La sedia della morte

 

Paul pensò che era proprio come dicono nei film: la vita ti scorre davanti agli occhi in un istante. Ma niente avrebbe potuto scalfire la sua stoica rassegnazione. Avanzò di qualche passo poi si fermò ad aggiustarsi i fondi di bottiglia che gli scivolavano dal naso a causa del sudore.

«Siete sicuri che non dovrò toglierli?» domandò cercando oltre la guardia che lo scortava, voltandosi verso il medico alle sue spalle.

Questi scosse la testa, a confermare per l’ennesima volta che il protocollo gli consentiva di mantenere gli occhiali.

«So di sembrarle ripetitivo dottore, ma vorrei essere sicuro di poterci vedere fino alla fine. Piombare nell’oscurità prima che tutto sia concluso, mi terrorizzerebbe.»

«Cerchi di rilassarsi signor Stark, le ho già spiegato che il procedimento avverrà nel modo più veloce possibile. Non si renderà nemmeno conto di quello che le sta capitando» rispose l’uomo senza guardarlo, mentre controllava che tutto fosse pronto per l’operazione. D’un tratto un membro dell’équipe si avvicinò.

«Dottor Thanàto, potrebbe venire a dare uno sguardo?» E continuò farfugliando qualcosa di incomprensibile circa gli alimentatori elettrici.

«Lei non si muova, ci vorrà un attimo» sentenziò il dottore rivolgendosi a Paul, benché i suoi occhi paressero parlare all’agente che si trovava di guardia nella stanza.

Paul non rispose. Approfittò per lasciare che i ricordi corressero un’ultima volta alla sua infanzia, alle mani di suo padre, al profumo di sua madre e ancora al giorno delle nozze, a sua moglie e alle bambine col loro meraviglioso sorriso; rivide l’industria, i suoi dipendenti, i viaggi d’affari, quel mondo che aveva girato in lungo e largo. Poi la memoria si tinse di rosso mostrandogli i corpi di Sara e delle piccole martoriati, le sue mani sporche di sangue e infine il vuoto. Il medico rientrò.

«Possiamo procedere. Sieda, signor Stark.»

Poi diede ordine di legargli polsi e caviglie, collegò degli elettrodi all’altezza della sua nuca mentre un infermiere gli somministrò un’iniezione. Le luci si affievolirono e la voce del dottore risuonò nella stanza: «Concord-New Hampshire, 3 gennaio 2158, clinica Biòs, avvio procedura di suicidio assistito num.95.384, supervisione del dottor…»

La lista proseguì a lungo finchè l’impulso indolore giunse al cervello di Paul, inducendolo nel ”sonno irreversibile”, mentre lui ancora vedeva le figlie uccise per mano sua in quell’incidente d’auto dal quale otto anni prima era ingiustamente uscito vivo.

 

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