Latona

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo dicembre sveleremo il tema deciso da Flavia Imperi. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
Dario17
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Latona

Messaggio#1 » giovedì 17 dicembre 2020, 10:06

Le gambe nude di Viviana formicolano, la porcellana fredda intirizzisce le cosce.
I battiti del cuore aumentano di pari passo alla morsa allo stomaco e il bagno le sembra più stretto del solito.
Il condizionatore d’aria, il lavandino, l’armadietto dei medicinali incassato nel muro; tutti ansiosi quanto lei di sapere il risultato. Persino il water sotto il suo sedere è in trepidante attesa di sapere se lei sia in cinta.
Forse quando non guardi le pareti, loro se ne approfittano e si avvicinano.
Viviana si gratta la cicatrice che ha sul mento con una scatolina che tiene in mano.
La gira e l’avvicina agli occhi.
"Una volta effettuato il doppio prelievo, il test uro-ematico di gravidanza impiegherà dai 2 ai 12 minuti per effettuare il esponso. Attendere la fine delle vibrazioni per guardare il display."
La donna sbuffa.
Minuti? Forse è un errore di stampa e doveva esserci scritto anni. Dio, ancora non ha finito questo stramaledetto cosino ronzante?
Il test non smette di tremarle tra le punte delle dita dell’altra mano.
Viviana riprende a leggere le iscrizioni sulla confezione.

Colore blu: esito negativo
Colore rosso: esito positivo

Deglutisce. Il test vibra ancora più forte.
Viviana contrae i glutei e una volta in più si rammarica della tonicità persa negli anni.
E chi ha avuto più il tempo di allenarsi?
Proprio quando Viviana decide di alzarsi, il test di gravidanza si ferma.

[…]

