Il divora-libri - Soraia Patrizi

Per partecipare alla Sfida basta aver voglia di mettersi in gioco.
Le fasi di gioco sono quattro:
1) Il primo dicembre sveleremo il tema deciso da Flavia Imperi. I partecipanti dovranno scrivere un racconto e postarlo sul forum.
2) Gli autori si leggeranno e classificheranno i racconti che gli saranno assegnati.
3) Gli SPONSOR leggeranno e commenteranno i racconti semifinalisti (i migliori X di ogni girone) e sceglieranno i finalisti.
4) Il BOSS assegnerà la vittoria.
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Hayà
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Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#1 » sabato 19 dicembre 2020, 14:54

Il divora-libri

«Buongiorno, signor Russell.»
L’uomo salutò il ragazzo con un cenno del capo. «Buongiorno Albert. Di nuovo al lavoro, vedo.»
Il giovane scrollò le spalle. «Cerco di dare una mano quando posso. Ancora qui per la sua ricerca?»
«Temo di sì, dovrete sopportarmi ancora per un po'. Ed è il momento migliore, considerando i nuovi avvistamenti…»
Albert rabbrividì: «Ne ho sentito parlare. La creatura della foresta sembra aver ripreso coraggio.»
«Ma non ha causato danni, almeno per ora», l’uomo annuì, più a sé stesso che al ragazzo. «Cambiando discorso. Come va con la pratica di magia?»
«Diciamo... diciamo che va.»
«Non ti abbattere, sei ancora giovane. Puoi recuperare.»
Per un secondo l'uomo abbassò lo sguardo verso le mani del ragazzo. In un gesto istintivo, le nascose nelle maniche della felpa. «Certo. C'è ancora tempo. Mi chiami se le serve qualcosa.»
Con un goffo cenno della testa, il signor Russell si allontanò, prendendo posto ad una delle scrivanie libere.
Albert si sedette sulla sua sedia, guardando la finestra che dava su un cielo grigio e nuvoloso d'autunno.
Quando il silenzio si rannicchiò nella stanza, fece sgattaiolare le mani fuori dal loro nascondiglio. Aprì i palmi: la pelle della mano sinistra si era ormai rimarginata, ma la cicatrice dell’ustione era ancora visibile, la pelle raggrinzita dove l’incantesimo aveva fallito.
Nella confusione dei suoi ricordi, il brillio delle zanne bianche della creatura tra gli alberi immersi nell’oscurità lo fece rabbrividire. Le scintille del fuoco che aveva invocato in suo aiuto scoppiettavano di fronte al mostro dalla pelliccia nera, ma il ricordo del dolore e delle grida avevano ben presto cancellato la realtà.
«Signorino Zanti?»
«Sì?» Albert si alzò di scatto, voltandosi verso la scrivania occupata.
«Avrei bisogno del suo aiuto. Può venire qui?»
«Certamente. Cosa le serve?»
«Avete il volume otto dell'enciclopedia sulle creature magiche di Bradburn? Non riesco a trovarlo sullo scaffale.»
Albert corrugò la fronte, voltandosi verso lo scaffale in questione. I primi sette volumi e il nono erano perfettamente in ordine, sfoggiando le loro livree blu, ma c'era un punto vuoto al posto dell'ottavo.
«Controllo che non sia stato preso in prestito.»
Prese la scala e salì al punto vuoto. Incastonato nel legno, in una piccola teca di vetro, c'era una pietra. Albert la toccò con delicatezza, leggendone le informazioni contenute.
«No, è stato solo spostato», alzò lo sguardo.
Il volume otto sulle creature magiche lo guardava dall’alto con le sue lettere d’oro sul dorso.
«Eccolo. Due scaffali più in alto.»
Albert diede una rapida occhiata in giro. Con un sorrisetto, schioccò le dita e il libro scivolò giù dalla mensola, levitando dolcemente verso terra. Il signor Russell tese le braccia come se un bambino stesse per cadere, muovendosi avanti e indietro.
«Albert Zanti!»
Il grido gli fece perdere la concentrazione, e il libro cadde nelle mani del signor Russell.
Albert si voltò, la mano ancora in aria, e sbiancò alla vista della madre.

«A te proprio non importa, vero?»
La donna parlava con voce bassa. Lo aveva portato in una delle stanze sul retro, dove pile di scatole attendevano di essere sistemate, e non si era neanche seduta. Si limitava a guardare il figlio con sguardo truce, le braccia conserte, le labbra che tremavano.
Albert distorse lo sguardo: «Era solo una semplice levitazione, mamma. Ti preoccupi troppo.»
«Non dopo quello che è successo», gli occhi si posarono sulle sue mani.
Albert le nascose sotto le maniche. «Come posso permettere che non accada più se non posso praticare?!»
«Te lo abbiamo detto, dobbiamo essere presenti o io, o tuo padre, o uno dei tuoi insegnanti.»
Albert sospirò, alzando gli occhi al cielo: «Ho sedici anni ormai, mamma. Tutti i miei amici-»
«Non mi interessa cosa fanno i tuoi amici, Al. Queste sono le regole», la madre sospirò, portandosi una mano sulla fronte. Si sedette di fronte al figlio, gli occhi chiusi: «Per favore non... non combinare guai, va bene?»
«Non si è fatto male nessuno», sbuffò lui. «Se fosse stato un libro più vecchio, lo avrei preso con le mie mani.»
La madre lo guardò e sorrise. «Mi fido di te. Va bene?»
Albert continuò a guardare la finestra che dava sulla silenziosa città, per infine alzarsi e uscire senza dire una parola.

