Due parole con Andrea Vaccaro di Edizioni Hypnos

Per questa edizione abbiamo la fortuna di avere come guest star e giudice Andrea Vaccaro di Edizioni Hypnos, casa editrice specializzata nel weird e nel fantastico nata nel 2010, che si è posta l’obiettivo di recuperare i classici del genere dimenticati e che oggi propone nuove voci del fantastico italiano e internazionale. Intanto grazie di cuore per la tua disponibilità. Ne approfittiamo per farti qualche domanda.
 
Edizioni Hypnos è specializzata in generi che almeno in Italia sono considerati di nicchia. Secondo il tuo parere è davvero importante per una CE darsi un’identità di “genere” per poter intercettare una fetta di lettori?
 
ANDREA VACCARO: Innanzitutto grazie per avermi invitato al vostro particolarissimo e interessante contest. Avere un progetto chiaro alla base e un’identità ben precisa, credo sia indispensabile per una casa editrice, soprattutto se di piccole dimensioni come la nostra. Il nostro progetto prende le mosse da un “genere” (e le virgolette mai come in questo caso sono d’obbligo) e da un milieu piuttosto definito. Questo è a mio parere fondamentale per presentarsi al pubblico, posizionarsi all’interno del mercato, poi però ogni progetto editoriale deve distinguersi e creare nel tempo una propria identità, e quel concetto di “genere” iniziale deve essere superato, ed è a quel punto il “gusto” che diventa il vero trait d’union tra editore e lettori. Superare i confini è fondamentale, per non fossilizzarsi. Per fare un esempio, tieni conto che in un tipo di letteratura come il weird e il fantastico, la matrice anglosassone è sempre stata sovrastante e soffocante, dai pulp americani, Weird Tales in primis, alla ghost story britannica: quindi, tra i primi autori che abbiamo voluto presentare al pubblico sono stati il belga Jean Ray e il polacco Stefan Grabinski, cui sono seguiti poi anche una serie di autori del panorama fantastico francese e tedesco, questi ultimi con una serie di volumi curati da Alessandro Fambrini. Questo a significare un seppur piccolo passo verso quel superamento dei confini di cui si parlava.
 
È chiaro il senso di dare un etichetta alle storie. Succede nel cinema e nella musica. Ma nell’editoria, almeno in Italia, sono nati negli ultimi anni una miriade di sottogeneri che sembrano aver frammentato il mercato cercando di intercettare i gusti più disparati, perdendo forse di vista il fatto che una storia, prima che di genere, dovrebbe essere scritta bene.
A tuo parere, esiste il rischio che una legittima operazione di marketing come la collocazione in un genere piuttosto che in un altro possa portare al paradosso di allontanare un lettore potenziale da una bella storia perché venduta solo come di “genere”? In altre parole, le belle storie non dovrebbero essere universali?

 
ANDREA VACCARO: Il rischio esiste, e in effetti non è spesso semplice mostrare l’ampio spettro che si nasconde dietro un progetto editoriale. I generi non esistono, esistono le storie, i generi sono delle sovrastrutture. Forse il pericolo più grande è quando uno scrittore pensa più a queste sovrastrutture che alle storie in sé. In ogni caso è indubbio come questo inquadramento in genere, sottogeneri, editori specializzati o meno, abbia la sua influenza. Per esempio, qual è la percezione del pubblico della Trilogia dell’Area X di VanderMeer, pubblicata da Einaudi e quale quella delle altre opere del medesimo autore pubblicate da Elara? Percentualmente, al netto della diffusione, quale pubblico ha più soddisfatto? Si può considerare fuori posto da una parte o dall’altra? Quanta sovrapposizione di pubblico c’è?
All’interno del nostro catalogo abbiamo diversi titoli (e autori) che potrebbero rientrare in qualsiasi catalogo di una casa editrice mainstream (penso per esempio ai testi di Robert Aickman o di Walter de la Mare, o al romanzo L’anno delle volpi, di Cristiano Demicheli), e intercetterebbero un pubblico diverso, che potrebbe essere “spaventato” dall’etichetta weird o fantastico. Per questo, facendo un neanche tanto originale gioco di parole, mi piacerebbe che Hypnos venisse definita una casa editrice sui generis.
 
E qui veniamo alla fatidica domanda. Come è la situazione della scrittura in Italia? Tu che conosci bene il mercato straniero, in particolare quello anglosassone, ritieni che oggi il livello di scrittura degli esordienti e non di casa nostra sia a livello di quello di altre realtà più blasonate? Se esiste un pregiudizio sulla letteratura italiana in senso lato, per te è motivato (e perché) oppure è una cattiva reputazione che oggi meriterebbe molto meno credito?
 
