High Hopes

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo luglio sveleremo il tema deciso da Giovanni Lucchese. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Giovanni Lucchese assegnerà la vittoria.
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Milena
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High Hopes

Messaggio#1 » venerdì 13 luglio 2018, 11:56

La casa dormiva, vuota, nel silenzio della notte.
Una volta, pensò lei mentre l’erba fresca le solleticava i piedi nudi, avrebbe potuto dire che sembrava guardarla. Non ora. Non dopo quella modifica, piccola ma significativa, che l'aveva rovinata per sempre.
Quella che per una parte della sua lunga vita aveva considerato casa sua, il suo regno, il luogo in cui sfogare le proprie voglie, dove poter lasciare che il suo talento galoppasse senza freni, era ora irrimediabilmente cambiata.
Già in quel periodo, a essere onesti, la crisi mordeva da molti anni. Erano finiti da molto i tempi in cui ogni sua mossa veniva riconosciuta e tenuta in considerazione, temuta e rispettata. Venerata persino, da alcuni. Già. In quei bei vecchi tempi tutto era molto più facile. Ma anche quelle quattro mura, ora bianche come il lenzuolo di un neonato, che parevano irriderla avvolte in quel candore, le avevano dato le loro brave soddisfazioni. Anzi, l'avevano resa famosa in tutto il mondo. Almeno per un po'; almeno finché l'incanto non si era spezzato.
«Di nuovo qui, eh?»
Lei si voltò irritata, e si scansò dal nuovo arrivato, come in un vano tentativo di nascondere la propria presenza.
«Perché? Mi è forse proibito?»
«No, certo che no. Ma non so se sia il modo migliore di dimenticare il tuo fallimento con…»
«Taci!» urlò lei.
«Scusa, ma pensavo che...»
«Tu non devi pensare» ribatté lei, furiosa. «E comunque non capisci».
«Certo che capisco. La chiamano nostalgia».
«Non dire assurdità» ringhiò lei, «è solo che questo luogo mi aiuta a riprendere contatto con me stessa. Forse a te non serve, visto che sei così bravo… o fortunato».
«Fortunato?» disse lui con una punta di stizza che però scomparve ben presto. «Sì, forse».
«Già, forse. Non far finta che quella tizia, Janine, non fosse il soggetto perfetto. Era influenzabile. Molto, troppo influenzabile».
«Solo perché credeva di aver avuto un’esperienza paranormale da bambina alla morte del padre? No. Non era poi così semplice da indirizzare. Anzi, mi rimangio tutto, non è stato per niente facile. Ho dovuto convincerla, ha opposto molta resistenza, almeno all’inizio. Mi è toccato ricorrere a tanti vecchi trucchi, anche perché in un primo momento non sono riuscito a prendere contatto con lei. Dopo qualche episodio di poltergeist e un paio di incidenti con gli specchi di casa e con il fornello della cucina, finalmente ha aperto le orecchie e ha iniziato ad ascoltare la mia voce. Ripeto, un lavoro complesso, altro che fortuna».
«Difficile crederlo, visto com’è andata a finire. Non a tutti è riuscito di convincere una sposina novella a sgozzare il marito e dodici invitati durante il banchetto di nozze. Tredici anime in un colpo solo».
«Sì, è vero. Però...»
«Cosa?»
«Accidenti a te, mi hai contagiato con il tuo umor nero» sbuffò lui, artigliando l'aria in segno di stizza.
Lei sogghignò e riprese a guardare la casa.
«Il fatto è» continuò lui, «che non è più come una volta. D’accordo, sono riuscito nel mio intento e in modo anche abbastanza pirotecnico. Ma alla fine, solita storia. Il mio contributo non è stato riconosciuto nemmeno questa volta. Schizofrenia, problemi di personalità borderline, situazione famigliare disagiata… tirano fuori tutti quei paroloni e la verità resta sempre nascosta».
«Già. Sa l’inferno se non ci sono passata. E proprio in queste mura…» la voce si fece flebile per un istante per poi virare su un tono acido. «Guarda quelle finestre. Solo posare gli occhi su quegli orrori mi fa ribollire. Non ricordo se te l’avevo detto, ma...»