La biblioteca era immersa nel silenzio della notte. I primi raggi della luna piena spezzavano l'oscurità, le lampade sul soffitto donavano bagliori dorati agli scaffali. Albert si aggirava per le scrivanie cercando oggetti dimenticati e riponendo in ordine i pochi libri sparsi in giro, i suoi passi che echeggiavano come gocce su un lago. Era raro che ci fossero molti volumi da sistemare, ma per Albert ormai era divenuta un'abitudine, come una sorta di meditazione, controllare ogni scrivania prima di chiudere per la giornata. Era sempre l'ultimo a chiudere, mentre i genitori concludevano le faccende burocratiche.
Mentre saliva le scale per riporre il libro numero otto delle creature magiche lasciato indietro dal signor Russell, un dorso verde attirò la sua attenzione. Era più piccolo rispetto ai suoi fratelli sullo scaffale, la copertina morbida. Corrucciando la fronte e abbozzando un sorriso, lo prese.
«Wow, questo sì che è vecchio», i bordi erano stati consumati dopo anni di utilizzo. «E deve aver ricevuto tanto amore.»
Il vecchio Tom incontra un amico.
Ridacchiò. «Questo lo conosco. Cosa ci fa un libro per bambini in questa sezione?»
Sfogliò alcune pagine, cui bordi erano stati tagliati in un semicerchio, zigzagati. «Qualche bambino ha adorato questo libro così tanto da mangiarselo, apparentemente.»
Lo prese con sé, scendendo giù dalla scala, e si sedette alla scrivania.
Mentre controllava che tutto fosse al suo posto prima di chiudere, i suoi occhi si posarono su una pila di libri che lo attendeva da qualche giorno sulla scrivania.
«Ugh, sono tutti da sistemare... se li lascio qui ancora per molto, mia madre si lamenterà parecchio.»
Si guardò intorno. Il silenzio della biblioteca investì le sue orecchie come ovatta. Scrollò le spalle e schioccò le dita. I libri in cima alla pila si alzarono in volo, avvicinandosi al suo viso in una fila ordinata. Si aprivano di fronte ai suoi occhi e Albert controllava la loro posizione negli scaffali, per poi dirigerli nella giusta locazione con un cenno della mano.
Un piccolo vortice di libri lo circondò, volando verso le loro postazioni, riempiendo l’aria con il loro frusciare.
Quando l’ennesimo libro si aprì di fronte agli occhi di Albert, il ragazzo corrucciò la fronte alla mancanza della sua locazione.
Lo prese con le mani, girandolo un paio di volte, ma non c’era alcuna etichetta.
Sbuffò alla mancanza del titolo in copertina. Alzò lo sguardo, guidando gli ultimi libri verso le loro postazioni, per poi tornare alla scrivania con l’intruso.
Tastò con le mani il rivestimento: ruvido, sembrava pelle.
Le pagine al suo interno erano ingiallite dal tempo e la carta era leggera e fragile al suo tocco. Diede un'occhiata ad una delle pagine. Sgranò gli occhi, avvicinando il libro al suo naso: non riconosceva neanche una parola. «Che lingua è?»
Era scritto in un'elegante grafia in corsivo, l'inchiostro che si era sbiadito nel tempo, diventando marrone.
«I numeri li riconosco, però.»
Sfogliando le pagine, vide che i numeri andavano avanti in ordine crescente. 21, 22, 23...
«Abbastanza inutile, se non capisco cosa c'è scritto», continuò a sfogliare, fino a quando non si bloccò su una pagina diversa dalle altre.
Nessuna parola era scritta, bensì un disegno copriva entrambe le pagine. L’inchiostro si era sbiadito nel tempo, ma le parti ombreggiate erano ben visibili. Gli alberi contornavano un cielo nero come la pece e, al centro di tutto, una figura dalla grande testa nera, le sue zanne bianche che brillavano nell’oscurità.
Un brivido di terrore percosse il suo corpo, e le sue mani tremarono.
«Non… non può essere…» gli si seccò la gola, delle lettere al margine attirarono la sua attenzione.
Nella stessa elegante grafia del resto delle pagine era scritto: “il divora-libri”.
Scosse la testa: «No, no… questa è la creatura della foresta…»
Il bagliore delle sue zanne tra i tronchi degli alberi oscuri apparve nella sua mente. La mano prese a prudergli.
In un impeto di realizzazione, sgranò gli occhi, guardando di nuovo le parole al fondo della pagina.
«Aspetta, ma questo è nella mia lingua.»
Tornò indietro, rileggendo le parole delle frasi, ma non riusciva a comprenderle. Socchiuse gli occhi, le lettere avevano qualcosa di famigliare, un ticchettio nella mente che lo intimava a continuare, la risposta era vicina...
Balzò in piedi: «Sono al rovescio!»
Rovistò nei cassetti, una cacofonia di oggetti che ballonzolavano qua e là, fino a quando non trovò lo specchio che la madre usava per sistemarsi i capelli.
Lo posizionò sulla pagina e riuscì a leggere.

Caro diario,
Anche oggi sono andata nella casa nella foresta per incontrare il divora-libri. Sta bene.


Lesse un paio di altre righe, ma la maggior parte erano cose di vita quotidiana, di poca importanza. L'autrice era una maga alle prime armi e una volta a settimana si recava dal divora-libri.
«La creatura nella foresta? Davvero?»
Tornò alla prima pagina. Due semplici righe erano scritte al centro del foglio, con l’inchiostro reso marrone dal tempo. Con il cuore in gola, prese lo specchio.
Diario di Olga Bran.
La sua mente si arrestò.
«La mia… bisnonna?»
Rimase qualche secondo di fronte a quelle pagine, gli occhi sgranati. La mente volava tra idee e leggende, vecchie storie che aveva sentito in famiglia, mentre la notte continuava il suo corso fuori dalla biblioteca silente.
«Perché la mia bisnonna conosceva la creatura nella foresta? E perché lo chiamava il divora-libri?»
Chiuse il diario con attenzione, quasi temesse di potergli fare male, e guardò la copertina. Lo accarezzò un paio di volte, un'idea che prendeva vita nella testa.
«Non c'è una pietra e questo renderà le cose più difficili, però leggere i ricordi dell'autore non è impossibile...»
Chiuse gli occhi, concentrandosi sulla sensazione che la pelle del rivestimento dava sulla sua mano. Ruvido, gli solleticava il palmo sano.
Entrò nei ricordi.