ANDREA VACCARO: Anche qui il discorso è piuttosto complesso. Credo che esista un forte “pregiudizio” sulla letteratura italiana. Ho messo le virgolette perché questo pregiudizio è a doppio senso: da una parte c’è chi crede che il livello medio delle opere nostrane sia generalmente inferiore a quelle di importazione; dall’altra c’è l’esaltazione a prescindere (molto diffusa tra i lettori-scrittori) delle opere di matrice italica. Per quel che riguarda poi il genere fantastico il discorso è ancora più lungo e articolato, e ha radici profonde nella storia letteraria e culturale del nostro Paese. Personalmente credo che il livello delle opere italiane non sia né superiore né inferiore a quello delle opere straniere. Quello che secondo me bisogna fare è sempre cercare di presentare opere di alto livello, ed è solo così che si può contribuire meglio alla percezione esterna che il lettore ha della letteratura di genere italiana.
Per una casa editrice di piccole e medie dimensioni la pubblicazione di autori italiani è economicamente vantaggiosa, abbattendo quanto meno i costi di traduzione (e a volte non solo quelli), e questo credo che abbia portato nel tempo a una sovrabbondanza di pubblicazioni non sempre di qualità, rinforzando quindi i dubbi dei detrattori. Inoltre il pubblico ha a volte bassi livelli di attenzione, diciamo così, dimenticandosi di autori come, per esempio, Valerio Evangelisti, Michele Mari e Adan Zzywwurath, solo perché pubblicati da case editrici non di genere (per tornare al discorso precedente). Devo dire una cosa però: il livello non tanto delle storie, ma soprattutto dello stile e della scrittura, in alcuni autori italiani mi sembra ragionevolmente superiore a quello dei loro “colleghi” stranieri.
 
Dal 2013 Hypnos organizza l’omonimo concorso letterario dedicato al racconto breve di genere weird e fantastico. Ritieni che in questi dieci anni il modo di scrivere degli autori sia cambiato? Raccontaci un po’ della tua esperienza.
 
ANDREA VACCARO: Guardando al materiale giunto in questi anni in redazione, sarei propenso a dirti di sì. Vero è che questo fattore dipende molto anche dalla crescita della casa editrice, che ha intercettato negli anni un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo, e questo ha contribuito anche alla crescita e all’eterogeneità del concorso stesso. Direi che oggi c’è forse più consapevolezza e varietà, ma in fondo dieci anni è un periodo piuttosto breve per poter fare delle vere e proprie considerazioni al proposito. Di certo il premio negli anni ci ha dato molte soddisfazioni, in particolare quando ha portato noi e quindi il pubblico alla scoperta di autori all’epoca esordienti (almeno nel campo) e che poi si sono affermati come voci ben distinte nel panorama odierno, come per esempio Francesco Corigliano, Cristiano Demicheli e Lucio Besana.
 
Come fondatore di una casa editrice, oltre alla più che legittima necessità di portare uno stipendio a casa e dare lavoro ai tuoi collaboratori, ritieni di avere una responsabilità nei confronti del lettore in qualità di “operatore” della cultura? Se sì, qual è a tuo avviso l’elemento di forza di Edizioni Hypnos nel proseguire questo obiettivo?
 
ANDREA VACCARO: Penso che la responsabilità sia molto grande. Ogni libro che leggiamo è tempo della nostra vita che vi dedichiamo, e il tempo è qualcosa di immensamente prezioso. Credo che un nostro elemento di forza, se così lo si può chiamare, sia la sincerità delle proposte. Il nostro catalogo, pur nella cornice del weird e del fantastico, è piuttosto variegato, ed è quindi normale che il singolo lettore possa apprezzarne alcune più di altre, ma alla base c’è sempre l’intenzione di pubblicare opere la cui lettura valga sempre il tempo speso. A questo aggiungerei anche l’intenzione di dare importanza e rilevanza alla “fisicità” del libro, e non solo nel suo aspetto più ovvio, ovvero le illustrazioni di copertina, ma anche alla sua grafica, alle dimensioni, e anche in questo caso la varietà fa da padrone. Non sono contrario al digitale, ma di certo una cosa che il digitale non può riprodurre è la fisicità. Ultimamente stiamo ricevendo moltissimi complimenti per il formato della collana Impronte, soprattutto per i titoli più voluminosi, il cosiddetto “formato cubo”. Il nostro grafico e art director Ivo Torello fornisce un enorme e costante contributo all’identità della casa editrice.
 
Oggi assistiamo ad una profonda crisi culturale nel nostro Paese. Legittime e condivisibili istanze che richiamano al rispetto delle minoranze nella nostra società si sono imposte nel dibattito pubblico, ma anziché produrre una sintesi di buon senso sembrano aver creato solo divisioni. Questa situazione ha portato a discutibili scelte anche in campo culturale, con CE che addomesticano i romanzi “depurandoli” di storie e personaggi disturbanti ma interessanti, fino al paradosso di cancellare Lovecraft dall’effige di un noto premio letterario in ambito fantastico, perché accusato di razzismo. In altre parole anche il “politcally correct” si è insinuato nell’editoria, alimentando pregiudizi e malafede. Cosa pensi a questo proposito?
 
ANDREA VACCARO: Certo che con le domande non lesini 🙂 In questo caso il discorso è veramente complesso, e penso abbia poco senso una comunicazione a senso unico: di questi argomenti e meglio discuterne vis à vis.
 
Edizione
 
Parlando di Minuti Contati, diversi autori e autrici affolleranno l’arena nel tentativo di darsi battaglia e raggiungere il podio. Loro penderanno dalle tue labbra: senza svelarcelo, vuoi darci qualche indizio sul tema che hai intenzione di proporre?
 
ANDREA VACCARO: In un certo qual senso ci sarà lo zampino di uno dei nostri autori più controversi e amati, ma non vorrei definire troppo…
 
Un consiglio che ti senti di dare agli scrittori che si cimenteranno nell’impresa.
 
ANDREA VACCARO: Di essere il più sinceri possibile, è la caratteristica più importante in un’opera.
 
Grazie per le tue risposte e per il tempo che ci dedichi. Per noi tutti è un onore averti come
guest star nell’arena di Minuti Contati!

 
ANDREA VACCARO: Grazie a voi!
 
(Intervista a opera di Davide Di Tullio)

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