«...le avevi volute tu, quelle finestre. Sì, l'ho sentito almeno un migliaio di volte. Perché erano occhi, quelle finestre, i tuoi occhi...»
Lei grugnì di disappunto. «Comunque sia. Ora le hanno cambiate. Non sembra più nemmeno la stessa casa. Luridi idioti. E il colore? Tutto questo bianco, così angelico… Perché l’hanno fatto? L’hanno praticamente violentata. L’hanno sfigurata. Le hanno rubato l’anima...»
«Il che non è male, no?» ridacchiò lui.
«Non quando non sono io a farlo, pezzo di cretino». Sentì il fuoco della collera montarle dentro in un vortice maligno che doveva essere espulso. Guardò quelle due finestrelle quadrate che avevano preso il posto dei vecchi lucernari, di quegli occhi luciferini che lei aveva voluto e che quegli stupidi esseri umani avevano cancellato… e all’improvviso entrambi i vetri scoppiarono. Schegge cristalline si sparsero sulla terrazza sottostante. Un coccio più grande arrivò ai piedi delle due creature e si piantò nel terreno. Lui lo prese e se lo passò di fronte al viso, specchiandosi con fare vezzoso.
«E dimmi, a proposito… come sta Ronnie?»
«In cella, come sempre. Avrei dovuto fare in modo che girasse quell’arma anche su se stesso. Ma era così in gamba… speravo che magari avrei potuto usarlo ancora e non ho voluto sbarazzarmene. Così ubbidiente… Io gli parlavo e lui eseguiva. Non una domanda, non un lamento, mai un dubbio che fosse uno. Certo, io gli avevo detto di usare un coltello e lui ha scelto un fucile… ma non importa. Apprezzo un po’ di creatività, ogni tanto. Me ne ha consegnate sei in una sola notte. E ha sempre dato il merito a me, ha sempre detto che aveva eseguito i miei ordini. Poi, quegli avvocati… hanno detto che lo avrebbe fatto per i soldi, un semplice omicidio per interesse personale, niente di paranormale o di inspiegabile. Sì, certo. Perché è ovvio che si possa sparare con un fucile in piena notte, senza silenziatore, senza svegliare tutto il vicinato… se non ci fossi stata io, a formare un campo psichico per inibire il suono degli spari, sarebbe riuscito ad ammazzare solo il padre, prima di svegliare tutto il resto della famiglia. Ma agli scettici non basta, loro trovano sempre una spiegazione a tutto, vero?»
«Beh, George Lutz e la sua famiglia, quelli sì che ti hanno dato risalto mediatico».
«Certo. Peccato che poi sia finita al solito modo. Mistificazione un corno… Se solo qualcuno avesse dato ascolto a Lorraine… lei mi sentiva, lo ha detto che ero stata io…»
«Marvin, spero di non andare mai più vicino all’inferno di così» recitò lui con fare teatrale, strappandole un sorriso.
«Quanto sei stupido. Comunque mi manca gente come i Warren. Ormai scarseggiano sempre di più».
«Concordo. Ma, ehi, di gente che crede in noi ce n’è ancora. È solo molto più difficile convincerli. Sono sicuro che ci sono diverse persone ben consapevoli tutt’oggi che eri tu a tirare le fila di quello che capitava in questa casa».
«Ma la maggior parte no. Sono dei bugiardi, hanno detto. È tutta una bufala, una messinscena, hanno detto. Cretini. E tutto il mio lavoro, allora? Sì, forse avrei dovuto fare meno poltergeist e parlare di più con i Lutz, ma erano così cocciuti che non ho avuto molta scelta. In ogni caso, pensano sia stato facile? Tutto quello spostare oggetti per casa e portare mosche in pieno inverno? Tutti i miei sforzi per far levitare Kathleen e farle trovare quei segni sulla pelle al risveglio. Ho persino creato Jodie, per poter parlare con Missy. Credono sia cosa di tutti i giorni dar vita a un’entità dal nulla, pur se si tratta solo un maiale? Oh, Missy… piccola, ingenua bambina… non pensavo fosse così ricettiva, avrei dovuto concentrarmi su di lei… forse avrei avuto un paio di anime in più. Ma i bambini sono sempre troppo imprevedibili».
