Il cedro

«Non avresti dovuto!»
Leo sedeva imbronciato ai piedi del cedro.
«Dici così solo perché non sei capace»
Nevio aveva un sorriso da canaglia stampato sul volto brunito dal sole. Il vento gli scompigliava il bavero della camicia di iuta, mentre stava penzoloni sul ramo più alto.
«Vedessi che vista c’è qua su»
Nevio distese la schiena, mise un braccio dietro la testa e annusò il trofeo smeraldo che aveva appena colto.
«Lo avevo visto prima io», piagnucolò Leo.
«I cagasotto devono stare muti»
«Lo sai che è proibito arrampicarsi fin la su, Nevio»
«Bravo, corri da mammina, allora»
Leo tirò un calcio a un ciuffo d’erba.
«Non sei manco buono e cercarti l’uccello, tu». Nevio sghignazzò. «Di un po’, gliel’hai messa la lingua in bocca ad Alice?»
Leo ammiccò stringendo gli occhi, accecato dal sole.
«Non sarai mica finocchio?»
«Smettila, Nevio!»
«Che non lo so che sei un finocchio? Giuro che prima o poi ti spacco la testa»
«Ma mo’ che c’entra ‘sta storia? Perché mi dici ‘ste cose?»
«I finocchi mi fanno schifo. Punto»
«Non sono finocchio!»
«Sì, dicono tutti così. Intanto ad Alice la lingua in bocca non gliel’hai ancora messa. Anzi sai cosa ti dico? Appena scendo gliela vado a mettere io»
«Non ci provare, Nevio»
«Se no che fai? Mi meni?»
«Lo dico a mamma»
«E io ti rompo il grugno»
Una raffica di vento scosse la chioma. Con un colpo di ventre, Nevio alzò il busto e afferrò il ramo su cui era seduto.
«Paura, eh?». Leo rideva.
«Io? Ma quando mai! Tu, piuttosto, sali su o preferisci prendere sberle?»
Leo alzò la testa. Le fronde, lucide e nodose, proiettavano un ombra cupa sulla terra arsa.
«Lo sai che è proibito…»
«Sali o t’ammazzo di botte»
Leo sospirò, si guardò i palmi e ci sputò sopra.
«Bravo, fratellino!»
Il piede destro sul ramo più basso, un colpo di reni e afferrò il ramo mezzano; il ginocchio sinistro sul ramo meno scosceso, e col braccio destro in presa sul ramo più alto. Leo era a una spanna dalla cima.
«Ahi! Mi sono sbucciato il ginocchio». Leo ansimava.
«Fa alla svelta, che qui facciamo notte». Nevio lo afferrò per la cintura dei pantaloni, mettendolo a cavalcioni sul suo ramo.
Leo grondava come un cencio bagnato. Inspirò la brezza che veniva dal mare, ancora tremante per lo sforzo, e lanciò un urlo. «Mi darai ancora del finocchio?»
Nevio lo afferrò per le braccia e cominciò a dondolare, come un ossesso.
«Non fare il grullo, Nevio!»
Ma quello continuava.
«Smettila, Nevio!»
Ma non la smetteva.
Il ramo fece crac.
Nevio mollò il fratello e si aggrappò alla fronda alle spalle.
Leo fece croc.
Scomposto, al suolo, come una bambola di pezza, s’era spezzato il collo. Nevio fissò il corpo livido.
Nel pugno contratto dalla paura, il lembo della sua camicia. Lo aveva tenuto stretto fino alla fine, il fratellino. Due lacrime amare scesero sul viso brunito dal sole, in gola solo il lamento strozzato: «Non avrei dovuto!»