Viviana Spencer recupera lo zaino di scuola dal suo armadietto, se lo mette in spalla e si avvia verso l’androne delle scale.
L’unico segno di vita nella palestra è il rumore ritmico dei suoi stivaletti sul pavimento in coccio.
Nessuno alla reception.
Nessuno nell’ufficio della sensei.
Nessuno nello sgabuzzino dei robot aspirapolvere dalla porta color senape.
La ragazzina rimugina.
Sono sempre l’ultima ad uscire dalla doccia.
Il pensiero le passa in un battibaleno, scoppia come una bolla di sapone contro il ditino di un bimbo.
Si ma sono già andati via tutti, no? Sia le compagne di corso che l’insegnante. E fino a domani la palestra è mia!
Il tintinnio argenteo del portachiavi a forma di shuriken che sta roteando col dito indice le dà ragione.
Il sole pomeridiano filtra dalla porta a vetri e lambisce il pavimento fino alle prime mattonelle della tromba delle scale.
Sulla bacheca elettronica degli avvisi, incastonata sulla parete destra, scorrono frasi in maiuscolo.
“Non disonorare te stesso evitando la fatica. Parcheggia lontano dal palazzo e cammina!”
La sua preferita.
Sensei Morisaki, sei la numero uno!
Viviana agita la tessera magnetica di fronte alla serratura QR, il portone si apre emettendo un pigolio elettronico e un rumore secco.
La ragazzina esce e richiude il portone a vetri dietro di sé. La tessera magnetica svolazza di nuovo.
Un altro “bip” ed un altro “clac”.
Infila portachiavi e cartoncino nella tasca posteriore dei jeans.
La pressione spigolosa dello shuriken sulla sua natica le strappa un sorriso: significa responsabilità ma anche la libertà di poter avere un posticino solo per lei, seppur solo per una sera.
Viviana ha una fugace visione di sé stessa, caruccia e ben vestita, nello stesso punto in cui si trova adesso ma sotto un cielo nero e bluastro.
La sé stessa immaginaria estrae la tessera dalla sua pochette con le perline e…
Torna nel momento presente, sbalzata da una forza invisibile.
Il sorriso diventa una risata. Attraversa la strada.
La luce ramata del sole è spalmata sull’asfalto, sui marciapiedi e ve ne sono residui filiformi sulle foglie delle palme che dondolano alla brezza pomeridiana.
Studentesse chiacchierine in uniforme bivaccano davanti l’ingresso della gelateria.
Poco più in là, due vigilesse squadrano una ad una le auto parcheggiate sul ciglio della strada con il tablet delle multe tra le mani conserte dietro la schiena.
Viviana aggira una panchina dove siedono due donne in camicia indaco con lo sguardo incatenato ad un laptop retto da una delle due. Carpisce soltanto uno spizzico di un discorso proveniente dalle casse audio.
«…e le previsioni finanziare danno per certo che l’Isola di Latona registrerà per il decimo anno di fila l’incremento più alto di prodotto interno lordo e stipendi pro-capite di tutto il mondo, senza contare la…»
La ragazzina poggia una mano sullo steccato che delimita la pineta e lo salta.
Il contenuto dello zaino sobbalza e le sbatte contro la schiena.
La pressione del portachiavi c’è ancora: va tutto bene.
I trochi dei pini marittimi tracciano lunghe ombre nere sul terreno sabbioso.
Non si muove una foglia.
Dopo pochi passi tra rovi e radici, Viviana ode il chiaro rombo di un’onda che si infrange al posto del borbottare del traffico.
«Vivi! Siamo qui!»
Lei allunga il collo.
Lilia, Jabira e Rebecca.
Le tre ragazze, sedute ad un tavolo con panche in legno inchiodate al suolo, oscillano le loro braccia sopra le loro teste.
Alla loro sinistra, un buco nella fila di pini contiene al suo interno il turchese del cielo e l’acquamarina del Mediterraneo che si baciano sulla linea soffusa dell’orizzonte.
Viviana allunga il passo.
Una runner dalla chioma di paglia le sfreccia davanti, mostrandole un sorriso di panna e facendole un cenno di scusa con la mano.
Lei ricambia e le getta un ultimo sguardo sulle gambe lunghe e sui fianchi disegnati col compasso, inguainati in leggings rossi come il peccato.
Vivi saluta tutte e si siede accanto a Rebecca nell’ultimo spicchio di panca libero.
Jabira si distende inondando con la sua cascata di ricci d’ebano le cosce di Lilia.
Dopo uno scambio poco convinto di pizzicotti tra loro due, Lilia comincia a pettinarle i capelli infilando le lunghe dita in quel cespuglio cresposo.
«Allora, piccola Viv? Che ti ha detto la tua sensei?» le chiede Lilia, senza guardarla.
Viviana inclina il busto, solleva il suo fondoschiena ed estrae il suo contenuto.
Lascia cadere la tessera magnetica sulla superficie sbeccata del tavolo, lo shuriken tintinna.
Un ululato di iena sovraeccitata proviene da sotto il tavolo.
Jabira si alza di scatto e per una manciata di millimetri non sferra una testata al mento di Lilia.
«Bel colpo, verginella! Allora stasera è la gran sera! Sai, mi mancherà chiamarti “verginella”, ti si addice così tanto che ormai non potrei chiamarti in nessun altro modo!»
Colpetti a raffica cominciarono a sferzare il collo esposto di Viviana.
Alla sua sinistra, col volto semicoperto da un frangettone color platino, Rebecca si mordicchia la lingua e non sembra voler smettere di darle coppini tanto presto.
«Tranquilla, tesoro. Potremo continuare a chiamare verginella Rebecca, no?» dice Lilia cantilenando.
I colpetti si interrompono.
«…tanto non sarà per adesso che scoprirà le gioie dell’amore!»
Rebecca scosta il ciuffo e rivela due occhi ridotti a fessure.
«Dai amore, non prenderla in giro. Lei è una “straight”, risponde soltanto a quello che le dice il cuore.» il tono con cui Jabira scandisce quella parola è già di per se una presa in giro certificata alle orecchie di Viviana.
«Meh. Non sa che si perde.» Lilia affonda per l’ennesima volta le mani nel canestro ricciuto di Jabira, l’avvicina a sé e la bacia.
Viviana arriccia le labbra.
Stasera avrò anch’io la mia razione di sbaciucchi infuocati? Certo che quando amoreggiano sono bellissime…
«Ma come fanno a piacerti i ragazzi, Rebecca?» Lilia non molla la preda «Io quando li vedo in video o in foto su Internet mi viene la nausea. Quei capelli sottili, la camminata da gorilla, quella paccottiglia che pende loro tra le gambe…»
Jabira scoppia a ridere, Rebecca è congelata.
«E poi vuoi aspettare davvero i ventuno anni per poter uscire da Latona e incontrarne uno? Nemmeno puoi portartelo qua, tra l’altro!»
Rebecca si scioglie quel tanto che basta per abbozzare una replica.
«Piantala.»
Viviana si gratta il naso. L’attenzione era scivolata via da lei in fretta e non ne sente così tanto la mancanza.
«Ma innamorati di una donna, no? Puoi costruirti una famiglia facilmente, tutte hanno un lavoro e poi quando vorrai dei figli, zacchete!» Lilia mima il taglio di una forbice con l’indice e il medio «ti prelevano delle cellule “straminali” dalla cresta “idilliaca”, le convertono in spermatozoi, te li sparano dentro e bingo! Sei in cinta! Oppure ingravidano la tua compagna, puoi addirittura scegliere!»
«Guarda che si chiamano staminali, non “straminali”. E non idilliaca, ma iliaca.» sentenzia Rebecca.
Jabira circonda le spalle della sua ragazza.
«Causa persa, cara Rebe. Il suo tre in biologia brilla di luce propria tanto quanto il quattro in storia: la mia piccola asinella manco sa che in origine il nome dell’isola di Latona era Cipro. Nel compito ha scritto “Chitro”.»
Si erge la prima risata di gruppo da quando Viv è lì con loro.
Tre ragazze orientali escono dalla fenditura tra i pini, tirandosi addosso un frisbee a led giallo evidenziatore. Avevano tutte jeans sotto, bikini sopra e una chioma corvina simile alla coda di una sirena.
«Buone, ragazze! Stasera è la sera di Viviana!» Lilia batte le mani due volte «Hai già deciso cosa metterti? Non abbiamo proprio la stessa taglia, ma io avrei un perizomino da prestarti che fa indurire i cap…»
«Non farmi venire l’ansia, Lilia! Voglio solo un appuntamento tranquillo, niente di che…»
L’alta temperatura della bugia appena detta le fluisce nelle gote e nell’incavo dei seni; Viviana spera nella penombra degli alberi per non farsi beccare possibili rossori.
Rebecca tira su col naso e sputa per terra.
«Ma dai, Viv. Ormai sono tre settimane che vi frequentate. Vuoi dirci che Erin non abbia intenzione di fare LA mossa, stasera? Noi la conosciamo poco ma in giro dicono tutte che sia una tipa riservata e schiva. Di solito le tipe del genere sono fuoco vivo sotto le lenzuola! E nemmeno hai mai voluto presentarcela, mannaggia a te!»
Viviana si alza dalla panca e sistema lo zaino sulla spalla.
Riprende la tessera e se la infila con forza nella medesima tasca di prima.
«Magari in futuro. L’unica cosa certa è che ci vediamo nel dojo stasera alle undici. Vi racconterò tutto domani, brutte arrapate che non siete altro!»
Poco prima di girarsi verso la strada, Viv intravede Lilia fare il segno della vittoria con entrambe le dita per poi incastrarle tra loro a ripetizione.

