Intervista a Luca Tarenzi

SPARTACO: Ciao Luca, grazie per esserti prestato a questa intervista. È con orgoglio che annuncio la tua presenza come Special Guest di Minuti Contati per il mese di Gennaio. Sapevi dell’esistenza del nostro contest? Cosa ti ha spinto ad accettare l’invito?
 
TARENZI: Buongiorno a voi!
A parlarmi per la prima volta del vostro contest è stata la mia amica e collega Aislinn, vostra ospite di qualche edizione fa, che mi ha raccontato di averla trovata un’iniziativa interessante e assai divertente.
Il vostro invito però mi è arrivato del tutto inaspettato, e sono io a considerarlo un grande onore, sul serio…
 
SPARTACO: Pagano, quasi sciamano, laureato in storia delle religioni, scrittore e blogger. Raccontaci chi è Luca Tarenzi.
 
TARENZI: Luca Tarenzi è una scimmia.
Una scimmia da marciapiede per la precisione.
Luca Tarenzi è basso, iperattivo e rumoroso, non si taglia i capelli da 12 anni e non se li pettina quasi mai (però se li lava), si ubriaca con il tè al limone, ha sbalzi d’umore violenti e si giustifica con la scusa che è dei Pesci, va ai concerti metal per urlare, gioca di ruolo come un ossesso, dorme in vasca da bagno, gli piacciono gli dèi, combatte con la spada laser, certe volte si veste da fauno, parla troppo e a voce troppo alta e sogna un giorno di lanciarsi dalla cima di una montagna con addosso una tuta alare.
 
SPARTACO: Prima di parlare di Luca Tarenzi autore mi piacerebbe parlare dello Shamanic pratictioner. Spiega ai nostri utenti cos’è e cosa rappresenta per te?
 
TARENZI: Uno shamanic practitioner è una persona che, pur non appartenendo per nascita a una cultura di tradizione nativa, studia e pratica per scelta una delle varie forme esistenti di sciamanesimo.
Questo non basta a definire se stessi sciamani: quella di sciamano è un’attribuzione che ti può venire solo da qualcun altro, da un maestro (uno vero) o da una comunità che ti riconosce come tale per i tuoi meriti pratici. Definirsi sciamani da soli è sciocco, presuntuoso e inutile.
Lo sciamanesimo è la mia spiritualità, la mia visione del mondo, il cammino umano che ho scelto per me stesso.
 
SPARTACO: La capanna dello sciamano è il tuo blog, in esso troviamo spunti di lettura, trattati e pensieri molto personali. Quanto si può capire di te leggendolo?
 
TARENZI: Probabilmente tutto.
Io ho la bocca troppo larga per riuscire a tenermi le cose per me, anche quando sarebbe decisamente meglio farlo!
Il mio blog è praticamente un resoconto della mia esperienza di essere umano, di pellegrino spirituale, di nerd del Ventunesimo secolo, di lettore e in misura minoritaria – volutamente minoritaria – anche di scrittore. Esiste perchè i miei lettori me lo hanno chiesto, e lo uso come una specie di tubo senza filtri (in realtà lo faccio anche su Facebook, ma quello è un profilo privato). Confesso persino le vere cifre di vendita dei miei libri, e di solito mi sento dare del pazzo sconsiderato per questo…
 
SPARTACO: Da poco è passato il natale; come vive queste festività un pagano?
 
TARENZI: Celebrando insieme alle persone che gli sono care la stessa fondamentale ricorrenza riconosciuta da tutte le religioni che festeggiano questo periodo dell’anno: la rinascita della Luce, il ritorno in Terra della speranza, la fine della notte più lunga e la promessa di un nuovo giorno.
 
SPARTACO: Hai pubblicato una decina di romanzi, ma solo uno è stato scritto sotto lo pseudonimo di Giovanni Anastasi. Perché usare uno pseudonimo e cosa significa per te questo nome?
 
