Uno su un miliardo

L’importanza di chiamarsi Feng in una società che non va al di là del taglio degli occhi. Vincitore della Quarta Edizione della Quinta Era con Gianluca Morozzi nelle vesti di guest star, un racconto di Angelo Frascella.

 
Il coperchio si aprì e luce e aria lo investirono, restituendolo al mondo.
Si afferrò ai bordi della scatola e si tirò su, respirando affannato.
«Tranquillo, Feng. Sei arrivato.»
Il ragazzo alzò lo sguardo verso l’uomo che lo aveva liberato. «Non sono Feng.»
«Da oggi, sì. Questa è la tua carta d’identità.»
«Dov’è l’altro Feng?»
«Ha saldato il debito ed è un uomo libero. Ora è il tuo turno: per cinque anni lavorerai gratis per me, per ripagare il viaggio.»
Feng si alzò in piedi, uscì dalla scatola e fece un inchino. «Cosa devo fare?»
«Il barista. Preparati in fretta. Sta per iniziare il tuo turno.»
Il ragazzo si inchinò di nuovo: «Si accorgeranno che non sono lui
L’uomo rise di gusto. «Gli italiani sono stupidi. Non riuscirebbero a distinguere due cinesi neanche se li pagassimo per farlo.»
 
Ci aveva messo un po’ a imparare. Per fortuna la collega l’aveva aiutato, senza denunciare la sua incompetenza. Nonostante ciò, però, nessuno dei clienti abituali aveva mai sospettato che lui non fosse il vecchio Feng. Nemmeno il ciccione che pranzava lì ogni giorno e lo rintronava di chiacchiere.
«Questo panino è davvero buono. Dovreste smettere pure voi di mangiare le vostre schifezze e convertirvi alla mortadella.»
«Non capisco» si limitò a rispondere Feng. Era venuto in Occidente per diventare il nuovo Bruce Lee, non per chiacchierare con i cretini.
«Hai visto, Feng?» Il ciccione gli stava mostrando un quotidiano. «Il nuovo coprotagonista dell’ispettore Costantini è un cinese. Lui sì che è un muso giallo in gamba.»
Feng finse un sorriso.
«Feng! Vieni subito» l’urlo del capo dal retro era giunto a salvarlo.
«Il fattorino del mio ristorante si è rotto una gamba. Tu sai guidare il motorino?» gli disse, quando lo ebbe raggiunto.
«Certo, capo» annuì, senza mostrare la preoccupazione per il fatto che non conosceva le strade della città.
 
Girava da più di mezz’ora fra portici tutti uguali e la miscela stava per finire. Il capo lo aveva già chiamato tre volte e lui non aveva risposto. Al suo ritorno, probabilmente, lo avrebbe rimandato in Cina.
Posò il motorino e si avvicinò a un gruppetto di persone per chiedere informazioni.
«Mi scusi» chiese all’uomo in fondo al capannello.
«Sei tu! Sei tornato» esclamò l’uomo. Poi si girò e urlò: “È qui. Potete ricominciare.”
Il capannello si aprì, creando un corridoio per lui, tributandogli un applauso.
“Ci deve essere un equivoco» disse timidamente, mentre manate vigorose lo spingevano in avanti, verso una luce calda.
Quando fu in fondo, un uomo con una cuffia in testa gli afferrò le spalle e gli regalò un enorme sorriso.
«Xiong, sei tornato! Bravissimo. Lo hai capito, ora, che l’aumento del tuo cachet non dipende da me? Io sono solo il regista.»
Feng vide la telecamera e riconobbe, poco più in là, l’attore che interpretava l’ispettore Costantini.
«Io non sono Xiong.»
Il regista si strinse nelle spalle: «Conosci il kung fu?»
Feng annuì con entusiasmo.
«Vieni. Nessuno si accorgerà che l’attore è cambiato. Se ti fidi di me, ti renderò ricco e famoso.»