le provvigioni, pur di poter mettere nel curriculum il tuo nome. E ti lecchinano, anche: dottor Barbera di qua, dottor Barbera di là. Ma che dottore, non sei un ignorante ma la laurea l’hai presa all’università della strada, mica a scuola, e ne sei fiero. Dio, come ti fanno schifo quegli sfigati senza spina dorsale, tutti uguali, con il completo blu appiccicato addosso, la puzza di canna nei capelli, i tatuaggi fatti da qualche arabo… bell’affare hanno fatto, a togliere il servizio militare obbligatorio. Ecco i risultati.
Quasi sbotti. Ti trattieni. A cosa servirebbe, litigare con Cristina? È stata una brava madre, il suo perché ce l’ha avuto, e se ora non ci sta più tanto con la testa e non si accorge di certe cose è pure meglio, no?
– Mah, mi sembra un po’ poco, come prova – provi comunque a dire. – Come hai detto tu, tutti quanti cercano di farsi strada. Qualcuno ci riesce, altri no. È la vita.
– Sì, però… senti, ma tu la sognavi, la vita di adesso?
– Vabbè, tutti sognano di diventare ricchi.
– Ma no, non dico una cosa generica, dico proprio questa qui di adesso, l’agenzia, l’attico alla Crocetta e tutto quanto. E proprio sogni di quando dormivi, dico, non a occhi aperti e da sveglio.
Non sai che dire. Non capisci bene, e comunque parlare di sogni ti dà fastidio, stanotte hai avuto di nuovo i soliti incubi indistinti, in cui tutti ti guardano e tu senti che ti disprezzano, che fai loro schifo, e sei da qualche parte che da sveglio ti sembra di conoscere ma non riesci mai a identificare. Hai sempre sete, nel sogno.
Quando prendevi quelle pastiglie era meglio, ma poi hai letto bene la scatola. Cazzo, erano psicofarmaci! Non sei mica un drogato o un demente, che devi prendere gli psicofarmaci. Via, tutto nel cesso, subito, senza pensarci più. Solo che adesso fai 'sti sogni quasi ogni notte, sempre uguali, porcaputtana.

Ammucchi la tua roba in un angolo, tanto che piova non c’è pericolo. Vai fino al bar della stazione, guardi dentro, fai ancora qualche passo sotto il sole. Ti siedi sul marciapiedi e ti stringi nel cappotto lurido. Dopo cinque minuti, la ragazza ti porta il caffè nel bicchierino di plastica e due panini in un sacchetto. – Sono di ieri, ma sono ancora buoni – dice.
Ringrazi, o almeno questo è il senso che vorresti dare al verso inarticolato che ti esce dalla bocca. La ragazza stringe le labbra e torna nel bar.
Ti sei abituato ad accettare in modo bovino la carità di alcuni e l’indifferenza di quasi tutti gli altri, non te ne frega più niente di capire il perché. Sei andato troppo oltre, ormai. Ti rimangono vaghissimi ricordi di quando avevi una casa e un lavoro, ma sono immagini di un’altra vita, altra persona, altro tutto. Marco Barbera non esiste più, qui c’è solo un alcolizzato puzzolente che ora si trascina verso l’Esselunga di corso Traiano, con l’istinto dell’animale spinto dalla fame.
Dalla sete, nel tuo caso. Perché i panini non li hai nemmeno toccati. Anche per il cibo solido sei quasi troppo oltre.
Ti metti vicino all’uscita, l’hai imparato tanti anni fa da un altro barbone. La gente, quando esce con la spesa e ti vede, si sente in colpa per aver comprato tutta quella roba mentre tu stai lì per terra senza niente, e sgancia più facilmente qualcosa. Non che tu ora possa riuscire a formulare un pensiero così articolato ma - come già detto - ormai vai avanti per puro istinto.
E per il desiderio di tornare a sognare.