TARENZI: Giovanni Anastasi è la versione italiana di Jean D’Anastasi, nome (o pseudonimo? probabilmente non lo sapremo mai) di un misconosciuto personaggio storico vissuto in Medio Oriente tra Settecento e Ottocento. Fu un antiquario, un mercante d’arte, un diplomatico e un appassionato di esoterismo, e a lui si deve la raccolta di buona parte di un corpus di scritti tardoantichi oggi chiamati Papiri Greci Magici. Su quei testi ho basato la magia che appare nel mio romanzo Demon Hunter Severian, e ho voluto omaggiare l’Anastasi storico firmando il libro con il suo nome, fondamentalmente per gioco
 
SPARTACO: In ordine di tempo Livio Gambarini, Aislinn e Marco Cardone, ti hanno indicato come uno dei loro punti di riferimento. Avere la stima dei colleghi è sintomo che si sta lavorando bene perché normalmente sono proprio loro i primi critici. Come vivi la figura dell’autore da emulare? Questa stima la riscontri anche tra i lettori e gli editori?
 

TARENZI: Io sono uno che si commuove facilmente, l’ho già detto che sono dei Pesci. I complimenti mi trasformano il cuore in una palletta di cera fusa, ma mi mettono anche molto in imbarazzo, tanto che a volte esagero nel cercare di scansarli (Livio Gambarini mi prende molto in giro per questo).
Non riesco a vedermi nel ruolo di esempio: sono troppo in basso, mi vedo come uno che ha idoli da emulare, non il contrario! Io vorrei essere Jim Hines, vorrei essere Patrick Rothfuss, vorrei essere Jim Butcher: l’idea che qualcuno possa voler essere Luca Tarenzi è semplicemente eccessiva, non ci entra nella mia testa.
I miei lettori non sono numerosi (o meglio, sono più di quanti avrei mai potuto sperare ma molti, molti meno di quanti ne vorrebbero gli editori), ma mi riversano nel petto un affetto talmente grande che sono costretto – davvero costretto a livello quasi fisico – ad amarli incondizionatamente a mia volta. È il solo caso di “amor che a nullo amato amar perdona” a cui abbia mai assistito in vita mia. Senza di loro, come scrittore non esisterei, punto e basta: avranno sempre la mia lealtà più totale.
 
SPARTACO: Sei un riferimento per i giovani e in molti ti considerano uno dei maggiori autori italiani nel fantastico, tanto che anche Dario Tonani (Guest Star di aprile ’15) ti ha menzionato tra gli autori da “tenere d’occhio”, eppure, di recente, hai dichiarato che almeno per ora non intraprenderai la carriera di scrittore professionista. Cosa ti ha portato a prendere questa decisione? Ma soprattutto, cos’è uno scrittore professionista in Italia?
 
TARENZI: Direi uno che, anche se nei fatti non vive della sua scrittura, ne ricava abbastanza da poter dire onestamente davanti a se stesso “Se volessi, potrei vivere di questo soltanto”. E non sto parlando solo di denaro: dalla scrittura si possono ricavare molte altre cose – soddisfazione, riconoscimento, sense of accomplishment in senso artistico… – che sono tutte componenti essenziali di quel complesso che ci permette di vivere. Oggi in Italia possono dire questo di se stessi ben pochi scrittori e pochissimi scrittori di fantastico, un numero realmente infinitesimale. Io non sono tra loro
 
SPARTACO: Noi di Minuti Contati caldeggiamo da sempre le ambientazioni nostrane. Noto con piacere che, nonostante il fantasy lasci molta libertà d’agire, i tuoi romanzi sono per lo più ambientati in Italia. Pensi che questo gli dia un valore aggiunto?
 
TARENZI: Secondo alcuni sì, secondo altri no. Negli anni ho assistito a discussioni incredibilmente feroci sull’argomento, anche molto prima che mi mettessi a scrivere anch’io. Da parte mia, non potrei fare diversamente da come ho fatto finora, per tante ragioni che includono – non lo negherò – anche un po’ di orgoglioso, piccato nazionalismo. Come ambientazione per un urban fantasy o per un fantasy storico l’Italia non ha proprio nulla in meno di un qualsiasi altro paese del mondo, anzi in molti casi ha parecchio di più. Dal mio punto di vista, di fantasy ambientati in Italia e/o dedicati ad argomenti prettamente italiani ce ne sono ancora troppo pochi, punto e basta
 
SPARTACO: Gli ultimi anni sono stati molto prolifici. Goodbreaker edito Salani, Poison fairies 1 e 2 editi Acheron books e Demon hunter Severian edito Acheron books. È stato più difficile far muovere Dei e semi Dei al tempo d’oggi, immaginare un mondo discarica o rievocare l’ambientazione storica?
 