-

Viviana Spencer atterra sulla tettoia spiovente del garage. Si guarda intorno.
Le poche case limitrofe sono distanti, nessun vicino alla finestra incuriosito da una sedicenne che compie un salto di tre metri dalla propria camera da letto.
Stringe le cinghie del suo zainetto sulle clavicole.
L’arietta fine di tarda primavera le solletica la pelle, invitandola ad esporne altra sotto la luna gravida e luminosa. Nessuna stella.
Viviana afferra il bordo sporgente della tettoia e si lascia penzolare.
Molla la presa.
L’acciottolato le preme sotto i piedi scalzi ed esegue una capriola.
La retta annuale che sborsa la mia famiglia per il corso di arti marziali non è sprecata.
Sbircia da dietro la parete del garage: la finestra del soggiorno è illuminata.
Mamma Margaret doveva essere ancora al lavoro sul suo portatile.
Vivi si accuccia, si sfila lo zaino e lo apre.
Tira fuori il suo cheongsam nuovo, ancora imbustato.
Il miglior regalo di compleanno della storia dei compleanni.
Lo libera dalla neoplastica, ne analizza ogni cucitura e appiattisce pieghe inesistenti sul tessuto rosso fuoco. La fantasia a rose corre per tutto il lato destro e termina in un’esplosione di petali attorno la scollatura.
Al riparo dell’alta aiuola, si sfila tuta e t-shirt.
Il cheongsam le avvolge la testa e poi la vita. Lo spacchetto laterale sinistro lascia scoperta gran parte della coscia.
Lo smart-D-watch vibra.
Viviana gira il polso.
“Sono arrivata al dojo, ti aspetto davanti l’ingresso♥. E.”
Lo stomaco le fa un salto all’indietro, simile a quelli della sua sensei durante le lezioni.
Ho fatto bene a cambiarmi prima di partire, così arriverò già pronta!
Tira fuori dallo zaino un paio di ballerine in tinta con lo cheongsam.
Le mette e le solette intonse si adattano alle piante dei piedi.
Si dà un’ultima controllatina generale con la fotocamera retroversa dello smart-D-watch.
Ok, si va!
Esce dal cancello posteriore e sale sull’aero-scooter che aveva dimenticato di rimettere in garage.
Avvia il motore strusciando l’indice sul display e il mezzo comincia a divorare la strada.
Il vento forte le scombina i capelli e se ne compiace: Erin le ha fatto dozzine di complimenti su come sia intrigante col caschetto spettinato.
Arrivata all’incrocio deserto, accosta e si volta verso casa sua.
La Maserati-Dodici-T di mamma Teresa imbocca il viale dalla parte opposta e raggiunge il cancello principale di casa.
Anche stasera la prima ministra di Latona ha dovuto fare gli straordinari.
Viviana ripassa a mente la routine serale a cui ha assistito un migliaio di volte: Mamma Teresa schiocca un bacio a mamma Margaret, sbocconcella la cena tenuta in caldo, pigola una buonanotte davanti la camera di sua figlia e va a letto.
E se proprio questa sera proverà ad entrare nella mia stanza, troverà la porta chiusa e una musica di sottofondo a dirle che sono già sotto le coperte.
Viv riparte.

