Mirmate deep action

Dubbi che divengono ossessioni, poi follia e infine… Vincitore della MANUALMENTE LIVE EDITION con Consolata Lanza nelle vesti di guest star, un racconto di Andrea Partiti.

 
Lucia strizzò con forza il tubetto arrotolato. Vuoto, come il giorno prima.
Lo gettò con stizza nel cestino e prese il dentifricio della sua coinquilina. Vanessa era convinta che tutte in casa mangiassero il suo cibo e usassero i suoi prodotti da bagno. Non era vero, di solito, ma che differenza poteva fare un’innocente strizzata di dentifricio in caso d’emergenza?
«Mirmate» che razza di marca è?
«Dentifricio con microsfere per una pulizia profonda delle gengive» c’era scritto in piccolo.
E quale grafico malsano aveva scelto il rosso come colore per un dentifricio?
In ogni caso non aveva scelta, non c’era alternativa ed era in ritardo per le lezioni, quindi si strinse nelle spalle e spremette un bisciolino rosso e puntato di bianco: dovevano essere le microsfere. Lo annusò con sospetto e prese a lavarsi i denti.
 
A metà mattina Lucia era disturbata. Aveva qualcosa incastrato tra i denti che non riusciva a raggiungere.
Strappò l’angolo di un quaderno e lo arrotolò per appuntirlo. Come un rudimentale stuzzicadenti, lo infilò con attenzione tra due premolari, risalendo fino alla gengiva. Sentì con sollievo qualcosa che si smuoveva. Afferrò il piccolo corpo estraneo tra le dita e lo osservò con discrezione.
Una sferetta. Una maledetta sferetta del dentifricio di Vanessa.
 
A mensa il fastidio ricominciò, come se avesse mangiato un ananas a morsi e fossero rimasti incastrati dozzine di fibrosi filamenti.
Armata, questa volta, di veri stuzzicadenti, si nascose in bagno.
Frugò, scavò, grattò con sollievo le gengive doloranti. In alcuni punti presero a sanguinare. Caddero altre sfere, bianche, dall’aria più molle e appiccicosa della prima.
«Stupida Vanessa,» pensò Lucia. «Chissà da dove viene quel dentifricio… E poi si preoccupa che usiamo la sua roba…»
 
Tra fughe al bagno, fazzolettini stesi a nascondere le manovre e profondi respiri per sopportare il prurito, Lucia decise di tornare a casa. Era inutile restare lì senza potersi concentrare, né pensare, né prendere appunti. Ogni energia era spesa per resistere al fastidio crescente.
Non cenò e il fastidio scemò lievemente. Vanessa non si era vista: forse era chiusa nella sua stanza. Voleva lamentarsi con lei, ma a che pro? Per quieto vivere non poteva confermarle le sue paranoie.
Crollò addormentata, sfinita dal fastidio.
 
Si svegliò di soprassalto.
Sapore di sangue, un formicolio terribile, sulla lingua, nelle guance. Si alzò a sedere pigiando alla cieca l’interruttore sul muro. Faticava a respirare, qualcosa le bloccava la gola. Aprì la bocca per inspirare. Grumi rossi scivolarono tra le labbra. Denti rossi che cadevano, rossi di sangue, rossi di formiche brulicanti, uscite dalle loro uova, svegliate dal calore per nutrirsi di umide mucose.
Lucia urlò, ma tosse e conati di disgusto la bloccarono. Le sentiva muoversi tra le labbra, mordere la pelle delicata del viso.
Si stava alzando per correre in bagno quando vide Vanessa, seduta in fondo al letto ad ammirare lo spettacolo che aveva orchestrato. Sorrideva. Aveva ragione.