Bianco Noir

Una riflessione sul concetto di “libertà” condotta da due protagonisti d’eccezione. Un racconto di Raffaele Marra.

 
La libertà, sta pensando mentre evita i miei occhi. Sguardi furtivi, scintille nel vento, schiocco di frusta. Non può reggere il mio sguardo.
«La libertà» dice con voce stridula. Bingo, direi se fossi uno di quelli laggiù.
«Che vuoi sapere?»
«È ciò che ti manca: la libertà. Sei schiavo, e lo sai. Non puoi liberarti di loro.»
Sospiro paziente, come faccio da sempre. Lui sembra innervosirsi, è irrequieto, scalpita come un cavallo sudato, teme la mia risposta.
Un doppio flash illumina a giorno la stanza vuota. Una coppia di sposi in Congo.
Muovo un sopracciglio e, in un attimo, sistemo le cose.
«Lo hai fatto di nuovo, vero?» mi chiede nervoso. Io sorrido compiaciuto mentre la stanza torna buia.
«Vedi, la libertà non è non avere nessuno a cui pensare. Al contrario: la libertà è assecondare la tua natura.»
Si gratta il mento barbuto, sbuffa, scuote il capo.
Doppio flash. Un pulmino di scolari in bilico su una rupe in Cile.
Mi faccio serio, schiarisco la voce e, una volta in più, sistemo le cose.
«Sei stato tu, lo so» gli dico fissando i miei occhi sul suo capo ciondolante. Mi risponde con un grugnito osceno, ansimando come un cane rabbioso.
«Eppure sei schiavo di tutti loro. Lo sei sempre stato.»
Annuisco, pensando al passato, al presente e al futuro. Forse è proprio così, ma è quello che mi rende speciale. È la mia natura, come dicevo. È al tempo stesso la mia libertà e la mia schiavitù.
«Whisky?» cambio discorso con un sorriso improvviso.
Doppio flash. Un terremoto in Giappone.
Mi lecco le labbra mentre tiro fuori dal nulla due bicchieri colmi a trequarti e custodisco tra le macerie una bellissima bambina occhi a mandorla.
«Con piacere» gracchia tremando mentre cerca di afferrare il bicchiere senza incrociare il mio sguardo.
Il sorso è lento, gradevole, rinfrescante. A volte, fingere di essere uno di quelli laggiù mi diverte, altre volte è tremendamente doloroso. Per lui, invece, è sempre la stessa sfida impari, il solito scontro a testa bassa.
Devo ammetterlo: a volte mi fa pena.
Doppio flash. Una donna disperata mi invoca da un vicolo di Sofia.
Mi asciugo il labbro con il dorso della mano mentre il maniaco mi vede riflesso in una pozzanghera: la lascerà, fuggirà e cambierà vita.
«Devo andare» dice stremato il mio compagno di bevuta. Gli sorrido: so che non demorderà, che continuerà a provare, che insisterà a sfidarmi per sempre.
«Sei libero, forse…» gli rispondo con un sorriso mentre trasformo il suo bicchiere in un violino che sottolineerà la mia solitudine fino al prossimo incontro. Pensieroso, abbassa la testa caprina e si dilegua in una nuvola che sa di zolfo.
La libertà, torno a pensare.
Io sono qui per voi, dico tra me e me nello stesso istante in cui mille madri mettono al mondo altrettante creature, mentre diecimila musicisti compongono il brano più bello della loro vita, mentre centomila ragazzi si innamorano guardando il mare, mentre un miliardo di esseri umani, apparentemente senza motivo, si sente improvvisamente felice.
Doppio flash.