-

Viviana infila il suo paio di ballerine in uno dei vani liberi della scarpiera.
Il contatto ruvido del tatami sotto i piedi scalzi le distende i nervi: un dettaglio quotidiano in una situazione eccezionale.
«Guarda, Viviana.»
Erin abbozza una posizione di guardia da serie TV sul Kung Fu davanti la parete a specchio.
Viv sorride.
«Abbassa i fianchi e distanzia i piedi.»
Erin ubbidisce.
«Sai, dovresti proprio darmi delle lezioni, sono così fuori forma.»
«Ma io non sono una sensei. Sono un’allieva come tante qua.»
Un’allieva a cui lasciano le chiavi per un appuntamento romantico clandestino, però.
Dalla finestra fanno capolino le luci dei lampioni, opache e incapaci di raggiungere il centro della stanza. La sagoma umana per i colpi si staglia immobile in un angolo, nella penombra.
Un colpo di clacson da fuori soffoca per un attimo la Bossa Nova riprodotta dallo smart-D-watch di Viviana appoggiato al davanzale.
L’orologio di seconda mano di Erin, lì accanto, tace.
Viviana rimira la sua ragazza.
Erin è ancora intenta ad aggiustare la sua posa. Il riflesso davanti a lei la imita in ogni movimento.
Viv si passa la mano tra i capelli.
Morbidi come non li aveva mai sentiti prima. Morbidi da toccare.
Deglutisce.
«Non sono così brava da insegnare a qualcuna, ma se è solo per una posa posso aiutarti, dai.»
Viv si piazza alle spalle di Erin e col naso le sfiora il collo senza volerlo.
Vaniglia e mandarino.
Il cuore comincia a bussarle sul petto, sembra voglia evadere dalla sua cassa toracica.
La biondina col caschetto e l’abito cinese, dall’altra parte dello specchio, si mordicchia il labbro inferiore.
Viviana spinge il piede destro di Erin con il proprio una manciata di centimetri più avanti, le afferra con delicatezza le braccia e gliele piega in un angolo più acuto.
Lo spacco laterale del cheongsam è divenuto una voragine: intravede uno spicchio delle sue mutandine nello specchio.
«Questa è la Kamae; viene tradotta come “posizione” ma la parola originale esprime un concetto più esteso di guardia, sia fisica che mentale…»
La Bossa Nova rallenta, le note più basse cominciano a battere sulle tempie.
La pelle di Erin è dura, il contatto genera pelle d’oca. In questo momento non ricorda se esiste qualcosa che non le piaccia a questo mondo.
Erin, ti ho lanciato ogni possibile appiglio, approfittane!
«Mentale, si…» sussurra.
«Ma anche fisica…» le risponde Erin.
Lei si volta e ora sono faccia a faccia.
Viv chiude gli occhi, le guance e le orecchie incandescenti come fornaci.
Una raffica di esplosioni le trafigge i timpani, perde la presa su Erin, non sente più il tatami sotto la pianta dei piedi e nell’istante in cui spalanca gli occhi non distingue il sopra dal sotto.
Vetri che si rompono, un dolore caldo e sottile le sferza il mento e poi l’impatto con una superficie ruvida.
Risate dal corridoio, qualcuno entra dalla porta messa per orizzontale.
«Beccate! Beccate Beccate! Viv, dovresti chiudere bene la porta quando hai un appuntamento segr…» la frase muore prima di concludersi.
Odore di polvere da sparo le punge il naso.
Lilia e Jabira emergono da nuvolette generate da mozziconi di petardi spezzati.
Le ragazze si inchiodano. Le labbra tremano ad entrambe.
«Oddiodiodio…noi non…»
Rebecca, sotto l’arcata della porta, lancia un urlo e si porta le mani sul volto.
Viviana si alza.
«Adesso suonerà l’allarme antincendio, cazzo! Non l’ho disattivato!»
Le sue amiche la ignorano, fissano qualcosa alle sue spalle.
Qualcosa di caldo le cola sulla nuca.
Viv si gira.
Erin è in piedi. Una ragnatela di sangue le serpeggia tra le scaglie di vetro intinte per tutto il corpo.
La camicia ora è una mappa dagli oceani vermigli ed è squarciata in più punti.
Erin si passa le mani sul volto e fa cadere interi lembi di pelle sul tatami.
Lilia, Jabira e Rebecca corrono via.
La tromba delle scale vomita parole di scuse imbevute di panico.
Le viscere di Viviana si capovolgono, la implorano di distogliere lo sguardo ma non riesce. Sotto la pelle che si stacca dal volto di Erin non c’è carne ma altra pelle.
Sul tatami, i lembi hanno un aspetto plasticoso.
Il piccolo seno di Erin casca da sotto la camicia sbrindellata e fa il rumore di un budino che cade sulla tovaglia.
Ora emerge un petto meno pronunciato ma più tozzo e ornato di un ciuffo di peli neri nel mezzo.
Un segnale acustico divampa per l’edificio e si divora le note della Bossa Nova.
La chioma di Erin raggiunge il tatami nella sua interezza, dalla coda di cavallo fino alla frangetta color ebano.
Sulla testa compare una spazzola di capelli altrettanto neri e folti ma meno voluminosi.
«Viviana, perdonami.»
La voce è più cavernosa.
Erin si passa la mano all’altezza della gola: un bozzo osceno le si gonfia davanti al collo.
Si toglie la camicia e la getta a terra.
Viviana soffoca la paura che ha di essere scoperta e il dolore liquido che non smette di torturarle il mento, giusto il tempo di unire i puntini e comprendere cos’ha di fronte.
«Un…ragazzo?»
«Non lasciare che mi arrestino, Viv. Se mi beccano mi sbattono via da Latona e sarei fottuto.»
L’allarme si spegne. Dalle finestre aperte giunge il rumore delle volanti che frenano davanti l’ingresso del palazzo.


[…]

Il display è blu.
Esito negativo.
Viviana si alza dal water. Le viscere, sparite durante l’attesa del risultato, sembra le siano state sostituite con altre fatte di piombo.
La lista mentale di cose da fare nel caso il test fosse stato positivo si scioglie e le si assembra un groppo in gola dal retrogusto amaro.
Butta il test di gravidanza nel cestino accanto al lavandino e si tira su mutandina e pantalone.
Sospira.
Raggiunge lo specchio del bagno e liscia il suo tailleur blu oltremare.
La chioma bionda e vaporosa sfiora le spalline del vestito.
Ribelle, perché a lui piace così.
Viv compie un salto mentale all’indietro e torna al porto di Famagosta di due mesi fa, sulla nave clandestina attraccata, sotto una pioggia autunnale che tamburella sul suo ombrello.
Erin, coperto da capo e piedi da un cappotto che può aver rubato dall’armadio di Horatio Nelson, le fa l’occhiolino e la invita sottocoperta con un inchino.
«Signora Spencer, il consiglio è pronto.» una voce fuori dalla porta la risucchia nel bagno del Ministero.
Viviana recupera il tablet presidenziale appoggiato sul lavandino.
«Eccomi!»
Esce.
La sua assistente Mindy la segue a distanza e, giunte a destinazione, le spalanca la porta della Sala Riunioni.
«Grazie.» sorride Viviana.
L’intero corpo politico della Repubblica Indipendente e Femminile di Latona, sprofondato su poltroncine color mogano attorno ad un tavolo, la segue con lo sguardo.
Si accomoda a capotavola.
Viv schiarisce la voce, accende il tablet.
Si guarda indietro,
Dalla vetrata a muro, il mar Mediterraneo è una sterminata pianura blu.
Al prossimo incontro.
«La riunione può cominciare.»
Ultima modifica di Dario17 il sabato 19 dicembre 2020, 19:19, modificato 5 volte in totale.



