Chiacchierando con Francesca Bertuzzi

Eccoci pronti per una nuova sfida, una nuova puntata del contest più veloce del web. E per il mese di marzo, il mese della Luna dei lombrichi, della rinascita della terra e dei suoi frutti, cosa c’è di meglio di una scrittrice di thriller vicina all’horror? Ebbene sì, una scrittrice romana che, come molti altri, ha scelto Torino per studiare scrittura alla Holden. E non solo scrittura perché insieme ai suoi romanzi e racconti annovera sceneggiature per film e web serie. Siete curiosi? Fate bene a esserlo. Questo mese avrete l’onore e il piacere di scrivere per Francesca Bertuzzi.
Dopo aver visto il nome sono andato di corsa alla mia biblioteca, digitale ovviamente, perché mi ricordava qualcosa. Sfrushsfrushsfrush fra i mille titoli ed eccolo: Il sacrilegio. Gran bel libro, si svolge a Torino, la storia di due donne in una situazione non proprio facile. Ma c’è di più. Un cosa che mi aveva colpito tantissimo quando la lessi: “Era tutta la sera che continuava a ordinare lo stesso rum a un ritmo da alcoliadi, e io, non so perché, avevo deciso che mi avesse sfidata a chi delle due reggesse meglio l’alcol”. Le Alcoliadi… ed è subito goliardia.
Ma bando alle ciance e passiamo la parola a Francesca

 
Bertuzzi
Francesca Bertuzzi, la guest star della nuova edizione del contest principale del mondo di Minuti Contati
 
Da Roma a Torino. Un passaggio non da poco, una scelta difficile? Parlaci di come è nata la tua decisione di abbandonare la città eterna in favore della capitale dell’impero. Perché la Holden e non una delle altre scuole di scrittura e sceneggiatura in giro per l’Italia?
 
FRANCESCA BERTUZZI: Quando ho capito che la scrittura poteva essere un mestiere non ho avuto dubbi, volevo studiare per diventare una professionista. Avevo diciotto anni quando ho scoperto l’esistenza della Holden: correva l’anno 2000. In Italia, a differenza di altri paesi come l’America, la Francia e l’Inghilterra, non erano usuali le scuole di scrittura creativa e neanche a livello universitario c’erano corsi di teoria e tecnica della narrazione. C’era la convinzione che la scrittura, a differenza delle altre arti, fosse un fuoco sacro, una capacità insita che o hai o non hai. Io ho sempre creduto che l’arte parte dall’artigianato, saranno poi il tempo, le persone e l’importanza che daranno all’opera a renderla o meno arte. La Holden era l’unica, pioneristica, realtà che permettesse di studiare scrittura creativa e nel 2001 ebbi la fortuna di passare le selezioni e rientrare nei 35 ragazzi che all’epoca potevano entrare nelle classi della scuola. È stato semplice partire, è stata un’avventura che ho vissuto con lo spirito dei diciannove anni e la convinzione di stare vivendo un momento fortunato, felice e di grande libertà.
È così che sono arrivata a Torino, città che mi ha dato tanto e che ho amato e amo infinitamente.
 
Raccontaci del periodo alla Holden, molti partecipanti a Minuti Contati ci sono passati e tutti quanti ne hanno sentito parlare. Parlaci di come hai affrontato la città, la scuola, le persone e come hai usato questo come trampolino per Carrière e poi per il Cinelab.
 
FRANCESCA BERTUZZI: La Holden all’epoca prevedeva pochi iscritti, 35 per anno. Vivevamo in una bolla di letteratura, letture compulsive. I miei compagni di master mi hanno insegnato tanto. Alcuni dei ragazzi con cui ho condiviso il biennio, sono ancora fra i miei migliori amici. La città era meravigliosa, piena di vita, si respirava una voglia di rimonta artistica. I ragazzi gestivano spazi nelle fabbriche in disuso, ne facevano locali, centri culturali, sale prove. Avevo l’impressione di essere al centro di una rivalsa, la città italiana che tutti consideravano grigia si riempiva di luci, movida e la migliore musica elettronica del Paese. È stato un privilegio poterla vivere nei primi anni del 2000. Carrière è stata una possibilità che mi ha dato la Holden, sono stata selezionata per partecipare al suo master a Bologna ed è stato speciale assistere alla magia didattica di un gigante della sceneggiatura. Dopo la Holden volevo continuare ad approfondire il linguaggio cinematografico e feci un master di un anno a Barbarano, una scuola voluta e diretta da Marco Bellocchio e Marco Muller. Lì studiai regia e imparai a usare Avid, un programma di montaggio professionale. Ho poi lavorato come montatrice video per otto anni. Credo che vedere le storie filmiche da diverse angolazioni mi abbia molto segnata, sia come sceneggiatrice che come scrittrice.
 