La foresta era immersa nel buio della notte d'estate. Un paio di lucciole giocavano a nascondino tra i tronchi, un vecchio gufo che bubolava lontano.
I suoi passi erano camuffati dall'erba soffice che veniva schiacciata a terra, mentre trovava la strada da seguire accarezzando la corteccia degli alberi.
Alzò lo sguardo quando raggiunse una vecchia radura, un tronco caduto al suo centro. La luna piena splendeva su di esso, rendendolo d'argento.
«Scusa l'attesa», disse la ragazzina. Rovistò nel suo cappotto, cacciando fuori un libro dalla copertina verde. «Mi stavano facendo molte domande.»
Una figura nera come la pece - che fino a quel momento era parsa solo come un'ombra - si mosse vicino al tronco. Due piccoli occhi e denti bianchi brillavano sulla sua pelliccia nera, un piccolo sorriso sul suo volto.
«Nessun problema.»
La ragazzina si sedette accanto alla creatura, poggiando il libro sulle sue gambe. Il mostro poggiò il suo muso appuntito sulla testa della ragazzina, mentre con gli occhi seguiva il movimento delle pagine.
«Allora», disse lei, alzando lo sguardo. «Dove eravamo rimasti?»


Albert scosse la testa, come colto da un fulmine. Quella ragazzina era Olga?
E stava leggendo un libro alla creatura?
L'immagine della copertina verde comparve nella sua testa. Volse un poco lo sguardo, senza neanche pensarci, e vide il vecchio libro che aveva trovato sullo scaffale.
Lo prese in mano: “Il vecchio Tom incontra un amico.
Lo rigirò nella sua mano.
«Questo era il libro che stava leggendo. Lo conosco anche io. Parla di un mostro che...» sgranò gli occhi. «Un mostro che fa amicizia con un bambino...»
La mano ustionata prese a bruciargli. La strinse in un pugno.
La sua bisnonna aveva avuto lo stesso incontro che lui aveva avuto anni prima?
«Forse… se riuscissi ad incontrarlo di nuovo…»
Guardò la sua mano, aprendo lentamente il palmo.
Prese un cappotto, stipò il libro nel suo zaino e, assicurandosi di aver chiuso la biblioteca, corse verso la fermata dell'autobus.

La notte stellata portava con sé gli strascichi della giornata. Un vento freddo lo fece rabbrividire, facendogli stringere il libro al petto e serrare i denti.
Raggiunse la fermata dell'autobus. Un signore stava fumando una sigaretta accanto a lui, guardandolo di sottecchi. Il ragazzo lo salutò con un cenno della testa, continuando a stringere i denti.
L'autobus arrivò, le luci accese che ne accentuavano i sedili vuoti, ed entrambi salirono.
Albert prese posto in un sedile indietro, poggiando la testa sul finestrino, prima di ritirarla, la testa che gli gelava.
Infine, si strinse in sé stesso, rimanendo in silenzio per tutta la corsa, tremando di paura.

La città dormiente sfrecciava sotto ai suoi occhi. Il signore che era salito con lui scese dopo un paio di fermate, e dopo di lui nessun altro salì. Albert si alzò dal suo posto per sedersi al sedile vicino alla porta d’entrata, abbozzando un sorriso quando l’autista sgranò gli occhi nel vederlo.
Sfrecciarono sotto lampioni e attraversarono strade vuote, fino a quando non uscirono fuori dalla città. Un paio di case immerse nel verde resero vive le loro presenze con lampade fuori dalla porta, per poi sparire nel buio della notte.
Infine, chiese di scendere.
«Davvero?»
«Davvero.»
«La creatura della foresta vive qui.»
«Lo so.»
L'autista lo guardò e parve voler dire qualcosa, ma infine scosse la testa, fermò il mezzo, e biascicò un “Buona serata", ricambiato.
Albert guardò il mezzo sfrecciare via, ingoiato da una fila di alberi, la luce dei suoi fari a intermittenza tra i tronchi, fino a quando non scomparve.
Rimase fermo un istante. La luna piena dava un poco di luce, donando una sfumatura blu ed eterea al mondo. Sospirando di nuovo e stringendo il libro al petto, voltò le spalle alla strada e s'incamminò tra gli alberi.

La foresta buia mancava delle giocose prestazioni delle lucciole, in quella notte d'autunno.
La luna piena regalava bagliori spettrali alle foglie e agli alberi, mentre il vento freddo tra i rami gli fece stringere i denti.
La notte era buia come allora. Chiudendo gli occhi per ritrovare il coraggio, fece qualche respiro.
Iniziò a camminare.
Rannicchiò la testa tra le spalle quando l’erba umidiccia gli bagnò l’orlo dei pantaloni e la suola delle scarpe, ma non si fermò.
Ogni passo era calcolato, il cuore che gli stava facendo esplodere la testa.
Un ululato lontano lo immobilizzò, mozzandogli il fiato.
Si guardò intorno, stringendo il libro come se potesse proteggerlo dalle insidie. Soffiò, guardando le nuvolette bianche uscire dalla sua bocca.
Si passò la lingua sulle labbra, raccogliendo coraggio ad ogni respiro. Chiuse gli occhi ed infine annuì.
Stringendo le labbra, aprì il palmo della mano sinistra. La pelle cicatrizzata assumeva ombre bizzarre sotto la luce lunare e, in uno battito di ciglia, fece scintillare un fuoco.
Il cuore gli batteva forte, mentre con affanno guardava la fiamma danzare a pochi centimetri dalla sua pelle. Gli pizzicava, ma non abbastanza da fargli male.
«Bene», disse, sospirando. «Ora devo solo tenerlo così. Terrà a bada gli animali selvatici.»
Camminò, tenendo gli occhi fissi sulla fiamma, che tremolò al primo passo. Con il fiato sospeso, riprese a respirare solo dopo qualche passo.
I bagliori di fiamma sui tronchi allungavano le ombre, fino a quando non raggiunse una radura.
Una vecchia casa di pietra sorgeva al centro di essa, dimenticata dagli uomini ma non dalla foresta, che l’abbracciava con il suo muschio e file di piante rampicanti. Una parte del tetto era crollata, la corona di un albero che fuoriusciva da esso.
Una delle finestre era accesa, una figura nera che appariva vicino la luce.
La fiamma sparì dalla sua mano, mossa a sorpresa.
Si avvicinò alla porta e bussò.

