ROBERTO BOMMARITO EDITION (GS)- La luna alta nel cielo

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Omaima Arwen
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ROBERTO BOMMARITO EDITION (GS)- La luna alta nel cielo

Messaggio#1 » domenica 9 agosto 2015, 19:08

ROBERTO BOMMARITO EDITION (GS)- La luna alta nel cielo di Omaima Marfoq

La luna è alta nel cielo. Finalmente sento il soffiare del vento. La strada sotto di me vola via. Sono felice di andarmene.
I miei pensieri tornano a quel giorno maledetto.
Era il 17 Agosto. Il giorno del mio undicesimo compleanno.
Fuori il sole splendente illuminava il verde delle colline. Mamma era in cucina. La torta gelato era pronta; mi affrettai a portarla in frigorifero, quando il telefono di mia madre squillò attirando la mia attenzione.
“Sei già di ritorno?.... Va bene, va bene…. Edoardo vuole venire con te…” rispose mamma.
“Edoardo, preparati che tra poco arriva papà. Dovete andare a comprare le candeline per la torta” disse subito dopo cercando di sorridere.
Annuii e andai a vestirmi.
Papà era appena tornato. Non smetteva di sbuffare e lamentarsi. Odiavo questo suo atteggiamento.
“Ciao, papà” dissi in tono apparentemete allegro. Lui si voltò verso di me e ricambiò il saluto.
“Dov’è tua madre?” chiese poi in tono furente.
“E’ in cucina” farfugliai. La raggiunse e qualche istante dopo iniziarono a litigare. Non li sopportavo quando facevano così. Soprattutto quando parlavano in quella strana lingua, che non mi avevano mai voluto far imparare. Non era la prima volta che discutevano, ma quel giorno avevano davvero esagerato. Non avevo idea della ragione che li aveva spinti al litigio, ma si stava facendo tardi, così decisi di avvertirli.
Io e mio padre ci precipitammo in macchina.
Il suo telefono squillò. Ma lui rifiutò la chiamata. Continuava a suonare, incessantemente.
Guardai in faccia mio padre e notai la sua strana espressione. Pensai agli inspiegalibi e alquanto sospetti atteggiamenti che mio padre assumeva quando tornava dal lavoro. Non uscivamo più insieme e aveva continue discussioni con mia madre. Avrei dovuto capirlo prima, ma non conoscevo molto del suo lavoro a quei tempi. Sapevo soltanto che talvolta guadagnava davvero molto.

Notai che la strada da noi percorsa fino ora non mi era familiare. Non era quella per il super mercato, luogo in cui saremmo dovuti essere diretti.
Si stava facendo buio quando giungemmo in un’area isolata della città.
Mio padre non sembrava più essere in sé.
“Adesso, sta qua! In macchina! Zitto!” gridò.
Lo vidi entrare in quell’edificio.
Iniziai a preoccuparmi quando papà uscì affiancato a un uomo corpulento.
Entrarono entrambi in macchina. Parlavano di qualcosa molto importante da fare, sentii inoltre numerose volte il pronunciare del mio nome, ma non riuscii a capire molto, poiché discutevano in quella strana lingua a me sconosciuta. Me ne stavo in silenzio, incapace di parlare.
La macchina si fermò davanti a un condominio. Questa volta mio padre mi ordinò di scendere.
L’uomo mi trascinò per la maglia. Mi sentivo completamente disorientato. Cosa ci facevamo qui?
Entrammo precipitosamente in una stanza, al secondo piano.
Ci ritrovammo dinanzi a un uomo di mezza età. Le pistole puntate.
“Non siete soli… chi è questo?” disse l’uomo abbassando la pistola e indicandomi.
Mio padre non rispose.
“Vorreste pagare i vostri debiti in questo modo?” domandò.
Mi girai verso mio padre. Non riuscivo a capire che cosa stesse accadendo.
“Papà…” farfugliai fissandolo.
“Sì…sarà al tuo servizio, finché i miei conti saranno saldati...” rispose senza aggiungere altro.



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maria rosaria
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Messaggio#2 » lunedì 10 agosto 2015, 10:50

Ciao Omaima.
Il racconto mi sembra migliorato.
Toglierei alcuni avverbi in "mente" che appesantiscono la lettura:
Fuori il sole splendente illuminava il verde delle colline

“Ciao, papà” dissi in tono apparentemete che sembrava allegro.

