La Tardona

Da non crederci, il ragazzo perfetto!
Bello, intelligente, sensibile, elegante, educato, premuroso.
Mi invita a cena, e quasi svengo.
Sceglie lui posto e menù.
Lume di candela, tramonto sul mare, pesce crudo.
Amiamo entrambi le bollicine, Chagall, l’opera e il tiramisù.
Mi dico che è sposato, che è un serial killer, che è gay.
E invece è single, nonviolento, e bacia in un modo pazzesco.
Mi dico, vuole fare sesso e domani chi si è visto si è visto.
E invece sotto casa mia ci diamo un secondo appuntamento.
Al terzo gli chiedo di salire e facciamo l’amore.
Scopro che la mia estensione vocale aumenta durante l’orgasmo.
Gorgheggio più e più volte.
Poi lui si riveste e mi dice che non può restare.
A malincuore lo lascio andare.
Andiamo avanti così per un mese.
Una sera, dopo il sesso, mi faccio coraggio e gli dico che così non va, che voglio dormire insieme e iniziare la giornata con lui.
Scoppia a piangere.
Dice che ha un segreto, che avrebbe voluto parlarmene ma che aveva paura di rovinare tutto e che, appena lui si confiderà, la prenderò male e lo lascerò.
Lo abbraccio e lo cullo come un bambino, gli dico che di me può fidarsi e che non dobbiamo nasconderci nulla.
E se ti dicessi che di notte mi trasformo in una tardona con il piercing all’ombelico e le unghie leopardate, mi vorresti lo stesso? Fa lui.
A me viene da ridere, ma lui è angosciato, quindi mi trattengo e sto al gioco.
Forse mi sta mettendo alla prova.
Tutto qui? Gli dico. Certo che ti voglio lo stesso!
Mi afferra, mi bacia, poi scende con la bocca.
infrango con un acuto ambedue i flute di cristallo vuoti.
Ci addormentiamo abbracciati.
Dopo un’ora un phon mi sveglia. Lo chiamo, ma a letto non c’è.
Vado in bagno e la vedo.
E’ allo specchio che si mette il rossetto.
Un vestitino corto le copre appena le smagliature, leopardato come le unghie e i sandali con le zeppe.
Un brillantino sull’ombelico
Ha un trucco pesante sopra le rughe.
Prendi la macchina e aspettami qui sotto, mi fa, con voce roca.
Sono imbambolata, non so che dire, obbedisco.
Al semaforo con una sigaretta in bocca, abbassa il finestrino e chiede a un camionista se ha da accendere. Quello scende e le passa una cicca. Lei gli soffia il fumo in faccia, lo chiama “bel maschione” e gli strizza l’occhio.
Impietrita dall’imbarazzo, approfitto del verde e riparto sgommando.
Non vedo l’ora di farla scendere.
Arriviamo davanti a un locale, il Full Monty.
Sto per salutarla ma lei prende una fiasca dalla borsetta e mi fa, bevi.
Bevo.
Prima sento l’apparato digerente andare a fuoco, poi la testa girare.
Mi viene da ridere, e tutto mi pare assurdo e buffo.
Lei esce dalla macchina e io la seguo.
Passiamo la notte a ballare e a infilare banconote negli slip degli spogliarellisti.
Non ricordo di essermi mai divertita così tanto.
Ora vivo due vite.
Di notte mi addormento vicino a una tardona con le unghie leopardate e il piercing all’ombelico e la mattina mi sveglio accanto al mio principe azzurro.