Reliquie

Sacre reliquie, oggetti ex profani, Santi per le nuove generazioni. Quarto classificato nella Quarta Edizione della Quinta Era con Gianluca Morozzi nelle vesti di guest star, un racconto di Roberto Romanelli.

Spingo il maniglione antipanico e sono tra le guglie della chiesa. Cinque rampe più in basso sento i loro passi sulle scale metalliche.
«Non fare pazzie, fermati!»
Il piano prevedeva la fuga attraverso le vecchie fognature o il collegamento in disuso della metro. Sotto, maledizione, non sopra!
La cattedrale di San Michele Assetato è un monolite di sintocemento e vetro di centocinquanta metri, infilato come un manico di scopa nel culo della ex periferia di NeoAugusta, un prato di condomini ed ex dormitori che si sono espansi sottoterra.

Mentre i passi si fanno sempre più vicini osservo la reliquia del Santo che ho sottratto: il cellulare sul quale ha ricevuto la telefonata del Santissimo Padre che gli annunciava la sua beatificazione postuma. La leggenda vuole che, sempre al telefono col Santissimo Padre, si fosse recato al vecchio distributore Q8 e che lì avvesse bevuto da una pompa, esaurita da anni, benzina a cento ottani fino a morire annegato.

«Eccolo, posa la Santa Reliquia!»
Sono in tre, osservo le loro figure a testa bassa, non devo incrociare il loro sguardo. Nel frattempo mi sono avvicinato al cornicione di design, il cimelio che sporge oltre il parapetto. Mi trema la mano.
Uno di loro avanza cautamente.
«Fratello Michele, calmati.» Il suono della sua voce mi raschia le orecchie.
«Non chiamarmi Michele, io sono Giacomo!» esplodo e sollevo la testa incrociando le loro facce.
La mia faccia.
No, non la mia, ma quella di San Michele Assetato.

«No!» Urlo esasperato «Non ho chiesto io di nascere con questa faccia.»
«Ma non capisci la tua fortuna?» mi guarda sbigottito, per trasformarsi in San Michele lui, come gli altri, si è sottoposto a più di una dozzina di interventi di bioscultura. «Il Santo si è trasfigurato in te. Sei il suo lascito per l’umanità.»
«Era un idiota!»
Vacilla e la sua, la mia, faccia si deforma in un ringhio crudele. Solo il telefono sospeso nel vuoto lo frena. Due respiri profondi e riacquista la calma.
«Come puoi dire questo? Abbiamo studiato insieme per anni, ora è finalmente tempo di prendere i voti e adempiere alla chiamata.»
Mi afferro i capelli con la mano libera.
«Santo cielo, volevo solo evitare di passare la vita nelle fabbriche di omogeneizzati, non officiare messe bevendo carburanti scaduti del secolo scorso!»
«Calmati, vedrai che andrà tutto bene.»
Li guardo, copie esatte del Santo, non possono capire: per loro io sono la sua reincarnazione.
C’è solo un modo. Guardo il telefono e calcolo lo spazio che mi separa dai tre che mi stanno circondando.
Infilo la mano in tasca ed estraggo il powerbank artigianale assemblato durante le poche pause concesseci al bagno.
Scattano, hanno capito, ma sono più veloce. Infilo l’adattatore e premo il bottone per la ricarica ultra rapida.
La Santa Reliquia si accende. Profanata.
«Noooo!»
Crolliamo a terra, quattro facce uguali rigate che piangono.
Tra le lacrime sfioro lo schermo.
Chiamate Recenti.
Mamma.