“Dov’è tua madre?” chiese poiin tono furente lui .

Il suo telefono squillò. Ma lui rifiutò la chiamata (e quello) continuava a suonare, incessantemente.

L’uomo mi trascinò per la maglia. Mi sentivo completamente disorientato. Cosa ci facevamo qui?
Entrammo precipitosamente (di corsa) in una stanza, al secondo piano.

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Queste sono le modifiche che farei.
Per il resto mi sembra efficace.

maria rosaria
Maria Rosaria

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maria rosaria
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Messaggio#3 » lunedì 10 agosto 2015, 10:56

Con le modifiche che ho appena suggerito Chiedo la grazia per Omaima.

Scusate, ma è la prima volta per me in questo Laboratorio.
Spero di aver fatto bene.

maria rosaria
Maria Rosaria

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Spartaco
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Messaggio#4 » lunedì 10 agosto 2015, 12:20

Tranquilla, in questa formula è la prima volta per tutti. ;)

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Vastatio
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Messaggio#5 » lunedì 10 agosto 2015, 22:01

Ciao,

mi piace come hai sistemato alcune "ingenuità" della versione del contest. La lingua straniera è un buon modo per giustificare il fatto che il ragazzo non capisca, così come l'aver eliminato il fucile. La lingua però fai attenzione che non è così facile da non imparare, soprattutto se litigano spesso. Magari un bambino non la saprà parlare, ma capire è molto più facile.

Trovo "inutile" il passare a prendere l'altro uomo. Capisco che tu lo voglia usare per mostrare l'ansia crescente del figlio, ma puoi avere lo stesos risultato facendolo rispondere al telefono alla chiamata del suo "datore di lavoro". tanto più che immagino che la questione dei debiti sia squisitamente personale e non mi spiego a cosa serva il terzo incomodo.

Inoltre il preambolo è ancora irreale. Si può entrare e uscire così "pacificamente" da una società criminale e lasciare il protagonista  così "poetico e ispirato"?

Omaima Arwen
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Messaggio#6 » martedì 11 agosto 2015, 15:53

La luna alta nel cielo di Omaima Marfoq

La luna è alta nel cielo. Finalmente sento il soffiare del vento. La strada sotto di me vola via. Sono felice di andarmene, anche se è stata davvero dura.
I miei pensieri tornano a quel giorno maledetto.
Era il 17 Agosto. Il giorno del mio undicesimo compleanno.
Fuori il sole splendente illuminava il verde delle colline. Mamma era in cucina. La torta gelato era pronta; mi affrettai a portarla in frigorifero, quando il telefono di mia madre squillò attirando la mia attenzione.
“Sei già di ritorno?.... Va bene, va bene…. Edoardo vuole venire con te…” rispose mamma.
“Edoardo, preparati che tra poco arriva papà. Dovete andare a comprare le candeline per la torta” disse subito dopo cercando di sorridermi.
Annuii e andai a vestirmi.
Papà era appena tornato. Non smetteva di sbuffare e lamentarsi. Odiavo questo suo atteggiamento.
“Ciao, papà” dissi. Lui si voltò verso di me e ricambiò il saluto.
“Dov’è tua madre?” chiese poi in tono furente.
“E’ in cucina” farfugliai. La raggiunse e qualche istante dopo iniziarono a litigare. Non li sopportavo quando facevano così. Soprattutto quando parlavano in quella strana lingua, che non mi avevano mai voluto far imparare. Non era la prima volta che discutevano, ma quel giorno avevano davvero esagerato. Non avevo idea della ragione che li aveva spinti al litigio, ma si stava facendo tardi, così decisi di avvertirli.
Io e mio padre ci precipitammo in macchina.
Il suo telefono squillò. Ma lui rifiutò la chiamata. Continuava a suonare, incessantemente.
Guardai in faccia mio padre e notai la sua strana espressione. Pensai agli inspiegabili e alquanto sospetti atteggiamenti che assumeva quando tornava dal lavoro. Non uscivamo più insieme e aveva continue discussioni con mia madre. Avrei dovuto capirlo prima, ma non conoscevo molto del suo lavoro a quei tempi. Sapevo soltanto che talvolta guadagnava davvero molto.

