Due parole con Enrico Luceri
Questo mese Minuti Contati ha l’onore e il piacere di avere come guest star una personalità
del calibro di Enrico Luceri.
Enrico, dalla lettura delle tue interviste in rete mi è stata evidente la tua grande passione
per quello che fai, la tua competenza, la tua esperienza al servizio di una saggezza che mi sono da subito trovato a rispettare profondamente. Bene, la 181° Edizione di Minuti Contati sarà finalmente dedicata a te e ti ritrovi di fronte a una platea di autori e autrici tra i più svariati perché si va da coloro che si approcciano per la prima volta al confronto in un contesto più allargato a coloro che già pubblicano regolarmente da anni passando per tutte le varie sfumature intermedie. Un messaggio per queste penne che stanno aspettando l’apertura dei cancelli con lo svelamento del tema da te scelto per lanciarsi nella scrittura del migliore racconto possibile?
ENRICO LUCERI: Sono convinto che i lettori cerchino in una storia nata dall’immaginazione un varco dove la realtà confina con la fantasia. Altrimenti, leggerebbero un saggio invece di un romanzo o un articolo di giornale invece di un racconto, e guarderebbero un documentario invece di un film. Diffido delle storie che replicano la nostra realtà quotidiana e apprezzo quelle verosimili e non vere. Realistiche, dunque, e non reali. Storie ambientate e raccontate in una dimensione distinta e distante da quella che viviamo. Quindi credo che chi scrive non deve mai aver timore di camminare un metro sopra il terreno che calpestiamo ogni giorno.
Mettiamo per un attimo in stand bye l’edizione per concentraci su di te. Hai voglia di parlarci del tuo percorso fino al tuo approdo al grande palcoscenico nazionale come scrittore?
ENRICO LUCERI: Si può dire che io abbia sempre scritto, fin dall’adolescenza. Però non me ne accorgevo. Sono stato un osservatore attento del prossimo fino dalla mia infanzia, e durante la mia adolescenza e giovinezza. Mi sentivo attratto, interessato, dal comportamento degli adulti e dei miei coetanei. Ma non di tutti. Solo di coloro che volevano apparire forti, sicuri di sé, spavaldi, affascinanti. Il mio carattere invece è stato sempre pieno di dubbi, scettico, diffidente, laconico e riservato. Credo che mi sentissi incuriosito da costoro proprio perché così diversi da me, e in fondo in maniera inconsapevole registravo ogni loro comportamento perché mi sembrava estraneo, ostile, mi colpiva e feriva. Il comportamento di personalità sbrigative, efficienti, determinate, che mi facevano sentire inadeguato, trascurato, ignorato, a volte perfino disprezzato. Che mi facevano soffrire. Però sono riuscito sempre a nascondere la mia sofferenza, per evitare di dare soddisfazione al prossimo. Ad abbassare le tapparelle, a nascondere l’interno della casa.
E tuttavia, ricordavo.
A distanza di decenni, ho capito che i miei occhi sono stati una macchina fotografica, le mie orecchie un registratore, la mia memoria un archivio che ha custodito situazioni sgradevoli (e anche qualcuna piacevole, per fortuna!). Così sono cresciuto con un desiderio nascosto: spaventarli! Far crollare le loro certezze, i loro solidi e banali modi di vivere, la spavalderia di facciata. Intuivo in loro delle crepe, sottili e quasi invisibili, e ho trovato l’espediente per allargarle attraverso le mie storie, dove una minaccia ambigua è sufficiente a far vacillare e poi a frantumare personalità forti in apparenza e mediocri nella sostanza. Ancora oggi, quando incontro qualcuno che dimostra verso di me un comportamento sbrigativo, disinteressato, indifferente, provo le stesse sensazioni della mia infanzia e so che presto la mia immaginazione sarà ispirata da una sofferenza antica e nascerà un nuovo
romanzo.
Traccia una road map da seguire per inoltrarci nella lettura dei tuo romanzi: da dove partiamo?
ENRICO LUCERI: Ho scritto una trentina di romanzi, una novantina di racconti, oltre a sceneggiature, saggi e articoli. Ognuno rappresenta per me un principio e una fine, ognuno rappresenta una parte di me, delle mie ispirazioni come lettore e spettatore, delle mie esperienze personali (vissute, viste o forse solo immaginate), della libertà quasi sfrenata con cui la mia fantasia crea storie dove sono finalmente felice perché accade solo ciò che decido io. A differenza della vita reale, dove quasi sempre accade ciò che decidono altri. Chi vuole leggere una mia storia, può scegliere quella che lo attira di più, e sarà sicuramente la decisione migliore.
