Femme fatale

Mi sistemo sul sedile e sbatto la portiera dell’auto. L’orlo della gonna rimane incastrato in mezzo. La riapro quel tanto che basta da farlo scivolare all’interno.
«Sei in ritardo, cazzo. È venti minuti che ti aspetto.» La voce di Riccardo mi colpisce come uno scalpello sulla nuca.
«Scusami, io…»
«Ti dovevi truccare e scegliere un vestito, stronzate da femmina. Il cinema è una roba che piace a te, ma va a finire che ci perdiamo l’inizio.» Riccardo gira la chiave e parte sgommando.
Il mio fratellino gridava come un’aquila perché non trovava il suo pupazzo di Spider-Man. Il cane ha avuto la fantastica idea di vomitare nel bel mezzo della mia stanza.
Questo vorrei dirgli.
Invece no, me ne sto qui a rimuginare, incazzata e patetica come una vegana davanti a una macelleria equina.
Riccardo si accorge che lo sto fissando e gira la testa verso di me. «Che c’è?»
«Niente.»
«Ecco, ora iniziamo con la storia del niente
Mi uscirebbero solo parolacce. Ho visto un sacco di litigate tra amanti nei film, eppure non riesco a diventarne la protagonista.
Perché mi sono fatta ingannare da quel bel visino? Eppure, sotto sotto, spero che dalla nostra relazione possa nascere qualcosa di buono.
«Se tuo padre non fosse un carabiniere…»
Gli esce così, senza filtri.
Non mi piace il tono di minaccia nella sua voce.
Forse non spero più così tanto a noi due.
La nostra storia si sta trasformando in una pellicola horror. Meglio cambiare genere.
 
Ho casa libera stas. Vieni x le 21
Rileggo il messaggio per la terza volta. Lo smartphone segna le 21.29.
Suono il campanello di Riccardo.
«Sali.» Voce gelida.
Faccio a piedi i tre piani di scale, arrivo su che ho un po’ di fiatone. La porta è accostata, entro. Lui è sbracato sul divano del salotto, la tv accesa su un qualche talent show. Lascio la borsetta sul pavimento vicino alla porta.
«Sei in ritardo. Ancora un minuto e non ti aprivo.»
«Ciao anche a te.»
Mi avvicino e mi siedo accanto a lui. Ho la schiena rigida.
Lui spegne la tv e si alza. «Vieni?»
«Dove?»
«A letto. Recuperiamo il tempo.»
Subito al dunque. Niente coccole, ovvio. Non che le voglia. Non stavolta.
Sono preparata. Non mi piace parlare, ma so fare.
Mi alzo, recupero la borsetta e lo seguo in camera.
Si toglie la maglietta e i pantaloni della tuta, rimane in boxer.
Compaio nello specchio sul muro. Il rossetto rosso fuoco brilla nella semioscurità. Donna da film. Prendo coraggio.
Riccardo si siede sul letto.
«Vieni?»
Frugo nella borsetta.
«Che fai?»
Estraggo le manette e le tengo con un dito, facendole ciondolare. «Ti va di provare qualcosa di diverso?»
Fa un mezzo sorriso. Non sembra molto rilassato, ma forse è eccitato all’idea di avere una fidanzata porca.
Faccio scivolare via il vestito. Rimango in intimo, pizzo nero scelto per l’occasione.
Lo faccio sdraiare sul letto, salgo a cavalcioni sopra di lui, gli afferro un polso e stringo l’anello delle manette. Faccio girare le manette attorno al tubo d’acciaio della testiera del letto, afferro anche l’altro polso mentre gli agito le tette davanti agli occhi. È come sventolare una caramella davanti un bambino ciccione.
Il secondo anello fa clac.
Scivolo verso il basso, gli sfilo i boxer.
Glielo afferro e inizio a lavorarlo con le mani. Riccardo ha lo stesso sguardo dei pesci sul banco-freezer del supermercato.
Dopo qualche minuto inizia ad agitarsi. Pulsa tra le mie mani. È già ora.
«Sai una cosa… io arriverò sempre in ritardo, ma tu arrivi sempre troppo presto.»
Lo lascio.
Sgrana gli occhi. «Cazzo fai, Lara? Ero quasi…»
«Cos’hai detto prima, ancora un minuto e non ti aprivo? Finisci da solo… se ti riesce. Credo che ti manchi meno di un minuto.»
Tira le manette cercando di liberarsi. Spera che siano quelle da sexy shop, che si spezzano al primo strattone.
Le ho fregate a papà.
Scendo dal letto, mi rimetto il vestito.
«Dai cazzo, non fare la stronza Lara, liberami!»
«Un’altra cosa…»
Frugo nella borsetta, prendo il rossetto e lo stappo. Avvicino la punta al suo volto, si dimena e addenta l’aria, ma riesco a disegnargli una strisciata rossa sulle labbra.
«Stronzate da femmina.» Sorrido. «Non chiamarmi mai più.»
Prendo la porta e scendo le scale, accompagnata dalla colonna sonora dei suoi grugniti.
L’aria della sera è fresca e ho sempre avuto una passione per i film noir.