La domanda

Apro una finestra di Google, la divido in due e creo uno spazio in più per il registro.
Sono pronta. Pochi clic: strumenti, Classroom, link alla Meet.
La webcam si attiva. Inclino lo schermo, ma da qualsiasi lato lo metta ho sempre le occhiaie. Inquadro la libreria e un angolo della tv così non si vede il caos di libri.
Avvio. Il primo cucù elettronico annuncia l’ingresso di Lucia.
«Buongiorno.» Ha la felpa rosa, oggi, dietro c’è la parete bianca. Non c’è altro che possa dirmi come sta, se è sola.
I volti in video diventano due. È entrato Cesare.
Compare un’altra casella che li fa slittare e restringere.
«Buongiorno.» Il saluto gracchiante è di Elio, occhi sgranati e fronte aggrottata.
«Elio, mi è arrivato il compito.» Alzo il pollice. Lui sorride del trionfo di entrambi, la tenacia ha battuto la mancanza di giga alla fine. In collina la fibra non arriva e lui passa il tempo a combattere per partecipare.
La finestrella che lo contiene si sposta sulla sinistra.
Una successioni di suoni e di “buongiorno prof” mi riempiono le orecchie. La seconda A è online: un mosaico di facce e sfondi.
«Prof. Ha corretto le verifiche?»
Le abbiamo fatte ieri. Come caspita le correggevo le verifiche? «No Irene, non ancora.»
«Quante ne ha corrette?»
«Un po’» Due in realtà. «Prendete storia.»
In ogni quadratino compare il microfono sbarrato. Ci siamo, possiamo fare lezione. Abbiamo quaranta minuti.
«Prof. Non la sento.»
Una cornice verde illumina il colpevole.
«Oscar, non mi senti perché non ho parlato. E io non ti vedo. Telecamera accesa per favore.»
Compare con le occhiaie peggiori delle mie. Fortnite scommetto.
Sfoglio il quaderno degli appunti. «Dunque classe, di quale personaggio stiamo parlando?»
L’app per chiedere la parola si attiva e mostra un braccio alzato.
«Sì, Irene?»
Si piega in avanti per attivare il microfono, il caschetto ondeggia. Dondola e si muove sulla sedia. «Lùtero.»
Sbatto le palpebre. Nelle orecchie scoppiano sghignazzi e interferenze.
«Irene, l’utero è un importante organo femminile, noi stiamo parlando di Martin Lutèro, invece.» Conseguenze della fissazione di italianizzare le cose. Dopo Pipino il Breve, ecco L’Utero.
Apro la lavagna digitale e recupero le slide della settimana scorsa. «Ci eravamo fermati alla battaglia di Frankehausen del 1525 vinta dai nobili dei principati tedeschi.» Mi fermo sulla slide giusta. «Perché Lutero appoggia i nobili? Chi se lo ricorda?»
Una manina digitale compare in basso a destra, torno alla videochiamata.
«Vai, Cesare. Rispondi pure.» Magari lo sa davvero. Gli metto subito un sette se lo sa.
«Prof., posso andare al bagno?»
«Oh, ingiusto fato degli insegnanti.» Cambio posizione sulla sedia. «Avete quattro pause in modalità a distanza. Come mai non andate al bagno?» Chattano, chiacchierano, fanno merenda, copiano esercizi, ecco perché… «Va bene, vai.»
 
«Insomma, prima questo Lutero mi stava simpatico. Ma poi che delusione.» Irene arriccia il naso. Mancano pochi minuti, ma abbiamo raggiunto la meta.
«Lui voleva migliorare il mondo ma poi c’era la politica.» Cesare punta una matita contro di me o contro tutti i politici di ogni tempo.
Qualcosina potrebbero aver capito.
«Prof, ma torniamo a scuola lunedì?» Oscar con la telecamera spenta di nuovo.
«Non lo so ragazzi, noi resistiamo però. Ce la faremo.»
Accanto alla casella di Oscar, Elio ha la mano alzata, quella vera. È riuscito ad ascoltare?
«Elio, dimmi pure.»
«Prof. ma…» pausa, si sistema gli occhiali, ha ancora le dita sollevate. «Come si fa a migliorare il mondo?»
La domanda. Manca un minuto e lui mi fa la domanda. Cosa rispondo? Amore, pace, accoglienza… Siamo costretti dentro uno schermo, quarantacinque minuti alla volta, ed è passato quasi un anno. Per loro vale una vita.
Elio si è sollevato e ha i gomiti appoggiati sul tavolo. Oscar ha la telecamera accesa.
Inspiro. Loro sono in silenzio.
«Elio, vuoi davvero una risposta?»
Annuisce.
«Allora grazie.» Gli sorrido. Lo capirà che il sorriso è per lui?
Gli altri mormorano.
«Ci vediamo domani ragazzi.»
Qualche faccia scompare con un arrivederci.
«Prof, non ho mica capito.» Elio il tenace.
«La domanda. È la domanda che rende il mondo migliore. Oggi mi hai ricordato che insegno storia per questa domanda.»
Mordicchia la matita. Mi sorride. «Ok prof, a domani.»