Scaldiamo i muscoli. Hai partecipato alla raccolta Nessuna più a favore di Telefono Rosa. Adoriamo questo tipo di iniziative vorremmo vedere sempre più scrittori partecipare. Ci piacerebbe sentire qualcosa sul confronto con gli altri autori e sul feedback ricevuto prima dagli editor e dagli altri partecipanti e poi dal pubblico e come lo hai vissuto.
 
FRANCESCA BERTUZZI: Nessuna più è stata un’antologia fortemente voluta da Marilù Oliva, scrittrice che stimo molto sia dal punto di vista professionale che umano. Quando mi ha spiegato il suo progetto l’ho abbracciato con entusiasmo. Il rapporto con gli editor della Elliot, casa editrice che ha poi pubblicato la raccolta, è stato positivo e, come sempre accade quando tutti hanno voglia di fare in qualche modo attivismo su un tema sociale, si sono create la rete di entusiasmo e la forza che ha permesso al libro di avere poi un certo successo. Marilù Oliva in questo si è dimostrata una professionista tenace, capace di trainare e coordinare quarantadue scrittori. Il merito del successo dell’antologia in Italia e all’estero a mio parere va in gran parte alla sua leadership.
 
Torniamo ai giorni nostri. Il carnefice, Il sacrilegio, La belva, Fammi male. Sembrano i titoli di un percorso preciso e voluto. Raccontaci qualcosa della loro genesi, di come si sono originate le idee per questi romanzi e anche come sono nati i dettagli più truculenti. Come si è evoluto il tuo modo di lavorare, il tuo metodo di lavoro e quali parti trovavi più difficili all’inizio e quali oggi?
 
FRANCESCA BERTUZZI: Al liceo ho incontrato un uomo straordinario, Massimo Arcangeli, la cui carriera futura ne ha poi dimostrato l’eccellenza. Averlo avuto come professore d’Italiano al liceo è stata una fortuna sfacciata per me. In quegli anni il suo talento ha messo in luce il fatto che tutti i miei temi vertessero sul genere thriller/horror. Mi ha dato letture mirate. Ha fomentato il mio immaginario. La scrittura è sempre stata la mia passione e oggi più che mai lo devo ringraziare per aver messo in luce questa inclinazione. Il genere noir mi piace perché ti permette sia come lettrice, che come scrittrice, di esplorare i chiaroscuri dell’animo umano. Mettere i personaggi alle strette, spalle al muro nella lotta fra la vita e la morte mi permette di dare vita sulla carta a quella scintilla che anima ogni essere vivente, la voglia brada di sopravvivere. Nei miei romanzi uso molta ironia anche per trattare temi che, se non alleggeriti, rischiano di essere respingenti.
 
Cover
La cover di Fammi male
 
Per noi di Minuti contati il confronto e la critica sono due momenti fondamentali e altamente formativi tanto che li consideriamo i punti cruciali della nostra associazione, ma di tanto in tanto sono anche momenti difficili e tesi da gestire. Come vivi il confronto con gli altri scrittori? E come la critica?
 
FRANCESCA BERTUZZI: Mi piace quando qualcuno si complimenta con me dopo la lettura di un mio romanzo, ma le critiche dagli anni della formazione a quelli della professionalità sono i fattori di crescita più alti. Per essere costruttiva la critica ovviamente deve essere corretta, non mossa da sentimenti meschini, ma dal puro entusiasmo e passione per la letteratura. Dopo il mio primo romanzo, una persona che mi sarebbe poi diventata cara e che purtroppo oggi non c’è più, Marcello Cimino, mi disse: sei brava, ma ami troppo i tuoi personaggi, non hai il coraggio di ucciderli. Aveva ragione, e ho imparato che se un personaggio deve morire ai fini della trama, devo assecondare la storia, per quanto mi piaccia o mi sia affezionata a lui.
 
Hai una grande esperienza di racconti e di sceneggiatura. Hai anche un metodo, un segreto, un sistema speciale che puoi condividere con noi, regalarci per aiutarci nello scrivere?
 