TARENZI: Questa è una domanda che mi piace proprio.
Sono situazioni che pongono problematiche diverse.
Un urban fantasy con gli dèi a spasso nelle nostre città ti obbliga innanzi tutto a trovare il baricentro tra rappresentazione realistica (o perlomeno versomile) e irruzione dell’elemento fantastico che muove la storia. L’ambientazione storica, invece, da una parte ti richiede solida documentazione e dall’altra ti sfida a usare quel che hai imparato per costruire lo sfondo adatto al tuo romanzo e non un saggio storico grondante di dettagli dotti e perfettamente inutili. Da ultimo, un mondo come quello della Discarica di Poison Fairies ti chiede di essere costruito più come si costruisce un secondary world da fantasy classico che non un’ambientazione realistica, e quindi chiama in causa tutte le problematiche dei secondary world: coerenza interna, asse diacronico e sincronico del nuovo mondo e così via.
Per me sono tutte e tre sfide interessanti da affrontare, e ognuna a modo suo mi ha divertito e mi ha fatto dannare. Diciamo che Godbreaker è quella che mi ha provato di più sul piano emotivo, Demon Hunter Severian è quella che mi ha portato via più tempo in termini di lavoro preventivo e Poison Fairies è quella che mi ha costretto a spremermi di più per organizzare il mondo attorno ai personaggi
 
SPARTACO: Goodbreaker, Poison fairies e Demon hunter Severian si prestano per l’apertura di una saga. Quanti e quali di questi avranno un seguito (chiaramente nel caso di Poison fairies parliamo del terzo libro)?
 
TARENZI: Il terzo e ultimo volume di Poison Fairies lo sto già scrivendo, se non succede nessuna catastrofe sarà fuori nella seconda metà del 2016. Demon Hunter Severian era originariamente pensato come punto di partenza di una serie di 5 o 6 volumi, ma per ora l’editore non me ne ha richiesti altri: è possibile che decida di scriverli lo stesso, o almeno di scriverne qualcuno, ma al presente è presto per fare promesse, perdonatemi. Godbreaker, infine, non ha in programma un seguito vero e proprio ma esiste il progetto di uno spin off: anche questo al momento non ha un editore, ma – di nuovo – potrei decidere di produrlo lo stesso
 
SPARTACO: Immagino che non tutti i nostri autori ti conoscano. Se qualcuno dovesse iniziare a leggere i romanzi di Luca Tarenzi, da quale dovrebbe iniziare?
 
TARENZI: Oh, per me da uno qualsiasi!
A parte la trilogia di Poison Fairies i libri che ho scritto finora sono tutti autoconclusivi. A voler essere proprio pignoli, Le due lune, Quando il diavolo ti accarezza e Godbreaker hanno dei rimandi interni l’uno all’altro e dei personaggi in comune, e se li si volesse cogliere bisognerebbe leggerli in quest’ordine. Ma ribadisco che nessun riferimento è strettamente necessario: rimangono tre storie complete in se stesse
 
SPARTACO: Per te è meglio una storia originale o ben scritta?
 
TARENZI: Al solito, sarebbe meglio avere nel piatto entrambe le cose (è sempre chiedere troppo?…), ma se sono costretto a scegliere preferisco le storie ben scritte. Le idee originali da sole ben di rado salvano un romanzo scritto da cani; viceversa, una stesura adeguata rende godibile anche una storia che magari in se stessa non ha nulla di nuovo da dire
 
SPARTACO: La fantasia è uno dei tuoi punti di forza, ma come si può mantenere viva nonostante il passare degli anni (da qualche parte ho letto che stai aspettando il “solstizio della tua vita”)?
 
TARENZI: Drogandosi.
Le droghe migliori per nutrire l’immaginazione a mio avviso sono le nuove esperienze, i viaggi, la voglia di tentare cose mai tentate prima, il gusto per le assurdità, un certo disprezzo per le convenzioni sociali, la magia, il senso del ridicolo, la fame dell’orizzonte, l’esposizione a persone che pensano in maniera diversissima da te e – ma questo è ovvio – le storie che toccano il cuore e torcono lo stomaco, che siano libri, film, telefilm, fumetti, videogiochi, pièces teatrali o racconti ascoltati attorno a un fuoco la notte
 
SPARTACO: Luca Tarenzi è uno degli autori preferiti dalle nostre Guest, ma anche lui ne avrà di suoi. Quali sono gli scrittori che ti hanno fatto appassionare? Facci dei nomi di autori che meritano di essere “scoperti”.
 
