Di notte

Il coraggio di non mentire a se stessi in questo racconto di Viviana Tenga, seconda classificata nella 118° Edizione di Minuti Contati.

 
«Chi va là?»
Elena non fece in tempo a finire di pronunciare quelle parole, che subito si sentì stupida.
Quando mai si era sentito di qualcuno dire «chi va là?» nella vita reale? Era una cosa stupida. Stupida come recarsi da sola di notte in un’area industriale abbandonata.
Puntò la torcia verso la direzione da cui aveva sentito provenire i rumori. Una sagoma emerse dall’oscurità.
Elena tirò un sospiro di sollievo. Non era un tossico malintenzionato. Era una donna pressappoco della sua età, trent’anni o poco più, dall’aspetto decisamente civile.
«Ehm… Buona sera» fece l’altra, imbarazzata.
«Buona sera» rispose Elena. Per alcuni istanti rimasero a squadrarsi in silenzio.
«Piacere» disse infine l’altra, porgendole la mano. «Mirella.»
«Elena.»
«Io sono qui perché… ehm… Mi ha dato appuntamento qui una persona che conosco.»
«Uhm… più o meno la stessa cosa»
 
Tutto era iniziato tre giorni prima, nei bagni dell’ufficio. O forse nella sala riunioni, quando il suo capo si era lasciato andare a uno dei suoi soliti sfoghi contro di lei e i suoi colleghi. In verità, nulla di che, solo una di quelle tempeste passeggere a cui tutti lì dentro erano ormai abituati.
Elena non sapeva bene perché era andata in bagno a piangere. Aveva sopportato scenate ben peggiori senza battere ciglio. Però quel giorno era stanca. La notte aveva dormito male, di un sonno discontinuo e irrequieto. In effetti, era un po’ di tempo che dormiva male. Stava cominciando ad accusare la stanchezza.
Quando uscì a sciacquarsi il viso, al lavandino accanto c’era una donna che non ricordava di aver mai visto. Forse era nuova, forse lavorava a un altro piano ed era lì per caso. Aveva un’età indefinibile, capelli di un biondo cenere, un tailleur nero e scarpe con il tacco alto.
La sconosciuta si voltò verso di lei e la guardò con occhi di un’impossibile sfumatura tra il verde e il giallo. Le sussurrò un luogo e un’ora. Elena si ritrovò ad annuire. Uscì dal bagno pochi istanti dopo la sconosciuta, la cercò con lo sguardo lungo il corridoio, ma senza trovarla.
 
Ed ecco che ora era lì, a chiedersi perché una donna dall’aspetto tanto distinto le avesse detto di recarsi in un luogo dall’aria così poco raccomandabile. E perché lei ci fosse andata, dopo aver raccontato a suo marito di un’improbabile cena con vecchie compagne di scuola.
«Ho fatto delle ricerche su Google, prima di venire» disse Mirella. «C’è un tizio che dice che qualche mese fa è passato di qui una sera e ha avuto una sorta di illuminazione mistica. Gli è apparso qualcosa e ha trovato la via per essere felice della sua vita.»
«Io sono già felice della mia vita!» rispose Elena, seccata che una sconosciuta insinuasse il contrario.
«Beh, se è per quello anch’io»
«Io e mio marito stiamo insieme dal primo anno di università. Due estati fa ci siamo sposati, abbiamo comprato casa e adesso che lui ha avuto un aumento stiamo pensando a un bambino.»
«Io sono sola e sto bene così. Ho un lavoro che mi piace, un buon gruppo di amici, due gatti e una tartaruga. Alla fine, per essere felici basta imporsi qualche regola e seguirla. Io negli ultimi anni me ne sono data tre: non farmi mettere i piedi in testa da nessuno, trovare tempo per le cose che mi piacciono, non innamorarmi.»
La sua voce si fece un po’ incerta sul finire della frase, ma Elena non ci fece caso. Stava pensando alle sfuriate immotivate del suo capo e al corso di teatro che aveva abbandonato anni prima. Il lavoro sembrava risucchiare tutte le sue energie, e di certo non poteva pensare di prendere altri impegni proprio adesso che era arrivato il momento di avere un figlio.
 
Per Mirella, tutto era cominciato qualche giorno prima, quando alla fermata dell’autobus una signora elegante le aveva sussurrato un luogo e un orario. Il bus era arrivato pochi secondi dopo, ma la sconosciuta non era salita. In effetti, sembrava essere sparita nel nulla subito dopo averle parlato.
O, forse, era iniziato diversi mesi prima, quando aveva conosciuto Giovanni. Erano diventati amici all’istante. Quasi senza accorgersene, avevano cominciato a confidarsi problemi e paure, a trarre conforto e sicurezza l’uno dall’altra. A stare fin troppo bene insieme. L’amicizia aveva cominciato a sfumare in qualcosa di più ambiguo e Mirella aveva cominciato a preoccuparsi. Con le sofferenze d’amore aveva già dato, i ragazzi che erano venuti dopo non erano mai stati nulla di serio. Quella di non innamorarsi era una regola importante.
Alla fine, Giovanni le aveva chiesto di non vedersi per un po’, dicendo che si trovava a disagio nella situazione che si era creata tra di loro. Si vedeva dal suo sguardo che sperava Mirella proponesse di risolvere l’ambiguità con un passo avanti.
Lei aveva annuito e detto che rispettava la sua scelta, tirando dentro di sé un sospiro di sollievo. Meglio così. Aveva subito trovato mille altre cose con cui riempire il suo tempo.
Non sapeva bene neanche lei perché, quella mattina alla fermata del bus, si era messa a fissare il cellulare in quel modo, a digitare e cancellare messaggi in cui diceva a Giovanni quanto le mancava. La notte prima aveva dormito male, di un sonno discontinuo e irrequieto. In effetti, era un po’ di tempo che dormiva male. Stava cominciando ad accusare la stanchezza.
 
In mezzo ai capannoni di cemento abbandonati, la donna dal tailleur nero apparve in un lampo di luce e guardò Elena e Mirella con occhi di un’impossibile sfumatura tra il verde e il giallo.
«Quante bugie vi siete dette, negli ultimi tempi?»
La domanda prese Elena alla sprovvista.
«Nessuna…» iniziò, ma lo sguardo severo della donna la fermò. Quante volte aveva detto a Roberto che al lavoro andava tutto bene, che era felice e che si sentiva pronta ad avere un figlio? Peggio, quante volte l’aveva detto a se stessa?
«Molte» mormorò Mirella, con il tono di chi sta ammettendo una sconfitta.
La donna sorrise.
«Avete avuto il coraggio di venire qui, di notte, da sole, seguendo le parole di una sconosciuta. Pensate ci voglia tanto più coraggio a dire la verità alle persone a cui tenete?»
«Da domani, direte solo più una bugia» proseguì. «Che stasera non è successo niente.»
La luce cominciò ad affievolirsi.
«Aspetta!» urlò Mirella. «Tu chi sei? Cosa…?»
Ma la donna era già sparita.
 
Mirella rimase a parlare a lungo con Elena, finché l’altra non ricevette una chiamata dal marito che le chiedeva dove fosse. Si salutarono e tornarono ognuna a casa propria. Quando Mirella entrò, Tommy, il gatto rosso, le venne incontro facendo le fusa. Quella notte, Mirella dormì bene come non le capitava da mesi. Il giorno dopo si decise a chiamare Giovanni. Sul cellulare trovò un messaggio di Elena che le raccontava di aver appena dato le dimissioni.