Una moneta

Vincitore della Vaporosamente Live Edition con Anna Pullia e Andrea Wise come guest stars, un racconto di Viviana Tenga.

 
«Raccontami una storia. Una di quelle dei tuoi antenati.»
«Certo. In un tempo lontano, nelle terre dell’estremo Nord…»
«No. Non così. Con la musica. E con le danze.»
«Non potrei fare le danze. Solo i sacerdoti…»
«Non importa. Non sei più nella tua terra. Qui fai quello ti dico io. Per gli ospiti di mio padre hai danzato.»
Tito si sforzò di dare alla voce un’inflessione autoritaria. In un’altra situazione, avrebbe fatto frustare Perhturm per l’insolenza con cui gli aveva risposto, ma aveva paura che suo padre se ne accorgesse e facesse domande.
«Vostro padre è il mio padrone. E vorrebbe che voi usciste, e vi divertiste insieme a ragazzi della vostra età e del vostro rango. Se sapesse che in verità rimanete chiuso in una stanza dimenticata a farvi intrattenere da uno schiavo…»
«Non azzardarti a minacciarmi! Racconta la storia. Senza danze, non importa.»
Tito ci aveva provato, a frequentare ragazzi della sua età. Ma non faceva per lui. Nei loro giochi doveva sempre interpretare la parte del mostro o del cattivo. E poi, tutti lo guardavano con ribrezzo, un po’ come facevano gli ospiti di suo padre quando era costretto a partecipare alle loro cene. Ribrezzo per la pelle squamosa con cui era nato, per il suo affanno nel respirare. Ogni volta, durante quelle cene, lui vedeva l’imbarazzo negli occhi dei suoi genitori, la vergogna per quel figlio maledetto dagli dei.
Nemmeno gli schiavi, per quanto si sforzassero, riuscivano a nascondere del tutto il loro disgusto nel guardarlo. Tra tutti, solo Perhturm sembrava non vedere la sua deformità.
Lo schiavo finì il suo racconto, poi lo intrattenne con altri, e poi con canti, fino all’ora in cui il padre di Tito tornava a casa. Come ogni volta, Perhturm tese una mano nel passargli accanto e Tito gli posò nel palmo una delle monete che avrebbe dovuto usare per divertirsi coi suoi coetanei. Si chiese cosa se ne facesse di preciso.
 
Lidia guardò incredula il sacchetto di monete che Perhturm aveva lasciato cadere sul tavolo.
«Cosa…?»
«Il mio riscatto. Come previsto dalla legge. Ora sono un uomo libero.»
«Non puoi! Mio figlio…»
«Vostro figlio troverà senza dubbio un altro schiavo che lo intrattenga. O una schiava, ora che sta entrando nell’età adulta…»
«No! Non sarà mai la stessa cosa, e lo sai! Tu sei l’unico che lo faceva sentire normale!»
«Mi dispiace. Ma non è un problema mio.»
«Rimani presso di noi! Come uomo libero, pagato…»
Ma Perhturm scosse la testa.
«Ho vissuto per anni come schiavo in questa casa. Ho subito umiliazioni, rischiato ogni giorno la vita da quando mi avete chiesto di nascondere a vostro marito le bugie di vostro figlio. Ora voglio solo tornare alla mia terra.»
«Aspetta!» lo implorò Lidia, ma Perhturm era già uscito.
Lidia rimase per diversi minuti a fissare il vuoto. Pensò a suo figlio, ora più solo che mai, e una lacrima le scese lungo il viso.