TARENZI: Assolutamente due degli autori che avete citato sopra, ovvero Aislinn e Livio Gambarini: dovrebbero essere un vero must per chiunque, sono entrambi bravissimi. Tra gli altri autori italiani, senza dubbio Francesco Dimitri, Gisella Laterza, Andrea Atzori e Francesco Barbi. Di recente, poi, mi è capitato di leggere Il rocchetto di madreperla di Chiara Strazzulla, che mi è piaciuto davvero molto
 
SPARTACO: Quando hai iniziato a scrivere avrai sicuramente avuto dei modelli. Qual è il libro che avresti voluto scrivere?
 
TARENZI: Ai miei inizi, Storm Front di Jim Butcher, ovvero la quintessenza di tutto quello che un urban fantasy classcio ha mai dovuto essere. Oggi, la saga Magic ex Libris di Jim C. Hines, ovvero la quintessenza di tutto quello che l’urban fantasy è diventato da quanto è entrato nella sua (recente) fase di maturità. I “due Jim” sono semplicemente grandiosi, sono i miei fari nella notte
 
SPARTACO: I contest non sono il tuo ambiente naturale, eppure a Gennaio sarai giudice di Minuti Contati. Come ti stai preparando a questo ruolo?
 
TARENZI: Con la prospettiva di divertirmi nel farlo, di leggere qualcosa qualcosa di nuovo e cercare il meglio che si potrà tirare fuori dai risultati. Io voglio davvero, desidero con forza che nascano nuovi autori italiani di fantastico, autori coraggiosi, di talento, che portino un’onda di marea che possa cambiare qualcosa in quello sfacelo che c’è là fuori. Ce n’è tantissimo bisogno
 
SPARTACO: Sostieni di non essere il miglior critico che si possa incontrare, anzi, spesso ti sottrai da questo ruolo. Eppure per Minuti Contati dovrai leggere, commentare e classificare almeno dieci racconti scritti sul tema da te deciso. Cosa ti ha fatto cambiare idea?
 
TARENZI: Due cose sopra a tutte: la gentilezza con cui mi avete fatto questa proposta e l’ottima “recensione” del vostro contest che mi ha fornito Aislinn!
 
SPARTACO: Da scrittore hai sicuramente ricevuto parecchie critiche che, nel bene o nel male, ti hanno aiutato a essere l’autore che sei oggi. Dai un consiglio ai nostri autori che, spesso, si confrontano per la prima volta con gli altri.
 
TARENZI: Farà male.
E se vi immaginate di sapere quanto, vi sbagliate.
Se siete preparati a questo, sarà un’esperienza imprescindibile. Ma ricordate che a una critica non basta essere spietata o feroce o ben argomentata: per servire sul piano pratico deve basarsi su qualcosa di vero. E il vostro cuore lo sa, se quel che vi dice una critica è vero o no.
Il resto è inutile, e non dovete gratificarlo della vostra rabbia o del vostro dispiacere
 
SPARTACO: Luca Tarenzi giudice cosa cercherà nei racconti che scriveranno i nostri autori?
 
TARENZI: Il fascino, la meraviglia e il divertimento. La mia intenzione è puntare il dito soprattutto su quanto c’è di buono e dire agli autori “Ecco! Quello è forte, è interessante, è nuovo, è ben espresso. Punta su quello, lì sei bravo!”
 
SPARTACO: Siamo giunti alla fine di questa intervista. Noi di Minuti Contati siamo felici di averti come nostra ospite di gennaio e sono certo che i nostri utenti lo saranno di averti come giudice. Grazie per il tempo che ci hai dedicato e buona fortuna per i tuoi progetti attuali e futuri.
 
TARENZI: Ma grazie a voi, e non poco, per l’immeritata attenzione che avete voluto riservarmi!
Mi impegnerò al meglio delle mie possibilità per essere il giudice che cercate.
Ma sempre restando buono, perché questa è la mia indole 😉