Il mio universo

Dimensioni parallele? O semplice follia? Non lo si può sapere. In fondo la propria casa, da cui tutti partiamo, sembra sempre un po’ un paese delle meraviglie. Un racconto di Daniele Picciuti.

 
«L’altro universo» sussurra la ragazza mentre le verso il tè che mi ha chiesto «quello da cui provengo, è molto diverso da questo.»
Parole che scivolano addosso come acqua. Colme di significati nascosti che uno del mio stampo è abituato a cogliere. Tracce di follia, soprattutto.
«Davvero» dico, usando un tono che non assomiglia neppure lontanamente a una domanda.
Lei sorseggia il suo tè muta, fissando un’immagine invisibile accanto a me. Sorride. Nei suoi occhi posso vedere la menzogna autoalimentarsi.
«Ci sono grandi alberi e piante variopinte» prosegue, stavolta guardandomi, ed è come essere visti da chilometri di distanza, come se lei fosse davvero in quell’altro posto «e infinite scale che non conducono da nessuna parte, specchi attraverso cui puoi passare e ritrovarti altrove, gatti invisibili e… ci sono strani animali, hanno colori bizzarri che non penseresti…»
«Devi capire…» stavolta mi alzo dalla poltrona e mi dirigo verso la finestra. Fuori la pioggia cade fitta e incessante su Londra, la gente in strada mi fa pensare a un formicaio devastato dall’acqua di un torrente «che non c’è nessun altro universo.»
Lei mi rivolge uno sguardo trasognato.
«Non dico buige. Nel mio universo» insiste, sfidandomi in un confronto di sguardi «nessuno mente. Non esistono le bugie, c’è solo la verità, pura e semplice.»
«Ti illudi» dico, schietto, voltandomi dalla sua parte. Il mio studio, così cupo e grigio, con i modelli meccanici, i cristalli di quarzo e gli ingranaggi a ruote, si chiude a riccio su di me, quasi soffocandomi. Forse è la prima volta che mi sento un estraneo in casa mia.
«No» fa lei, decisa.
«Ho viaggiato molto» le dico, indugiando con lo sguardo sui fogli che ho fatto incorniciare e affiggere al muro, raffiguranti gli schizzi a matita dei diversi stadi della mia invenzione «e non ho mai trovato un posto come quello che descrivi.»
«Tu hai viaggiato nel tempo» replica la giovane, arricciando nervosamente un ricciolo biondo tra le dita «ma io ti sto parlando di un luogo alternativo, in un altro spazio.»
Si sta inventando tutto, lo so. Dimensioni parallele? Non esistono, sono anni che i più grandi scienziati tentano di provarne l’esistenza.
«Ti ho trovata qui, Alice, in casa mia, di ritorno dal mio ultimo viaggio» mormoro, più a me stesso che a lei, quasi a volermene convincere «e dici di non sapere come ci sei arrivata…»
«Penso che tu mi abbia raccolta per sbaglio, Herbert. Dev’esserci stato un disturbo nella traccia temporale della tua macchina del tempo. Mi hai intercettata mentre inseguivo il Bianconiglio sperando che mi portasse fuori dalla sua tana… ma certo non avrei mai pensato di finire qui!»

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