Come la scena priva di sostanza

Finalista nella 148° Edizione di Minuti Contati, un racconto di Debora Dolci.

 
La penombra è satura di respiri. Assaporo la tensione, gli angoli della bocca tirano. Ogni brusio è scomparso, nello spazio stretto scorgo un brillio, l’abito di veli argentati di Ariel.
I pochi tonfi sopra di noi sono gli altri che si sistemano.
La musica invade lo spazio, allaga il retropalco.
Comincia, ancora una volta, lo spettacolo sempre uguale, sempre nuovo.
Una mano mi tocca il braccio, sussulto. Mi spezza il fiato, sta rovinando il momento e il calore della rabbia mi raggiunge il collo e le orecchie.
«Amedeo.»
Cecilia appare illuminata da un lampo. Sopra di noi è cominciata la tempesta. I marinai gridano.
«Nostromo!»
«Sono qui capitano!»
Cecilia ha aloni d’argento intorno agli occhi. Da ieri sera non mi parla, invece adesso…
Le assi del palco scricchiolano.
Deglutisco, devo ritrovare la concentrazione. Io sono Prospero, lei è Miranda, mia figlia. Con la punta dei piedi nudi tocco il primo gradino del sottopalco. Là sopra c’è l’isola magica con le sue forme mutevoli.
«Amedeo, dopo vorrei parlare…»
Piego il collo a destra e sinistra, sciolgo le braccia.
«Via di qui, non aggrapparti alle mie vesti.»
Cecilia sgrana gli occhi, schiude le labbra. È sempre bella, anche così smarrita e sciocca.
Muovo le dita e ruoto i polsi. « Atto primo, scena seconda… ricordi?»
Lei abbassa la testa. «Ma certo, il personaggio prima di tutto.» Trema, tutte queste emozioni dovrebbe incanalarle nella performance.
«Sarai meraviglioso, come sempre.» Cecilia sorride, uno sprazzo di luce dall’alto le imbianca il volto.
Ora sono il mago. Non c’è spazio per le parole, né per ricordi di baci, carezze e desideri.
Allungo un piede e lo poso sul primo gradino.
Cecilia mi sfiora il fianco. Trattengo l’istinto di respingerla e mi chino, le porgo la mano del mago. «Miranda, vieni. Comincia.»
Lei sospira, sale accanto a me, scivola oltre la quinta di fondo. Insieme usciamo sotto le luci, in mezzo ai respiri sospesi della gente.
«Se con la vostra Arte, mio carissimo padre, avete gettato le acque selvagge in questo fragore…»
Sorrido e ascolto Miranda e il suo turbamento.
 
Il vicolo è gelido, strisce di nebbia si annodano fra le ruote del furgone e del camion, le sagome dei facchini sembrano illusioni.
Stringo il bavero del giaccone sotto il mento. Ci mettono sempre troppo a smontare, andremo a mangiare molto tardi pure questa sera. Ma va bene, mi piace il freddo dopo uno spettacolo, congela l’attimo, gli applausi e la forza dei personaggi. Sono ancora Prospero, domani cambierò, magari Cesare.
La porticina di servizio si apre, Cecilia è libera dagli ammiratori. Stasera è stata magnifica. Le vado incontro, potrei stringerla e scaldarla un po’. Un bacio nella nebbia mentre aspettiamo…
Mi mette le mani sul petto, ruota il viso e le mie labbra le toccano la guancia ancora calda.
«Pensavo a Cesare oppure Algernon Montcriff.» Infilo le mani in tasca, dondolo un po’ sui talloni. «Ci sarebbe anche Alberto de Stefano, anche se non amo recitare in napoletano, so che farai Bice, quindi… Che ne pensi, ti piacerebbe?»
«Amedeo, io non ce la faccio più.» Parla piano ed è roca.
Mi avvicino, ruoto il busto di tre quarti e agito un guanto davanti a me. «Ora i miei incantesimi si sono tutti spenti…»
Lei non ride, stringe i pugni. «Basta!»
I facchini fantasma l’avranno sentita?
«Puoi essere te stesso per una volta e ascoltarmi? Non deve rispondermi Shakespeare! Sto parlando con te. Voglio sapere… voglio la verità.»
Il motore del furgone soffoca un principio di risposta, stringo le labbra e mi prendo un attimo. Mi chiede la verità, io ne ho molte. «Quale verità vuoi sapere, Cecilia?»
«Fra me e te cosa c’è? Cosa vorresti che fosse?»
«Quello che siamo già! Il teatro, gli applausi, il freddo la sera e noi due!» Questa è una verità semplice, la verità di Amedeo.
«Tu pensi che la vita sia uno spettacolo?» La sua voce è più acuta.
«Non lo è?» Le prendo la mano che ha sollevato di scatto. «È così, noi siamo davvero fatti di sogni, questa vita è solo un sonno. C’è più verità in Prospero e la sua tempesta che qua fuori, capisci?»
La porticina si apre, la compagnia al completo si rovescia fuori con risa e brusii.
Cecilia mi lascia la mano.
Sussurro. «Tutto si dissolverà, come la scena priva di sostanza ora svanita.» Ma domani cambierò, sarò Cesare…