Notai che la strada da noi percorsa fino ora non mi era familiare. Non era quella per il super mercato, luogo in cui saremmo dovuti essere diretti.
Si stava facendo buio quando giungemmo in un’area isolata della città.
Mio padre non sembrava più essere in sé.
“Adesso, sta qua! In macchina! Zitto!” gridò.
Lo vidi entrare in quell’edificio.
Iniziai a preoccuparmi quando papà uscì affiancato a un uomo corpulento.
Entrarono entrambi in macchina. Parlavano di qualcosa molto importante da fare, sentii inoltre numerose volte il pronunciare del mio nome, ma non riuscii a capire di più, poiché discutevano in quella strana lingua a me sconosciuta. Me ne stavo in silenzio, incapace di parlare.
La macchina si fermò davanti a un condominio. Questa volta mio padre mi ordinò di scendere.
L’uomo mi trascinò per la maglia. Mi sentivo disorientato. Cosa ci facevamo qui?
Entrammo di corsa in una stanza, al secondo piano.
Ci ritrovammo dinanzi a un uomo di mezza età. Le pistole puntate.
“Non siete soli… chi è questo?” disse l’uomo abbassando la pistola e indicandomi.
Mio padre non rispose.
“Vorreste pagare i vostri debiti in questo modo?” domandò.
Mi girai verso mio padre. Non riuscivo a capire che cosa stesse accadendo.
“Papà…” farfugliai fissandolo.
“Sì…sarà al tuo servizio, finché i nostri conti saranno saldati...” rispose senza aggiungere altro.

alexandra.fischer
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Messaggio#7 » martedì 18 agosto 2015, 9:07

Ciao Omaima Arwen,
trovo che questa versione del racconto sia molto migliorata, rispetto alle due precedenti.
Il personaggio del padre è molto ben caratterizzato: è legato al mondo del crimine. Di qui la sua scaltrezza e il carattere spietato.
La madre resta sullo sfondo, sottomessa e fragile. E' l'unica a voler davvero bene a Edoardo. Rendi questo affetto molto bene nella scena della torta gelato.

L'unica cosa da risistemare: super mercato. Si scrive supermercato.

Chiedo la grazia per Omaima Arwen

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Spartaco
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Messaggio#8 » martedì 18 agosto 2015, 15:32

il racconto ha raggiunto la seconda richiesta di GRAZIA.

Coraggio, ne manca solo una!

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Flavia Imperi
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Messaggio#9 » martedì 18 agosto 2015, 18:30

Ottima suspanse, c'è un bel crescendo che cattura l'attenzione e fa venire voglia di saperne di più. Forse c'è ancora da lavorare un po' sullo stile, riuscire a dire di più con meno parole, ma quello matura piano piano. Nel complesso, mi sembra molto migliorato e godibile.

Chiedo la grazia!
Siamo storie di storie

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Spartaco
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Messaggio#10 » giovedì 20 agosto 2015, 22:54

Omaima, attendo la tua convocazione. In quattro sono già passate in vetrina, ora tocca a te!

Fernando Nappo
Messaggi: 584

Messaggio#11 » venerdì 21 agosto 2015, 8:35

Ciao Omaima,
resto del parere che si potrebbe eliminare il tizio che vanno a caricare, ma nel complesso trovo quest'ultima versione più chiara e scorrevole, elimiate alcune piccole incongruenze e ingenuità della prima versione, come il fucile dato al ragazzino, con personaggi meglio caratterizzati e una suspense meglio gestita.

Chiedo la grazia.