– Non ho capito – dici.
Gli occhi di Cristina s’illuminano. – Non è facile, ma quando ci si arriva è una bomba. Io non lo so spiegare bene, però ci sono due scienziati… aspetta. – Mette gli occhiali e consulta gli appunti sul quaderno. – Ecco: Montague e Krippner, che in pratica hanno fatto degli esperimenti e hanno visto che durante i sogni noi possiamo raggiungere una dimensione diversa, dove il futuro è già presente. O meglio, come ci ha detto il Maestro, dove non c’è distinzione fra passato, presente e futuro. E noi, con la forza del nostro pensiero e attraverso il mondo del sogno, possiamo cambiare la realtà. E questo le filosofie orientali e gli sciamani l’hanno sempre sostenuto, lo sanno tutti.
E già. Ci mancavano, gli sciamani. Ti sembra la versione da fattoni di quel film in cui schivavano le pallottole, come si chiamava? Ah: Matrix. Ma quello era un film, e ti chiedi dove mai vorrà andare a parare, il ‘Maestro’, con questo minestrone per imbecilli.
– Ma non è tutto. Un francese, Aspect, ha dimostrato che… un momento che leggo… ‘due elementi emessi dalla stessa sorgente rimangono collegati istantaneamente, senza tenere conto delle distanze fisiche e del tempo’. Come se io sapessi sempre esattamente dove sei e cosa fai tu, non perché me l’hai detto, ma come se fossi sia qui a casa che con te, nello stesso momento.
– E allora?
– E allora, se riusciamo a controllare i sogni, faremo prendere alla realtà la strada che vogliamo noi.
Tutto quanto è così assurdo che in qualche modo ti diverte. – Ma scusa, se io nel sogno penso che al derby di domani vince la Juve e tu il Toro, chi vince? Chi pensa più forte? – E arricci le labbra, aggrotti le sopracciglia, fai la faccia di scimmia. Lei ride.
– Ma no. Se abbiamo la stessa forza, e se molte persone pensano la stessa cosa, perché conta anche quello, no? allora... cioè, facciamo finta che alla fine siamo pari, allora ci saranno due strade diverse: in una vince il Toro, nell’altra la Juve, e queste strade andranno ognuna per conto proprio ma saranno sempre collegate perché sono nate insieme, come gemelli, solo che... - Si ferma, pensa.
– Non lo so, questa cosa non l’ho ancora capita tanto bene, è una roba tipo Sliding Doors, te lo ricordi? O come quell’altro con Di Caprio, Inception. Uno fa una cosa, e allora la vita cambia, ed è come se ci fossero diverse vite, però nel sogno ci sono tutte e due perché sono tutte venute fuori da una stessa vita – Si morde il labbro inferiore, lo sguardo fisso. – Ecco, adesso mi ricordo. Il Maestro ha parlato di diverse dimensioni. Come Inception, proprio. Solo che ci sono anche delle… lui le ha chiamate sacche di realtà, per cui certe volte la volontà o i pensieri sono così forti che le strade s’intersecano e si toccano, tutte insieme. Ma sono cose che non possono durare, ci ha detto, l’universo ha bisogno di equilibrio, e comunque questo ce lo spiegherà nel secondo livello.
Ti versi un altro po’ di caffè. Tu Sliding Doors l’avevi guardato fino in fondo solo perché la Paltrow è figa, invece con l’altro ti eri addormentato dopo un quarto d’ora senza capire niente. Preferisci film d’azione, magari con inseguimenti di macchine e qualche tetta di fuori.
– Il fatto è che alcuni hanno una forza interiore innata, e agiscono senza rendersene conto – continua Cristina. – Altri invece devono impararlo.
Ecco il trucco, pensi. E via altri soldi. Massì, tanto il limite sulla sua carta è di cinquemila a settimana, faccia un po’ quello che vuole. Stai per fare un’altra battuta, ma il cellulare squilla. È Daniele.
– Pronti. Tutto bene? – rispondi, gioviale. Ti alzi, sillabi in silenzio ‘lavoro’ a Cristina. Lei ti sorride e torna a studiare. Tu vai di sopra.
– Come va? Ti sei ripreso? – ti chiede Daniele.
– Ma sì, che vuoi che sia. Uno come noi sta mica fuori gioco per una bastonata di una tossica, no? Però mi ha fatto molto incazzare.
– Eh, lo so. Meno male che avevamo le calze, hai visto mai che ci riconoscevano?
– Ma dai, impossibile, quelli sono come scarafaggi. Non sono manco andati alla Polizia, ho guardato l’ANSA, pensa che bordello avrebbero fatto i giornali comunisti se ci fosse stata una notizia simile. Comunque, la bastonata e le grida di quella puttana ci hanno mandato a monte tutto, porcamerda.
– Per questo ti chiamo. Cosa dici se stassera si va in giro?
Non esiti. – Dove?
– Qui. Sarebbe la prima volta a Torino, visto l’esito di ieri. Una cosa tranquilla, ma bisogna fare verso le due.
– Giovanni?
– È d’accordo. Pure a lui non è andata giù, la storia di ieri sera. Ci vediamo all’una in piazza Nizza, va bene? Il sabato sera c’è sempre gente, non diamo nell’occhio.
– A dopo.
Sei contento, eccitato. Trovare una scusa con Cristina non sarà un problema, e poi per la serata avete in programma cena al Cambio e dopo qualche locale lì intorno, con sua sorella e il marito. Non sarai nemmeno lontano.
Tutto va per il meglio.

