La gita

– Allora. Hai assicurato bene le staffe alle barre magnetiche? Non come l’ultima volta.
– Certo. Lo sai che…
– Lo sferofrigo va sopra il forno. E ti dirò di più, lo teniamo acceso per tutto il viaggio!
Annuisco, convinto. Quando Monica si ficca in testa una cosa non c’è verso.
– Ricapitoliamo – mi dice. – Sopra il forno dovevamo appoggiare il divano. Ok. Sopra il divano… i due tavoli. Perfetto. Poi la lavatrice, le biciclette. Poi…
– Forse, potevamo risparmiarci l’armadio.
– Ma no. Guarda come resta in bilico, perfettamente, sulla lavatrice. E le biciclette attaccate alle ante. Linda ha calcolato tutto.
Annuisco di nuovo. Siamo nel giardino di casa, a venti chilometri dalla costa orientale.
Guardo, sul tettuccio della macchina, quella specie di torre sghemba tenuta assieme da corde, fasce elastiche, carrucole e staffe, in un equilibrio perfetto calcolato al millimetro da Linda, la quale, poco distante, sgrana i suoi occhi bionici e muove le pale delle braccia come a dire: sì, tutto perfetto. Prima di procedere al carico, mi ha fatto pure cambiare le ruote con quattro dischi magnetici, che scivoleranno meglio lungo l’asfalto metallico che ci porterà al mare. I dischi sono “refrattari al peso” aveva detto il giorno prima, interrogata sull’argomento.
– Linda – faccio. – Hai calcolato il vento?
Lei risponde: – Previste bave da nord-est. Nessun impatto sul carico.
– La velocità massima lungo il percorso? – incalzo.
– Marco, sono solo venti chilometri – dice Monica – tu guida piano. Sai quanto è importante per noi.
– Ma ci servono davvero tutti i mobili?
– L’appartamento sul mare è vuoto, no? È da un sacco che… oh, no!
– Cosa c’è? – dico, guardando quell’espressione smarrita sul viso di Monica, gli occhi azzurri offuscati da qualcosa che stava per dimenticare.
– Stavamo scordando Gerardo! – mi sento dire. E a quel punto anch’io, dopo una nottata di lavoro a caricare mobili alzo le mani al cielo. Gerardo, il nostro criceto di venticinque chili. Un criceto che non abbiamo dichiarato all’algoritmo di Linda e che ora rischia da far saltare tutto.
– Dunque – mi sento dire – tu hai dato in pasto a Linda tutta la nostra casa, e hai scordato Gerardo?
– Tesoro, non ti arrabbiare, ma lo sai come la penso. È vero che Gerardo fa parte della famiglia, però non possiamo sempre…
– Linda! – esclama Monica in risposta. – Dimmi un po’: quanti kilowattora produce Gerardo ogni giorno?
– Venti, pari a settantadue milioni di Joule.
– E quanto cibo consuma?
– Dai dati rilevati nelle ultime tre settimane: quattro kili di mais e mele al giorno.
– E da quanto abita con noi?
– Tre anni – risponde Linda con voce metallica.
Per la politica energetica dei Continenti Uniti, l’unica soluzione che avevamo trovato per rimanere dentro ai consumi energetici del nostro appartamento era stata di assumere un criceto gigante di razza, e di alimentarlo di continuo col mais e le mele dei campi vicini, che per fortuna riuscivo a comprare all’ingrosso.
Da quando era entrato Gerardo in casa, la nostra vita era cambiata.
Era un criceto enorme, dal pelo argentato, pochi baffi ispidi sul muso, che passava tutto il giorno a far girare una enorme ruota di mulino a ridosso del muro della cucina. Ogni giorno ascoltavo il suono continuo della ruota che muoveva con le zampe nude, e talvolta, di notte, ero svegliato pure dal respiro del suo fiato, perché veniva ad acquattarsi in camera e russava con un sibilo che non sopportavo.
E adesso, mi trovavo vicino a Linda che da buon robot artificiale elaborava la soluzione per le nostre vacanze, nel chiuso dei suoi circuiti.
– È un problema senza soluzione – esclamai spazientito. – Perché…
– Ma no, caro – fece Monica, raggiante. Gli occhi di Linda pulsavano di una luce elettronica verde.
 
– Però, qui dietro si sta bene – osservai, acquattato nel poco spazio rimasto sui sedili anteriori. Ascoltavo il suono delle corde proveniente dal tettuccio della macchina e ogni tanto davo la mano a Monica, seduta accanto al posto di guida, che me la stringeva felice. Felice di quella vacanza che ci eravamo ritagliati dopo dieci anni di calcoli, battaglie, rinunce, dichiarazioni e spese.
Guardavo Gerardo al posto di guida, in piedi, le zampe rosa che stringevano il volante.
Linda ci aveva ordinato di attivare il cambio automatico e di mettere lui alla guida, mantenendo i finestrini abbassati di solo quattro centimetri, tutto per raggiungere nell’abitacolo quel punto d’equilibrio perfetto che ci avrebbe consentito di raggiungere il mare.
E pensavo: guarda un po’ come è cercare di controllare sempre tutto, al centimetro, al millimetro, con un’intelligenza robotica che può incastrare ogni singola misura della nostra piccola vita, e poi trovarsi con un criceto di venticinque chili alla guida, in una macchina che hai caricato fino all’inverosimile e che un sobbalzo, un dosso, una buca possono far crollare sulla strada delle tue vacanze, prima dell’arrivo.