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Re: Latona

Messaggio#2 » giovedì 17 dicembre 2020, 10:12

TEMA: Nulla è come sembra:
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Bonus 1: Protagonisti adolescenti (Young Adult) -3: Eccezione fatta per i due flashforward, i personaggi sono tutti diciassettenni.
Bonus 2: Almeno una scena che generi “sense of wonder” -2:
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Bonus 3: Uso di flashback e/o flashfoward -2: Prologo ed epilogo sono due Flashforward (o per la legge del bicchiere mezzo pieno/mezzo vuoto, l'intero corpo del racconto può essere considerato un enorme flashback).
Bonus 4: Uno specchio deve essere importante nella trama -2:
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Re: Latona

Messaggio#3 » lunedì 21 dicembre 2020, 22:22

A TUTTI I PARTECIPANTI:
Se volete che La Sfida diventi qualcosa di più di un esercizio di scrittura sta a voi impegnarvi. Anche nella fase dei commenti cercate di superare i vostri limiti. Fate critiche costruttive, cercate le lacune dei racconti che dovete leggere e non fatevi problemi nell’esprimere il vostro pensiero in maniera onesta.
La perfezione non passa da queste parti ma insieme potete aiutarvi a migliorare.
Ultima nota, affinché la comunità cresca, se non l’avete fatto vi consiglio di iscrivervi al gruppo Facebook de La Sfida a…
https://www.facebook.com/groups/215238252346692

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Re: Latona

Messaggio#4 » sabato 26 dicembre 2020, 19:14

Ciao Dario, il tuo racconto è senza dubbio interessante, ma secondo me è inficiato da alcune criticità di diverso livello. Andando con ordine, il tema è centrato, mentre, a mio modesto parere, sono presenti 3 dei 4 bonus. La scena del travestimento smascherato non evoca propriamente "sense of wonder" (ovviamente sempre, secondo me), ma concorre più che altro al colpo di scena finale ed all'aderenza al tema. Su questo però ritengo spetti ad altri dare il giudizio definitivo. Per il resto, attenzione nella revisione: alle prime righe c'è un refuso in "esponso" per responso, qui invece, in "oscillano le loro braccia sopra le loro teste" ripeti il dimostrativo, ho notato un di per sé senza accento e nell'incontro tra Erin e Viviana inserisci un "rimirare" che starebbe bene in un registro linguistico differente da quello da te usato nel racconto. L'ambientazione invece non è delle più originali (non è la prima volta che vengono coniati nomi come "smart D-watch" per camuffare oggetti della quotidianità e all'inizio il ritmo è eccessivamente lento e viene focalizzata l'attenzione su dettagli piuttosto inutili (mi riferisci, ad esempio, alla scena in cui la protagonista cammina nel parco per raggiungere le amiche). I personaggi appaiono a tratti un po' stereotipati, ma il rovesciamento imprevedibile della situazione (la possibilità nell'isola di Latona di avere rapporti solo con donne) salva la situazione, aggiungendo una nota comica e proponendo uno spunto originale e interessante, che è secondo me il punto di forza del tuo racconto. Il colpo di scena avviene nel momento più prevedibile, ma è necessario per far sfociare in qualcosa di concreto la suspense accumulata. L'ultimo pensiero della protagonista è rivolto alla possibilità di vedere nuovamente Erin come usciere?
Per il resto, il tuo brano non mi è piaciuto granché anche per la freddezza che percepisco in esso. Mi spiego meglio: solo alle prime righe riesco ad entrare minimamente in empatia con la protagonista; dopodiché mi sembra tutto una schematica successione di azioni e descrizioni di dettagli. Alla prossima!

