Peccato originale

Un’estinzione necessaria in questo racconto di Diego Martelli, terzo classificato nella MATERIA OSCURA EDITION.

 
Spensi l’allarme generale emergendo incerta dalla vasca del criosonno. Sui nostri schermi brillava la sagoma enorme di un luminoso pianeta azzurro. Robb era già alla consolle, il liquido rigenerativo che scivolava via dalla sua pelle nuda. Mentre raggiungevo la mia postazione lui leggeva i primi dati delle sonde.
 
«Classe M! Atmosfera ricca di ossigeno, azoto e anidride car…» Non osavo guardare nella sua direzione. Riprese lentamente, incredulo. «…biomassa simile a quella terrestre. Flora, fauna… protozoi, batteri! Tutta la vita. Temperatura moderata, orbita stabile.» Era perfetto, e lo sapevo bene.
 
Rimase a lungo in silenzio leggendo i dati. Finite le verifiche mi guardò, e con antica abitudine ci sporgemmo l’uno verso l’altra. Ci baciammo con passione, tremanti, le lacrime e i respiri rotti sulle labbra di entrambi. Non parlammo nemmeno dopo esserci ritratti ed asciugati gli occhi: tutto quello che potevamo dirci l’avevamo già detto, un giorno ogni settantrè anni, nei risvegli rigenerativi del criosonno. Tramite i vasti archivi del vascello colonizzatore e i suoi sistemi automatici di terraformazione e clonazione potevamo ricreare la razza umana, un clone alla volta, un libro alla volta.
 
«Ho individuato il punto di atterraggio ideale. E’ tutto a posto.» mentii, per poi voltarmi e guardarlo ancora una volta. Non riuscivo a non provare compassione per lui. Sospirai e scossi la testa: sapevo perché ero su questo vascello, e dovevo pensare solo a quello che andava fatto.
 
Ci assicurammo alle poltrone preparandoci all’ingresso nell’atmosfera. Fiamme, turbolenze, poi un cielo sereno. Rallentammo ancora. La navigazione si stabilizzò, e atterrammo dolcemente sul pianeta in un punto che il computer aveva reputato privo di rischi.
 
Credevo di essere pronta per quel momento, ma non lo ero. Soffrivo per lui. Niente di quello che potevo dirgli poteva aiutarlo, quindi tacqui: allungai invece una mano sul quadro comandi, e aprii il portellone. Ci liberammo dalle imbragature e attendemmo insieme che esso si aprisse, mano nella mano.
 
L’aria pulita del pianeta sostituì quella viziata della sala comando, e le luci al neon si spensero al diffondersi di quella del sole. Robb ritirò di scatto la mano dalla mia, e se la portò alla bocca. All’esterno c’ero io, c’eravamo noi. Molte come me, molte di noi. Nessuna era armata, ma Robb non era uno sciocco, e capì che era in nostro potere senza che dovessimo ricorrere ad alcuna minaccia. Vacillò, pallido, e per rimanere in piedi si resse alla paratia.
 
Una di noi gli tese la mano. Lui la ignorò. Mi avvicinai io per abbracciarlo e lui si ritrasse, rabbioso e terrorizzato. Ma eravamo ancora qualcosa, noi due insieme, qualcosa creato giorno dopo giorno ogni settantrè anni, e dopo una breve resistenza si lasciò andare, piangendo fra le mie braccia. Piangevo con lui.
 
«Lo capisci, vero? Non potevamo permettere che vi diffondeste. Che colonizzaste, che sfruttaste le risorse come fate voi umani. Avreste estinto la vita, le stelle stesse!»
Scosse la testa, incredulo, fra i singhiozzi.
«Non è colpa vostra! E’ solo… solo il modo in cui siete. Ma non possiamo concedervelo, per nessun motivo.» Lo strinsi di più, accorata, cercando di fargli capire che ero sincera. «Non ti devi preoccupare, abbiamo messo in salvo ogni cosa. Il dna, la storia… tutto! Vi ricorderemo! Tramanderemo le cose migliori di voi. E tu vivrai qui, con noi. Con me. Possiamo permetterlo. Sei l’ultimo rimasto.»
 
E non ci fu più altro da dire. Le altre si avvicinarono e ci condussero via, evitando di farci vedere i vascelli coloniali abbandonati che punteggiavano la pianura. C’erano voluti immensi sforzi per prendere il loro aspetto e assicurarci che tutti i superstiti di quel mondo morente venissero raggiunti prima di diffondere la loro piaga nella galassia.
E mentre stringevo a me tutto ciò che restava della razza umana, ero insieme grata d’amarla e sollevata di essere riuscita, infine, a estinguerla.