Albert rimase immobile, il cuore che batteva all'impazzata, di fronte alla figura nera che gli aprì la porta.
Testa irsuta da dove spuntavano zanne bianche, due grandi occhi gialli che lo osservavano, spuntando fuori dall'abisso nero in cui erano conficcati. Mosse le due orecchie sulla testa, inclinandola.
«Chi sei?»
Le sue gambe gli bruciavano, intimandogli di scappare, lasciare tutto e tornare a casa. Il palmo prese a pulsargli, gli occhi lucidi e il fiato corto. Le labbra erano premute in un’unica linea rosa.
Il mostro avvicinò la testa: «Stai bene?»
Il ragazzo rinsavì. Toccò il libro sotto il cappotto: «Sì, sto bene. Sono... sono Albert Zanti.»
Il mostro corrucciò la fronte: «Piacere di conoscerti. È raro che io abbia visite. Ti sei perso?»
La mente stava minacciando di spegnersi, perciò si affrettò a rovistare nel cappotto. Alla vista del libro dalla copertina verde, il mostro sgranò gli occhi. Si spostarono prima sul libro, e poi sul ragazzo.
Aprì le mani e Albert, con delicatezza, gli porse il libro. I suoi artigli lo toccarono con delicatezza neonata, mentre lo portava al suo muso.
Sulle sue labbra, un'unica parola: «Olga...» alzò lo sguardo. «Dove l'hai trovato?»
«Nella biblioteca di famiglia. Ho trovato anche il suo diario… e ho scoperto di te.»
«Conosci Olga?» nei suoi occhi c'era un piccolo bagliore di speranza. Albert si chiese per quanto tempo il mostro avesse vissuto lì.
«Solo di nome. Era la mia bisnonna.»
La creatura non rispose e i suoi occhi tremarono. Annuì lentamente: «Entra dentro, su. Fa freddo, e voi umani siete così fragili.»

Albert strabuzzò gli occhi alla vista della casa. Un albero sorreggeva parte del soffitto, da cui tronco spuntavano mensole piene di libri. Pile e pile di altri libri traboccavano da ogni dove, facendogli prudere le mani dalla voglia di organizzarli.
La creatura si muoveva leggiadra tra di essi, arrivando di fronte ad un camino acceso, offrendogli un posto con un cenno della mano. Albert impiegò un secondo per accettare.
Il divora-libri teneva il libro tra le mani con delicatezza, come se avesse potuto sgretolarsi al minimo sforzo.
«Sai, fu Olga a cambiarmi.»
La voce della creatura si era riempita di dolcezza, ed Albert dovette impiegare un secondo per capire che era stato proprio lui a parlare.
«Veniva ogni giorno a leggere questo libro», lo alzò, mostrando la copertina. «Lo conosci?»
«L'ho letto quando ero piccolo.»
La creatura annuì lentamente, guardando di nuovo la copertina. «Sai di cosa tratta, no?»
«Un mostro va in città e conosce un amico.»
«Esattamente. Mi ero... ritrovato in quel personaggio. Per un momento, mi sono sentito parte del mondo anche io.»
La creatura guardò il fuoco. Nei suoi grandi occhi bianchi le scintille si riflettevano.
«Io ti ho già visto in passato, non è vero?»
Albert si freddò. Tornò a quella notte nella foresta, molti anni prima. Il fuoco gli prudeva il palmo.
«Sì.»
Il divora-libri poggiò il libro su una pila di tomi e avvicinò le sue mani a quelle di Albert. Il ragazzo sussultò quando la mano nera della creatura lo toccò con una delicatezza inaspettata, girando il palmo.
Annuì: «Mi ricordo. Ti sei bruciato con il tuo stesso incantesimo. Ti avevo spaventato?»
«Io…» abbassò lo sguardo, imbarazzato. «Sì.»
La creatura ridacchiò: «Perdonami. Anche se alla fine sono stato io a portarti fuori dalla foresta. I tuoi genitori ti stavano aspettando.»
Albert sussultò: «Hai incontrato i miei?!»
«Oh, no. Mi sono ritirato nella mia foresta. Ma ovviamente non potevo lasciarti lì.»
Sorrise, lasciandogli la mano.
Si volse verso il fuoco, lo scoppiettio che riempì l’aria con la sua giovialità.
«Albert, giusto?»
«Sì.»
«Io non ho veramente un nome, ma Olga me ne diede uno», rimase in silenzio qualche secondo, lo scoppiettare del fuoco l’unico suono. «Puoi chiamarmi Tom.»
Albert ridacchiò: «Mi è famigliare.»
«Beh, forse non sono andato in città, ma ho trovato comunque un amico.»



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Hayà
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#2 » sabato 19 dicembre 2020, 14:56

TEMA: Nulla è come sembra
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Bonus 1: Protagonisti adolescenti (Young Adult) -3

Albert ha sedici anni.

Bonus 2: Almeno una scena che generi “sense of wonder” -2
Spero che il flashback di Olga e l’arrivo di Albert nella casa del divora-libri contino come tali.

Bonus 3: Uso di flashback e/o flashfoward -2
L’incontro di Olga con il divora-libri è raccontato tramite un flashback.

Bonus 4: Uno specchio deve essere importante nella trama -2
Albert riesce a leggere il diario di Olga grazie ad uno specchio.

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Spartaco
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#3 » lunedì 21 dicembre 2020, 22:22

A TUTTI I PARTECIPANTI:
Se volete che La Sfida diventi qualcosa di più di un esercizio di scrittura sta a voi impegnarvi. Anche nella fase dei commenti cercate di superare i vostri limiti. Fate critiche costruttive, cercate le lacune dei racconti che dovete leggere e non fatevi problemi nell’esprimere il vostro pensiero in maniera onesta.
La perfezione non passa da queste parti ma insieme potete aiutarvi a migliorare.
Ultima nota, affinché la comunità cresca, se non l’avete fatto vi consiglio di iscrivervi al gruppo Facebook de La Sfida a…
https://www.facebook.com/groups/215238252346692

Red Robin
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#4 » sabato 26 dicembre 2020, 19:52

