Camera 303

Un passato che non abbandona, una vita al crepuscolo sospesa in se stessa. Finalista nella CENTESIMA Edizione di Minuti Contati, un racconto di Erika Adale.

 
Hai lavorato tutto il giorno, hai fatto la spesa e preparato la cena.
Ora sei stanca morta, ma ci sono ancora alcune faccende da sistemare prima di andare a letto.
Lui dorme, disteso sul divano. Stasera avete litigato perché ti ha risposto male e certi modi non li tolleri. Ti ha detto anche che esageri e ti sei arrabbiata ancora di più. Avete cenato in un silenzio ostile, guardando ognuno il proprio cellulare.
Ora lui russa, un dito come segnalibro nel romanzo che gli hai preso tu. Chissà se gli sta piacendo. Ti avvicini e gli sussurri nell’orecchio : «Vieni a letto».
«Mmmhhh…arrivo» mugugna nel sonno. Allora lo copri con un plaid e sistemi il cuscino, prima che gli venga il torcicollo.
Vai in cucina, riempi l’annaffiatoio e bagni i gerani sul davanzale della sala. Con questo caldo soffrono, ma con un po’ di attenzione restano bellissimi. Nascondi il viso in quelli bianchi, che ti ha regalato lui.
Poi vai dalla piccola, che dorme nel lettino.
Ne osservi la curva dolce delle labbra, l’ombra delle ciglia, le palpebre che fremono di sogni.
La felicità ti sfiora la schiena e gusti la tua fortuna a occhi chiusi, come un refolo fresco in un giorno d’estate.
 
Alice segue l’infermiere anziano e prende appunti su ogni paziente.
E’ la sua prima notte nel reparto, vuole essere precisa ed efficiente.
«Questa è la 303. Tranquilla, non ti darà problemi.»
Alice si affaccia nella camera e guarda la donna esile che si aggira in punta di piedi, spostando oggetti invisibili.
«Cosa sta facendo? Non bisogna metterla a letto?»
L’infermiere sorride e scuote la testa. La ragazzina crede di essere ancora sui libri di scuola, pensa; imparerà la flessibilità sul campo.
«Sono le nove e mezza. Dalle il tempo di sistemare le sue cosine, poi andrà a nanna da sola. Passiamo alla 304, che è più impegnativa…»
Prima di uscire dalla stanza, Alice lancia un’ultima occhiata alla paziente e la guarda deporre un bacio a galleggiare nel nulla, come un fiore abbandonato sull’acqua.