Room Service

Attenti, o ladri, alle case che visitate… Il racconto di Mario Pacchiarotti vincitore della De Marco Edition.

 
«Ecco» disse Magar porgendo un sacco di iuta al compare «dividiamoci e ripuliamo la casa.»
«E lei chi la sorveglia?» chiese Prost additando la vecchia legata alla sedia.
«E dove vuoi che vada? Datti da fare, io penso alla zona giorno, tu fai le camere da letto.»
Estrasse due piccole torce da una tasca del giubbotto e gliene porse una.
«Usa questa e non aprire le imposte, il sole non è ancora tramontato e non vorrei ci notassero i vicini.»
Senza attendere oltre uscì dalla cucina e si mise a frugare tra i mobili della sala da pranzo. Poggiò il sacco sul tavolo e cominciò a riempirlo con i pezzi in argento esposti nella vetrina. Non si preoccupava del rumore, nella villa non c’era nessun altro tranne loro e la serva rinsecchita che avevano appena impacchettato.
Finito con l’argenteria aprì rapido tutte le ante dei mobili, ma come previsto non vi trovò altro che servizi di piatti e bicchieri. Rovesciò recipienti e soprammobili che potevano nascondere qualcosa di interessante, senza esito.
Passò al salotto. Fece correre il fascio di luce per la stanza e decise che non valeva la pena tagliare le imbottiture dei divani. Si concentrò invece sul cassetto del mobile e sull’unico sportello. Sorrise quando trovò le chiavi della BMW che era parcheggiata fuori. Trovò dei contanti, non molti, il grosso doveva essere altrove. Per scrupolo staccò tutti i quadri. Nessuna traccia della cassaforte.
Lasciò la stanza e percorse il corridoio, spostando i quadri man mano che passava. Tralasciò i bagni, era raro che nascondessero bottini decenti. In fondo c’era una porta di legno ornata da intarsi elaborati e inquietanti. Rimase per un po’ a osservare le figure mostruose, quasi cercasse un motivo per non aprire quella porta.
Prost lo raggiunse proprio in quel momento.
«Già fatto?» gli chiese «Che hai trovato di là?»
«Niente di niente, sembra quasi che non ci dorma nessuno in quelle stanze.»
Magar sbuffò, alzò le spalle e indicò la porta.
«Deve essere per forza qui la cassaforte.»
Il compare squadrò gli intarsi perplesso: «È inquietante.»
Magar sbuffò di nuovo, si fece avanti e spalancò la porta senza entrare. La stanza era buia, ma la torcia illuminò una lunga cassa di metallo opaco, quasi nero, proprio al centro. Tutto intorno alle pareti invece c’erano scranni di legno con motivi simili a quelli della porta. Non si vedeva alcuna finestra.
«Cavolo!» fece Prost.
Magar entrò per esaminare la strana cassaforte, non si vedevano serrature né ingranaggi.
«Porta qui la serva» ordinò.
Prost tornò poco dopo trascinando con sé la donna.
«Come si apre?» le chiese Magar minacciandola con il coltello.
La donna rideva.
«Aprila!» urlò Magar spazientito.
Lei annuì, si avvicinò alla cassa, batté forte tre volte sul metallo.
Si udì uno strano lamento, poi una specie di ringhio profondo. Il coperchio cominciò a scivolare da un lato.
«Mi perdoni Principe se l’ho svegliata» disse la vecchia con occhi spiritati «spero gradirà la colazione in camera.»

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