«Vero. Una volta per colpa di un bambino ho rischiato di brutto. Pensavo di averlo quasi convinto a uccidere i suoi genitori, invece mi ha preso in contropiede. È quasi riuscito a scoprire il mio nome, Satana sa come abbia fatto. Non oso pensare a cosa sarebbe successo se fosse riuscito a comunicarlo all’esorcista…»
«Visto? Anche i marmocchi ora sono razionali. Mi chiedo se qualcuno di loro creda ancora in Babbo Natale o se invece i genitori il giorno della vigilia li mandino direttamente in un negozio di giocattoli con la carta di credito in mano».
Silenzio. Lei si voltò e vide che lui la fissava con uno sguardo disgustato.
«Non mi guardare così. Hai capito benissimo cosa voglio dire…»
«Ah» disse lui, esagerando un sospiro di sollievo. «Pensavo avessi iniziato a parteggiare per il nemico».
«Cretino. Quello che intendo è che gli umani, persino i bambini, non credono più, non sognano più. Non ascoltano più l’istinto, o le voci che parlano nella loro testa. La ragione ha la meglio su tutto. Si devono sempre trovare spiegazioni razionali e scientifiche. I fantasmi? Non esistono. Le case infestate? Non esistono. I demoni? Non esistono – già, e io cosa dovrei pensare allora di me stessa? Che sono il parto di uno schizofrenico? Tutta colpa degli scienziati, di gruppi come il CSICOP, o la Skeptical Society… io vorrei solo avere qualche anima ogni tanto, e vorrei che la gente mi temesse… come nel Medioevo… Com’era bello, nel Medioevo… dico, è forse chiedere troppo?»
Lui gettò via il pezzo di vetro e alzò la testa con un mezzo sorriso che gli espose la tripla fila di denti appuntiti. Lei lo guardò, gli occhi che passavano dal rosso al giallo spinti dalla curiosità.
«Che c’è?» gli chiese. «Hai un’aria strana».
«Niente. Volevo solo invitarti in un posto» disse lui, e la guardò. Il suo grande occhio felino perdeva come sempre un liquido scuro che si ammassava ai suoi piedi e che scompariva in una nuvoletta di fumo, non prima di aver fatto rinsecchire tutta l’erba con cui veniva a contatto.
«Ti avviso che non sono dell’umore per uno dei tuoi scherzi».
«Niente scherzi, tranquilla. Solo, avrei trovato una casa da infestare. Se ti va di dividerci il bottino, ovvio».
«Io… non credo. No. Non mi va di sbattermi come una pazza a invadere la mente di persone che scambiano la mia voce nelle loro teste per due bicchieri di vino di troppo».
«Fidati. Qui sarà facile. È una famiglia di sei persone. Potremmo averne tre a testa. E… guarda cosa ho trovato nella loro libreria. E non è il solo...» così dicendo, lui mosse una mano e sul suo palmo raggrinzito apparve un volume piuttosto corposo; sulla copertina era raffigurato un disco coperto di acqua che debordava lungo il perimetro, un sole in alto a destra e, al di fuori del cerchio su cui navigava una nave in procinto di precipitare oltre il bordo, un grande drago simile a un basilisco. Il titolo era «101 motivi per cui il Governo vuole nasconderti che la Terra è piatta».
Lei sorrise. Le iridi virarono al nero più fitto.
«Hai cambiato idea, vero?» la stuzzicò lui.
Un brivido, che era un po’ eccitazione e un po’ speranza, si fece strada dentro di lei. Le ali si spiegarono con uno schiocco sulle sue spalle, mentre la temperatura del suo corpo si faceva via via più calda.
«Lo sapevo!» tuonò lui, facendo vibrare i vetri di tutte le case dell’isolato.
Forse, pensò lei fremente, anche in questo terzo millennio di razionalità smodata c’era speranza. Forse qualcuno sarebbe ancora stato ad ascoltare la loro voce e le avrebbe dato il giusto peso. E forse, chissà, scavando nei giusti campi, il seme della paura avrebbe di nuovo germogliato.
In uno sbuffo i due se ne andarono, lasciandosi dietro un odore come di vecchie catacombe.
Nella notte, il 108 (fu 112) di Ocean Avenue, Amityville, orbo dei suoi due occhi rifatti, riposava tranquillo nel lieve suono della risacca.



