La terapia Girostanza

Una terapia molto “umana”. Terzo classificato nella 108° Edizione con Andrea Carlo Cappi come guest star, un racconto di Linda De Santi.

Infermiere 13 si precipitò lungo il corridoio del terzo piano, diretto verso la stanza 15.
L’alert era scattato quasi un minuto prima: la temperatura di quella stanza era inspiegabilmente scesa a 21 gradi. Con l’occupante dentro.
Quando fu vicino alla porta, udì un lamento sommesso provenire dall’altro lato. Digitò velocemente il proprio identificativo sullo schermo e regolò la temperatura a 35 gradi.
Da dietro la porta si sentì un mugolio di sollievo. Infermiere 13 sbirciò nella stanza e vide la paziente della stanza 15, una signora sui cinquant’anni, strofinarsi le braccia intorno al corpo, diventato di colore bluastro.
«Ah, meno male che è arrivato!» Disse la donna, accorgendosi di lui. «Non so come mai, all’improvviso la temperatura è diventata gelida.»
Infermiere 13 si limitò ad annuire e si allontanò. Quelle cose gli mettevano i brividi: non sembravano cattivi, ma non voleva lo stesso rivolgere loro la parola.
Tornando alla sua postazione nella stanza di controllo, incontrò Infermiere 8.
«E allora, 13? Cos’era successo?» Domandò.
«Non lo so ancora. Probabilmente un guasto» rispose lui. «La paziente sta bene. Più o meno. Aveva iniziato a gelarsi.»
«E che ti aspettavi, da una di quelli?» Disse Infermiere 8, guardando distrattamente i monitor. «Onestamente: se ricapita un guasto come questo, fai finta di nulla. Magari poco alla volta ci liberiamo di questi Sangue Freddo. Hanno una biologia talmente incasinata che tentare di curarli è completamente inutile, oltre che uno spreco esagerato di soldi.»
«Mica è colpa loro, se sono così» ribatté Infermiere 13.
«Nemmeno mia. Però a me tocca lo stesso pulirgli il culo mentre il governo spende milioni per tenerli in vita.»
Infermiere 13 non rispose. Probabilmente era vero, cercare una cura per quei poveracci era un’impresa disperata. Del resto, quando era stato chiaro che le mutazioni genetiche erano avvenute per via del casino fatto con gli esperimenti nucleari, l’unica cosa che il governo aveva potuto fare per rimediare era stato creare dei centri appositi per l’accoglienza di quelle creature sfortunate. Anche se, a dirla tutta, Infermiere 13 non capiva come si potesse desiderare di continuare a vivere senza poter uscire da una stanza monitorata 24 ore su 24.
In quel momento, l’altoparlante annunciò: «A tutti i pazienti della sezione a Sangue Freddo: prego, prepararsi per il girostanza. Ripeto…»
«Ci risiamo con questo cavolo di Girostanza» protestò Infermiere 8. «Tanto non cambia nulla, restano comunque malati.»
Infermiere 13 si concentrò sui monitor. Nella stanza 15, la signora che aveva rischiato l’assideramento giaceva distesa sul letto. Non aveva ancora ripreso del tutto colore, e non sembrò neppure accorgersi di quando la sua stanza ruotò di 8 gradi. Quando però una delle pareti iniziò a sollevarsi, si alzò lentamente in piedi e rimase in attesa.
Infermiere 13 vide chiaramente il sorriso radioso che le si allargò sulla faccia quando, al di là della parete, vide il Ribollente che le era stato assegnato per quella settimana. Era poco più che un ragazzo, con il viso arrossato dall’immenso calore prodotto dal suo corpo, le guance paffute e imberbi che contraddicevano l’altezza eccessiva.
La Sangue Freddo e il Ribollente avanzarono verso il punto di unione tra le loro due stanze. Giunti l’una di fronte all’altro, si gettarono le braccia al collo con educazione e serenità, come si fa con un parente anziano a cui si vuole bene. Chiusero gli occhi, rilassandosi completamente, i loro corpi che dondolavano, cullati dal piacere.
Rimasero stretti l’una all’altro per dieci secondi, il tempo massimo consentito.
Dopodiché, l’altoparlante annunciò la fine della terapia Girostanza. La donna e il ragazzo si sciolsero dall’abbraccio, si sorrisero e si allontanarono l’una dall’altro.
Quando la parete tornò a dividere le due stanze, la paziente della stanza 15 aveva riacquistato un colorito normale e sembrava felice.
I Sangue Freddo sembravano sempre felici, quando facevano la terapia insieme ai Ribollenti.
«I Ribollenti sono anche peggio dei Sangue Freddo. Loro sì che ci costano, con tutta quella climatizzazione! Io li manderei a vivere al Polo Nord!» Disse Infermiere 8, sbattendo il pugno sul tavolo. «Meglio che vada a prendere una boccata d’aria.»
Infermiere 13 guardò Infermiere 8. Nello sbattere il pugno sul tavolo, un paio di nocche gli si erano sbucciate. Avrebbe dovuto indossare un paio di guanti: i dottori non gradivano la vista dei circuiti. Stava per dirglielo, ma non lo fece: in fondo, se Infermiere 8 si prendeva una ramanzina da un medico o da uno degli infermieri biologici, non gliene importava nulla.
Chissà se fuori dall’istituto, sotto il cielo giallo di mezzogiorno, Infermiere 8 avrebbe trovato il modo di distrarsi da tutta questa faccenda dei malati che scroccavano soldi al governo.
Guardò il collega uscire e tornò a voltarsi verso i monitor. Guardando di nuovo nella stanza 15, provò per l’ennesima volta a immaginare come fosse sentire il calore scorrere sotto la pelle.