Dormire, forse sognare

Un’amante sfuggente, un sogno che diventa incubo. Finalista nella Seconda Edizione della Quinta Era con Andrea Atzori nelle vesti di guest star, un racconto di Mario Pacchiarotti.

 
Lei lascia cadere l’accappatoio e si infila sotto la doccia. È di spalle e i suoi lunghi capelli corvini si bagnano disegnando ghirigori sulle spalle bianche. Ne seguo i capricci lungo la schiena perfetta fin giù, dove due fossette fanno da ambasciatrici alle rotondità invitanti dei glutei. Mentre mi perdo ancora più in basso, là dove le gambe affusolate si uniscono, vengo richiamato dalla sua voce roca.
«Vieni Mario, che aspetti?»
Già, che diavolo aspetto? Mi spoglio quasi con rabbia, gettando gli abiti a terra e la raggiungo. Poso le mani sui fianchi candidi e lei comincia a oscillare, come in una rumba silente, seguendo un suo ritmo segreto inarca la schiena, sfiorandomi. Le bacio la pelle e mi preparo a voltarla. Il desiderio dilaga e non potrò resistere a lungo.
E poi, maledizione, mi sveglio. Col cuore che rulla, fradicio di sudore, balzo a sedere sul letto.
«Cazzo!» Lo sparo fuori in un sibilo, io che odio la volgarità, eppure lo dico con intenzione mentre guardo l’orologio e realizzo che anche stanotte non riuscirò più a dormire. Devo andare in bagno ma mi frena un’inutile erezione. Una doccia. Conviene che faccia una doccia…
 
«Ehi Mario, che brutta faccia – dice Luca affacciandosi alla mia stanza. Non devo avere una bella cera. Sono ormai cinque notti di fila che faccio quel maledetto sogno e la stanchezza comincia a pesare.»
«Non dormo bene Luca, mi sveglio nel cuore della notte e poi non riesco a prendere sonno…»
«Incubi?»
«Ma no, al contrario, sogno una donna fantastica, ma sul più bello… mi sveglio.»
«Ehh, per una che non riesci a farti…» scherza.
«Non riesco neppure a vederla in faccia.»
«Povero Mario» mi deride e io sprofondo nello sconforto. Ma come dargli torto? Devo sembrare davvero ridicolo, sto perdendo la testa per una donna che vive solo nei miei sogni.
«Accidenti, ma è una cosa seria» fa lui, più partecipe, forse colpito dalla mia espressione.
«Se potessi finire il mio sogno… Ma una notte un incidente, l’altra un vicino che ha perso le chiavi, poi la sveglia che decide di suonare quando gli pare… Ogni volta mi sveglio troppo presto.»
Lui ci pensa qualche secondo.
«Ho un’idea» mi fa.
Lo ascolto, e decido che vale la pena provare.
 
La prima notte non funziona, nonostante il sonnifero mi sveglio, anche se il sogno dura più a lungo e riesco ad accarezzarle il seno. La seconda raddoppio la dose, ancora niente di fatto, ma vado un pochino più avanti. La terza e la quarta di nuovo aumento la dose, fallisco, ma guadagno terreno.
Allora tento il tutto per tutto.
 
…lei inarca la schiena, sfiorandomi. La bacio sul collo. Lei mi afferra la mano e la guida tra le sue gambe. È calda e non potrebbe essere più pronta. Sfioro con le labbra il lobo del suo orecchio e sussurro: «Sei mia.»
Sento che ride e finalmente inizia a voltarsi: «No» dice «tu, tu sei mio!»
Poi la vedo, quella faccia scavata, quelle orbite vuote, quel ghigno osceno disegnato dove dovrebbero esserci morbide labbra… Sento il cuore che batte ancora un colpo. Lento. Troppo lento.