Allora Haya, il tuo racconto merita sicuramente qualche apprezzamento, ma secondo me è gravemente danneggiato dallo stile. Ci sono vari errori di diverso livello (refusi, ma anche altri gravi, come concordanze tra soggetto e verbo ed altri nell'uso della punteggiatura e nella sintassi della frase). Non voglio risultare però puntinoso e antipatico però, quindi te ne riporto di seguito alcuni per giustificare questa mia opinione, poi passo ai complimenti.
1) Cambiando discorso. Come va con la pratica di magia?- non è meglio inserire una virgola tra le due frasi? O un "cambiamo discorso" seguito dai due punti?
2)Sfogliò alcune pagine, cui bordi erano stati tagliati- il pronome deve essere preceduto dall'articolo determinativo.
3)per sedersi al sedile vicino alla porta d’entrata- è una ridondanza, togli sedile e lascia semplicemente "sedersi vicino alla porta d'entrata".
4)Un piccolo vortice di libri lo circondò, volando verso le loro postazioni, riempiendo l’aria con il loro frusciare- il soggetto è vortice, quindi anche gli aggettivi delle subordinate espresse con il gerundio devono concordare con esso.
Comunque, basta solo una buona revisione, perché per il resto il tuo stile, a mio modesto parere ovviamente, è anche piuttosto buono. Mi dispiace porre tanta insistenza sulla questione, ma queste piccole disattenzioni a tratti sottraggono anche parte del godimento della lettura.
Per quanto riguarda il racconto in sé, il tema è centrato, anche se non nel modo più originale e sorprendente: speravo in qualcosa di più che un mostro dal cuore tenero, o magari serviva che aggiungessi tu un taglio dal maggior impatto emotivo per personalizzare la vicenda (a volte, in casi simili, fa la differenza).
Confermo i bonus, anche mi sarebbe piaciuto avere qualche dettaglio più grottesco sull'aspetto del divora-libri per un'amplificazione del "sense of wonder". Il punto di forza principale è il protagonista, che è ben caratterizzato come adolescente, ma non è stereotipato. Ci sono entrato in empatia subito, perché mi piace anche la sua personalità curiosa. Le scene iniziali sono descritte molto bene dal punto di vista narrativo (riduci solo qualcosa in quella della chiusura notturna della biblioteca, per lasciare comunque la suspense, ma non rischiare di far divagare troppo il lettore). Ho apprezzato anche quella del confronto di Albert con la madre e, da bravo amante del fantasy, ho adorato il fatto che si parli di scoperta di nuovi poteri e delle conseguenze a livello fisico che essa può suscitare.

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Hayà
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#5 » sabato 26 dicembre 2020, 21:00

Grazie mille per il commento, Red Robin!
Sono contenta che ti sia piaciuto.
Non ho nulla da dire sui refusi e gli errori che mi hai segnalato: non ho scusanti. Nonostante l'abbia riletto, ancora ci sono cose che mi sfuggono. Grazie mille per averli segnalati! Soprattutto sul quarto punto che mi hai fatto notare... ho fatto un bel facepalm...
È piuttosto imbarazzante.

Per quanto riguarda il racconto in sé, il tema è centrato, anche se non nel modo più originale e sorprendente: speravo in qualcosa di più che un mostro dal cuore tenero, o magari serviva che aggiungessi tu un taglio dal maggior impatto emotivo per personalizzare la vicenda (a volte, in casi simili, fa la differenza).


Originariamente doveva esserci un legame più profondo tra Albert e il mostro (un'antica tradizione di famiglia che lui riportava alla luce e che lo avrebbe aiutato a riscattarsi agli occhi dei genitori), ma purtroppo un po' per via del limite di caratteri e un po' perché mi era rimasto poco tempo, sono stata costretta a tagliarlo e semplificarlo parecchio.
Sul fatto del tema, ammetto che qui c'è anche un po' di bias personale: ho un debole per le storie con mostri dal cuore tenero e volevo provare a scriverlo per questa occasione!

Apprezzo molto il fatto che Albert ti sia piaciuto! Ero preoccupata: non sapevo se sarei riuscita a renderlo apprezzabile in così "poco tempo", perciò il tuo commento mi rincuora!

Le scene iniziali sono descritte molto bene dal punto di vista narrativo (riduci solo qualcosa in quella della chiusura notturna della biblioteca, per lasciare comunque la suspense, ma non rischiare di far divagare troppo il lettore).

Ho un po' sorriso perché in una versione precedente la scena della chiusura notturna era molto più corta, ma ho voluto renderla un poco più lunga. Forse ho esagerato!

Di nuovo grazie per il commento: terrò ben a mente il fatto della revisione!

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Giovanni Attanasio
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#6 » mercoledì 30 dicembre 2020, 14:39

Ciao!

La storia è molto fiabesca, almeno per me. Mi piace l'idea del mostro buono e hai fatto un ottimo lavoro nel bilanciare il suo mistero e la sua pericolosità con l'effettiva realtà dei fatti.
Ci sono elementi dell'ambientazione che mi convincono poco. Sino a quando non ho letto dell'autobus pensavo che fossimo in una sorta di passato non meglio precisato. Avrei preferito qualche dettaglio scenico per introdurmi al tempo e il luogo in cui si svolge la storia. Per essere chiaro: al posto del bus mi aspettavo una carrozza o un cavallo. Ci sono altri elementi strani, ma penso siano legati alla mia preferenza personale sull'urban-fantasy (se di quel genere qui si tratta) e non li terrò in considerazione per il giudizio finale.
Personalmente non mi è piaciuto molto che il personaggio, ogni tanto, parli con se stesso per spiegare al lettore, anche qui si tratta di una preferenza personale.

Alla prossima lettura, ciao!
"Scrivo quello che voglio e come voglio. Fatevelo piacere."

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Hayà
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#7 » mercoledì 30 dicembre 2020, 21:01

Grazie per il commento, Giovanni!

Pensa che in una prima versione la storia sembrava veramente una storia per bambini! Ho modificato alcune cose per renderlo (spero) appetibile per qualcuno sopra i 10 anni.

Sull'ambientazione: mea culpa. Volevo usare un'ambientazione contemporanea per questa storia e per quello ho inserito l'autobus, ma non ho pensato che potesse essere discordante con un'idea iniziale che il lettore si sarebbe fatto. Solo ora mi rendo conto che sarebbe stato molto facile inserire un computer o un cellulare da qualche parte per rendere l'ambientazione chiara fin dall'inizio. Grazie per avermelo detto!