FRANCESCA BERTUZZI: Ho studiato tanto, conoscere le tecniche vuol dire anche poi poterle rivoluzionare. Quando dovevo scrivere il mio primo romanzo ero sopraffatta dall’impegno, avevo scritto un paio di capitoli ma poi mi ero bloccata, avevo già studiato alla Holden ma non riuscivo a metter in pratica quello che avevo imparato. Vedendomi frustrata, una persona a me vicina ha fatto una cosa straordinaria, ha scritto a Lansdale (il mio scrittore vivente preferito) raccontandogli della mia incapacità di andare avanti nella scrittura e se potesse spronarmi. Non conoscevamo personalmente Lansdale, ma lui rispose a questa persona a lui totalmente sconosciuta con una lettera dedicata a me dove mi scriveva cosa dovevo fare: scrivere, tutti i giorni almeno tre ore al giorno. Lo feci e capii, oltre alle tecniche apprese dovevo alla scrittura la serietà e la costanza che si deve al lavoro. E da lì in poi è stata la mia professione.
 
Prima delle domande di rito un’altra domanda altrettanto di rito. Hai una conoscenza a 360° del mondo della scrittura e un occhio privilegiato sugli altri medium. Cosa è la scrittura per te?
 
FRANCESCA BERTUZZI: La scrittura è la possibilità di dare il mio punto di vista sul mondo e mentre lo faccio, nei romanzi, vivo il momento di sospensione in cui la storia diventa vera, avventura, viaggio ed emozione dentro la mia testa.
La sceneggiatura è diversa, è una scrittura che arriva dopo, non lavoro mai da sola ma sempre in collaborazione con altri sceneggiatori. Gran parte della fase di lavoro è dedicata alla struttura, a ciò che deve accadere nella storia, che si pianifica in intensi brainstorming in cui si stabilisce la strada che il/la o i protagonisti devono affrontare per arrivare alla fine della storia. Solo in seconda battuta si scrive, ed è una scrittura a cui quando arrivi già hai stabilito nel dettaglio cosa deve accadere e come.
 
Edizione
 
I partecipanti all’edizione di lunedì 16 marzo dovranno scrivere un racconto, su tuo tema, in meno di 4000 caratteri ed entro quattro ore. Immaginati nei loro panni: alle 21.00 ti colleghi al forum per scoprire il tema e poi? Come organizzi la serata e come procedi (prima delle 21.00 e dopo)? Insomma, come cercheresti di superare la prova?
 
FRANCESCA BERTUZZI: Anche io quando partecipo alle antologie tematiche ho il momento in cui devo far aderire a un tema il mio racconto. In genere c’è un momento in cui scatta il click e inizio a scrivere, consiglio loro di aspettare il click, l’idea del racconto, prima di iniziare a battere le dita sulla tastiera.
 
Ora torna a immedesimarti nelle vesti di Guest Star: dopo qualche giorno riceverai quelli che si saranno distinti come i migliori racconti tra i tanti. Come immagini di affrontarli, leggerli e giudicarli? Su cosa punterai l’attenzione con maggiore intensità? Cosa deve fare uno scrittore per catturare la tua attenzione e farti considerare il tempo della lettura come ben speso?
 
FRANCESCA BERTUZZI: Deve sentirsi il carattere di chi scrive. Questo rende la storia unica, il punto di vista dell’autore.
 
Lunedì 16 marzo un numero imprecisato di autori e autrici avranno quattro ore di tempo per dare il meglio di sé e creare qualcosa che tu possa considerare degno di essere letto. Tu sarai il timone della loro serata con il tema da te pensato: senza svelarcelo, vuoi darci qualche indizio a riguardo?
 
FRANCESCA BERTUZZI: Ho scelto un tema molto specifico ma che può essere declinato in ogni genere: dall’intimismo, al rosa, al thriller. Credo che in seno abbia la potenzialità di far affiorare la voce degli autori in modo chiaro.
 
Questa era l’ultima domanda, ti ringraziamo per le risposte e, una volta ancora, per il tempo che ci stai donando. Per noi tutti è un onore averti come guest star in questa nuova edizione di Minuti Contati!
 
FRANCESCA BERTUZZI: Grazie a voi, non vedo l’ora di leggere i racconti!!!
 
(Intervista a cura di Massimiliano Enrico)

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