Vecchio bastardo

Certe ruggini marciscono fino a trasformarsi in odio senza speranza. Un racconto di Fernando Nappo.

 
Il vecchio bastardo apre gli occhi e mi vede. «Cosa ci fai ancora qui? T’ho già detto che non ti voglio vedere.»
Ormai ridotta a una velina, la pelle sul viso lascia intravvedere la ragnatela bluastra delle vene.
«Non ti libererai facilmente di me» rispondo. «Questa volta non puoi.»
Allunga una mano nodosa, tasta il matersasso in cerca del pulsante per chiamare gli infermieri.
Mi alzo e lo precedo.
«Ho ottenuto un permesso dal direttore della clinica. Posso venirti a trovare tutte le volte che voglio e rimanerti accanto finché sarà necessario.»
Un tremore sulle sue labbra: la mia presenza gli pesa. Come speravo.
«Qui mi seguono bene, non ho bisogno…
«Io non ti abbandonerò… papà.» Enfatizzo l’ultima parola, come fosse la più importante che un uomo possa pronunciare. Chiude gli occhi; nonostante l’apparente dolcezza, la frase lo colpisce come un maglio.
«Vuoi sapere perché, vero? Vuoi sapere perché me ne sono andato?»
Lo guardo e non rispondo. Lo so già il perché. Perché sei un bastardo, perché non l’avresti fatto, altrimenti. Il resto non conta.
«Mamma non ti ha mai perdonato» dico. «Mi ha fatto giurare che te l’avrei riferito, se mai t’avessi ritrovato.»
«Non ho bisogno del perdono di tua madre, nè del tuo, nè di quello di nessun altro. So bene cosa ho fatto e perché…»
Tossisce, un paio di colpi che lo lasciano senza fiato.
Mi alzo e controllo che le cannule per l’ossigeno siano al loro posto.
«Perché non te ne vai, eh? Perché non mi lasci crepare in santa pace?
Non rispondo e passo a controllare la flebo.
«Chiudila» mi dice. «Facciamola finita.»
Già, sarebbe facile per te vero? Pochi minuti e addio passato, addio sensi di colpa, addio a me. Ancora una volta. No, mi dispiace ma questa volta non funziona così.
«Il flusso è costante, come s’è raccomandato l’infermiere. Lo sai: voglio che tu viva il più a lungo possibile, per quanto le tue condizioni lo permetteranno.» Mi faccio più vicino. «Passeremo molto tempo insieme, d’ora in poi»
Un altro accesso di tosse lo squassa. Un macchinario emette un lieve fischio.
Un infermiere entra nella stanza e mi si avvicina. «Dovrebbe uscire un attimo, grazie» dice.
Guardo il vecchio bastardo e gli faccio l’occhiolino. «Tranquillo papà, torno subito.»
Faccio un cenno all’infermiere che ricambia con un sorriso. «Se tutti i figli fossero come lei…»
Mi avvio verso il corridoio, soddisfatto.
Crepa, vecchio bastardo, ma crepa lentamente, così da dover sopportare la mia presenza quanto più a lungo possibile, perché, stanne certo, io non ti mollerò fino a quando non ti avrò visto tirare le cuoia.

I commenti sono chiusi.