Se per te il tempo avesse ancora qualche significato, oggi sarebbe una bella giornata. Sarà il prefestivo, sarà che molti partono o partiranno per le ferie e tu fai ancora più pena o schifo, comunque alle tre avresti già fatto su il necessario per riempirti fino a domani. Solo che non lo sai, perché sei caduto quasi subito in stato di semincoscienza, e ti riprendi solo ora che il supermercato sta chiudendo.
– Merda – pensi. Perché quando stai così, non sogni. O almeno, non te ne ricordi.
Raccogli le monete nel piattino, c’è anche un pezzo di carta che solo dopo un po’ riconosci essere un cinque euro. Metti tutto nelle tasche del cappotto e vai dall’indiano di piazza Bengasi a rifornirti.
Poi scendi giù e t’infili nel solito buco della rete, verso la stazione Lingotto, sotto il cavalcavia.
E cominci a inseguire il tuo sogno.


Vai ad aspettarla fuori dal Centro Yoga.
– Com’è andata? – chiedi, mentre sale in macchina. Lei è raggiante.
– Benissimo. Il Maestro ha detto che sono pronta per il secondo livello. Possiamo cominciare già questa settimana, sarebbe martedì e venerdì sera fino alle otto e mezza. Ti va bene?
– Ma certo, perché no? Tanto prima delle otto non arrivo mai nemmeno io. Vorrà dire che farò degli esperimenti da cuoco, mentre ti aspetto. E poi buttiamo via tutto e ordiniamo pizza o sushi.
Ridete e parlate del più e del meno: vostro figlio a Parigi che non si fa mai sentire se non chiamate voi, il caldo, le zanzare. Intanto siete arrivati nel parcheggio sotto piazza San Carlo. Salite e andate al Cambio.

Prima di sprofondare nel tuo sonno malato, quello che resta del tuo cervello qualche volta ti fa degli scherzi.
Come farti vedere un ragazzino che mette il volume della televisione al massimo e così la musica di Carosello si mescola alle urla del padre e al pianto della madre e Carmencita quasi non riesce a dichiarare il suo amore per Paulista e ci sono anche Calimero e Jo Condor e Gringo ma alla fine tutti cantano Gigante Salvaci Tu e Carosello finisce e di là c’è silenzio e la mamma viene e ti abbraccia e ti dice non è niente e tu vuoi così tanto crederci che quasi ci riesci. Quasi.
Poi ricominci a sognare.


Come previsto, nessun problema ad andartene. Parcheggi il BMW davanti alla fontanella, Giovanni è già lì ad aspettarti, dopo un attimo arriva Daniele. Salite tutti sulla tua macchina. Tu e Giovanni siete impazienti, ma stassera è Daniele che conduce il gioco.
– Stamattina dovevo andare da mia madre all’ospizio di Carmagnola, solo che avevo dimenticato che la macchina era dal meccanico. Non mi andava di saltare, ormai ogni volta può essere l’ultima, e allora decido di prendere il treno. Poco dopo Lingotto, vedo un barbone buttato all’ingresso della galleria. Mi scatta qualcosa in testa, un’intuizione. Mi giro verso la signora che fa la maglia davanti a me e dico ‘Poveraccio, che pena’. – Ridacchia. Voi sapete già come andrà avanti e assaporate la conclusione.
– Lei allora comincia a parlare. Viaggia spesso con quel treno e il barbone è sempre lì, certo le autorità dovrebbero fare qualcosa, un po’ di carità cristiana, dovrebbero essere aiutati e bla bla bla. Che ne dite?
– C’è bisogno di chiederlo? – rispondi.
Venti minuti dopo parcheggi in una strada laterale. Conosci bene la zona, non ci vai da anni ed è troppo periferica per interessarti dal punto di vista degli immobili: tu tratti solo il centro, la Crocetta e la collina. Ma lì ci sei vissuto, lì hai fatto le medie e un pezzo di liceo, da lì sei scappato per costruirti una vita e dimenticare.
Daniele ha fatto le cose per bene, sa che in quella notte di fine luglio lì non c’è nessuno e vi fa scendere attraverso un orto urbano giù sui binari. Mettete le calze in faccia, anche considerando ritardi e casini dei treni dovreste avere almeno venti minuti. Più che sufficienti.
Il barbone lo trovate subito. Gli date dei calci, lui non reagisce, rimane un ammasso informe avvolto in stracci e cappotto. Daniele lo tocca: è vivo. Meno male, ci mancava solo un’altra serata persa.

