Evito una salva di missili saltando dalla piattaforma. Un’ultima granata ben assestata e l’elicottero esplode. Il Generale Morden si spiaccica sull’asfalto e gli altoparlanti prorompono in un “MISSION COMPLETE!” sulle note di una musica di trionfo.
– Cazzo, sì! – Sullo schermo compare il ranking dei punteggi e assegno il classico “AAA” alla quarta posizione. – Ci so ancora fare!
– Bella forza, cazzone: quello l’avrai finito un milione di volte – Massimo abbassa un interruttore, e il volto di Ryu si dissolve nel buio di uno schermo. – Se mettiamo assieme tutte le cinquecento Lire e gli euro che ci hai messo dentro, viene fuori che mi hai pagato l’affitto del locale per un anno.
– Facciamo due: non ti dimenticare di tutta la grana che ti ho fatto guadagnare con i tornei fatti con i ragazzi del circoletto.
Lui stacca un altro interruttore: la scimmietta Toki si blocca a metà dell’ultimo salto.
– Come se non sapessi che li organizzavate perché tra una partita e l’altra potevate nascondervi nella stanza sul retro a leggere i fumetti giapponesi zozzi. Branco di segaioli!
Si asciuga il sudore con il fazzoletto che porta nella tasca sinistra dei jeans. Dal destro tira fuori un pacchetto di rosse senza filtro.
– Senza ritegno, proprio. E dire che con voi c’era anche una ragazza… come si chiamava? – si infila una sigaretta in bocca e picchietta le guance grassocce con l’indice. – La rossa lentigginosa che ti umiliava sempre a Tekken.
– Si chiamava Noemi. E guarda che con lei era tutta una strategia, eh – Strizzo l’occhio e rubo una cicca – A furia di prendere mazzate da Yoshimitsu, ho avuto il mio primo bacio.
– Bravo, vantati pure di aver rimediato la prima ragazza per pura compassione.
Mi accende la sigaretta con una sfiammata di un una-e-getta. Sbuffo una nuvola grigiastra
– Quella sì che è stata una bella estate. Di quelle che non tornano più.
Mi guardo attorno. Flipper spenti. Dance Revolution pronte per essere imballate e solo una manciata di cabinati ancora accesi.
Nessuno in giro a parte noi due.
– Grazie per avermi fatto venire un’ultima volta. Non posso credere che stai chiudendo per davvero…
Massimo alza le spalle.
– Ormai questo posto è quasi sempre vuoto: ora che i giochi ce li hanno tutti a casa, che senso ha venire qui a buttare monetine?
Storco la bocca.
– Come puoi dire una cosa simile, Max? Il Jolly Black è più di una sala giochi. Questo posto è… un’esperienza! – sbuffo un’ultima boccata di fumo e schiaccio la cicca nel portagettoni di un House of the Dead spento. – Era qui che ci si vedeva con gli amici dopo i compiti ed era qui che si veniva a progettare le vacanze, tutti gli anni. Cazzo, non ho dato solo il mio primo bacio qui dentro: dietro quel flipper di Rocky ho bevuto la mia prima birra e avuto la mia prima sbornia!
Massimo annuisce.
– E quand’è stata l’ultima volta che sei venuto a goderti questa esperienza? Tre anni fa? Quattro? – Si toglie gli occhiali e passa sulle lenti lo stesso fazzoletto con cui si è pulito il sudore – Il tempo passa e le cose cambiano. Il Jolly Black era un bel posto, ma non era fatto per durare per sempre.
Incrocio le braccia.
– Ma senza il Jolly, i ragazzini non avranno mai la possibilità di crescere come abbiamo fatto noi.
Lui ride.
– Ma sentitelo: non ha ancora trent’anni e già ragiona come un vecchio – Reindossa gli occhiali e chiude un altro cabinato. – I “ragazzini” non hanno bisogno di questo posto per fare le loro esperienze. Saranno diverse dalle tue, ma per loro saranno comunque uniche.
Abbasso lo sguardo e mi gratto la testa. Massimo si avvicina e dà una pacca sulla spalla.
Tira fuori dalla tasca due monete da un euro e fa un cenno all’unico cabinato ancora attivo, il secondo della mia serie preferita.
– Doppia?
Sorrido.
– Heavy machine gun!