Caccia notturna

Creature fantastiche e come ucciderle in questo racconto di Maurizio Ferrero, quarto classificato nella 125° Edizione del contest principale di Minuti Contati, con Raffaele Marra come guest star.

 
Guardo l’ora sullo smartphone. Sono le 3.33, come immaginavo. Ho sempre avuto un sesto senso per le cose bizzarre. La nottata si sta facendo lunga, e questa è un’ora infame per trovarsi parcheggiato sul ciglio di una strada provinciale sperduta nei campi. È febbraio, fa un freddo fottuto, e non c’è nemmeno un lampione. Quelli della provincia non hanno pensato che forse era il caso di farlo mettere, nemmeno dopo che quell’incrocio del cazzo, venti metri più in là, se ne è mangiati quattro nel giro di due mesi, spalmandoli come marmellata sul toast. Il segnale dello STOP è l’unica cosa che vedo, illuminato dalla debole luce lunare. Perlomeno è una notte limpida.
Do ancora una controllata al fucile, anche se so che il colpo è in canna e la sicura è tolta. Carcano modello 91, appartenuto a mio nonno. Lui lo usava per far saltare la testa ai fascisti. È ancora perfetto, con tutti i pezzi originali. L’unica licenza che mi sono concesso è l’installazione di un moderno mirino con visione notturna. Non posso farne a meno.
Attendo, forse mi addormento per qualche minuto, ma il sesto senso è sempre all’erta. Quando apro gli occhi, vedo un’auto venire nella mia direzione. Esco lentamente e, usando il finestrino aperto come base di appoggio, punto l’arma.
Capisco poco dopo che non è la persona giusta. Procede a velocità elevata ma costante, i fari sono fermi sulla carreggiata. Non sbanda, niente frenate brusche. Nonostante l’ora è bello sveglio e sobrio. Una visione rara.
Sbuffo deluso, rientro nell’abitacolo e lo lascio passare. Si ferma allo STOP un po’ bruscamente, poi riparte sicuro. Spero che quello giusto passi prima dell’alba, altrimenti dovrò farmi un’altra notte qui. Non mi piace quando la caccia si dilunga troppo.
Dormo un altro po’, poi ricontrollo l’ora. 4.44. Un’auto in avvicinamento. Me lo sento, questo è quello giusto. Riprendo posizione, prendo la mira.
Il guidatore sta correndo troppo. A giudicare dall’ora, è al ritorno da una notte in discoteca. Cocktail annacquati, adrenalina, forse qualche pasticca. Il bersaglio ideale.
Capisco quando è a meno di dieci metri da me che non vedrà lo STOP. Non sta arrivando nessun’altra macchina all’incrocio, ma non è quello il punto. Smetto di respirare, chiudo l’occhio sinistro.
Il gargoyle mascherato da segnale stradale prende vita e balza verso l’auto guidata dall’ubriaco. Attaccano solo gli sbronzi, chissà come lo capiscono. Lui non sa nemmeno di stare andando incontro alla morte.
Premo il grilletto. Il mostro viene preso in pieno petto, che si sgretola come se avessi martellato un blocco di pietra. L’impatto sull’asfalto lo trasforma in briciole nere.
L’autista ubriaco inchioda. Ha sentito lo sparo e si è svegliato quel tanto che bastava da premere il freno fino in fondo. Sbanda, ma riesce a mantenere il controllo dell’auto. Niente marmellata sul toast per lui. Rimango al buio, lui non mi nota. Vuole solo tornare a casa prima che qualche sbirro lo fermi e gli faccia il test del palloncino.
Ritiro il fucile nella mia valigetta. In quel momento il mio smartphone suona.
«Pronto? Sì, l’ho sistemato, ma è stata una nottataccia. Sto diventando troppo vecchio per questo lavoro. Già, quando si nascondevano sulle facciate delle chiese era tutto molto più facile. Tra un’ora sono a casa, fammi trovare un caffè ben caldo.»