Sul fatto che il personaggio parli da solo: ammetto che non è una soluzione molto elegante. Di norma evito questo genere di cose inserendo un secondo personaggio, ma qui il personaggio è solo.

Mi fa piacere che tu abbia trovato buono il bilancio tra il mistero e la realtà dei fatti! Temevo che il mostro non sembrasse così pericoloso all'inizio, quindi mi fa piacere che non sia così.

Grazie di nuovo!

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#8 » domenica 3 gennaio 2021, 23:30

Ciao Soraia.
Arrivato a fine racconto, la sensazione percepita dal tuo racconto è stata di disequilibrio. Tralasciando questioni inerenti originalità o meno della trama, il brano presenta a mio avviso un grosso problema nella gestione dei pesi delle singole scene. La prima parte risulta infatti parecchio lenta, a scapito della seconda, quella sulla carta maggiormente interessante, visto che è in essa che si svolge l'incontro tra protagonista e "mostro". Per intenderci, quando Albert corre verso la fermata dell'autobus sono già passati più di 12k caratteri. Ne passano quasi altri 4k prima dell'incontro col mostro. Alla fine, meno di 4k caratteri sono dedicati all'incontro, il quale comprende anche la rivelazione finale: parliamo di meno del 20%, decisamente poco, soprattutto se consideriamo che alcune scene potevano o essere eliminate in toto o comunque riviste in un'ottica di condensazione delle informazioni. Mi riferisco in particolare ai 1258 caratteri dedicati alla sgridata della madre, scena che non aggiunge nulla né alla trama né alla caratterizzazione del protagonista.

Sempre in merito alla non ottimale gestione dei tempi, c'è poi la questione, già sollevata da chi mi ha preceduto, dell'ambientazione. Anche qui, da una parte il fatto che la storia sia ambientata in una realtà tecnologicamente avanzata non comporta nulla ai fini dell'intreccio (tanto da apparire come un dettaglio buttato quasi a casaccio, senza un vero scopo), dall'altra arriva tardi, avendo come unico effetto quello di distrarre l'attenzione del lettore.
Detto questo, alcune note un po' più specifiche:

Per un secondo l'uomo abbassò lo sguardo verso le mani del ragazzo. In un gesto istintivo, le nascose nelle maniche della felpa. «Certo. C'è ancora tempo. Mi chiami se le serve qualcosa.»

Nella prima frase il soggetto è l’uomo. Ne consegue che, se non espliciti il cambio di soggetto, il lettore è tenuto a pensare che ciò valga anche nella frase successiva, quando invece quel “le nascose” è riferito al ragazzo. Oltretutto, se alla fine della seconda frase fai parlare proprio il ragazzo, la frase precedente, una volta esplicitato il cambio di soggetto, andrebbe messa a capo.

Con un goffo cenno della testa, il signor Russell si allontanò, prendendo posto ad una delle scrivanie libere.

Cosa significa “un goffo cenno della testa”? Sono certo che nella tua testa tu sia in grado di visualizzarlo con precisione, ma lo stesso non vale per il lettore. Ci troviamo, insomma, di fronte alla classica questione del raccontare VS mostrare. Attenzione inoltre alle D eufoniche, retaggio di un italiano che ormai non esiste più.

La ragazzina si sedette accanto alla creatura, poggiando il libro sulle sue gambe. Il mostro poggiò il suo muso appuntito sulla testa della ragazzina, mentre con gli occhi seguiva il movimento delle pagine.

Quanto sto per scrivere è un punto su cui mi sono soffermato commentando anche altri brani, in quanto trattasi anche di un mio difetto di scrittura: la sovrabbondanza di possessivi. Controlla attentamente le due frasi sopra riportate. In entrambe i possessivi sono superflui. Nella prima infatti la ragazzina si siede, quindi è ovvio che tu ti stia riferendo alle gambe di lei e non a quelle del mostro. Discorso analogo con "suo", visto che la parola "muso" non pone problemi di fraintendimenti.

La foresta buia mancava delle giocose prestazioni delle lucciole, in quella notte d'autunno.

Da una parte, inserita in un contesto comico o con un narratore ironico, questa frase sarebbe geniale. Nel caso del tuo racconto temo si tratti di un effetto involontario dettato dalla volontà di creare un'immagine poetica. Attenzione, però: questa frase è l'esempio lampante di come a volte una frase scritta solo perché "suona bene", provochi nel lettore sensazioni opposte a quelle immaginate dall'autore. Ecco perché il terreno delle metafore, delle similitudini, dei giochi di parole o, più in generale, delle figure retoriche è un terreno pericolosissimo da percorrere se non si dispone di una piena consapevolezza teorica. Tra l'altro, avevi già scritto a inizio racconto che era autunno (dettaglio superfluo ai fini della storia, ma questo è un altro discorso), quindi che bisogno c'era di ribadirlo?
Ora però espandiamo la citazione sopra riportata alle frasi che la seguono:

La foresta buia mancava delle giocose prestazioni delle lucciole, in quella notte d'autunno.
La luna piena regalava bagliori spettrali alle foglie e agli alberi, mentre il vento freddo tra i rami gli fece stringere i denti.
La notte era buia come allora. Chiudendo gli occhi per ritrovare il coraggio, fece qualche respiro.
Iniziò a camminare.

Anche qui, qualquadra non cosa. Prima dici che la notte è buia, poi però scrivi che la luna è piena e crea bagliori (ergo, c'è luce), poi di nuovo tutto torna buio. Sono 340 caratteri che da una parte creano confusione, dall'altra rallentano il ritmo della narrazione. Capisco la volontà di voler dar vita a un racconto che, anche nello stile, ricalchi quello delle storie per bambini, ma attenzione a non calcare troppo la mano su questo stile finto-aulico, altrimenti rischi di fare più danni che altro.