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Re: Latona

Messaggio#5 » martedì 29 dicembre 2020, 23:52

Ciao Dario.
Sono combattuto, davvero. In senso assoluto, trovo che il tuo brano contenga parecchie criticità, ma dall’altra ritengo che queste siano in parte dovute a errori d’ingenuità facilmente risolvibili. L’impressione avuta è che tu sia uno scrittore abbastanza giovane, e non lo dico per via del nickname, ma perché nel tuo testo ho ritrovato parecchi errori che io stesso commettevo quando ho iniziato ad approcciarmi al mondo della scrittura senza però seguire un vero metodo.
Il problema principale è quello già individuato da Red Robin: mancanza d’empatia con Viviana. Ciò non dipende tanto da un’errata caratterizzazione della protagonista (che comunque risulta priva di tridimensionalità, ma non è questo il punto), quanto da un disequilibrio tra i dettagli importanti e quelli superflui. Mi spiego: durante tutto il testo (ma soprattutto nella prima metà) ti perdi spesso in stralci descrittivi privi di una vera importanza a livello di costruzione drammatica della scena, rubando così spazio a quei punti della trama dove invece sì che dovresti perderti nei dettagli.
Attenzione: non sto dicendo che i passaggi descrittivi da te scritti siano brutti. Al contrario, in più di un’occasione mostri una vena immaginifica niente male nel descrivere alcuni scorci di paesaggio. Solo che, ripeto, queste digressioni non aggiungono nulla alla storia; al contrario, distraggono il lettore e lo strappano dal POV della protagonista. Il mio consiglio è semplice (nella teoria, molto meno nella pratica): non lasciare che il Dario narratore rubi la voce ai suoi personaggi. È Viviana che deve parlare al lettore, non tu.
Ti faccio un esempio: nella prima metà crei attesa per l’incontro con Erin. Perfetto, ma allora perché quando finalmente Erin compare non dedichi nemmeno una riga a dirci come Viviana vede la sua amata, se non dopo parecchie righe? Non sto dicendo di fare una descrizione stile temino delle elementari “corpo-volto-capelli”, ma di evidenziare quei dettagli che agli occhi di Viviana le fanno battere il cuore. In un racconto che ruota attorno al tema del primo amore quella sì che sarebbe una descrizione importante, non sapere che “I trochi (sic) dei pini marittimi tracciano lunghe ombre nere sul terreno sabbioso”.
Esempio più concreto per rendere al meglio il concetto. Nel romanzo “La strada” McCarthy dedica interi paragrafi a descrivere il protagonista che apre un barattolo di fagioli. Righe e righe di testo per un’azione banalissima. Solo che lì è importante, perché quei fagioli rappresentano ciò che separa il protagonista tra la sopravvivenza e il morire di fame. Per i tuoi testi deve valere la stessa regola: non importa il tipo di oggetto o azione che descrivi: importa il valore che quell’oggetto o descrizione ha agli occhi del tuo personaggio (e sottolineo del personaggio, non del narratore).
Perdona la lunga digressione, ma come detto all’inizio vedo un grosso potenziale inespresso nel tuo testo e non volevo banalizzare il mio commento in quattro righe. Spero di esserti stato utile. Detto questo, passo ad alcune note minori.

Viviana inclina il busto, solleva il suo fondoschiena ed estrae il suo contenuto.

Stringe le cinghie del suo zainetto sulle clavicole.

Arrivata all’incrocio deserto, accosta e si volta verso casa sua.

Qui sopra ho riportato solo alcuni passaggi dove dovresti eliminare senza pietà i possessivi. Se, per fare un esempio, Viviana solleva il busto, è ovvio che fondoschiena sia il suo. Tranquillo, la sovrabbondanza di possessivi è un errore comune. Io per primo ne piazzo a iosa quando scrivo, solo che, essendo consapevole di questo mio difetto, ho fatto della funzione “trova” di Word il mio miglior alleato. ;)

«Non sono così brava da insegnare a qualcuna, ma se è solo per una posa posso aiutarti, dai.»

Mentre leggevo questa frase il mio cervello ha automaticamente pensato “ehi, ma questa frase dovrebbe essere declinata al maschi…”, poi mi sono ricordato l’ambientazione del tuo racconto. Bel tocco di classe. Bravo!

In definitiva, non si può certo dire che il tuo racconto brilli per originalità per quanto concerne la costruzione della trama, ma come detto all’inizio, i margini di correzione sono molto ampi. Con una maggiore attenzione ai dettagli veramente importanti, sono certo che il tuo brano possa migliore ampiamente a livello di coinvolgimento emotivo del lettore.
A presto.
lupus in fabula

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Giovanni Attanasio
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Re: Latona

Messaggio#6 » mercoledì 30 dicembre 2020, 14:54

Ciao!

L'idea di base mi piace, ma c'è qualcosa nello svolgimento e nella sequenza degli eventi che mi ha impedito di farmi godere il brano. Non sono riuscito a calarmi nella storia, a sentire il dramma, le difficoltà della protagonista, nè sono riuscito a cogliere gli eventi per poterli fare miei.
Un tentativo per i prossimi racconti potrebbe essere quello di pianificare (o pianificare meglio se già lo fai) la tua storia, i personaggi, le sequenze importanti e gli snodi da far evolvere. Prova pure a snellire il testo, a usare le descrizioni solo quando servono e, parere personale, a limitare il numero di personaggi e nomi, soprattutto per un opera così breve.

Alla prossima lettura, ciao!
"Scrivo quello che voglio e come voglio. Fatevelo piacere."

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Stefano.Moretto
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Re: Latona

Messaggio#7 » lunedì 4 gennaio 2021, 19:16

Ciao Dario
devo dire che questo brano mi mette in seria difficoltà, ma veramente tanto. Fino alla penultima scena era tutto molto chiaro e lineare, poi da quando Viviana ed Erin si avvinghiano in poi ho iniziato a non capire più nulla. Non ho capito bene le esplosioni e i vetri rotti: le amiche hanno lanciato dei petardi che hanno fatto schizzare via vetri ovunque? Anche la reazione di Viviana non mi ha aiutato a capire cosa stesse succedendo, invece di incazzarsi come una iena si preoccupa per l'allarme antincendio, quindi è lucida abbastanza da pensare a un dettaglio del genere, ma non abbastanza da incazzarsi per il fatto che il loro scherzo ha distrutto il dojo e quindi lei finirà sicuramente nei casini (passo sopra allo sfregio sul mento perché in quel momento può non aver realizzato cosa fosse successo). Ho capito solo leggendo il tuo commento dopo che i "vetri" sono in realtà pezzi di specchio. Non mi era affatto chiaro, non sono riuscito proprio a immaginarmi la scena leggendo. Il pezzo successivo diventa più chiaro, il travestimento che si sfalda e lui che le chiede aiuto; nel passaggio alla scena successiva, però, perdo di nuovo il filo. Deduco dal tutto che lei abbia deciso di rimanere con lui nonostante il cambio genere, però non sono riuscito a unire i puntini per capire i cambi di location, di tempo con il salto mentale e i nuovi personaggi che compaiono. Credo di aver capito che lei è diventata la nuova prima ministra di Latona e che continua a tenersi Erin come compagno, ma il tutto è molto nebuloso. Peccato, perché il resto del racconto era abbastanza lineare.

