Il Trono Verde

Come può migliorare una serata che ti ha portato al trapasso? Scopritelo in questo racconto, vincitore della ALL STARS EDITION, di Riccardo Rossi!

 
Ernesto Mariani, di giorno impiegato, dopo il tramonto era membro di due temibili organizzazioni esoteriche.
La prima era la Palestra ViviPlus in Via Gobbi. Un misto di pigrizia e disgusto per l’odore di muffa che vi si respirava rendevano il suo abbonamento serale un investimento a perdere.
La seconda era più peculiare, e alle sue riunioni Ernesto non era mai mancato.
 
Per una modica somma il Sacerdote Ka’mani l’aveva iniziato al Culto di Tiku-man Intiot, sinistra divinità dell’alba dei tempi la cui venerazione aveva serpeggiato nascosta lungo tutto l’arco della Storia. Il loro gruppo (il Sacerdote aveva spiegato che ne esistevano altri, una rete silente di oscuro potere) contava circa trenta persone, che in gran parte si limitavano a intonare canti deprimenti di fronte al Trono Verde del Dio, versare la quota mensile e talvolta indulgere in un’orgia. Avevano trovato nel Culto quello che cercavano: una via di fuga dall’inesorabile onda grigia che aveva sommerso le loro vite.
 
Solo Ernesto aveva voluto affrontare la rischiosa Comunione con Tiku-man: era stato un convinto cattolico per vent’anni; poi una graduale, logorante disillusione lo aveva lasciato con un buco nel petto incapace persino di fare male. Per lui la Comunione rappresentava una chance di recuperare la parte di sé che credeva in qualcosa di straordinario. Qualunque cosa.
Aveva schiacciato i dubbi e spremuto il portafogli, affrontando prove e punizioni sotto lo sguardo, a tratti quasi sbigottito dalla sua fede ferrea, del Sacerdote.
Quella sera, finalmente, si era liberato del manto verde da accolito e, seduto nella Postura del Rettile al centro del tempio/tavernetta di Ka’mani sotto gli occhi dell’intero Culto, con una facilità impressionante si era staccato dal suo corpo.
 
Un infarto, a occhio e croce.
 
Aveva osservato dall’alto due o tre accoliti alla disperata ricerca del telefono e Ka’mani che, dopo aver dato fondo a tutte le sue doti di convincimento, li persuadeva a non chiamare le autorità. Sarebbero finiti solo nei casini, meglio nascondere tutto e ripensarci a mente lucida. Il tremito nella sua voce ne rivelava la viscida natura di truffatore; gli accoliti non parvero notarlo, ma per Ernesto era evidente. Non c’era nessun Tiku-man Intiot, né c’era mai stato: il Trono era vuoto tanto qui quanto sul piano fisico. Un’altra dannata illusione, anche dopo morto.
 
Quando solo lui e il Sacerdote, stremato dopo aver nascosto il suo cadavere, rimasero nella stanza, Ernesto fluttuò verso la sedia glorificata che aveva adorato per mesi e vi si lasciò cadere, stanco e pesante come se avesse ancora un corpo.
«Merda» sbuffò.
Il Sacerdote si voltò verso il trono con gli occhi sbarrati. Dopo mezzo minuto buono, arrischiò una risposta: «S-signore?»
La nottata di Ernesto, all’improvviso, migliorò.
«Non fraintendermi, Ka’mani, mi piace la setta che hai tirato su, ma se non vuoi che mi prenda altri di voi – magari te – dovrai cambiare un paio di cosette.»
«Signore…?»
«Cominciamo dalla musica…»

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