Hai un metodo particolare, delle linee guida che tendi a rispettare nella stesura dei tuoi romanzi?
ENRICO LUCERI: Quando mi viene un’ispirazione, l’appunto su un’agenda, integrandola di volta in volta con nuovi particolari e precisazioni. A volte parto solo da un titolo che mi ispira o mi sembra evocativo. Quando mi sembra che la trama sia definita, la trascrivo sul computer e sviluppo una specie di storyboard cinematografica, completa di dialoghi, descrizioni e ambientazioni. Infine, estendo la medesima in una narrazione vera e propria. Ho un’ispirazione molto selettiva: quando mi concentro su una trama, la sento crescere costantemente, prendere forma, man mano che ne appunto lo sviluppo.
I tuoi piani per il futuro? Puoi svelarci qualcosa?
ENRICO LUCERI: Fra la fine del 2024 e l’inizio dell’anno seguente sarà pubblicato il mio romanzo L’ombra dei vecchi peccati, il nono nella storica collana Il Giallo Mondadori. Sono al lavoro sul prossimo, al momento il suo titolo provvisorio è Nessuna notte è infinita. Nel 2029 Il Giallo Mondadori festeggerà un secolo di vita, un caso più unico che raro di longevità editoriale per la narrativa di genere. Le autrici e gli autori italiani che hanno pubblicato dieci romanzi e oltre in questa collana sono poco più di mezza dozzina, e spero di poter entrare a fare parte di questo circolo esclusivo.
Ma torniamo a parlare di lunedì 18 marzo. Ricordando che non sarà obbligatoria la partecipazione attraverso la scrittura in un genere prestabilito, ma che, come sempre nelle edizioni regolari, non ci sarà limitazione alcuna se non quella di caratteri (3000 spazi inclusi) e tempo (quattro ore)… Puoi darci qualche indizio, senza troppo svelare, sul tema che hai scelto?
ENRICO LUCERI: Ho pensato a un espediente narrativo ben noto ai lettori di Agatha Christie dove il delitto è la conclusione di una vicenda lontana nel tempo, e avvolta nella nebbia della sofferenza e del ricordo. La conclusione, e l’inizio al tempo stesso, di un mistero nascosto nelle pieghe della memoria.
Quattro ore di tempo senza la possibilità di pensarci prima di conoscere il tema: come affronteresti la serata di scrittura, dalle 21 all’una? Qualche consiglio per i partecipanti?
ENRICO LUCERI: Non avere fretta di scovare subito l’idea giusta. L’immaginazione è una macchina portentosa che ha i suoi tempi, basta avere la pazienza di aspettare che si accenda l’illuminazione della fantasia e poi le dita scorreranno sulla tastiera con una velocità, una naturalezza e una precisione che sorprenderà noi per primi.
Terminata la scrittura, ci sarà la fase del confronto tra gli autori, tra i cardini dell’esperienza dell’Arena. Per noi di Minuti Contati il confronto e la critica sono due momenti fondamentali e altamente formativi, ma di tanto in tanto sono anche momenti difficili e tesi da gestire. Come li vivi?
ENRICO LUCERI: Dialogo volentieri con i lettori, non dimentico mai che i miei romanzi sono pubblicati grazie al loro sostegno, alla fiducia e all’affezione. La maggior parte dei miei lettori non frequenta Internet e i social, quindi commenti, giudizi e critiche alle mie storie sono molto minori rispetto alle pubblicazioni di altri autori. Come regola personale, le rispetto ed evito
di replicare.
Dopo qualche giorno riceverai quelli che si saranno distinti come i migliori racconti tra i tanti. Come immagini di affrontarli, leggerli e giudicarli? Su cosa punterai l’attenzione con maggiore intensità? Cosa deve fare uno scrittore per catturare la tua attenzione e farti considerare il tempo della lettura come ben speso?
ENRICO LUCERI: Deve esserci una buona idea di fondo, dove personaggi, ambientazione, atmosfera, colpi di scena e suspense siano al servizio della trama, e non viceversa. La forma narrativa è importante, ma può sempre essere corretta, modificata e migliorata, a differenza della sostanza di una storia. Un po’ come un vestito, che magari è un ottimo taglio di sartoria ma non si adatta al fisico della persona. Credo che ogni autore dovrebbe costruire la sua storia come un meccanismo dove ogni elemento, o componente, funziona da solo e nello stesso tempo contribuisce al buon funzionamento degli altri.
Grazie per le risposte e per il tempo che ci dedichi. Per noi tutti è un onore averti come guest star nell’arena di Minuti Contati!
ENRICO LUCERI: Grazie a voi dell’invito e buona scrittura a tutte e tutti!