Tutti questi difetti purtroppo inficiano parecchio la godibilità del racconto, dando l'impressione di un testo scritto un po' troppo di fretta. Mi piacerebbe comunque leggere altro di tuo in futuro, anche se il mio consiglio è di cercare di asciugare il più possibile lo stile a favore della chiarezza e immediatezza delle informazioni che vuoi trasmettere al lettore.
Ultima modifica di Alessandro -JohnDoe- Canella il lunedì 4 gennaio 2021, 13:24, modificato 1 volta in totale.
lupus in fabula

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Hayà
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#9 » lunedì 4 gennaio 2021, 12:04

Ciao JohnDoe, grazie per aver letto e grazie per il commento!

Sul ritmo della narrazione, grazie per avermelo fatto notare. Avrei dovuto almeno dare più peso alla scena finale.

Sul fatto dell'ambientazione: totale mea culpa. Come ho già menzionato in un altro commento, inserire un riferimento a un cellulare o un computer all'inizio della storia sarebbe stato veramente facile e avrebbe risolto il problema.

Per "il goffo cenno della testa", intendevo un gesto dettato dalla timidezza. Russell ha appena toccato un "tasto dolente" per Albert e se ne vergogna. Era quello che intendevo, ma non è trasparito bene. Per le D eufoniche, non sei il primo a dirmelo... è un'abitudine dura a morire, alle elementari me le hanno inculcate in testa.

Sullo stile da asciugare: sono nel bel mezzo di un processo di "semplificazione" del mio stile. Fino a poco tempo era fin troppo pieno di dettagli e simil-poetico, ma ora lo sto limando e sto cercando il giusto equilibrio. Ma c'è ancora da sistemare!

Comunque, grazie per il tuo commento! Mi ha fatto riflettere parecchio. Questo testo ha davvero bisogno di una bella rilettura e limatura delle imperfezioni.

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Stefano.Moretto
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#10 » lunedì 4 gennaio 2021, 21:14

Ciao Soraia
il tuo racconto è quello più "lineare" che ho letto finora nel tuo gruppo. La trama è semplice e ben disposta, ma in ogni scena si sente che c'è qualcosa che manca. Sei stato bravo a mettere un senso di conflitto per l'uso della magia, ma poi sparisce perché il protagonista la usa senza problemi né ritorsioni (tranne quelle avute molti anni prima). Hai messo la paura, però poi non c'è un effettivo pericolo. C'è una costante aspettativa che viene metodicamente disillusa. Probabilmente la storia che avevi in mente necessitava di più spazio per mostrare tutto il suo potenziale.
Riguardo lo stile, ti lascio gli appunti che trovo più incisivi per il tuo racconto.
Nell'incipit c'è un problema di locazione: sappiamo che ci sono due personaggi di cui uno appena arrivato, ma non abbiamo idea di dove siano né di chi siano. In pratica abbiamo un generico uomo e un generico ragazzo che parlano sospesi nel vuoto per 940 caratteri, finché non compare la parola "scrivanie" e possiamo iniziare a immaginare un po' di contorno (anche se pochissimo). Cerca di evitare situazioni del genere, i personaggi sospesi nel vuoto non permettono al lettore di entrare nella tua storia. Problema simile poco dopo, quando una voce appartenente a non si sa chi sostiene un'intera conversazione, qui non sappiamo proprio nulla dell'interlocutore. Scopriamo solo molto dopo che è di nuovo Russell, cosa che è contro intuitiva dato che prima aveva chiamato il protagonista Albert e dopo Signorino Zanti.

Sempre nell'incipit ti segnalo questo pezzo molto problematico:
Incastonato nel legno, in una piccola teca di vetro, c'era una pietra. Albert la toccò con delicatezza, leggendone le informazioni contenute.

Qui ci sono diversi problemi diversi:
1) Descrive la pietra come se fosse un oggetto che non si aspetta di trovare lì: non ha un nome proprio, è "una pietra". Da come si comporta dopo è evidente che lui sa perfettamente cosa sia quella pietra, perché è lì e a cosa serve, ma a noi lettori sembra un elemento messo lì a caso senza motivo, c'è una discrepanza troppo forte tra ciò che il lettore sa e ciò che invece sa il personaggio. Avresti potuto piazzare una microsemina aggiungendo un nome parlante, tipo "la pietra segnaposto"; dandole un nome che il personaggio riconosce noi lettori capiamo al volo che quella pietra è giusto che sia lì e che il protagonista sa esattamente cos'è.
2) Anche l'ordine in cui vengono presentati gli elementi è un po' problematico: legno -> teca -> pietra, come se prima vedesse lo scaffale, poi la teca di vetro e solo alla fine si accorgesse che c'è una pietra dentro, mentre è evidentemente il fulcro dell'interesse; dici che è la pietra incastonata nel legno, però presenti questi due elementi come primo e ultimo con in mezzo la teca, il fatto che sia incastonato diventa confuso. Inoltre il protagonista tocca la pietra senza sollevare la teca di vetro.
3) "Albert toccò la pietra leggendone le informazioni": queste due azioni non avvengono in contemporanea, quindi l'uso del gerundio è sbagliato. Prima tocca la pietra, poi le informazioni compaiono (o gli vengono proiettate in testa, non è chiaro cosa succede), poi le legge. Forse intendevi dire che legge le informazioni durante il contatto, ma è comunque una forma non ottimale per esprimere questo concetto. Ho notato che fai un largo uso dei gerundi. Ti consiglio di farci molta attenzione perché sono difficili da usare correttamente, siamo abituati a usarli sempre e comunque senza preoccuparci del loro vero senso, ma è un errore.
4) "le informazioni". Quali informazioni? Il protagonista sta leggendo qualcosa, ma noi no. Non siamo più nel suo punto di vista.

Altri problemi di descrizioni:
Testa irsuta da dove spuntavano zanne bianche, due grandi occhi gialli che lo osservavano, spuntando fuori dall'abisso nero in cui erano conficcati. Mosse le due orecchie sulla testa, inclinandola.

Questo è tutto quello che sappiamo della creatura. Descrivi sempre ed esclusivamente la sua testa, non sappiamo proprio nulla del resto del corpo (giusto alla fine vengono nominati degli artigli). Io me lo sono immaginato come una sorta di lupo mannaro, ma se avessi voluto mantenere la focalizzazione fedele al 100% avrei visto una testa mostruosa volante. Fai attenzione quando descrivi le cose, ho notato che tendi a essere un po' ripetitivo con gli aggettivi che usi e ti focalizzi su pochi dettagli. Quando scrivi prova a chiudere gli occhi e immaginarti la scena dal punto di vista del protagonista: cosa vede nel dettaglio? Scrivi in modo che il lettore provi la stessa sensazione che immagini nella tua testa.