Qualche appunto riguardo lo stile.

Nel testo ci sono parecchi problemi con le informazioni. Cerco di essere più esaustivo possibile.
Nell'incipit spendi 329 parole prima di dire che la ragazza sta sul gabinetto. Io nel frattempo con "gambe nude" e "porcellana" stavo iniziando a immaginarmela dentro la vasca (problema nel dettaglio: "gambe" e non "cosce" nude mi ha rievocato nella mente la nudità dall'inguine fino ai piedi, non solo le gambe scoperte coi pantaloni abbassati, quindi non era naturale per me pensare che fosse sul water). Avendo prima l'informazione che aspettava il responso sulla gravidanza probabilmente non avrei avuto questo dubbio.
Stesso discorso per quanto riguarda la composizione di genere dell'isola:
«E poi vuoi aspettare davvero i ventuno anni per poter uscire da Latona e incontrarne uno [un maschio]? Nemmeno puoi portartelo qua, tra l’altro!»

Questa informazione arriva un po' a ciel sereno: fino a quel momento si dava per scontato che Latona fosse un posto normale, soprattutto perché all'inizio la protagonista pensa di essere incinta, quindi l'informazione implicita è che è andata a letto con un umano di sesso maschile. Il fatto che a Latona non possano essercene è un'informazione che va in contrasto con quanto sapevamo fino a quel momento e causa un po' di spaesamento. Il fatto che si scopra dopo che Erin è un "infiltrato" non cambia la questione spaesamento, è un'informazione che abbiamo dopo, non prima.
«Causa persa, cara Rebe. Il suo tre in biologia brilla di luce propria tanto quanto il quattro in storia: la mia piccola asinella manco sa che in origine il nome dell’isola di Latona era Cipro. Nel compito ha scritto “Chitro”.»

Per fare un paragone, quest'informazione invece non ha causato nessun problema perché non hai dato aspettative sull'isola. Il fatto che sia una futuristica Cipro è quindi perfettamente in linea con quanto si sapeva già.

Viviana rimira la sua ragazza.

Qui problema simile sulle informazioni: lei vede la sua ragazza, noi no. Non sappiamo com'è fatta, neanche un dettaglio, non so cosa devo immaginarmi.

Altro problema simile qui:
Le poche case limitrofe sono distanti, nessun vicino alla finestra incuriosito da una sedicenne che compie un salto di tre metri dalla propria camera da letto.

Qui non capisco se il salto di tre metri sia stato possibile per una qualche capacità soprannaturale oppure se ha attutito l'impatto rotolando o in qualche altro modo "umano" imparato dalla sensei. Soprattutto perché è atterrata su una tettoia senza spaccarla, cosa che dopo tre metri in verticale con un peso stimato di diciamo 60 chili è al minimo improbabile. L'informazione che è a piedi scalzi e che l'acrobazia è riuscita a farla perché si allena ci arriva al salto successivo, troppo tardi - e comunque mi sarei aspettato che la tettoia subisse dei danni, oppure se è in un materiale resistente era il momento giusto per esplicitarlo.

Un appunto sulla lingua:
Nessuno nell’ufficio della sensei.

Per quanto "sensei" sia diventato di uso -quasi- comune nella comunità otaku, rimane una parola giapponese in un testo italiano, un lettore medio potrebbe non conoscerla e non capire. Anche se la protagonista chiama così l'insegnante e quindi è corretto che nella narrazione sia usata questa parola, il lettore ha bisogno del contesto e di questa informazione prima di poterla usare in questo modo.
Discorso simile per la parola "shuriken", che essendo straniera non è detto che sia conosciuta, anche perché nella sua accezione pura giapponese ha un significato molto ampio e non è solo la classica stella a quattro punte di Naruto.
Ancora peggio per il cheongsam, qui ho dovuto proprio andarmelo a cercare interrompendo la lettura perché non avevo idea di cosa fosse: questo è l'esempio perfetto di ciò che non deve accadere a un tuo lettore.
Attenzione: queste considerazioni valgono solo se la protagonista parla un'altra lingua e usa solo quei termini in un'altra lingua perché le piace così. Se invece parla sempre giapponese non ha senso in partenza cambiare lingua in corsa. Immaginati se per esempio in un brano in italiano ambientato in Francia trovassi scritto "Saltò in groppa al suo cheval".

Attento anche a concatenare troppe informazioni tutte insieme:
Viviana aggira una panchina dove siedono due donne in camicia indaco con lo sguardo incatenato ad un laptop retto da una delle due.

Qui metti in combinazione un'azione semplice della protagonista con una elaborata descrizione: panchina, donne in camicia, colore indaco, sguardo incatenato a un laptop, laptop tenuta da una delle due. Troppe cose tutte insieme, sono arrivato alla fine che ho dovuto rileggere tutto da capo per capire cosa stava succedendo, anche perché arrivato alla fine della frase mi ero già scordato cosa stava facendo Viviana.

Infine alcune cose di minore importanza (ho cercato di andare a scalare):

Viv intravede Lilia fare il segno della vittoria con entrambe le dita per poi incastrarle tra loro a ripetizione.

Forse qui intendevi "con entrambe le mani", altrimenti non so cosa intendi con "incastrarle tra loro".