Omaima Arwen
Messaggi: 45

Messaggio#12 » venerdì 21 agosto 2015, 11:42

La luna alta nel cielo di Omaima Marfoq

La luna è alta nel cielo. Finalmente sento il soffiare del vento. La strada sotto di me vola via. Sono felice di andarmene, anche se è stata davvero dura.
I miei pensieri tornano a quel giorno maledetto.
Era il 17 Agosto. Il giorno del mio undicesimo compleanno.
Fuori il sole splendente illuminava il verde delle colline. Mamma era in cucina. La torta gelato era pronta; mi affrettai a portarla in frigorifero, quando il telefono di mia madre squillò attirando la mia attenzione.
“Sei già di ritorno?.... Va bene, va bene... Edoardo vuole venire con te…” rispose mamma.
“Edoardo, preparati che tra poco arriva papà. Dovete andare a comprare le candeline per la torta” disse subito dopo cercando di sorridermi.
Annuii e andai a vestirmi.
Papà era appena tornato. Non smetteva di sbuffare e lamentarsi. Odiavo questo suo atteggiamento.
“Ciao, papà” dissi in tono apparentemente allegro. Lui si voltò verso di me e ricambiò il saluto.
“Dov’è tua madre?” chiese poi.
“E’ in cucina” farfugliai. La raggiunse e qualche istante dopo iniziarono a litigare. Non li sopportavo quando facevano così. Soprattutto quando parlavano in quella strana lingua, che non mi avevano mai voluto far imparare. Non era la prima volta che discutevano, ma quel giorno avevano davvero esagerato. Non avevo idea della ragione che li aveva spinti al litigio, ma si stava facendo tardi, così decisi di avvertirli.
Io e mio padre ci precipitammo in macchina.
Il suo telefono squillò. Ma lui rifiutò la chiamata. Continuava a suonare, incessantemente.
Guardai in faccia mio padre e notai la sua strana espressione. Pensai agli inspiegabili e alquanto sospetti atteggiamenti che assumeva quando tornava dal lavoro. Non uscivamo più insieme e aveva continue discussioni con mia madre. Avrei dovuto capirlo prima, ma non conoscevo molto del suo lavoro a quei tempi. Sapevo soltanto che talvolta guadagnava davvero molto.

Notai che la strada da noi percorsa finora non mi era familiare. Non era quella per il supermercato, luogo in cui saremmo dovuti essere diretti.
Si stava facendo buio quando giungemmo in un’area isolata della città.
Mio padre non sembrava più essere in sé.
“Adesso, sta qua! In macchina! Zitto!” gridò.
Lo vidi entrare in quell’edificio.
Iniziai a preoccuparmi quando papà uscì affiancato a un uomo corpulento.
Entrarono entrambi in macchina. Parlavano di qualcosa molto importante da fare, sentii inoltre numerose volte il pronunciare del mio nome, ma non riuscii a capire di più, poiché discutevano in quella strana lingua a me sconosciuta. Me ne stavo in silenzio, incapace di parlare.
La macchina si fermò davanti a un condominio. Questa volta mio padre mi ordinò di scendere.
L’uomo mi trascinò per la maglia. Mi sentivo disorientato e perplesso. Cosa ci facevamo qui?
Entrammo di corsa in una stanza, al secondo piano.
Ci ritrovammo dinanzi a un uomo di mezza età. Le pistole puntate.
“Non siete soli… chi è questo?” disse l’uomo abbassando la pistola e indicandomi.
Mio padre non rispose.
“Vorreste pagare i vostri debiti in questo modo?” domandò.
Mi girai e guardai in faccia mio padre. Non riuscivo a capire che cosa stesse accadendo.
“Papà…” farfugliai non smettendo di fissarlo.
“Sì…sarà al tuo servizio, finché i nostri conti saranno saldati...” rispose infine senza aggiungere altro.

Omaima Arwen
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Messaggio#13 » venerdì 21 agosto 2015, 11:43

Sfido Spartaco

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alberto.dellarossa
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Messaggio#14 » sabato 22 agosto 2015, 19:59

Ciao Omaima, spero di essere ancora in tempo per darti un parere, nonostante Spartaco sia già stato sfidato. Il racconto, alla luce delle correzioni effettuate è sicuramente più efficace. Ciò che mi lascia perplesso è il troppo non detto. La storia può funzionare egregiamente, ma la sospensione d'incredulità vacilla di fronte alla schiziofrenia del comportamento del padre, che nella prima parte del racconto sembra essere comunque un genitore, seppur scostante, mentre nella seconda si comporta in maniera incredibilmente fredda di fronte a un atto così importante come dare proprio figlio in servizio alla mala: non che questo non possa avvenire, anzi, ma mancano dei passaggi narrativi intermedi che consentano al lettore di costruire una coerenza narrativa. Personalmente avrei insistito sulla drammaticità del litigio, visto che risulta evidente che l'argomento cardine della discussione è proprio il destino del bambino, se non altro per fare da contraltare all'enormità del dare un figlio in servizio a un malavitoso.

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