Fa la tua scelta

Il posto è nella parte ovest del parco comunale, oltre il monumento ai caduti. Uno spiazzo nascosto tra le siepi e la scogliera. Quando ero adolescente era il nascondiglio segreto delle coppiette e tale dev’essere rimasto, almeno a giudicare dal numero di preservativi usati che sbucano tra i pochi ciuffi d’erba dell’aiuola. Anche la panchina è sporca e sbrecciata.
Mi siedo. Il sole scende sul mare. Colora di rosso la rupe e le mura della città vecchia.
Almeno questo è rimasto identico, oggi come quindici anni fa.
 
Lili piega in un sorriso astuto l’angolo sinistro della bocca, facendo ballare su e giù il neo sulla guancia. Appoggia La tempia sul pugno e mi guarda?
– Quindi? Qual è la risposta?
– I-io… ecco…
Il vento le agita il caschetto nero.
Il tramonto le incendia la camicia bianca.
È così bella che sento che potrei piangere. Mi tocca la fronte con un dito sottile.
– Niente lacrime. Dimmi solo sì o no.
– S-si: certo che voglio stare con te.
Lili scopre i denti. Mi afferra le guance e mi tira a sé. Tutto l’universo è rinchiuso in quegli occhi scuri.
– Mio! – Mi bacia. La sua lingua preme sulla mia come se la stesse conquistando. – Mio e di nessun’altra.
La sua risata sembra quella di una bambina. Una lacrima scappa dall’occhio sinistro. Lei la fa sparire con un movimento del pollice.
– Certo, dovremo fare qualche cambiamento. Quelle magliette, ad esempio: non ti si può vedere con le magliette dei cartoni animati addosso.
– Ma le ho prese al Comicon, lo sai che…
Lei aggrotta le sopracciglia. La piega del labbro scende verso il basso.
– La questione è semplice: o me o loro.
Mi mordo il labbro e abbasso lo sguardo.
– Va bene, non ti arrabbiare: domani vedrò d buttarle.
Lili torna a sorridere e mi bacia le guance.

 
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Metto il caffè sul fuoco e prendo le tazzine dalla credenza. Le appoggio sul tavolino.
Lili prende una sigaretta dalla borsa, la accende ed espira una boccata di fumo. Picchietta con le unghie sul tavolo.
– È uno scandalo. Come si permettono di presentare roba simile nel nostro quartiere?
– Dai, non ci trovo niente di sbagliato in quelle foto: sono solo nudi artistici.
Lei stritola il filtro della sigaretta tra i denti.
– Quella non è arte! Quella è perversione! Roba simile non dovrebbe stare così vicino a delle persone perbene, soprattutto in un locale dove potrebbero entrare dei bambini.
Sospiro. Il caffè borbotta sul fornello. Chiudo il gas e lo verso nelle tazzine.
– Lili se pensi che quelle foto diano fastidio, perché non chiedi ai proprietari del circolo di spostarle in una stanza più riservata?
– No, quel posto deve chiudere! – Lei sbatte un pugno sul tavolo. Alcune gocce di caffè schizzano fuori. – Oggi sono delle foto oscene, domani cosa sarà? Riprenderanno le ragazzine nei bagni della scuola e proietteranno i video? Organizzerò una raccolta firme per il Comune e faremo in modo che siano loro a mettere a posto le cose.
Apre la borsa e ne estrae una penna e un modulo per raccolte firme, scaricato Dio solo sa da quale sito. Inserisce il suo nome e lo gira dalla mia parte.
– Firma e prendi le chiavi: se ci mettiamo subito al lavoro per stasera dovremmo aver fatto il giro del quartiere.
Guardo il documento. Guardo Lili. Ha le labbra serrate e gli occhi spalancati. Il volto duro come roccia, tranne per un leggero tic che le fa muovere la guancia con il neo di tanto in tanto.
È bella e terribile come un esercito schierato in battaglia.
Scuoto la testa e spingo via il foglio.
– Tesoro, non ti arrabbiare, ma penso che tu stia esagerando.
Lili scatta in piedi e aggrotta le sopracciglia.
– Non mi importa se sto esagerando: dovresti stare sempre dalla mia parte!
– E sono dalla tua parte, ma sono sicuro che possiamo trovare una soluzione che non preveda il mandare quei poveri ragazzi in mezzo a una strada.
Ha gli occhi lucidi. Provo ad abbracciarla, ma lei mi respinge. Prende la borsa e si muove verso la porta. La apre e si volta.
– La questione è semplice: o me o loro. Se non accetti di sostenermi, allora non voglio più vederti.

 
È passato quasi un mese e Lili ha mantenuto la parola. Non risponde a chiamate e messaggi e mi ha bloccato persino sui social.
Guardo il cellulare: lo sfondo è una sua foto nella nostra ultima vacanza insieme. Sembra persino più bella di quando le ho detto sì tanti anni fa, su questa stessa panchina.
Mi nascondo il volto tra le mani.
Come si possono cancellare così tanti momenti insieme per una sciocchezza? In fondo, basterebbe così poco per chiudere la questione.
Sblocco il cellulare e le scrivo un messaggio. Le dico che ha ragione lei e che firmerò qualsiasi cosa voglia. Completo aggiungendo che l’amo più della mia vita.
Devo solo premere invio. Esito.
Sarebbe così semplice… ma sarebbe la scelta giusta?
Deglutisco e cancello il messaggio. Mi lascio cadere sulla panchina e osservo il sole sparire oltre l’orizzonte.
Le lacrime sgorgano senza che ci sia nessuno ad asciugarle.