Spero di esserti stato utile, alla prossima!

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Artemis Entreri
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#11 » sabato 9 gennaio 2021, 19:47

Ciao Hayà, piacere di leggerti.
Io amo sia il narratore onnisciente che la narrazione in terza persona, per cui ho gradito in modo particolare leggere il tuo racconto.
L'ambientazione magica fantasy è una cosa che mi piace, per cui le mie impressioni su trama e mondo non possono essere che positive. Devo dire che mi aspettavo più un setting medievale che urban-fantasy, cui sono rimasta un poco male quando mi è sbucato l'autobus dal nulla! È solo un dettaglio secondario, però, non rovina il gusto della storia, che sa di fiaba.
La trama si sviluppa lineare per più di mezza storia, con descrizioni suggestive e richiami al passato del protagonista che fanno capire un po' cosa bolla in pentola, ma senza rivelarlo del tutto.
La parte finale dà la sensazione di essere affrettata, anche se l'incontro con la 'bestia' resta pieno di phatos.
C'è giusto una cosa che mi ha lasciato dubbiosa: perché Albert prova terrore all'idea di rivedere la creatura? Se pensa sia pericolosa non dovrebbe andare da lei. Avrebbe più senso provare anticipazione, un misto di ansia ed eccitazione/impazienza, visto che va nella foresta proprio per incontrare la creatura, di sua volontà.
Ben centrato il tema e presenti tutti i bonus.
Unica nota stonata, il testo è pieno di errori e sviste che spesso fanno aggrottare la fronte durante la lettura. Niente di così grave, però, da non poter essere sistemato con l'aiuto di un buon editor o il consiglio di qualche beta-lettore.

Ti segnalo quindi un bel po' di cose che - secondo la mia sensibilità - andrebbero riviste e anche qualche typo, sperando di essere d'aiuto (sono pigra e non uso l'HTML per citare, abbi pazienza).
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Hayà
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#12 » domenica 10 gennaio 2021, 11:35

Chiedo scusa per il ritardo delle risposte!
Parto con il commento di Stefano.Moretto:

Prima di tutto, grazie per averlo letto! Ammetto che la storia che avevo in mente è risultata troppo lunga per il limite di 20k caratteri e ho dovuto tagliare alcune cose che avrebbero arricchito la storia (la scena della sgridata della madre è un chiaro esempio).

Grazie per gli ulteriori commenti sullo stile, soprattutto sulle descrizioni (e i gerundi! Un'altra cosa che sto cercando di sfoltire nel processo di pulizia del mio stile - prima era ancora peggio...).

Il tuo commento mi è stato decisamente utile, grazie molte!

Per Artemis Entreri:
Anche a te, grazie prima di tutto per averlo letto. Mi fa molto piacere che ti sia piaciuto!
Per il fatto dell'ambientazione, sto ancora digerendo l'imbarazzo per non aver inserito un riferimento "moderno" fin dalle prime righe, che sarebbe stato veramente facile da inserire. Concordo sul finale, che poteva essere decisamente arricchito.

Sul perché Albert ha paura di rivedere la creatura: Albert l'ha già incontrata anni prima, quando si perse nella foresta. Vedendolo, si spaventò, usò un'incantesimo ma finì con il bruciarsi la mano. Alla fine decide di ritornare nella foresta per 1) scoprire di più sul legame tra la bisnonna e la creatura, 2) superare la sua stessa paura. Ci sarebbe anche la motivazione di andare lì per riscattarsi agli occhi dei genitori, ma ammetto che è uscita molto in secondo piano per una mia mancanza di abilità nello gestire lo spazio a disposizione. Spero abbia senso!

Grazie per tutti gli errori che mi hai segnalato: un'altra cosa su cui mi sto mordendo le mani!

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Mauro Lenzi
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Re: Il divora-libri - Soraia Patrizi

Messaggio#13 » domenica 10 gennaio 2021, 23:55

Ciao Soraia, arrivo in ritardo, chiedo scusa.

Vedo che ti hanno già detto tanto, e che ne stai facendo tesoro: continua a limare il tuo stile e sono convinto che col tuo atteggiamento costruttivo vedrai miglioramenti in poco tempo.
Anche io sono rimasto disorientato dalla collocazione dell’ambientazione, che è arrivata un po’ tardi. Non mi intendo di narrativa per adolescenti, per cui prendi questa mia osservazione con le pinze. Questo racconto mi dà l’impressione di essere orientato a una fascia d’età più giovane di uno young adult; e per venire incontro alle esigenze di un adolescente, credo lavorerei di più sul mondo fantastico in cui si muove il giovane Zanti.
L’idea dell’ustione per la magia andata male, contro un mostro di cui si ricorda poco… e poi tornare da esso e affrontarlo, è fortemente simbolica. Mi è piaciuta. Certo, c’è l’elemento della bisnonna che stempera la minaccia, ridimensionandola ma anche ponendola in altra luce. Ma l’affrontare le proprie paure, anche se viste in altra luce, rimane.
Ho però trovato il mostro immediatamente troppo affabile: il senso di paura e di minaccia si è dissolto immediatamente. Anche questo “mostro rassicurante” mi ha fatto pensare a un racconto per un target più giovane.
Per cui a una revisione accentuerei il senso di minaccia, ad esempio con un mostro apparentemente minaccioso (cercando di lavorare su qualche dettaglio che lo renda meno cliché).
Infine il senso di inadeguatezza di Albert, simboleggiato dalla ferita e accentuato dalle ansie della madre, è un punto di forza della storia e si potrebbe lasciar trapelare in qualche pensiero: naturalmente senza scadere nella pesantezza e nell’autocommiserazione.

Spero di averti dato qualche spunto utile, sia per un’eventuale revisione che per i tuoi nuovi scritti, che attendo con curiosità.
Alla prossima!

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