Non lo capisci bene, il sogno, questa volta. Invece di essere nei soliti posti da ricco sembra quasi che nel sogno tu sia qui vicino. Ma perché?

Daniele e Giovanni aprono le fiaschette di benzina e gliele spargono addosso. Nessuna reazione.
Così non c’è quasi gusto, pensi. Ma poi ti dici che è meglio così, una cosa tranquilla e pulita, e magari l’anno prossimo potreste rimanere nei dintorni. L’importante è che non si sospetti mai che tutto è opera delle stesse persone, e figuriamoci se i Carabinieri di Catania, Firenze, Verona e via di seguito metteranno mai in correlazione fatti distanti anni e centinaia di chilometri. Una volta all’anno, che vuoi che sia?
Accendi il cerino e lo lasci cadere.

Cos’è questo caldo? È da tanto tempo che non senti più caldo.
Apri gli occhi. L’uomo del sogno è lì, in piedi vicino a te.


Si sta muovendo. Bene, così vedrà chi lo ha ammazzato. Fai un passo avanti, per vederlo in volto.
Cazzo!

Ma
questo
sono
io.

La Stampa, 28 luglio
Un senzatetto noto nel quartiere Lingotto, Marco Barbera, è stato assassinato ieri notte. Il suo cadavere carbonizzato è stato trovato nei pressi dei binari ferroviari, sotto il cavalcavia di via Onorato non ci siano indizi.

Il Sole 24 Ore, 28 luglio
Cordoglio nel mondo dell’imprenditoria torinese per la morte di Marco Barbera, di cinquantotto anni, noto titolare di una grande e florida impresa immobiliare. L’uomo è stato rinvenuto nella sua auto in via Sette Comuni, a Torino. Il decesso sembra avvenuto per cause naturali. Lascia la moglie Cristina e il figlio Andrea. I funerali si terranno in forma privata mercoledì.
Ultima modifica di valter_carignano il mercoledì 26 luglio 2017, 19:19, modificato 6 volte in totale.



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angelo.frascella
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Re: Una vita non basta

Messaggio#2 » mercoledì 19 luglio 2017, 0:08

Ciao, Valter.

Ti dico subito che il racconto mi è piaciuto e, sebbene pensavo di aver capito tutto, il finale con il Marco stronzo che uccide il Marco barbone mi ha sorpreso (eppure avrei potuto arrivarci): ben preparato e bello, dunque, anche il finale.
Volendo cercare qualche punto di debolezza, forse è un po' stereotipata l'equazione: bambino maltrattato dal padre = adulto serial killer (perché, diciamocelo, questi che uccidono degli sconosciuti solo perché barboni, non sono tanto diversi da serial killer).
Non che sia sbagliata e, di sicuro, quelle del bambino maltrattato è una tematica importante, solo che è troppo spesso usata.
Per il resto, posso solo farti i complimenti per la bella interpretazione del tema.

A rileggerci,
Angelo

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kaipirissima
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Re: Una vita non basta

Messaggio#3 » mercoledì 19 luglio 2017, 13:24

Ciao,
Racconto scorrevole anche se un po' lento dev'essere una conseguenza due piani paralleli che sembrano in attesa di trovare il momento in cui si uniscono. Mi chiedo perché il barbone non nomini la tossica morta (a meno che non mi sia sfuggita) per creare l'anomalia che lega i due Barbera.
La vicenda ha un suo perché, l'unico difetto, forse, è il ritmo che mi pare un po' lento. Forse a causa dello stile memorialistico del barbone. Forse se il barbone fosse messo un po' in azione con qualche dialogo con altri diventerebbe più veloce. Anche il discorso della moglie è un po' lunghetto, anche se fondamentale.

Ciao.

valter_carignano
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Re: Una vita non basta

Messaggio#4 » mercoledì 19 luglio 2017, 15:50

Ciao Angelo
grazie davvero per l'apprezzamento. Sono lusingato.
Sul fatto del bambino ecc. in effetti può essere; cercavo una causa scatenante che potesse aver portato uno sulle orme del padre (alcolizzato) e l'altro invece all'opposto a vivere in un universo di 'ordine e violenza'. Casomai andassi avanti nel contest quando ci sarà l'occasione vedo se riesco a migliorare questo singolo aspetto.