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White Duke
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Re: High Hopes

Messaggio#2 » mercoledì 8 agosto 2018, 17:43

Racconto molto interessante, ho apprezzato tantissimo il fatto di aver affrontato il tema della modernità e dello scetticismo da un punto di vista insolito, quello delle creature soprannaturali. Ottimo soprattutto il finale, che riesce a sorprendere e a catturare l’attenzione del lettore, impreziosito poi dalla citazione di Amityville, “la più famosa casa infestata d’America”, utilizzata anche come ispirazione per un ciclo di film horror.
Lo stile ricorda più una sceneggiatura teatrale che un racconto, personalmente non lo amo molto ma è una questione di gusti, non è necessariamente un difetto, anzi qualcuno può apprezzarlo proprio per questo, forse è proprio il tuo stile di scrittura.
Il principale difetto secondo me è che fino al finale la narrazione procede abbastanza “piatta”, nel senso che personalmente la mia attenzione stava un po’ scemando e non avevo quella sensazione del “Mio Dio devo sapere come prosegue”. Poi però l’ottimo colpo di scena finale riesce a salvare tutto.
Complessivamente una buona prova, congratulazioni.

I bonus ci sono entrambi.
Portate dei fiori sulla tomba di Algernon

Giuseppe Patti
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Re: High Hopes

Messaggio#3 » giovedì 9 agosto 2018, 12:35

Racconto interessante, che va migliorando. Stavo per mollarne la lettura a metà, poi mi sono ricordato che non potevo farlo per correttezza nel commentare, e il racconto è cambiato, ed è riuscito a prendermi, a catturare la mia attenzione. Bella l'idea della visione del mondo dal punto di vista dei due demoni, e di come se la stessero passando male, e buono lo stile, a me è piaciuto: hai ben mischiato il mostrare e il raccontare, complimenti.

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Milena
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Re: High Hopes

Messaggio#4 » mercoledì 29 agosto 2018, 15:26

Ciao a tutti, eccomi finalmente, in un ritardo mostruoso e quanto mai imbarazzante, a rispondere ai vostri commenti...

@White Duke
Ti ringrazio moltissimo. Sono contenta che tu abbia apprezzato il finale, un po' meno che il resto ti sia parso un po' piatto, dovrò lavorarci su per infilare un po' di suspance anche nel mezzo, se no tanto vale ;-) Sullo stile "teatrale", credo tu abbia ragione, nel senso che io amo i dialoghi e qui mi ci sono lanciata a capofitto, quindi forse l'effetto finale può essere stato un po' troppo da palcoscenico. Grazie mille e alla prossima!

@Giuseppe Patti
Grazie anche a te; noto che tu sottolinei lo stesso difetto notato da White Duke, vale a dire il piattume nella prima parte del racconto. Ribadisco, devo sistemarlo in qualche modo, altrimenti qualcun altro potrebbe davvero abbandonare la lettura a metà! :-( Grazie della dritta e del commento in generale, alla prossima!


@Fabio Gimignani
Che dire, Fabio... il tuo commento mi ha davvero sconvolta! Non mi stai prendendo in giro, vero? No, perché guarda che io ti prendo mooolto seriamente! :-P Battute a parte, non so dire quanto mi abbia onorata il tuo commento, davvero. Non resta molto da aggiungere, se non che a mio giudizio sei stato fin troppo buono, ma faccio finta di niente e per un po' cammino a qualche centimetro da terra! :-P Alla prossima!

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