Viviana inclina il busto, solleva il suo fondoschiena ed estrae il suo contenuto.

Allora. Momento. Momento.
Okay che il lettore arrivato a questo punto ha le informazioni per sapere cosa tu vuoi dire che sta facendo, ma messa così quello che stai realmente scrivendo è altro. Altro molto brutto che non ripeterò in questa sede. Ti basta leggere la frase decontestualizzata per capire che c'è qualcosa che non va. Fai attenzione a come imposti le frasi o rischi di trasmettere immagini sbagliate. Molto sbagliate.

Considerazione finale: la storia nel complesso è interessante e offre un worldbuilding con potenzialità e vagamente futuristico. Personalmente il sense of wonder l'avrei messo sulla moto fantascientifica più che sul travestimento, che ho trovato invece quasi in linea con le tecnologie attuali. Il difetto più grande qui è la totale mancanza di conflitto: non c'è proprio niente che tiri avanti l'interesse del lettore se non il vago sentore di "proibito" nell'incontro romantico, ma è troppo poco per un racconto così lungo. Come ti hanno già fatto notare ci sono punti molto lenti nel racconto, appunto perché è la protagonista che fa cose senza che ci sia qualcosa che le rema contro fino alla fine.
Penso che la storia nel complesso abbia un buon potenziale anche perché, al contrario di altri racconti del tuo girone, non ho avuto momenti in di confusione dovuto a "tecnologie" o "dinamiche sociali" spiegate in modo insufficiente che lasciassero al lettore la possibilità di farsi domande scomode per l'autore, però ci sono stati problemi di eguale e forse maggiore importanza.
Insomma, da come si può capire anche dalla lunghezza della valutazione mi stai mettendo in difficoltà perché non so di preciso come piazzarti, sarà una scelta dura.

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Artemis Entreri
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Re: Latona

Messaggio#8 » sabato 9 gennaio 2021, 19:39

Ciao, piacere di leggerti.
A me piacciono molto le distopie, però devo ammettere che ho faticato un po' a terminare di leggere la tua. Troppi punti vaghi e domande lasciate in sospeso.
Un'isola di sole donne, con il proprio governo e tutto è intrigante, però mi devi spiegare il perché. È successo qualcosa di tragico, tipo un'epidemia che ha costretto le donne a isolarsi? Mi sarebbe piaciuto anche sapere di più dei rapporti con gli altri continenti: esistono ancora? Sono popolati solo da uomini o sono misti? Viene solo accennato alla fine che Erin torni di nascosto sull'isola, ma non si sa né da dove né perché dopo essere stato 'smascherato' sia andato via.
Interessanti le considerazioni sulla riproduzione per clonazione di sé stessi, è una delle ipotesi più affascinanti quella di utilizzare le cellule staminali.
D'effetto il colpo di scena in cui si scopre che Erin è un lui, peccato tu abbia dovuto tagliare per mancanza di caratteri su cosa sia successo dopo.
Ho un unico appunto da farti sulla trama in sé: perché Viviana non usa metodi contraccettivi? Le risparmierebbe la continua ansia di poter restare incinta.
Centrato in pieno il tema e buono l'uso dei bonus.

Ti segnalo qualche frase che - secondo la mia sensibilità - andrebbe rivista e qualche typo, sperando di essere d'aiuto (sono pigra e non uso l'HTML per citare, abbi pazienza).
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Mauro Lenzi
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Re: Latona

Messaggio#9 » domenica 10 gennaio 2021, 23:56

Ciao Dario e scusa il ritardo.

Immagino ti sarò tanto simpatico se ti dico che secondo me questo racconto è un po’ sotto le tue potenzialità, almeno per l’idea che mi ero fatto leggendo qualcos’altro dalla tua penna. Niente di terribile, sia chiaro. Credo che JohnDoe e Stefano Moretto ti abbiano già detto molto sulla costruzione. Per quanto riguarda l’appunto finale di Artemis sui contraccettivi, a me sembrava invece di aver capito che Viviana volesse restare incinta (a proposito, ho visto che hai scritto “in cinta”, se non si tratta di un semplice refuso è errato).

All’inizio ho avuto un po’ di confusione. Le amiche le fanno pressione perché è una straight (bella l’idea però), e poi emerge che lei si deve vedere con una ragazza - e tra l’altro loro lo sanno?
Concordo che nella storia c’è molto da aspettare prima di arrivare al clou, l’incontro. Tra l’altro hai creato un’aspettativa sulla sensei che mi aspettavo di veder comparire: sembrava un personaggio interessante, peccato!
L’incontro con Erin mi è piaciuto: anche io invece sono andato in confusione con l’arrivo delle amiche, i petardi ecc. Non ho capito bene, subito, cosa fosse successo.
La descrizione di Erin che perde il travestimento è ricca di dettagli, ma non mi lascia intendere che Viviana sia attratta dai maschi, anzi! Era voluto?
Per cui alla fine mi sono stupito di vedere che Viviana si incontra con un uomo.
Se lei è confusa riguardo il suo orientamento sessuale, credo che la cosa sarebbe dovuta trapelare meglio.
Per quanto io abbia apprezzato la tematica dell’isola di sole donne in cui la protagonista si sente a disagio, pur unendo quest’idea al travestimento di Erin non ho trovato l’idea sufficientemente forte per le mie aspettative di sense of wonder.
A una revisione cercherei di rendere qualche elemento fantastico in più e lavorerei maggiormente sul disagio della protagonista, e sulla sottile discriminazione di cui si sente oggetto: questo è il mio consiglio.
Alla prossima!

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