Ciao Kaipirissima
piacere di conoscerti e grazie del commento.
Sulla lentezza, può essere, ci penso e in tutti i casi grazie del feedback.
Tu dici poi 'i due universi sembrano in attesa di trovare il momento in cui si uniscono': è proprio quello che volevo fare, creare questa attesa, sono contento che l'intenzione sia 'arrivata'.
Invece, non ci sono tossiche morte. L'unica morta citata è la madre dei 'due' Barbera, ammazzata di botte dal padre. Che però non era tossica.
Se ti riferisci a quella che ha dato la bastonata al Barbera ricco, non solo non è morta ma - appunto, come dicono al telefono - ha mandato a monte il loro appuntamento annuale con gli allegri falò ai barboni e facendo casino li ha fatti abbandonare. Da cui la 'rivincita' con un altro barbone, il Barbera alcolizzato, il giorno dopo. Mi spiace se la cosa non ti è risultata chiara.
Grazie ancora e alla prossima.

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kaipirissima
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Re: Una vita non basta

Messaggio#5 » mercoledì 19 luglio 2017, 17:19

– Come va? Ti sei ripreso? – ti chiede Daniele.
– Ma sì, che vuoi che sia. Uno come noi sta mica fuori gioco per una bastonata di una tossica, no? Però mi ha fatto molto incazzare.
– Eh, lo so. Meno male che avevamo le calze, hai visto mai che quelli ci riconoscevano?
– Ma dai, impossibile, quelli sono come scarafaggi. Non sono manco andati alla Polizia, ho guardato l’ANSA, pensa che bordello avrebbero fatto i giornali comunisti se ci fosse stata una notizia simile. Comunque, la bastonata e le grida di quella puttana ci hanno mandato a monte tutto, porcamerda."


Sì, Intendevo questa tossica. Sorry non è morta (hai ragione) Intendevo che sarebbe carino trovarla in tutte e due le storie.
Ma è solo un'idea.

Ciao.

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maria rosaria
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Re: Una vita non basta

Messaggio#6 » venerdì 21 luglio 2017, 22:41

Ciao Valter.
C’è in questo racconto una sorta di sdoppiamento tra bene e male, tra conscio e inconscio, tra realtà e sogno.
Ho apprezzato molto la dualità tra vita reale e sogni, praticamente intercambiali durante tutta la storia, dall'inizio alla fine. Non si riesce ad afferrare quale sia il sogno e quale non lo sia, se il senza tetto stia sognando di essere l'imprenditore o viceversa, ma questo è molto bello, anche se forse non così originale.
L'epilogo, infine, chiude il cerchio: morire nel sogno equivale a morire nella vita reale e viceversa.
Stilisticamente il racconto migliore, a mio avviso, tra quelli letti.
Non ho altro da aggiungere, se non che è veramente un bel racconto.
Maria Rosaria

valter_carignano
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Re: Una vita non basta

Messaggio#7 » sabato 22 luglio 2017, 11:07

Ciao Maria Rosaria e davvero mille grazie :-)
Sono contento che ti sia piaciuto, e la sospensione/dubbio fra cosa sia reale e cosa no (o se ci siano una o più realtà) era una delle cose che volevo far arrivare al lettore.
Grazie ancora e alla prossima.

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ceranu
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Re: Una vita non basta

Messaggio#8 » domenica 23 luglio 2017, 18:39

Ciao Valter, bel racconto.
Scritto bene, contorto ma ben comprensibile e accattivante.
Mi piace come hai gestito le due realtà, rendendole intercambiabili. Esistono entrambe è entrambi i personaggi sono credibili.
L'unica pecca, la definisco così ma è solo gusto personale, è il finale. Io avrei chiuso prima degli articoli di giornale, con la fine del loro universo.
Nel complesso è un'ottima lettura, bravo.

valter_carignano
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Re: Una vita non basta

Messaggio#9 » domenica 23 luglio 2017, 18:55

ciao Ceranu
grazie dell'apprezzamento.
Riguardo il finale, ci ho pensato molto. Alla fine ho aggiunto gli articoli per paura che non si capisse, forse ho ecceduto in prudenza.

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ceranu
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Re: Una vita non basta

Messaggio#10 » domenica 23 luglio 2017, 19:16

E hai fatto bene perché siamo sempre a rischio "non si capisce". Però in questo caso non credo sia equivoco.

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Francesco Capozzi
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Re: Una vita non basta

Messaggio#11 » lunedì 24 luglio 2017, 23:22

Ciao Valter! Complimenti, bel racconto!! Non c’è molto da dire, mi è piaciuto. “Malato” ma comunque comprensibile, sviscera bene le due realtà e la loro contrapposizione. Apprezzato molto il finale che toglie ogni dubbio.

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